Consiglio di Stato, V, 3 marzo 2004, n. 1023
EDILIZIA Ristrutturazione
La ristrutturazione edilizia mira alla salvezza del complesso esistente, ossia alla fedele ricostruzione del fabbricato nelle sue caratteristiche preesistenti, non soltanto dimensionali ma anche architettoniche e stilistiche, che lascino inalterati i volumi; in mancanza, l’intervento va qualificato come di nuova costruzione e, come tale, è soggetto alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche.
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 2695/00, proposto da Luigi D’ALESSANDRO,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Carmine Giannattasio e Donato Pesca, ed
elettivamente domiciliato in Roma, v. Vigliena
n. 2 (studio Falconi
Amorelli),
contro
la
Van Edil s.r.l., società in liquidazione, in persona del liquidatore
p.t., e la sig.ra Francesca Fiorentino, rappresentate e difese
dall’avv. Sergio Como, ed elettivamente domiciliate in Roma, v. M. Mercati n.
51 (studio Luponio),
e
nei confronti
del
Comune di Casalvelino (SA), in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio,
per
l’annullamento
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Salerno, 10
dicembre 1999, n. 593, resa inter partes,
con la quale, in ordine a due ricorsi proposti dalle odierne appellate,
è stato accolto il primo (n.888/92), per l’effetto annullando la
concessione edilizia n. 156/89 rilasciata in favore dell’attuale reclamante, e
dichiarato improcedibile il secondo (n. 474/99), proposto avverso atto di
variante in corso d’opera.
Visto
il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto
l’atto di costituzione in giudizio delle appellate;
Visti
gli atti tutti della causa;
Vista
l’ordinanza n. 1963 in data 18 aprile 2000, con cui è stata rigettata
l’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza di primo grado;
Relatore
alla pubblica udienza del 12 dicembre 2003 il Consigliere Gerardo Mastrandrea;
uditi per le parti gli avv.ti Pesca e Como;
Ritenuto
e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1.
Con un primo
ricorso (n.888/92) proposto dinanzi al TAR di Salerno, la soc. Van Edil e la
sig.ra Fiorentino, odierne appellate, proprietarie di aree confinanti con un
terreno di proprietà dell’attuale appellante (sul quale insisteva da molto
tempo un piccolo corpo di fabbrica articolato su due livelli ed ubicato al
centro del terreno, a pochissimi metri dai confini con le proprietà delle
appellate), si gravavano avverso la concessione edilizia rilasciata in favore
del D’Alessandro per la ristrutturazione del detto fabbricato.
Questi,
invece di limitarsi alla sostituzione parziale delle parti fatiscenti, avrebbe
demolito interamente il manufatto costruendone uno nuovo completamente diverso
per sagoma, altezza e volumetria.
2.
Con il secondo
ricorso le originarie ricorrenti insorgevano, invece, avverso la variante in
corso d’opera che il D’Alessandro aveva
chiesto ed ottenuto, relativamente allo stesso intervento edilizio, per ampliare
il portico già autorizzato.
3.
Disposti
incombenti istruttori, regolarmente adempiuti, con la sentenza impugnata di cui
in epigrafe
il TAR ha accolto il primo ricorso, visti anche gli esiti
dell’accertamento tecnico, in particolare
essendo risultato che il progetto depositato non concerneva una mera
ristrutturazione edilizia e che sussisteva, in proposito, un contrasto con la
normativa urbanistica vigente nella zona interessata, oltre a doversi registrare
l’assenza del nulla-osta paesaggistico.
Una
volta annullata la concessione edilizia, l’improcedibilità del secondo
ricorso, sulla relativa variante, diveniva un effetto obbligato.
4.
Il sig.
D’Alessandro ha interposto
l’appello in trattazione avverso la prefata pronunzia, ribadendo anzitutto le
eccezioni di irricevibilità e di avvenuta perenzione del gravame di prime cure,
e comunque contestando nel merito le argomentazioni della decisione impugnata.
5.
Le appellate
si sono costituite in giudizio per resistere,
concludendo per il rigetto dell’appello.
Con
ordinanza n. 1963 in data 18 aprile 2000 è stata respinta l’istanza di
sospensione dell’esecuzione della
sentenza di primo grado.
Alla
pubblica udienza del 12 dicembre 2003 il ricorso in appello è stato introitato
per la decisione.
DIRITTO
1.
L’appello va
respinto.
Devono,
in primis, essere disattese le
eccezioni formulate in punto di rito, da parte dell’appellante, in relazione
al ricorso originario.
2.
Anzitutto
l’appellante non ha dato efficace prova dell’anteriore piena ed effettiva
conoscenza, da parte delle originarie ricorrenti,
della portata lesiva del provvedimento impugnato fin dal momento della
sua pubblicazione all’albo pretorio comunale (elemento che preso da solo,
nella materia in argomento, notoriamente non basta), ovvero, almeno, dal momento
della demolizione del precedente fabbricato e dell’inizio della costruzione
del nuovo. Trova, infatti, piana applicazione, nel caso de
quo, il consolidato orientamento che vuole che la prova dell’effettiva e
piena conoscenza della concessione edilizia rilasciata ad un terzo, da
dimostrarsi in modo rigoroso da chi eccepisce la tardività dell’impugnazione,
si verifica, di regola, in assenza di altri ed inequivoci elementi, non col mero
inizio dei lavori edilizi ma solo con la loro ultimazione (tra le tante: Cons.
Stato, V, 6 marzo 2002, n. 1345), o almeno, può aggiungersi con precipuo
riguardo al caso di specie, quando i lavori siano giunti al punto tale che non
si possa avere più alcun dubbio in ordine alla consistenza, all’entità e,
in definitiva, alla reale portata
dell’intervento edilizio assentito.
Potendosi
concludere sollecitamente sul punto, nessuna prova efficace e convincente è
stata dunque data dall’appellante circa l’asserita piena conoscenza
dell’atto concessorio prima dei sessanta giorni anteriori alla notificazione
del ricorso (intervenuta il 6 aprile 1992), tanto più considerando che
anche l’invocata conoscenza che sarebbe genericamente avvenuta, secondo
l’appellante, “nel mese di febbraio del 1992” non avrebbe avuto, salvo che
non fosse intervenuta nei primissimi giorni del detto mese, potenzialità
inficiante.
Quanto
rilevato non è in alcun modo smentito dalla scrittura privata risalente al
giugno 1990, il cui richiamo è del tutto inconferente, riguardando essa i
confini tra le proprietà e non certo la portata dell’intervento edilizio per
come concesso (di cui del resto non viene fatto cenno).
3.
Il secondo
argomento di rito riproposto in questa sede di giudizio dall’appellante,
relativamente alla mancata declaratoria di perenzione del ricorso originario, è
parimenti privo di ogni giuridica consistenza.
Non
si accetta, infatti, per principi ormai consolidati, che si addossino alla
parte, che abbia puntualmente rispettato l’onere originario dell’impulso con
l’istanza di fissazione di udienza, ritardi od omissioni imputabili, in realtà,
all’ufficio. E’ per questo che concordemente si ritiene che, una volta che
sia stato operato - come nel caso di specie - il trasferimento
dell’iniziativa processuale all’ufficio, la perenzione non possa operare,
nonostante sia trascorso il termine biennale previsto dalla legge (la
giurisprudenza della Sezione
ha, in tal senso, chiarito che non trova applicazione la perenzione del processo
quando, in seguito al deposito della domanda di fissazione dell’udienza,
trascorrano due anni senza che venga fissata l’udienza di discussione: Cons.
Stato, V, 10 maggio 1994, n. 450).
Diverso
è, ovviamente, il caso in cui, presentata la domanda di fissazione
dell’udienza, e quindi trasferito al giudice e all’ufficio l’impulso
processuale, questo torni ad incombere sulle parti allorché si presentino
eventi, quali ad esempio la cancellazione dal ruolo, che impongono la
riproposizione dell’istanza di fissazione.
4.
Ciò posto,
passando agli aspetti più prettamente di merito della vertenza sottoposta
all’attenzione del Collegio, corre l’obbligo di rilevare, fin da subito, che
gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio, effettuata a cura di tecnico
incaricato dal Genio Civile di Salerno, sono sufficientemente chiari
nell’evidenziare che il progetto assentito dal Comune di Casalvelino fuoriesce
dagli ordinari canoni della ristrutturazione edilizia, trattandosi di intervento
che prevede, tra l’altro: un importante aumento di volume e superficie utile;
la realizzazione sul prospetto est di un nuovo ambiente in primo piano; la
costruzione di un esteso porticato sul prospetto sud, e di un conseguente
terrazzo in primo piano, a sua volta coperto con il progetto di variante; non da
ultimo, un massiccio intervento strutturale sulle murature esistenti con la
realizzazione di elementi in cemento armato, sia in fondazione che in
elevazione. Avverte anzi il consulente che l’esame del progetto strutturale,
depositato al Genio Civile, rende palese la volontà di realizzare una struttura
intelaiata in c.a. a completa sostituzione delle murature portanti esistenti,
dal momento che essa è calcolata prescindendo totalmente dall’apporto statico
dei parametri murari, e comunque non valutando l’interazione delle due
strutture.
La
relazione del tecnico incaricato evidenzia, altresì, il mancato rispetto della
normativa urbanistica vigente per la zona B2 e la carenza del necessario
nulla-osta paesaggistico di cui alla l. 1497/39.
5.
Orbene, la
sentenza impugnata, di accoglimento
delle istanze delle odierne appellate, si basa su tutti gli elementi (nel numero
essenzialmente di tre) sopra evidenziati, con l’effetto, però, che essendo
costretto il reclamante a conseguire un effetto integralmente
cassatorio nei confronti della pronunzia medesima, egli dovrebbe
raggiungere il risultato di scalfire le argomentazioni dei primi giudici sotto
tutti gli autonomi profili da essi affacciati. Il che,
in disparte la questione della compatibilità paesaggistica, non gli
riesce, certamente, con riguardo alla qualificazione giuridico-fattuale
dell’intervento, affatto sussumibile, dati gli incontrovertibili elementi
sopra riportati (che dimostrano come il D’Alessandro abbia realizzato le
strutture portanti di una costruzione intrinsecamente
diversa e connotata da un rilevante
aumento dei volumi), sotto
l’egida della ristrutturazione edilizia. Senza contare gli evidenti profili
problematici di compatibilità con le specifiche previsioni urbanistiche
applicabili nella zona B2 interessata (nel
cui ambito è ammessa solo la realizzazione, debitamente assentita, di nuove
costruzioni).
Il
pur dettagliato apporto consulenziale di parte non riesce a revocare in dubbio
le suddette conclusioni, raggiungibili sulla base di elementi di fatto non
smentibili, nel senso che, viste le alterazioni della tipologia strutturale e
dei volumi, si è andati ben oltre
quei margini di intervento che pure la giurisprudenza ha concesso al soggetto
tenuto a ricostruire “fedelmente” l’edificio demolito da ristrutturare.
La
Sezione, al riguardo, ha già in altre occasioni chiarito che la
ristrutturazione edilizia mira alla salvezza del complesso esistente, ossia alla
fedele ricostruzione del fabbricato nelle sue caratteristiche preesistenti, non
soltanto dimensionali ma anche architettoniche e stilistiche, che lascino
inalterati i volumi; in mancanza, l’intervento va qualificato nuova
costruzione e, come tale, è soggetto alle limitazioni imposte dalle norme
urbanistiche (Cons. Stato, V, 10 agosto 2000, n. 4397).
Né,
ancora, può attribuirsi autonomo e decisivo spazio alla norma di esenzione
dagli oneri concessori.
6.
Alla stregua
delle considerazioni che precedono l’appello interposto, in definitiva, va
rigettato, con addebito delle spese di lite relative al
presente grado a carico del ricorrente soccombente, nella misura fissata
in dispositivo.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo rigetta.
Condanna
l’appellante al pagamento, in favore delle parti appellate costituite,
delle spese processuali relative al presente grado di giudizio, liquidate
in € 2.000,00 (duemila/00).
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2003, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei
seguenti Magistrati:
Emidio
Frascione
Presidente
Giuseppe
Farina
Consigliere
Marco
Lipari
Consigliere
Aniello
Cerreto
Consigliere
Gerardo
Mastrandrea
Consigliere est.
Urbanistica. Ristrutturazione
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