Cass.Pen. Sez. III n. 42235 del 17 ottobre 2023 (UP 14 set 2023)
Pres. Ramacci Rel. Scarcella Ric. Gargani ed altri
Urbanistica.Lottizzazione abusiva prescrizione e confisca in appello
In tema di lottizzazione abusiva, ove le prove di tipo dichiarativo o documentale, finalizzate all’accertamento della sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivo dell’illecito lottizzatorio, siano state acquisite antecedentemente alla data di estinzione per prescrizione di tale illecito, in un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio tra le parti, non è di ostacolo alla c.d. confisca urbanistica la circostanza che tale accertamento venga svolto dal giudice di appello, supplendo al silenzio motivazionale sul punto a seguito di impugnazione avverso la sentenza di primo grado che non l’abbia disposta, non essendo necessario che l’istruzione dibattimentale svoltasi in primo grado sia completa, in quanto è sufficiente che il giudice sia in grado di decidere allo stato degli atti fino a quel momento acquisiti, con il solo divieto per il giudice di appello di svolgere attività istruttoria integrativa a norma dell’art.603, cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 15 novembre 2022, la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del 14 settembre 2017 emessa dal tribunale di Palermo, ed appellata, per quanto di interesse, dagli imputati qui ricorrenti GARGANO MARIA GIUSEPPA, MACALUSO NUNZIA, MACALUSO TOMMASO, LANNINO SALVATORE, GIORDANO CARLO, FERRARA GIROLAMO e MACALUSO ANNA, assolveva GARGANO e GIORDANO dal reato di cui al capo b) per non aver commesso il fatto (concorso in violazione di sigilli), prosciogliendo gli imputati MACALUSO NUNZIA, MACALUSO TOMMASO, LANNINO SALVATORE, FERRARA GIROLAMO e MACALUSO ANNA dal medesimo reato per essere il medesimo estinto per prescrizione, disponendo la confisca a carico di tutti gli imputati dell’area abusivamente lottizzata e delle opere realizzate, come più dettagliatamente individuate nel dispositivo della sentenza impugnata, ordinandone la trascrizione nei registri immobiliari e disponendo la comunicazione della sentenza al Comune di Palermo.
Nel corso del giudizio di primo grado tutti gli imputati, oggi qui ricorrenti – unitamente ad altri non ricorrenti in Cassazione (DI FIORE RITA e GIORDANO LEONARDO) – erano stati prosciolti dal reato di lottizzazione abusiva contestato al capo a) della rubrica per essersi il medesimo estinto per prescrizione, disponendo la trasmissione della sentenza all’ufficio tecnico del comune di Palermo per le determinazioni di competenza.
2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, i predetti propongono separati ricorsi per cassazione tramite i rispettivi difensori di fiducia, deducendo complessivamente sette motivi, di seguito sommariamente indicati.
3. Ricorso FERRARA GIROLAMO, con cui si deducono due motivi.
3.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 44, comma 1, lett. c), TU Edilizia in relazione all’art. 5, cod. pen.
In sintesi, si censura la sentenza impugnata perché i giudici avrebbero omesso di considerare che il ricorrente, acquirente di un terreno che sarebbe stato illecitamente oggetto di lottizzazione abusiva, dinanzi ad un regolare frazionamento vidimato dall’autorità giudiziaria competente, vidimato dal comune di Palermo, e di fronte ad un rogito notarile, non avrebbe sospettato della situazione di irregolarità del fondo, incombendo invece al notaio evidenziare un’eventuale irregolarità, rifiutando la stipula dell’atto, laddove invece il ricorrente era convinto di aver acquistato un terreno ma senza gli intenti tipici della lottizzazione poi successivamente contestati. I giudici, pertanto, non avrebbero considerato la situazione di scusabilità dell’errore ex art. 5, cod.pen. in cui il ricorrente si trovava al momento del fatto, escludendone l’elemento soggettivo.
3.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 44, comma 2, TU Edilizia.
In sintesi, la difesa si duole per aver i giudici di merito disposto la confisca in assenza di prova degli elementi oggettivo e soggettivo del reato contestato, come richiesto dalla costante giurisprudenza di legittimità interna e sovranazionale, a far data dal caso GIEM ed altri C. Italia deciso il 28.06.2018. In presenza di una situazione di scusabilità dell’errore, pertanto, la confisca non avrebbe potuto essere disposta.
4. Ricorsi LANNINO SALVATORE, MACALUSO NUNZIA, MACALUSO TOMMASO e MACALUSO ANNA, con cui si deducono due motivi ad essi comuni.
4.1. Deducono, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 44, comma 2, TU Edilizia.
In sintesi, richiamato il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza “Perroni”, la difesa dei ricorrenti si duole in quanto, essendo la cristallizzazione della causa estintiva della contravvenzione urbanistica precedente alla sentenza di primo grado, preso atto dell’intervenuta prescrizione del reato sub a), il primo giudice non aveva ritenuto di dover disporre la confisca, ritenendo gli elementi probatori insufficienti a fondare un giudizio di responsabilità oggettiva e soggettiva degli imputati, con la conseguenza che la riforma in peius della sentenza di primo grado da parte della Corte d’appello sarebbe illegittima.
4.1. Deducono, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge sotto il profilo della violazione del principio di legalità e di proporzionalità della confisca.
In sintesi, richiamata la giurisprudenza di questa Corte, si sostiene che l’accertamento della responsabilità dovrebbe consistere in un provvedimento di condanna che, in termini sostanziali e formali, la dichiari, con la conseguenza che l’esistenza del reato nei relativi aspetti oggettivi e soggettivi sia oggetto di accertamento secondo il canone giudiziale dell’oltre ogni ragionevole dubbio. Verrebbe, altresì, in rilievo la violazione dell’art. 1, primo protocollo addizionale alla CEDU, atteso il carattere sproporzionato dalla confisca in questione, a carico della totalità dei lotti rilevanti (il n. 2 ed il n. 5, nel caso di specie). Né la motivazione resa dai giudici di appello sarebbe sufficiente, non essendosi svolti accertamenti di assoluto rilievo, quale l’asserita ricorrenza del rischio di inondazioni dell’area interessata.
5. Ricorso GARGANO MARIA GIUSEPPA, con cui si articola un solo motivo.
5.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 44, lett. c), TU Edilizia.
In sintesi, si censura la sentenza impugnata per aver disposto la confisca del terreno asseritamente oggetto di illecita lottizzazione (nella specie, il lotto n. 1), in assenza di prova della colpevolezza della ricorrente la quale avrebbe solamente partecipato alla divisione ereditaria, successiva di oltre un decennio dalla morte della madre, finalizzata solo allo scioglimento della comunione ereditaria, effettuata a rogiti del notaio Armanno. In sede di scioglimento, alla ricorrente era stata attribuita la particella di terreno identificata come lotto n. 1 ove insisteva un fabbricato, frazionamento predisposto dal padre della ricorrente, Antonio, nel 2008. Su tale terreno non risulterebbero essere stati più eseguiti interventi né lo stesso sarebbe stato oggetto di successiva alienazione a terzi, tanto che dagli stessi accertamenti svolti era emerso che il fabbricato era sempre esistente in loco senza che nessun intervento fosse stato eseguito. La ricorrente, quindi, non avrebbe partecipato alla condotta lottizzatoria, mantenendo lo stato di fatto e diritto dell’immobile e del terreno, ciò comprovando quindi come il bene in questione non fosse destinato ad alcun progetto di lottizzazione. La confisca sarebbe pertanto illegittima, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte che richiede pur sempre che la stessa debba esser limitata ai beni immobili direttamente interessati dall’attività lottizzatoria e ad essa funzionali.
6. Ricorso GIORDANO CARLO, con cui si articolano due motivi.
6.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 129, cod. proc. pen. essendo stata applicata la confisca ex art. 44, comma 2, TU Edilizia nonostante l’intervenuta estinzione del reato di cui all’art. 44, lett. c), TU Edilizia per la maturazione dei termini di prescrizione prima della chiusura dell’istruzione dibattimentale di primo grado.
In sintesi, la motivazione della sentenza sarebbe censurabile per avere i giudici disposto la confisca nonostante dalla sentenza impugnata emergesse che il reato di lottizzazione abusiva si fosse prescritto nell’aprile 2016, laddove la sentenza d’appello era stata pronunciata in data 15 dicembre 2022. Richiamando sul punto giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 11295 del 29.03.2022), la difesa sostiene l’illegittimità della confisca in quanto disposta dopo il maturarsi del termine di prescrizione del reato lottizzatorio, ossia quando i termini di prescrizione erano invero già maturati prima della conclusione dell’istruttoria dibattimentale, con la conseguenza che, facendo applicazione del principio espresso dalle Sezioni Unite “Perroni”, i giudici avrebbero dovuto pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129, cod. proc. pen.
6.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge e correlato vizio di motivazione in relazione all’applicazione della confisca lottizzatoria ex art. 44, comma 2, TU Edilizia, nonostante l’intervenuta maturazione del termine di prescrizione dell’illecito lottizzatorio.
In sintesi, richiamando quanto già esposto a proposito del primo motivo e chiarendo che il giudizio in appello si era concluso con l’assoluzione dell’attuale ricorrente anche dal reato di violazione dei sigilli per non aver commesso il fatto, la difesa del ricorrente censura la motivazione della sentenza d’appello laddove ha motivato le ragioni della disposta confisca in quanto, anzitutto, non avrebbe individuato in quale ipotesi di illecito lottizzatorio si versasse nel caso di specie e, in secondo luogo, per non aver accertato l’esistenza di un individuale intento edificatorio in capo ai singoli soggetti, accertamento necessario per applicare la misura ablatoria, stante la non riconducibilità della condotta sotto l’agire unitario di un unico soggetto avendo i singoli appezzamenti, costituenti l’area oggetto di sequestro, diversità di proprietari. Nel caso del ricorrente, del resto, il lotto di sua proprietà non sarebbe stato oggetto di alcuna edificazione, fatta eccezione per un cavidotto ENEL, circostanza questa sintomatica di una volontà non edificatoria. Il ricorrente, infine, si duole per non aver i giudici nemmeno valutato la proporzionalità della disposta confisca, richiamando sul punto la giurisprudenza interna e sovranazionale che richiede, ai fini della confisca, la verifica della proporzionalità della misura ablativa nel rispetto di quanto stabilito dall’art.1 del primo protocollo addizionale alla CEDU, con la conseguenza che la confisca dell’intero lotto apparirebbe abnorme e non proporzionata rispetto al contemperamento degli interessi di natura privatistica e di natura pubblicistica che vengono in rilievo, attesa l’assenza di qualsiasi intervento edilizio sull’area che è rimasto un terreno agricolo.
7. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato in data 21 luglio 2023 la propria requisitoria scritta, chiedendo, per Ferrara Girolamo e Gargano Maria Giuseppa, l’annullamento senza rinvio in punto di confisca e l’inammissibilità per il resto; per Lannino Salvatore, Macaluso Nunzia, Macaluso Tommaso, Macaluso Anna e Giordano Carlo, l’annullamento senza rinvio in punto di confisca, Segnatamente, quanto alla posizione di Ferrara Girolamo, osserva il PG che in conformità con il dettato di riferimento di cui all'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., una formula assolutoria diversa dalla prescrizione è consentita solo in virtù dell'evidenza dei relativi presupposti, per cui è necessario che la loro rilevazione possa pressoché avvenire mediante semplice constatazione. Del tutto generica appare, in ogni caso, l’invocata scusabilità ex art. 5 c.p., secondo l’intervento della Consulta, sent. n. 364/1988, così come formulata dal ricorrente. In punto di confisca va rilevato che in tema di lottizzazione abusiva, il provvedimento ablatorio di cui all'art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, può essere disposto anche in presenza di una causa estintiva del reato determinata dalla prescrizione, purché la sussistenza del fatto sia stata già accertata, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell'ambito di un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento. Più specificatamente, per il caso in esame, va seguito secondo il PG il condivisibile insegnamento interpretativo secondo cui la confisca ex art. 44, comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente realizzate può essere disposta a fronte di intervenuta prescrizione del reato, anche nel caso in cui lo svolgimento dell'attività istruttoria abbia comunque determinato un "pieno accertamento del fatto", sotto il profilo oggettivo e soggettivo dello stesso. Nel caso di specie, in realtà, al momento dell’accertata estinzione del reato il giudice non aveva effettuato alcun "pieno accertamento del fatto", e pertanto davvero la confisca appare disposta al di fuori dei limiti consentiti. Ne consegue l’illegittimità della disposizione ablatoria e la consequenziale sua eliminazione dalla decisione. Con riferimento alla posizione di Lannino Salvatore, Macaluso Nunzia, Macaluso Tommaso e Macaluso Anna, il PG, quanto al motivo di ricorso elaborato in tema di confisca si riporta a quanto sopra considerato. Con riferimento alla posizione di Gargano Maria Giuseppa, osserva il PG che in presenza della intervenuta estinzione per prescrizione del reato oggetto di valutazione da parte del giudice, la decisione di quest'ultimo può e deve tradursi nelle prevalenti (rispetto al rilievo della prescrizione) formule assolutorie per cui il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso o il fatto non costituisce reato solo quando i relativi presupposti siano emergenti ictu oculi, per cui la critica alla mancata rilevazione degli stessi deve muovere nel quadro ristretto e invalicabile di una rappresentazione della evidenza della loro sussistenza, di talché ogni censura formulata attraverso la articolazione di ragionamenti e rilevazioni di non immediata emergenza esula dai predetti binari logico - giuridici e ricade nell'ambito dell'inammissibilità dell'impugnazione. La ricorrente può comunque beneficiare dell’effetto estensivo della caducazione del provvedimento ablatorio, per le ragioni già esposte, secondo il principio previsto dall'art. 587 cod. proc. pen. che riguarda l'estensione, all'imputato non impugnante sul punto, degli effetti favorevoli derivanti dall'accoglimento del motivo di natura oggettiva dedotto dal coimputato. Infine, quanto alla posizione di Giordano Carlo, secondo il PG il ricorso, proposto in tema di confisca, merita accoglimento per le ragioni sopra esposte.
8. In data 29.08.2023, l’Avv. Salvatore Fricano, nell’interesse di FERRARA GIROLAMO, ha fatto pervenire conclusioni scritte, con cui, aderendo alle conclusioni del PG, ha chiesto, relativamente alla confisca dell’immobile, dichiarare l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio e, in accoglimento degli ulteriori motivi specificati in ricorso, annullare la sentenza impugnata con la formula ritenuta di giustizia. La difesa della ricorrente GARGANO MARIA GIUSEPPA, nell’allegare nomina e procura speciale in favore dei difensori Gianluca Sprio e Velio Domenico Sprio, ha depositato in data 26.07.2023 le proprie conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. È fondato unicamente il ricorso di GARGANO MARIA GIUSEPPA, mentre sono da ritenersi infondati tutti gli altri.
2. Al fine di meglio lumeggiare le ragioni che hanno condotto questa Corte a ritenere non fondati i ricorsi proposti da tutti i ricorrenti, con l’eccezione della Gargano, è necessario premettere quanto oggetto di approfondita disamina da parte dei giudici di appello che, a differenza di quanto avvenuto nella sentenza di primo grado, hanno provveduto a colmare quel deficit motivazionale conseguente alla mancata valutazione della sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivo dell’illecito lottizzatorio, illecito il cui accertamento era intervenuto sulla base degli elementi testimoniali e documentali già acquisiti nel contraddittorio delle parti nel corso del giudizio di primo grado, condicio sine qua non per poter disporre la confisca degli immobili e dei terreni oggetto della lottizzazione abusiva contestata.
3. I giudici di appello, in particolare, precisano (pag. 11) che i fatti sono stati ricostruiti sulla base della documentazione acquisita al fascicolo e delle deposizioni dei testi di P.G. esaminati nel corso del giudizio di primo grado, ciò che rende ragione dunque della corretta opera di integrazione motivazionale operata dalla Corte territoriale a seguito dell’appello interposto dal Procuratore Generale avverso la sentenza di primo grado sul punto dell’omessa pronuncia in tema di confisca lottizzatoria, applicabile anche in caso di declaratoria di prescrizione del reato di cui all’art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001.
Pacifico, del resto, è nella giurisprudenza di questa Corte che, in tema di lottizzazione abusiva, la confisca ex art. 44, comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente realizzate può essere disposta a fronte di intervenuta prescrizione del reato, anche nel caso in cui lo svolgimento dell'attività istruttoria, pur se necessitato dall'esigenza di accertare il maturare della prescrizione stessa, abbia comunque determinato un "pieno accertamento del fatto", sotto il profilo oggettivo e soggettivo dello stesso (Sez. 3, n. 5816 del 18/01/2022, Rv. 282833 – 01). Quanto sopra, in particolare, ben si coordina con quanto affermato dalla decisione di questa Corte, a Sezioni Unite, che ha affermato come la confisca di cui all'art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato determinata dalla prescrizione, purché la sussistenza del fatto sia stata già accertata, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell'ambito di un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 – 01).
Nella specie, inoltre, il giudizio svolto nei confronti degli attuali ricorrenti non si è arrestato nel corso del dibattimento di primo grado, anche perché si era in presenza di un processo cumulativo, essendo proseguito infatti il processo per il delitto di violazione di sigilli. Ed allora, a maggior ragione, nessuno dei ricorrenti può dolersi del fatto che il processo non siasi arrestato ex art. 129, cod. proc. pen. con riferimento al reato contravvenzionale sub a), posto che è già stato affermato da questa stessa Sezione che, nel caso di procedimento cumulativo, la confisca “urbanistica” può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva dell'illecito lottizzatorio determinata dalla prescrizione, purché ne sia accertato, nel contraddittorio delle parti, l'elemento oggettivo e soggettivo nel prosieguo dell'istruttoria dibattimentale svolta per gli altri reati, ove non sia stato richiesto il proscioglimento fondato sulla maturazione dei termini di prescrizione (Sez. 3, n. 15310 del 25/02/2021, Rv. 281728 – 01). E, nel caso sottoposto all’esame di questa Corte non risulta dagli atti valutabili dal Collegio – né tantomeno è stato dedotto da alcuno dei ricorrenti – che nel corso del giudizio di primo grado fosse stato chiesto l’immediato proscioglimento fondato sulla maturazione dei termini di prescrizione del reato lottizzatorio, essendo intervenuta tale richiesta solo all’esito del giudizio, peraltro in via subordinata da parte di tutte le difese (come risulta dalla stessa sentenza di primo grado, in cui tutti gli allora imputati – ad eccezione della difesa di Ferrara Girolamo, che aveva chiesto una derubricazione del reato sub a) nella contravvenzione di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001, con conseguente declaratoria di proscioglimento per prescrizione – avevano chiesto in via principale l’adozione di una pronuncia assolutoria con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, a comprova che gli elementi istruttori acquisiti fossero idonei a consentire al giudice di primo grado un accertamento nel merito, giustificando nell’ottica difensiva un proscioglimento quantomeno per difetto dell’elemento psicologico).
4. Tanto premesso, quanto al ricorso FERRARA GIROLAMO, non ha pregio anzitutto il primo motivo, che, non contestando la sussistenza dell’elemento oggettivo dell’illecito lottizzatorio, focalizza la propria attenzione esclusivamente sotto il profilo soggettivo, sostenendo che i giudici non avrebbero considerato la situazione di scusabilità dell’errore ex art. 5, cod.pen., errore in cui il ricorrente si sarebbe trovato al momento del fatto.
4.1. Tale motivo, osserva il Collegio, è infondato.
L’imputato è stato sì prosciolto per prescrizione dal reato ipotizzato. Risulta tuttavia dalla lettura della sentenza di primo grado e, soprattutto, di quella d’appello, che con essa si integra, che il coinvolgimento del ricorrente è scaturito dall’essere stato questi acquirente del lotto n. 8 in data 30.10.2008, mediante rogito del notaio Spedale, da Gargano Antonino, uno dei coeredi (i germani Gargano) che con atto di divisione ereditaria del 29.09.2008 avevano scelto la comunione relativamente ai beni loro pervenuti per successione di cui erano proprietari in parti uguali, procedendo alla formazione di tre quote, in una delle quali, quella del Gargano, rientravano le particelle per complessivi mq. 1.500 venduti all’attuale ricorrente.
Il primo giudice, peraltro, si era limitato dinanzi a sé a prendere atto della intervenuta estinzione per prescrizione dell’illecito lottizzatorio, senza minimamente pronunciarsi sulla sussistenza del reato sotto il profilo oggettivo e soggettivo sulla base degli elementi già acquisiti in contraddittorio tra le parti, e senza nemmeno disporre la confisca del terreno abusivamente lottizzato, limitandosi a disporre la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa per i provvedimenti di competenza.
4.2. In assenza di contestazioni circa la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato sub a), deve valutarsi unicamente la doglianza difensiva afferente all’asserito errore incolpevole che escluderebbe la configurabilità dell’elemento soggettivo.
La doglianza è infondata, atteso che questa Corte ha già avuto modo di affermare che la buona fede del terzo acquirente di immobile abusivamente lottizzato, quale presupposto di esclusione di operatività della confisca, non può farsi discendere dal solo fatto dell'avvenuta stipulazione di atto pubblico notarile, essendo indispensabile, per affermare l'esistenza della stessa, l'esame specifico dell'atto traslativo e della documentazione ad essa allegata in una corretta prospettiva di verifica dell'esistenza di un'aspettativa di esattezza giuridica dei provvedimenti amministrativi su cui il privato possa fare affidamento (In motivazione la Corte ha precisato comunque che incombe sul notaio rogante, che non è esonerato da responsabilità per il solo fatto della trasmissione al Comune dell'atto "sospetto", l'onere di verificare il rispetto delle prescrizioni legislative e di piano: Sez. 3, n. 15981 del 28/02/2013, Rv. 254987 – 01).
Milita, poi, nel senso della sussistenza dell’elemento soggettivo, anche la situazione oggetto di accertamento al momento del controllo del 3 dicembre 2009 e dello stato di fatto quale scaturente dai successivi sopralluoghi eseguiti nei mesi da marzo a ottobre 2010, in cui gli operanti accertarono l’intervenuta consumazione del reato di violazione di sigilli. Ed infatti, al momento del controllo, sul lotto n. 8, di proprietà del Ferrara, erano in corso lavori di edificazione, tanto che all’interno del lotto erano stati identificati due operai, intenti a lavorare. Nel corso dei successivi sopralluoghi eseguiti dagli operanti, per come riferito dal teste Maone, era stata accertata la prosecuzione di lavori con conseguente integrazione della violazione dei sigilli apposti, accertandosi in particolare la presenza di operai intenti al lavoro, essendo in corso la posa degli impianti tecnologici, la collocazione del pavimento e di una vasca da bagno, mentre all’esterno era stata completata la pilastratura, laddove l’immobile alla dx del lotto si presentava tramezzato, parzialmente intonacato e gessato con l’individuazione del locale bagno. Tale lotto, peraltro, insisteva in zona E1 con destinazione agricola e nessun piano di lottizzazione era stato mai presentato. Ed allora, è evidente che, nel caso di specie, la tesi della buona fede è contraddetta dallo stesso comportamento assunto dal ricorrente il quale, ben consapevole delle ragioni che avevano determinato l’adozione del provvedimento di sequestro (con conseguente integrazione successiva del reato di violazione dei sigilli), aveva perseverato nella propria condotta illecita, così manifestando inequivocabilmente la consapevolezza circa l’illegittimità della lottizzazione accertata, a fronte della quale, pur di fronte all’evidenza di essere stato scoperto, aveva comunque tentato di porre in essere la condotta di completamento degli abusi. Gli stessi giudici di appello, nel motivare la sussistenza dell’elemento psicologico (pag. 29), ritengono nella specie sussistente un intento doloso. La prova della sussistenza dell’elemento psicologico nel momento in cui è stato commesso il reato, del resto, può essere tratta anche dal comportamento tenuto dal colpevole successivamente al reato medesimo, perché il principio del libero convincimento del giudice non soffre distinzioni fra natura materiale e psicologica dei fatti emersi dal processo e oggetto di valutazione ai fini del convincimento stesso (Sez. 2, n. 1818 del 17/11/1967, dep. 1968, Rv. 106993 – 01).
Dunque, quanto sostenuto dal ricorrente nel primo motivo circa la mancata sussistenza dell’elemento soggettivo, in presenza di un errore scusabile ex art. 5, c.p., non può per ciò solo essere meritevole di accoglimento.
4.3. Con riferimento, invece, al secondo motivo, con cui si duole della confisca disposta in sede di appello, esclusa la situazione di scusabilità dell’errore per le ragioni già indicate nel primo motivo, è evidente che la situazione fattuale quale oggetto di accertamento svolto nel contraddittorio delle parti nel corso del giudizio di primo grado, rendeva evidente la legittimità del provvedimento ablatorio disposto dal giudice territoriale il quale si è limitato, a fronte di un accertamento svolto nel corso del primo giudizio, a colmare il deficit motivazionale cui era incorso il primo giudice nel non sviluppare gli argomenti che consentivano di ritenere sussistenti gli elementi oggettivo e soggettivo del reato di lottizzazione abusiva. Quanto all’elemento psicologico si è già detto. Quanto all’elemento oggettivo, l’accertamento è esplicitato alle pagg. 24 segg. della sentenza d’appello in cui viene riportata la sequenza degli atti (divisione del terreno; frazionamenti tra i tre germani Gargano; successive cessioni delle porzioni della superficie per la realizzazione di una strada di accesso ai vari lotti, strada completa di cavidotti ENEL interrato e pozzetti prefabbricati con diramazione verso ogni lotto e corrispondenza delle nicchie sulle recinzioni predisposte per l’erogazione di energia), da cui risulta che sin da primi frazionamenti si fosse generato un numero di particelle superiori al numero degli eredi, ottenendo una sistemazione delle stesse tale da esser facilmente predisposta una negoziazione di tipo speculativo. Le vendite, i successivi frazionamenti e le permute hanno, poi, reso i lotti simmetrici speculari in modo da ottenere l’impianto comune delle opere di urbanizzazione. I successivi atti materiali, come quelli posti in essere dal Ferrara attraverso la costruzione di edifici, la delimitazione dei singoli lotti e la realizzazione di opere infrastrutturali, sono risultati poi univocamente funzionali ad un nuovo insediamento urbano e, quindi, idonei a limitare o condizionare la riserva pubblica di programmazione territoriale, rendendo necessarie le opere di urbanizzazione.
5. Può quindi procedersi all’esame del ricorso congiunto proposto da LANNINO SALVATORE, MACALUSO NUNZIA, MACALUSO TOMMASO e MACALUSO ANNA, anch’esso da reputarsi infondato.
5.1. Ed invero, quanto al primo motivo, è fallace il presupposto di fatto da cui muove la difesa, ritenendo che la confisca non avrebbe potuto essere disposta in grado di appello perché il primo giudice non aveva ritenuto di doverla disporre ritenendo gli elementi probatori insufficienti a fondare un giudizio di responsabilità oggettiva e soggettiva degli imputati.
Non si è trattato, diversamente da quanto sostenuto dalle difese, di una riforma in peius della sentenza di primo grado da parte della Corte d’appello, ma di una mera attività di integrazione del deficit motivazionale della sentenza di primo grado da parte dei giudici territoriali i quali, senza svolgere alcun accertamento successivo alla intervenuta prescrizione del reato, hanno semplicemente valutato, alla stregua degli atti già acquisiti nel contraddittorio delle parti nel corso del primo giudizio, se gli elementi a disposizione del primo giudice fossero sufficienti a ritenere sussistenti gli elementi oggettivo e soggettivo dell’illecito lottizzatorio, operazione, come già detto supra, del tutto lecita e in linea con l’arresto delle Sezioni Unite “Perroni”.
5.2. Sul punto, in particolare, i giudici di appello sulla base degli atti disponibili hanno disposto la confisca dei terreni abusivamente lottizzati (nel caso degli attuali ricorrenti, quelli rispondenti ai lotti nn.ri 2 e 5) soffermandosi sulla sussistenza dell’illecito lottizzatorio sotto il duplice profilo, oggettivo e soggettivo.
In particolare, quanto ai ricorrenti MACALUSO NUNZIA, MACALUSO TOMMASO e MACALUSO ANNA, hanno dato atto che, al momento del primo sopralluogo del 3 dicembre 2009, nel lotto n. 2 di cui gli stessi erano nudi proprietari erano in corso lavori per la realizzazione di un manufatto edilizio ad un’elevazione f.t. di mq. 200 circa, intelaiato e muratura con copertura piana e tompagni in pomicemento, diviso in due ambienti, l tutto allo stato grezzo. Il lotto era già recintato con muri continui in c.a., completo di pilastrature per l’apposizione di cancelli carrabili, compresa nicchia esterna per alloggio contatore ENEL, e, al momento del sopralluogo, erano stati identificati due operai intenti a lavorare.
Analogamente, quanto al ricorrente LANNINO SALVATORE, proprietario del lotto n. 5, al momento del primo sopralluogo il lotto risultava recintato con muri continui in c.a., completo di pilastrature per l’apposizione del cancello carrabile, compreso nicchia esterna per alloggio contatore ENEL. All’interno risultava edificato un manufatto edilizio di mq. 200 circa con struttura intelaiata in c.a., tompagnato, tramezzato all’interno isnellato, e parzialmente intonacato all’esterno. Era inoltre rilevata la presenza di una scala in c.a. che, dalla prima elevazione, conduceva alla copertura ed il tutto era allo stato grezzo. Anche per i predetti lotti nn.ri 2 e 5, poi, era stato accertato che insistevano in zona E1 agricola e che nessun piano di lottizzazione era stato mai presentato.
Indubbia, quindi, la sussistenza degli elementi oggettivi dell’illecito lottizzatorio, nessun dubbio si pone poi per la configurabilità dell’elemento soggettivo, risultando dalla sentenza di primo grado e da quella d’appello che anche per tutti i predetti ricorrenti, al pari di quanto già detto a proposito del Ferrara, era stata riscontrata in occasione di due successivi sopralluoghi del 4 e 24 marzo 2009, e 6 aprile 2009 la realizzazione di nuove opere ed, addirittura, in alcuni casi, anche riscontrata la presenza di operai intenti a realizzarli, ritualmente identificati.
Valgono, dunque, anche per i ricorrenti LANNINO SALVATORE, MACALUSO NUNZIA, MACALUSO TOMMASO e MACALUSO ANNA le considerazioni già esposte supra a proposito della posizione del Ferrara in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico, sub specie di vero e proprio intento doloso come lo stesso giudice territoriale precisa a pag. 29.
5.3. Quanto, poi, al secondo motivo di ricorso, comunque a tutti i predetti ricorrenti, è anzitutto del tutto priva di pregio l’affermazione secondo cui l’accertamento della responsabilità dovrebbe consistere in un provvedimento di condanna, atteso che, come è stato definitivamente chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, la confisca di cui all'art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato determinata dalla prescrizione, non richiedendosi una pronuncia di condanna ma solo che la sussistenza del fatto sia stata già accertata, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell'ambito di un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 – 01). E ciò è quanto avvenuto nel caso in esame, atteso che l’assunzione del prove determinanti per l’accertamento dell’illecito lottizzatorio è intervenuta nel corso del giudizio di primo grado, nel contraddittorio tra le parti, e non certo nel corso del giudizio di appello, in cui i giudici, come già detto, si sono limitati solo a colmare il deficit argomentativo del primo giudice che aveva del tutto omesso di motivare in ordine alla confisca urbanistica.
5.4. Quanto, poi, all’ulteriore eccezione difensiva, che lamenta il carattere sproporzionato dalla confisca in questione, in quanto disposta a carico della totalità dei lotti rilevanti (il n. 2 ed il n. 5, nel caso di specie), non si rilevano sul punto profili di illegittimità. Ed infatti, come puntualmente oggetto di esame da parte dei giudici di appello in funzione integrativa dell’omessa motivazione sul punto del primo giudice (pagg. 31/32 della sentenza impugnata), è risultato evidente che per effetto dei frazionamenti dei terreni oggetto della lottizzazione e della successiva attività edificatoria sugli stessi compiuta dai ricorrenti, è stata stravolta la destinazione di tutta l’area oggetto della lottizzazione (da zona destinata a verde agricolo a zona residenziale), con la conseguente legittimità della misura ablativa, in quanto disposta in relazione a un’area tutta completamente e direttamente interessata dall’attività di lottizzazione abusiva contestata, compresi gli edifici sulla stessa realizzati, anch’essi facenti parte del programma lottizzatorio e concorrenti nella modificazione della destinazione urbanistica dell’area e della sua utilizzazione. Tale confisca, nella specie, viene correttamente considerata dai giudici di appello come misura assolutamente proporzionata alla tutela degli interessi generali per cui è previsto dalla legge tale provvedimento ablatorio, non potendo misure diverse elidere l’effetto dei frazionamenti che hanno determinato lo stravolgimento dell’assetto urbanistico, in zona peraltro notoriamente a rischio inondazioni.
Trattasi, all’evidenza di apparato argomentativo del tutto adeguato che, del resto, si conforma in diritto alla giurisprudenza di questa Corte che ha già avuto modo di affermare come in tema di lottizzazione abusiva, è conforme al principio di protezione della proprietà di cui all'art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, la confisca di tutta l'area oggetto della lottizzazione, compresi gli edifici sulla stessa realizzati, laddove la complessiva operazione edilizia realizzata abbia determinato il completo stravolgimento della destinazione urbanistica dei terreni, modificandola, nella specie, da zona destinata all'allevamento e all'agricoltura a zona residenziale (Sez. 3, n. 7756 del 03/10/2019, dep. 2020, Rv. 278167 – 01).
6. Ad analogo approdo deve pervenirsi quanto alla posizione del ricorrente GIORDANO CARLO.
Ed invero, quanto al primo motivo, con cui la difesa sostiene l’illegittimità della confisca in quanto disposta dopo il maturarsi del termine di prescrizione del reato lottizzatorio, ossia quando i termini di prescrizione erano invero già maturati prima della conclusione dell’istruttoria dibattimentale, è sufficiente richiamare quanto già esposto a proposito del ricorso Ferrara, evidenziando come, nella specie, nessun accertamento “postumo” della sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivo del reato di lottizzazione abusiva fosse stato posto in essere dai giudici di appello, essendosi gli stessi limitati a colmare il già più volte evidenziato deficit motivazionale del primo giudice, sulla base degli atti già acquisiti in primo grado nel contraddittorio tra le parti, senza che, peraltro, come già detto, alcuno dei ricorrenti, Giordano incluso, abbia chiesto nel corso del giudizio di primo grado la declaratoria di immediato proscioglimento ex art. 129, cod. proc. pen., essendo proseguito peraltro il giudizio nei suoi confronti per il delitto di violazione di sigilli.
Con riferimento alla posizione del Giordano, al momento del sopralluogo del 3 dicembre 2009, era emerso che nel lotto n. 7 di proprietà, quanto alla p.lla 2217 del ricorrente, era presente la diramazione del cavidotto ENEL con relativo pozzetto propedeutico per la fornitura di energia. E’ ben vero che sull’area di proprietà del Giordano non erano in corso opere di edificazione (e che nemmeno nei successivi sopralluoghi venne accertata la realizzazione di opere di edificazione) e che il Giordano risulta essere stato assolto in sede di appello dal reato di violazione dei sigilli per non aver commesso il fatto, non sussistendo elementi per ritenere che questi avesse anche solo moralmente concorso nella violazione dei sigilli commessa dai coimputati, ma è altrettanto vero che, nella specie, già al momento del sopralluogo venne accertata la presenza nel lotto di proprietà del ricorrente la presenza della diramazione del cavidotto ENEL con relativo pozzetto propedeutico per la fornitura di energia. Attività edilizia, questa, che lasciava chiaramente intendere come fosse stata già posta in essere una lottizzazione materiale dell’area in questione, mediante progettazione, formazione e delimitazione dei lotti, non rilevando la circostanza – invece riscontrata con riferimento alla posizione degli altri ricorrenti (con l’eccezione, come si dirà oltre, della Gargano) – della mancata edificazione o prosecuzione dei lavori. Questa Corte ha infatti già più volte affermato che la contravvenzione di lottizzazione abusiva, in quanto reato a consumazione anticipata, è integrata non solo dall'effettiva trasformazione del territorio ma da qualsiasi attività che comporti anche il mero pericolo di un'urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata, purché si traduca in interventi mirati alla realizzazione di opere che, per caratteristiche o dimensioni, pregiudichino la riserva pubblica di programmazione territoriale, sicché, in caso di lottizzazione abusiva materiale, è necessario e sufficiente che la condotta tenuta, valutata con giudizio "ex ante", sia idonea ed oggettivamente adeguata a determinare l'evento, potendo infatti integrare, sul piano oggettivo, gli estremi del reato anche le condotte di inizio di esecuzione di opere suscettibili di determinare una trasformazione urbanistica o edilizia del territorio in violazione di previsioni di piano o normative ovvero in assenza di autorizzazione (Sez. 3, n. 21910 del 07/04/2022, Rv. 283325 – 03).
Quanto, poi, all’elemento psicologico del reato, a differenza di quanto oggetto di accertamento a carico degli altri ricorrenti, con la già richiamata eccezione della Gargano, è sufficiente peraltro la semplice colpa (tra le tante, Sez. 3, n. 15205 del 15/11/2019, dep. 2020, Rv. 278915), nella specie ravvisabile in capo al Giordano per non aver questi acquisito elementi circa le previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona, in quanto con tale imprudente e negligente condotta egli si è posto colposamente in una situazione di inconsapevolezza che apporta un determinante contributo causale all'attività illecita (Sez. 3, n.37472 del 26/06/2008, Rv. 241098 – 01). Se a questo, poi, si aggiunge quanto precisato a pag. 14 e pag. 15 della sentenza d’appello, in cui si da conto delle operazioni di permuta e successiva divisione della particella di proprietà del ricorrente, il quadro assume contorni chiari che denotano in maniera inequivocabile la configurabilità dell’elemento psicologico del reato in esame.
7. A diverso approdo deve, invece, pervenirsi – come già supra anticipato - quanto al ricorso proposto da GARGANO MARIA GIUSEPPA, con cui la difesa si duole per aver i giudici di appello disposto la confisca del terreno asseritamente oggetto di illecita lottizzazione (nella specie, il lotto n. 1), in assenza di prova della colpevolezza della ricorrente la quale avrebbe solamente partecipato alla divisione ereditaria, successiva ad oltre un decennio alla morte della madre, finalizzata solo allo scioglimento della comunione ereditaria, effettuata a rogiti del notaio Armanno.
7.1. Il motivo è fondato.
Risulta infatti che, in sede di scioglimento della comunione ereditaria tra i germani Gargano, eredi della de cuius Lo Giudice Erminia, alla ricorrente era stata attribuita la particella di terreno identificata come lotto n. 1 ove insisteva un fabbricato, frazionamento predisposto dal padre della ricorrente, Antonio, nel 2008. Su tale terreno, come emerge anche dalla sentenza di appello, non risultavano essere stati più eseguiti interventi edilizi né lo stesso risulta essere stato oggetto di successiva alienazione a terzi, tanto che dagli stessi accertamenti svolti era emerso che il fabbricato era sempre esistente in loco senza che nessun intervento fosse stato eseguito. Difetta, quindi, sulla base di quanto emerso – e sempre salva la verifica, in sede di giudizio di rinvio, di ulteriori elementi desumibili dagli atti del giudizio di merito, non accessibili a questa Corte - la prova che la ricorrente abbia partecipato alla condotta lottizzatoria, mantenendo lo stato di fatto e diritto dell’immobile e del terreno, ciò comprovando quindi come il bene in questione non fosse destinato ad alcun progetto di lottizzazione.
È emerso, in definitiva, che la ricorrente ha solo partecipato all’atto di divisione ereditaria con scioglimento della comunione ed assegnazione di un lotto, il n. 1, su cui insisteva un manufatto. Da tale data la ricorrente non ha posto in essere interventi né sul manufatto né sull’area assegnatale a seguito dello scioglimento della comunione ereditaria, né tantomeno ha alienato la particella a terzi soggetti al fine di porre in essere un intento speculativo. Ora, se è sufficiente senza dubbio per ritenere integrato l’illecito lottizzatorio l’attività di frazionamento in sé di un terreno (essendosi infatti affermato che ai fini della sussistenza del reato di lottizzazione abusiva non è necessario che si verifichino iniziative di tipo edificatorio; è sufficiente invece anche la cosiddetta lottizzazione negoziale che si verifica quando la trasformazione urbanistica dei terreni avvenga: 1) attraverso il frazionamento degli stessi; 2) attraverso la vendita dei suoli; 3) attraverso atti equivalenti alla vendita. Ed a tal fine è sufficiente anche la vendita di un solo lotto: Sez. 3, n. 4954 del 08/02/1994, Rv. 197507 – 01), deve tuttavia rilevarsi, nel caso di specie, il difetto di qualsiasi accertamento in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo, la cui mancanza incide ai fini di disporre la confisca dell’area. Quanto sopra, peraltro, consente di distinguere la posizione della Gargano da quella del Giordano, già esaminata in precedenza, attesa l’accertata presenza nel lotto di proprietà di quest’ultimo della diramazione del cavidotto ENEL con relativo pozzetto propedeutico per la fornitura di energia, condotta qualificabile in termini di attività di lottizzazione materiale assistita quantomeno dall’elemento psicologico della colpa nei termini di cui si è detto.
La confisca del lotto di proprietà della Gargano, dunque, quantomeno allo stato e salve le verifiche in sede di rinvio necessarie per colmare il predetto deficit motivazionale in ordine alla configurabilità dell’elemento soggettivo in capo alla ricorrente, si prospetta pertanto come illegittima, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte che richiede pur sempre che la stessa debba esser limitata ai beni immobili direttamente interessati dall’attività lottizzatoria e ad essa funzionali (per tutte, si v. Sez. 3, n. 31282 del 27/03/2019, Rv. 277167).
7.2. Deve, conclusivamente, essere disposto, quanto alla posizione di Gargano Maria Giuseppa, l’annullamento dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo, affinché colmi il predetto deficit motivazionale in ordine alla configurabilità dell’elemento psicologico del reato in capo alla medesima. Quanto, invece, alla posizione degli altri ricorrenti i ricorsi devono essere rigettati, con condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali.
8. Conclusivamente, ed alla luce delle considerazioni svolte in parte motiva, deve essere affermato il seguente principio di diritto:
«In tema di lottizzazione abusiva, ove le prove di tipo dichiarativo o documentale, finalizzate all’accertamento della sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivo dell’illecito lottizzatorio, siano state acquisite antecedentemente alla data di estinzione per prescrizione di tale illecito, in un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio tra le parti, non è di ostacolo alla c.d. confisca urbanistica la circostanza che tale accertamento venga svolto dal giudice di appello, supplendo al silenzio motivazionale sul punto a seguito di impugnazione avverso la sentenza di primo grado che non l’abbia disposta, non essendo necessario che l’istruzione dibattimentale svoltasi in primo grado sia completa, in quanto è sufficiente che il giudice sia in grado di decidere allo stato degli atti fino a quel momento acquisiti, con il solo divieto per il giudice di appello di svolgere attività istruttoria integrativa a norma dell’art.603, cod. proc. pen.».
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di GARGANO MARIA GIUSEPPA con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo. Rigetta i ricorsi di MACALUSO NUNZIA, MACALUSO TOMMASO, LANNINO SALVATORE, GIORDANO CARLO, FERRARA GIROLAMO e MACALUSO ANNA, che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 14 settembre 2023