G.I.P. Tribunale di palermo decr.11130 del 6 agosto 2012
Urbanistica. Demolizione e responsabilità P.A.
Il G.I.P. nel rigettare la richiesta di archiviazione del PM, ha ordinato indagini sulle ragioni della mancata demolizione e dell'inerzia della p.a.
N. 13330\11 RGGIP
TRIBUNALE DI PALERMO
ufficio giudice indagini preliminari
Il Giudice dott.ssa Marina Petruzzella;
a scioglimento della riserva di cui all’udienza ex art. 409 c.p.p., sull’istanza di archiviazione avanzata dal PM, nel procedimento a carico di XXXXX, fondata sulla prospettazione secondo cui l’inadempimento dell’ordine di demolizione non costituisca reato;
OSSERVA
I.
Valutazione in concreto del peculiare episodio di abuso, inscindibilmente inserito e suscettibile di aggravare un fenomeno di abusivismo complessivo, che ha già assunto dimensioni socialmente allarmanti
La Polizia Municipale del comune di Palermo constatò presso l’immobile di proprietà degli indagati, i via Altarello di Baita a Palermo che era stata costruita in assenza di autorizzazione alcuna una tettoia
Di legno di circa 80 metri quadrati, arretrata di 3 metri rispetto al prospetto, ancorata per tre lati alla muratura della casa, e sorretta da travi in ferro. Ricevuta la segnalazione dell’abuso, il Comune di Palermo settore urbanistica ed edilizia, con ordinanza del 9 novembre 2010 ha ordinato ai proprietari dell’immobile di ripristinare lo stato dei luoghi entro 90 giorni dalla notifica, avvertendoli, tra l’altro, che in caso di inottemperanza si sarebbe proceduto a termini di legge.
La Polizia Municipale il 21 settembre 2011, ha constatato l’inadempimento dell’ordine di demolizione in parla e con nota del 4 ottobre 2011, ne ha dato comunicazione anche alla Procura della Repubblica di Palermo.
Ciò posto, reputa il giudice innanzitutto che l’istanza di archiviazione relativa alla notizia del mancato adempimento dell’ordine di demolizione non possa essere accolta, e che al riguardo vada approfondito non solo la ragione della violazione dell’ordine da parte dei destinatari, ma anche se vi sia stata una volontaria inerzia dei responsabili dell’ufficio comune competente, Costoro –rileva il giudice- sembrano allo stato doversi individuare nel Dirigente del servizio Controllo del Territorio e nel responsabile del procedimento, firmatari l’ordinanza, ingegneri XXXXXXX, in altri eventuali che per legge fossero tenuti ad attivare le procedure per la demolizione del manufatto abusivo.
Vanno quindi accertate le ragioni di tali omissioni.
Deve ritenersi che l’ordine di demolizione, come tutta la disciplina urbanistica, abbia assunto nel nostro ordinamento una funzione di ordine pubblico, come d’altra parte è significativamente indicato dalle interpretazioni più attuali ed approfondite della Suprema Corte , di cui più avanti. Un’indicazione della natura di provvedimento di ordine pubblico dell’ordine di demolizione viene innanzitutto dal fatto che il legislatore abbia sancito per il giudice l’obbligo di pronunciarlo e per la pubblica amministrazione l’obbligo di disporlo e di provvedervi, quando nell’esercizio dei rispettivi compiti istituzionali accertino l’abuso (cnfr. al riguardo tutta la giurisprudenza sul tema dell’ineliminabilità dell’ordine di demolizione).
Orbene il PM fonda la sua istanza di archiviazione sul rilievo che l’ordine di demolizione non afferirebbe a ragioni di ordine pubblico, sicché non ricorrerebbero gli estremi oggettivi dell’art. 650 c.p., chè enuncia tra le condotte di trasgressione di un ordine d’autorità soltanto quelle relative a ragioni di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico o igiene pubblica.
Si pone allora ancora il problema della definizione del concetto di ordine pubblico e della sua minaccia attraverso la violazione di un ordine. Per ordine pubblico si intende tradizionalmente ciò che attiene all’ordinato svolgimento della vita associata e contrario all’ordine pubblico, ciò che possa comportare rischi per il vivere civile, per il regolare svolgimento della vita di una comunità. Si tratta di un concetto sulla cui interpretazione incidono tutti quei fattori che a seconda del momento storico o della realtà di fatto relative sono atti a condizionare la percezione dei fenomeni di incidenza sociale.
Non v’è dubbio comunque che per stabilire se la violazione di un ordine dell’autorità possa arrivare ad integrare un problema di ordine pubblico occorra avere riguardo alla portata delle conseguenze dell’inadempimento, ed è evidente, si ripete, che entri in gioco una questione interpretativa, condizionata dalla percezione sociale del fenomeno e dall’attitudine dell’interprete a cogliere i risvolti essenziali delle realtà di fatto incidenti, che non può non essere collegata alla realtà contingente del luogo e del caso.
Partendo dai percorsi evolutivi delle interpretazioni date dalla Suprema Corte di Cassazione sui nodi problematici in materia di reati edilizi, è dato cogliere con chiarezza che le valutazione sulla gravità delle conseguenze della violazione di un ordine dell’autorità non possano avvenire in base a schemi astratti che non tengano conto delle peculiarità e della fenomenologia complessiva in cui l’episodio singolo si inserisce. Al contrario dette valutazioni non possono prescindere dalla considerazione della ratio e della natura degli interessi tutelati dalle norme (di cui l’ordine violato dal privato è espressione), e dovranno allora immancabilmente passare dall’osservazione del contesto ambientale e del fenomeno complessivo in cui lo specifico inadempimento si colloca.
Nell’ipotesi che l’ordine dell’autorità violato abbia ad oggetto la demolizione di un edificio abusivo o di una parte abusiva di esso, sancita con una sentenza o in una ordinanza della p.a., che abbia accertato l’abuso, ove l’episodio si inserisca in un territorio interessato massicciante al fenomeno dell’abusivismo edilizio -come è notoriamente quello del comune e della maggior parte della provincia di Palermo-, le sue conseguenze non si potranno valutate considerandolo come eventi a se stanti avulsi dal contesto ambiente, ma come parte inscindibile che va ad aggravare un fenomeno che ha già assunto dimensioni socialmente allarmanti (qual è appunto l’abusivismo massiccio in questi territori).
E’ proprio nel rispetto degli interessi di rango costituzionale che la normativa penale edilizia tutela che ogni singola condotta di abuso edilizio andrà, in altri termini, osservata cogliendo che cosa in concreto comporti in termini di aggravamento dei disservizi e del disordinato sviluppo del territorio interessato, con incidenza diretta sulla qualità della vita della popolazione.
Molto significativa appare in tal senso la pregevole giurisprudenza della Cassazione formatasi nell’arco di oltre un trentennio in materia di lottizzazione abusiva (ora art. 30 t.u. edil.), intorno al tema dell’importanza del controllo da parte dello stato dell’ordinato sviluppo del territorio, in termini e spazi adeguati alle percentuali di edificato ed alla presenza di servizi primari e secondari adeguati ai bisogni dell’uomo, della sua salute e alle esigenze di una vita aggregata civile e rispettosa della comunità.
Specularmente l’inadempimento di un ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva, intervenuto all’esito di un iter processuale o procedimentale amministrativo, continua, riproducendola, la minaccia per l’ordine pubblico costituita dalla violazione edilizia medesima :
la demolizione, prevista dalla legge, costituisce l’unico vero mezzo per l’eliminazione dei danni ai beni della vita tutelati della normativa edilizia, e a sua volta l’ordine relativo dell’autorità l’unico strumento dato allo Stato per poter rimediare ed arginare le conseguenze del dissesto, e senza i quali la ragione stessa dell’incriminazione in parola verrebbe vanificata.
INTERESSI TUTELATI dalla legge
Evoluzione della giurisprudenza della Cassazione L'individuazione dell'oggetto dei reati urbanistici ha dato in passato, come è noto, occasione ad una disputa tra la configurazione "formalistica" e quella "sostanzialistica". A partire dagli anni ’80, sulla concezione originaria che individuava il bene tutelato nel rispetto formale e strumentale del controllo dell’attività edificatoria da parte della Pubblica Amministrazione, prevale l’orientamento, di diversa sensibilità, incentrato sull' interesse pubblico all'ordinato sviluppo del territorio. Invero la stessa Corte di Cassazione, si era già espressa nel senso che "il bene che la legislazione urbanistica sull'edificabilità dei suoli tutela non è il rispetto formale degli strumenti urbanistici, ma il territorio come bene comprensivo di una molteplicità di interessi giuridicamente rilevanti, quali la sicurezza, l'igiene, la diversificazione delle aree, le comunicazioni interne ed esterne, le direzioni di sviluppo urbano, la proporzionalità dei volumi, l'armonia delle caratteristiche architettoniche, la funzionalità tecnica " (Cass., 26.6.1981).
Le Sezioni Unite in una importante sentenza hanno pure individuato come interesse fondamentale tutelato dalle norme urbanistiche la tutela del territorio contro i rischi di pregiudizio derivanti da ogni condotta che produca alterazioni in danno del benessere complessivo della collettività e delle sue attività ed il cui parametro di legalità è dato dalla disciplina degli strumenti urbanistici e dalla normativa vigente" (Cass., sez. Unite, 12.11.1993, ric. Borgia).
La Suprema Corte ha rilevato, in proposito, che la configurazione normativa dell'interesse tutelato è venuta a mutare nel tempo: dall'entrata in vigore della legge 6.8.1967, n. 765, introduttiva tra l'altro degli standards urbanistici e della salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio, all'art. 80 del D.P.R. n. 616/1977 ed alla successiva normativa (tra cui la legge 8.8.1985, n. 431), secondo la quale l'urbanistica non può farsi solo consistere nella disciplina dell'attività edilizia, dovendosi la relativa nozione estendere alla disciplina degli usi del territorio in senso sociale, economico e culturale, ivi compresa la valorizzazione delle risorse ambientali, nonché alle relazioni che devono instaurarsi tra gli elementi del territorio e non soltanto dell’abitato.
Tra l’altro questa stessa concezione dei beni giuridici tutelati dalle incriminazioni degli illeciti urbanistici ha condotto le SU ad affermare che la sanzione della demolizione ha una funzione direttamente ripristinatoria del bene offeso e, quindi, si riconnette all'interesse sotteso all'esercizio stesso dell'azione penale: che pertanto il giudice penale non ha al riguardo un potere residuale di supplenza, ma di tutela specifica dell'interesse offeso, correlato al preminente interesse di giustizia (cnfr. Cass., Sez. Unite, 3.2.1997, n. 714, ric. Luongo).
II.
Abusivismo a Palermo
e pregiudizi allo svolgimento della vita associata,
DPCM 18 ottobre 2002, che ha dichiarato l’emergenza ambientale
per la città di Palermo.
Passando al merito del procedimento penale che ci occupa, è un dato storico che nei territori del comune di Palermo e della sua provincia il fenomeno dell’abusivismo edilizio abbia assunto da tempo i connotati di un grave problema di ordine pubblico.
Addirittura la gravità e la natura di problema di ordine pubblico del fenomeno dell’abusivismo edilizia nel territorio della città, rileva ancora il giudice, sono stati ufficialmente definiti già nel 2002 nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato il 18 ottobre 2002, che dichiarando lo stato di emergenza ambientale, ha affermato che a Palermo : “la notevole diffusione del fenomeno di abusivismo edilizio ..sta compromettendo l'efficienza dei servizi, lo sviluppo urbanistico della città e .., conseguentemente, produce gravi pregiudizi all'ordinario svolgimento della vita associata”( tale DPDCDM, emesso ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, ha dichiarato lo stato di emergenza ambientale nella città di Palermo, ed è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, e prorogato fino al 2006).
Può aggiungersi che l’evidenza delle dimensioni di problema di ordine pubblico assunto dal fenomeno può rintracciarsi nella stima, tra le tante rese ufficiali, che da Trapani a Palermo a Messina, tra il 1988 e il 2006, l’abusivismo edilizio ha cancellato 46,7 km del litorale, in pratica 7 metri di costa al giorno in poco meno di vent’anni (in base alle medesima stima, su un totale di 442 km di litorale, il 58% -225 km- risulta essere cementificato e trasformato ad usi urbani ed infrastrutturali, mentre solo il 42% -122 km- è ancora classificabile come paesaggio naturale ed agricolo).
III.
Giurisprudenza citata nell’istanza del PM,
altra giurisprudenza
Conclusioni
Alla luce di simili dati di fatto, che riguardano il territorio del comune di Palermo, e delle considerazioni esposte, deve reputarsi superato e in aperto contrasto con le interpretazioni viste della stessa Corta suprema in materia edilizia, quell’orientamento riduttivo (che risulta però adottato in Cassazione non oltre il 1997) che, negando la funzione d’ordine pubblico della normativa penale edilizia, affermava che “l’ordine di sospensione dei lavori edili, tranne il caso in cui venga emanato a cagione di crolli o di pericolo per la pubblica incolumità -viene emesso dal sindaco per ragioni di autotutela conseguenti all’esecutività di un atto amministrativo in tema di urbanistica di ornato o di difesa dell’ambiente, e cioè per ragioni che non sono né di giustizia né di ordine pubblico né di sicurezza pubblica né di igiene e quindi per motivi che non consentono la sussumibilità delle relative previsioni sotto il disposto di cui all’art. 650 c.p. (CASS III 12.10.1983, si trattava di fattispecie in tema di prosecuzione dei lavori in spregio ad un ordine di sospensione;. E ancora nel 1997 Cass. III, del 06.6.1997 : “l'inosservanza dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo non integra gli estremi del reato di cui all'art. 650 cod. pen., non essendo tale provvedimento amministrativo diretto a conseguire finalità di giustizia o di ordine pubblico, ma di semplice riassetto urbanistico”).
L’abuso nella specie registrato non può considerarsi di secondo piano, trattandosi di una tettoia che a causa delle sue ampiezza, di ben 80 mq, comporta un aumento di volumetrie dell’immobile, un impatto ambientale e visivo al contrario notevoli.
E’ opportuno ricordare anche da ultimo la Cassazione, mostrando una ben mutata sensibilità sul tema dell’abusivismo edilizio in territori come quelli di molte zone della Sicilia, non esita a ravvisare il reato abuso d’ufficio, ex art. 323 c.p., nella condotta del sindaco e dei funzionari comunali che deliberatamente omettano di dare esecuzione all'ordinanza di demolizione di un immobile al fine di procurare un indebito vantaggio ai proprietari (Cass. VI 22.1.2010: “Integra il delitto di abuso d'ufficio la condotta del sindaco che ometta intenzionalmente di attivare le specifiche procedure di garanzia atte a porre rimedio alla mancata esecuzione dolosa da parte dei funzionari comunali, competenti per legge in materia di violazioni edilizie, di un'ordinanza di demolizione di un immobile”).
Alle valutazioni fin qui esposte, consegue in breve la necessità di indagare sulle ragioni del’inottemperanza dell’indagato e sulle ragioni per le quali gli uffici competenti della pubblica amministrazione abbiano omesso di dar seguito all’ordine di demolizione, e se nell’inerzia non sia nel caso concreto ravvisabili profili di perseguibilità ai sensi della legge penale.
PQM
Visto l’art. 410 c.p.p.;
rigetta l’istanza di archiviazione, dando termine al PM di mesi tre per indagare intorno alle ragioni della mancata esecuzione dell’ordine di demolizione da parte degli indagati, ed altresì in ordine alle ragioni per le quali il Dirigente dell’ufficio del Comune di Palermo Servizio Controllo del Territorio e il responsabile del procedimento, firmatari l’ordinanza, ingegneri XXXXXXXX, e altri eventuali che per legge fossero tenuti ad attivare le procedure per la demolizione del manufatto abusivo, non abbiano instaurato la procedura di esecuzione del medesimo ordine di demolizione ed provveduto affinché la demolizione venisse eseguita effettivamente.
Palermo 6 agosto 2012 Il Giudice
dott.ssa Marina Petruzzella