Consiglio di Stato sent. 6505
del 21 ottobre 2003
Urbanistica. Acquisizione immobile abusivo al patrimonio comunale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Consiglio di
Stato in
sede giurisdizionale, Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 11125/1997 proposto da Pietro Dorbolò e Maria Luisa
Dorani
rappresentati e difesi dagli avvocati
Pietro Sanzin e Nicola Lagozino ed
elettivamente
domiciliati in Roma
presso lo studio del secondo in via
Crescenzio n. 91;
CONTRO
Il
Comune di Sagrado in persona del Sindaco in carica
rappresentato e difeso dagli avvocati
Francesco Donolato e Bruno Aguglia
ed
elettivamente domiciliato in Roma
presso
lo studio del secondo in via Cicerone
n. 44;
per
l’annullamento
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale
per
il Friuli Venezia Giulia n. 1149/1996;
Visto
il ricorso con i relativi allegati;
Visto
l’atto di costituzione in giudizio
del
Comune di Sagrado;
Viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti
gli atti tutti della causa;
data
per letta alla pubblica udienza del 17 giugno 2003
la
relazione del Consigliere dottor Goffredo Zaccardi e uditi, altresì, gli
avv.ti Lagozino e Aguglia;
Ritenuto
in fatto e diritto quanto segue:
La decisione appellata ha respinto il ricorso proposto in primo grado dagli attuali appellanti per l’annullamento della deliberazione consiliare n. 93 del 27 novembre 1992 con cui il Comune di Sagrado ha disposto l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un manufatto realizzato abusivamente dagli attuali appellanti.
In
fatto si deve precisare che essi avevano conseguito la concessione edilizia n.
97 del 1985 per edificare su una area di loro proprietà un edificio per
“deposito attrezzi “di mq. 12 con un volume di 36 mc. (cfr. n.2 della
produzione in atti della difesa degli appellanti del 17 novembre 1995 nel
giudizio di primo grado). Successivamente hanno ampliato il fabbricato senza
alcun titolo abilitativo. Con verbale di accertamento in data 8 aprile 1988, in
esito a sopralluogo effettuato da tecnici comunali, veniva accertata la
realizzazione di un manufatto con variazioni essenziali rispetto a quello
autorizzato manufatto che occupava una area “ praticamente raddoppiata” . Su
tale presupposto è stata emessa l’ordinanza di demolizione n. 3317 del 9
luglio 1991 con cui si ingiungeva agli attuali appellanti di ripristinare lo
stato dei luoghi con avvertenza che in mancanza di detto adempimento si sarebbe
provveduto all’acquisizione dell’immobile abusivo. Tale provvedimento non è
stato impugnato dai sig.ri Dorbolò e Dorani che non hanno eseguito la
demolizione delle opere abusive. E’, quindi, seguita, l’ordinanza impugnata
in primo grado di acquisizione del manufatto al patrimonio comunale.
Ciò
posto appare al Collegio corretta la motivazione del rigetto del ricorso di
primo grado disposto con la sentenza appellata.
Da
un lato si fa rilevare che, non essendo stata impugnata l’ordinanza di
rimessione in pristino dello stato dei luoghi rimaneva ferma la natura abusiva
delle opere realizzate in “variazione essenziale” dalla concessione edilizia
di cui si è detto (n. 97 del 1995) ed, inoltre, che la mancata ottemperanza
alla demolizione di tali opere non poteva condurre, nel procedimento disegnato
dagli articoli 7 e seguenti della legge n. 47 del 28 febbraio 1985, che
all’acquisizione delle opere stesse al patrimonio comunale.
Rispetto a tale ordine di valutazioni rimangono senza esito alcuno le censure svolte nell’appello con cui si contesta l’acquisizione dell’intera opera abusiva realizzata sostenendo che ciò che è legittimamente realizzato (il deposito per gli attrezzi) non può essere considerato abusivo per un comportamento successivo, questo si privo di titolo giustificativo, di ampliamento delle opere assentite dal Comune.(primo motivo). E’ evidente che volendo evitare l’effetto negativo di cui oggi si duole parte appellante ben avrebbe potuto demolire le parti aggiunte evitando l’acquisizione anche delle opere legittimamente realizzate. Né può conseguire il risultato, proprio in forza dell’inscindibilità di quanto è stato realizzato, di conservare l’edificio che dalla documentazione fotografica depositata in atti di certo non è un deposito attrezzi ma un edificio di civile abitazione costruito, come tale, senza titolo. La inscindibilità di quanto è stato realizzato, pur contestata da parte appellante, appare invece di chiara evidenza avuto riguardo proprio alla documentazione fotografica versata in atti da parte appellante che, del resto ben si è guardata dall’incidere sulle opere realizzate ottemperando all’ordine di ripristino perché in definitiva avrebbe dovuto eliminare l’edificio di civile abitazione realizzato in variazione essenziale mantenedo invece il solo ricovero per attrezzi.
La
censura svolta nel secondo motivo, con cui si ripropone strumentalmente il tema
della legittimità della acquisizione delle sole opere abusive e non di tutto
l’immobile, muove dalla stessa riserva mentale di fondo: non essendo le opere
scindibili parte appellante tenta di evitare la demolizione- acquisizione del
fabbricato nella sua interezza ponendo in evidenza la legittimità di una parte
del manufatto. Non può, per quanto si è sin qui detto, prestarsi alcuna
considerazione a questo ordine di idee.
Si
deve, anzi, trarre spunto dal comportamento processuale degli appellanti oltre
che dalla applicazione del principio della soccombenza, per condannare gli
stessi al pagamento delle spese del giudizio, spese che vengono liquidate in
dispositivo nella misura di 2.000,00 Euro perché la causa oggettivamente non ha
richiesto difese gravose per il Comune intimato.
L’appello
va pertanto rigettato con conferma della sentenza appellata.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe lo rigetta con conferma
della sentenza appellata.
Condanna
gli appellanti al pagamento di spese competenze ed onorari di giudizio che
liquida in Euro 2.000,00 a favore del Comune di Sagrado.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così
deciso addì 17 giugno 2003 in camera di consiglio con l’intervento di:
Emidio
Frascione
Presidente,
Corrado
Allegretta
consigliere,
Paolo
Buonvino
consigliere,
Goffredo
Zaccardi
consigliere estensore,
Marzio
Branca
consigliere