TAR Veneto Sez. II n. 606 del 5 maggio 2023
Beni culturali.Sanzione pecuniaria  art. 160, comma 4 dlv 42-2004

La previsione della sanzione pecuniaria  di cui all'art. 160, comma 4 dlv 42\2004 ha carattere derogatorio rispetto all’ordinaria misura del ripristino ed è onere della parte che ne invoca l’applicazione dare prova della ricorrenza dei presupposti di applicazione. Nel sistema delineato dal legislatore, all'amministrazione si impone un impegno istruttorio-motivazionale qualificato non già allorquando si tratti di applicare il paradigma sanzionatorio tipico, rappresentato dalla demolizione - quale facere idoneo a soddisfare l'interesse pubblico risiedente in re ipsa nella rimozione dell'illecito e nella ricostituzione dell'assetto urbanistico-edilizio violato -, bensì allorquando si tratti di adottare, in via alternativa e sussidiaria rispetto ad esso, la misura pecuniaria e di giustificare, quindi, adeguatamente e specificamente una simile determinazione in ragione dell'impossibilità di ripristino senza pregiudizio per la porzione legittima di edificio (segnalazione Ing. M. Federici)

Pubblicato il 05/05/2023

N. 00606/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00520/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 520 del 2020, proposto da Maximiliano Lenzi, rappresentato e difeso dagli avvocati Fulvio Lorigiola e Luciana Palaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo e Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l'Area Metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria ex lege in Venezia, piazza S. Marco, 63;

nei confronti

Condominio San Prosdocimo, in persona dell’amministratore in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Calegari, Edoardo Furlan, Riccardo Bertoli, Giorgio Trovato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Padova, non costituito in giudizio;

Per l'annullamento

- del decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo – Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio 17 dicembre 2019, Rep. n. 1826, notificato il 6 febbraio 2020, con il quale si ordina al ricorrente, a sensi dell'art. 160, comma 1, del D.lgs. 42/2004, di provvedere, nel termine di 180 giorni, ad eseguire le opere necessarie per la reintegrazione dello stato originale delle porzioni di fabbricato facenti parti dell'edificio denominato “La Casa”, sito in Comune di Padova, con l'avvertimento che in caso di inottemperanza il Ministero, ai sensi dell'art. 160, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004 provvederà d'ufficio all'esecuzione dei lavori e al recupero delle somme dovute, ai sensi dell'art. 17 del d.lgs. 46/1999;

- nonché di ogni altro atto, precedente e seguente, comunque connesso e/o presupposto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Condominio San Prosdocimo, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l'Area Metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2023 la dott.ssa Elena Garbari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il ricorrente è proprietario di un’unità abitativa all’interno di in un immobile sito nel comune di Padova, denominato “La Casa” o “Condominio San Prosdocimo”, dichiarato di interesse particolarmente importante con D.M. 5 settembre 1955 e, quindi, soggetto alle disposizioni di tutela della parte II del d.lgs. 42/2004.

2. La sua proprietà ha una superficie complessiva di circa 136 mq e si sviluppa su due piani, collegati da una scala interna: il piano secondo di circa 73 mq, adibito a zona giorno, e il piano terzo mansardato di circa 63 mq adibito a zona notte; dal piano mansardato e dal soppalco si accede ad una terrazza a pozzetto di mt. 2,45 x 4,12, realizzata negli anni ’80-’90 del secolo scorso.

3. A seguito di esposto del Condominio, dei conseguenti accertamenti effettuati in loco dal corpo di Polizia Locale e del sopralluogo congiunto condotto con l’ufficio tecnico comunale, il 26 febbraio 2015 il Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, rilevato che una parte del corpo edilizio dell’immobile era stato oggetto di interventi non autorizzati, ha comunicato al ricorrente e al Condominio San Prosdocimo l’avvio del procedimento di cui all’articolo 160, comma 1 del d.lgs. 42/2004, finalizzato alla rimessa in pristino dello stato legittimo delle parti di immobile così individuate:

a) unità immobiliare sub 3 di proprietà del ricorrente; gli interventi abusivi realizzati ai fini della ristrutturazione interna dell’appartamento e della realizzazione di una terrazza a pozzetto, per una significativa parte avrebbero alterato tipologicamente e architettonicamente le caratteristiche dell’edificio tutelato; la preesistente regolare copertura è stata infatti in parte modificata con la demolizione di una porzione della falda di copertura a nord del fabbricato e della relativa struttura lignea di sostegno, compreso un tratto di circa 4 metri di una trave dell’orditura principale;

b) porzioni del sottotetto confinanti con l’unità del ricorrente, di proprietà del Condominio.

Le singole opere realizzate abusivamente sono poi descritte dettagliatamente nella comunicazione di avvio del procedimento.

4. Il ricorrente ha formulato le sue osservazioni, sostenendo in primo luogo la compatibilità delle opere con il bene tutelato e in via subordinata l’impossibilità del ripristino integrale.

5. Con decreto 17 dicembre 2019, notificato il 6 febbraio 2020, l’amministrazione statale ha però ritenuto di non condividere in parte le prospettazioni dell’interessato, ordinandogli quindi, ex art. 160 comma 1 del T.U. beni culturali, di provvedere entro 180 giorni ad eseguire le opere necessarie per il ripristino della situazione originaria, con l’avvertimento, in caso di inottemperanza, dell’esecuzione dei lavori in danno.

6. Le opere difformi riscontrate rispetto allo stato legittimo dei luoghi, per quanto riguarda l’unità “sub 3” sono identificate in:

1 - demolizione di parete divisoria tra il vano a sud-ovest e la cucina;

2 - demolizione e ricostruzione difforme delle tramezzature del bagno e diversa destinazione a uso cucina;

3 -realizzazione di due nuovi piccoli vani, ad uso wc e lavanderia, con conseguente modifica della muratura nella zona di ingresso;

4 - apertura di un varco di comunicazione fra zona soggiorno e zona pranzo, realizzata sul muro portante;

5 - rifodera della muratura est per la realizzazione della struttura portante della scala con gradini a sbalzo;

6 - rimozione di avvolgibili sul prospetto principale e ripresa spallette;

7 - nuove finiture applicate nei locali del piano secondo;

8 - mancata realizzazione di vani di servizio per ampliamento locale soggiorno;

9 - difforme realizzazione di abbaini;

10 - difforme realizzazione del soppalco con ricavo di piccoli locali di servizio sul lato nord e apertura verso l’esterno su terrazza a pozzetto, già sottotetto, interruzione di travatura portante della copertura, installazioni tecnologiche sulla copertura;

11 - modifica del vano ad est da soffitta ad uso camera da letto, con realizzazione di n. 2 lucernari tipo “velux” e aperture in vani sottotetto ritenuti non di pertinenza dell’unità immobiliare all’atto della compravendita nel 1990;

12 - modifiche vano ad ovest, definito soffitta, per utilizzarlo come camera da letto;

13 - realizzazione di una porta di accesso alla scala condominiale, non indicata in planimetria catastale, ma presente nel progetto del 1980.

6.1. Sulla base delle considerazioni esposte in sede di controdeduzioni e delle valutazioni espresse in merito al danno al bene non tutelato, la Soprintendenza ha peraltro ritenuto non compatibili solo parte delle opere abusive, formandone oggetto di sanzione ripristinatoria, e in particolare:

- punto 10: apertura verso l’esterno, realizzazione di terrazza a pozzetto con interruzione della travatura portante della copertura e installazione di apparecchiature tecnologiche e sovrastrutture (accogliendo invece le osservazioni dell’interessato per quanto riguarda le modifiche al soppalco e la realizzazione di due piccoli vani nonché la proposta di interventi di rinforzo strutturale ai fini dell’adeguamento normativo);

- punto 11: apertura della porta di comunicazione con vani non di pertinenza dell’unità immobiliare all’atto di compravendita del 1990 (accogliendo invece le osservazioni in relazione alla destinazione d’uso e all’introduzione di due lucernari tipo “velux”).

7. Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato, articolando due motivi di censura:

I. Violazione ed errata applicazione dell’art. 160, comma primo, del d.lgs. n. 42/2004 – Eccesso di potere per errata valutazione della situazione di fatto, per carenza e difetto di istruttoria – Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 – Eccesso di potere per difetto di motivazione -Violazione del diritto di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione. Le opere realizzate sarebbero in primo luogo compatibili con il vincolo insistente sull’immobile e, comunque, come evidenziato nel corso del procedimento, sarebbero irreversibili dal punto di vista tecnico, perché il ripristino comprometterebbe la conservazione e la statica dell’immobile. Pertanto la violazione contestata avrebbe potuto essere eventualmente oggetto solo di sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 160, comma 4, del d.lgs. 42/2004.

II. Violazione del principio di buona amministrazione e di certezza e celerità dell’azione e del procedimento amministrativi – Eccesso di potere per difetto di motivazione e violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90. Sostiene il ricorrente che il provvedimento sanzionatorio viola i principi di buona amministrazione in quanto è stato adottato il 17 dicembre 2019 e notificato all’interessato il 6 febbraio 2020, dopo cinque anni dalla comunicazione di avvio del procedimento e a distanza di circa un anno dalla trasmissione del parere della Soprintendenza al Ministero.

8. In via istruttoria il deducente chiede altresì disporsi, se necessario, CTU o verificazione sulla situazione dei luoghi, sulla compatibilità delle opere con il vincolo e sulla sussistenza delle condizioni tecniche, strutturali e sismiche per il ripristino.

9. Si sono costituiti per resistere al ricorso il Condominio controinteressato e l’amministrazione statale.

10. Il ricorrente con memoria ex 73 c.p.a. ha rappresentato di aver citato in giudizio avanti al giudice ordinario il Condominio e i singoli condomini per l’accertamento dell’intervenuta usucapione della terrazza a pozzetto situata al secondo piano dell’immobile e che a seguito del deposito della CTU la discussione orale è stata fissata per il 16 giugno 2023; sulla base di tali circostanze ha chiesto disporsi la sospensione del presente giudizio a termini dell’art. 295 c.p.c., perché la causa civile sarebbe pregiudiziale rispetto a quella avanti al TAR, in quanto la prima è diretta a stabilire chi debba dare esecuzione all’intimato ripristino impugnato avanti al giudice amministrativo.

11. Il Condominio si è opposto alla sospensione del processo.

12. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 23 marzo 2023.

DIRITTO

1. Va preliminarmente scrutinata l’istanza formulata dal ricorrente in ragione della pendenza di contenzioso civile con il Condominio; egli sostiene che dovrebbe essere disposta la sospensione necessaria del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., come richiamato dall’articolo 79 c.p.a., perché la decisione del Giudice civile sulla causa da lui promossa per l’accertamento e la dichiarazione dell’intervenuta usucapione delle porzioni di immobile di cui rivendica la proprietà (i.e. terrazza a pozzetto) e che costituiscono oggetto del contestato provvedimento ministeriale di ripristino sarebbe pregiudiziale alla decisione del presente ricorso, in quanto idonea a stabilire chi debba dare esecuzione all’intimato ripristino.

1.1. L’istanza va respinta, considerato che, come evidenziato dalla difesa della parte controinteressata, l’individuazione del soggetto tenuto ad eseguire il ripristino di cui si controverte è estranea al thema decidendum del presente giudizio, non essendo oggetto di censura, e che il ricorrente è destinatario del provvedimento di ripristino non solo in quanto proprietario, ma anche quale committente, esecutore e fruitore delle opere non autorizzate.

1.2. La sospensione necessaria del processo è del resto prevista unicamente in caso di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico, ovvero laddove la questione pregiudiziale non è solo astrattamente idonea a influire direttamente sulla soluzione della controversia principale, ma costituisce l'indispensabile antecedente logico-giuridico dal quale dipenda la decisione della causa pregiudicata. Tale rapporto di pregiudizialità va escluso in relazione all’oggetto della presente controversia, atteso che l'esito del giudizio civile non ha alcuna incidenza sulla verifica dei presupposti di legittimità dell’atto impugnato, costituente esercizio del potere repressivo edilizio, del tutto autonomo e svincolato dalla natura del titolo di disponibilità della terrazza a pozzetto.

2. Tanto premesso, e passando al merito del gravame, il ricorso è infondato e va respinto.

3. Va disatteso anzitutto il primo motivo, con il quale il ricorrente sostiene che l’amministrazione non avrebbe valutato le ragioni di carattere tecnico che renderebbero impossibile l’esecuzione delle opere di ripristino senza compromettere la conservazione e la staticità dell’immobile, pur rappresentate in sede di partecipazione procedimentale, e che in considerazione dell’irreversibilità degli interventi edilizi la stessa avrebbe dovuto disporre la sanzione pecuniaria ai sensi dell’articolo 160, comma 4, del d.lgs. 42/2004.

4. La censura è infondata.

5. L’invocato articolo 160 così dispone:

“1. Se per effetto della violazione degli obblighi di protezione e conservazione stabiliti dalle disposizioni del Capo III del Titolo I della Parte seconda il bene culturale subisce un danno, il Ministero ordina al responsabile l'esecuzione a sue spese delle opere necessarie alla reintegrazione.

(…) 4. Quando la reintegrazione non sia possibile il responsabile è tenuto a corrispondere allo Stato una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dalla cosa.

5. Se la determinazione della somma, fatta dal Ministero, non è accettata dall'obbligato, la somma stessa è determinata da una commissione composta di tre membri da nominarsi uno dal Ministero, uno dall'obbligato e un terzo dal presidente del tribunale. Le spese relative sono anticipate dall'obbligato.”.

6. La previsione della sanzione pecuniaria ha carattere derogatorio rispetto all’ordinaria misura del ripristino ed è onere della parte che ne invoca l’applicazione dare prova della ricorrenza dei presupposti di applicazione.

7. Inoltre “nel sistema delineato dal legislatore, all'amministrazione si impone un impegno istruttorio-motivazionale qualificato non già allorquando si tratti di applicare il paradigma sanzionatorio tipico, rappresentato dalla demolizione - quale facere idoneo a soddisfare l'interesse pubblico risiedente in re ipsa nella rimozione dell'illecito e nella ricostituzione dell'assetto urbanistico-edilizio violato -, bensì allorquando si tratti di adottare, in via alternativa e sussidiaria rispetto ad esso, la misura pecuniaria e di giustificare, quindi, adeguatamente e specificamente una simile determinazione in ragione dell'impossibilità di ripristino senza pregiudizio per la porzione legittima di edificio (sul punto, cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 1793/2012)” (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 10 ottobre 2018, n. 1417).

8. Nell’ambito del procedimento amministrativo esitato nell’atto qui impugnato il ricorrente ha prodotto alcune osservazioni redatte dai tecnici da lui incaricati, che hanno messo in evidenza le modifiche apportate rispetto allo stato autorizzato, concludendo che sulla base delle analisi statiche e sismiche effettuate a posteriori sugli interventi abusivi, che hanno eliminato una trave portante, non sarebbe tecnicamente possibile la reversibilità tecnica delle opere individuate ai punti 4/4a (unificazione funzionale ad uso pranzo cucina e apertura di foro largo cm. 179 – piano secondo) e 10/10a (Realizzazione di terrazza e modifiche interne – piano terzo-copertura. Modifiche interne – piano terzo). Gli altri interventi edilizi effettuati sarebbero invece compatibili con il ripristino.

9. Il decreto del direttore generale del Ministero ha preso in esame una ad una le osservazioni formulate dal ricorrente in merito alle singole opere contestate e per ciascuna ha motivato le sue valutazioni.

10. Ha quindi ritenuto incompatibili paesaggisticamente solo una parte delle opere, puntualmente indicate, e ha dettagliato per ciascuna le modalità di ripristino.

11. Il provvedimento ha inoltre richiamato le specifiche prescrizioni della Soprintendenza atte ad assicurare la stabilità strutturale e sismica dell’edificio, precisando che “pertanto si dovrà garantire l’idoneità strutturale e dal punto di vista antisismico dell’ambito immobiliare in parola, interessato non solo dalla rimozione del tratto di copertura per la realizzazione della terrazza ma anche dal taglio della trave storica preesistente. Si dispone inoltre l’esecuzione di un intervento finalizzato al miglioramento del comportamento strutturale e antisismico dell’attuale struttura di copertura a seguito del danno determinato alla trave lignea illegittimamente interrotta nella sua continuità strutturale in corrispondenza della rimozione del tetto, anch’essa illegittima e a danno dell’integrità della stessa copertura, avvalendosi del supporto di eventuali indagini previste dal progettista e/o dalla D.L. con conseguente proposta di miglioramento.”

12. Come evidenziato dalle parti resistenti, del resto, è per contro proprio l’intervento abusivo ad avere, eventualmente, compromesso la staticità dell’edificio, in quanto ha comportato la rimozione di una trave portante e di una porzione della falda del tetto, che assolveva ad importanti funzioni statiche anche rispetto alle murature su cui poggiava. Sicché il ripristino della situazione originaria non potrà che consolidare la struttura.

13. La reintegrazione delle opere, inoltre, andrà comunque eseguita secondo il progetto autorizzato dalla Soprintendenza e, ove di rilievo urbanistico-edilizio, con il coinvolgimento del Comune di Padova ai sensi dell’articolo 160 comma 2 del d.lgs. 42/2004 (a norma del quale “Qualora le opere da disporre ai sensi del comma 1 abbiano rilievo urbanistico-edilizio l'avvio del procedimento e il provvedimento finale sono comunicati anche alla città metropolitana o al comune interessati.”)

14. L’amministrazione ha quindi espressamente considerato e valutato la realizzabilità tecnica dei singoli interventi di ripristino richiesti al proprietario, ritenendoli possibili e compatibili con le caratteristiche strutturali dell’immobile e sottoponendoli a specifiche prescrizioni e procedure.

15. Va respinto anche il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denuncia la violazione dei principi di celerità e certezza del procedimento amministrativo, atteso che il decorso del termine di conclusione del procedimento in sé non determina l’illegittimità dell’atto assunto dall’amministrazione.

16. Inoltre la repressione degli abusi edilizi è attività strettamente vincolata e non soggetta a termini di decadenza o di prescrizione, potendo le misure repressive intervenire in ogni tempo, anche a notevole distanza dall'epoca di commissione dell'abuso; l'illecito edilizio ha infatti carattere permanente e protrae e conserva nel tempo la sua natura, sicché l'interesse pubblico alla repressione dell'abuso è “in re ipsa”.

17. Il procedimento di repressione degli abusi edilizi non è quindi caratterizzato da termini perentori e il potere repressivo del Comune non si consuma con il decorrere del termine di conclusione del procedimento ai sensi dell’articolo 2 della legge 241 del 1990 (ex multis, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 14 luglio 2021, n. 2290).

18. Per le considerazioni esposte il ricorso è infondato e va respinto. Le spese di lite sono poste a carico del ricorrente soccombente, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla refusione alle parti resistenti delle spese di lite, che liquida in 2.000,00 (duemila/00) euro in favore del Condominio San Prosdocimo e in 2.000,00 (duemila/00) euro in favore della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l'Area Metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso, oltre oneri dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:

Grazia Flaim, Presidente

Mariagiovanna Amorizzo, Primo Referendario

Elena Garbari, Primo Referendario, Estensore