Corte dei Conti Sent. 1160 del 22 maggio 2008 - Sezione giurisdizionale per la regione Campania

Comunità Montana - Amministratori - Mancata realizzazione impianto riciclaggio rifiuti - Responsabilità - Fattispecie - Sussiste

SENT. 1160/2008

*A cura dell’Ufficio stampa





SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA

composta dai seguenti magistrati:



dott. Enrico GUSTAPANE Presidente

dott. Federico LUPONE Consigliere

dott.ssa Marta TONOLO Consigliere – relatore



ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nei giudizi di responsabilità, iscritti ai n° 44043/EL e 49529/EL del registro di Segreteria, instaurati a istanza della Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Campania nei confronti dei sigg.ri:

1) A. D., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in via xx,

2) G. C., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in via xx,

3) D. C., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in via xx,

4) M. F. D.., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in Contrada xx,

5) A. L., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in via xx,

6) V. M., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in Contrada xx,

7) N. A., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in via xx,

8) A. P., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in via xx,

9) P. S., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in via xx,

10) V. U. , nato a xxx il xxx, ed ivi residente in via xx,

11) F. Z., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in Contrada xx,

tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Felice Laudadio e Raimondo Nocerino giusta mandato a margine delle memorie di costituzione depositate il 17 gennaio 2006 e, tutti, elettivamente domiciliati in Napoli alla via Caracciolo n. 15;

12) B. C., nato a xxx il xxx, ed vi residente in via xx,

13) N. D., nato a xxx il xxx, residente a xxx in via xx,

entrambi rappresentati e difesi dall\'avv.to F. D. come da procura alle liti apposta a margine delle memorie di costituzione depositate il 18 gennaio 2006 ed elettivamente domiciliati in Napoli alla via Caracciolo n. 15;

14) R C., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in via xx rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Cocilovo e Mauro Di Monaco, elettivamente domiciliato con questi in Napoli alla via Ponte di Tappia n. 82 presso lo studio Di Gianni, come da mandato apposto alla memoria di costituzione del 18 gennaio 2006

15) G. C., nato a xxx il xxx, residente a xxx in via xx rappresentato e difeso dall\' avv. Ernesto Mazzoni in virtù di mandato redatto a margine della memoria di costituzione del 18 gennaio 2006 ed elettivamente domiciliato con lo stesso in Napoli alla via del Parco Margherita n. 3 presso l\'avv. prof. F. Fratto;

16) G. I., nato a xxx il xxx, ed ivi residente in corso xx,

17) R. F. M. , nato a xxx il xxx residente a xxx in via xx.

VISTI l\'atto di citazione della Procura Regionale depositato presso questa Sezione Giurisdizionale il giorno 27 maggio 2005 e l\'atto di citazione depositato presso questa Sezione Giurisdizionale il giorno 7 giugno 2006;

VISTA la memoria di costituzione in giudizio del sig. G. C. del 13 gennaio 2006;

VISTE le memorie dei convenuti sigg. A. D., G. C., D. C., M. F. D.., A. L., V. M., N. A., A. P., P. S., V. U. , F. Z. depositate il 17 gennaio 2006 ;

VISTE le note difensive dei sigg. B. C., N. D., depositate il 18 gennaio 2006;

VISTE le memoria di costituzione del sig. R. C. del 18 gennaio 2006 e quella redatta personalmente dal sig. G. I. in data 9 gennaio 2006;

CHIAMATA la causa nella pubblica udienza del giorno 21 febbraio 2008, con l\'assistenza del segretario dott. Alfonso Pignataro, sentito il relatore Cons. Marta Tonolo, presenti gli avvocati Felice Laudadio, Raimondo Nocerino, Ernesto Mazzoni, P. Moscato su delega dell\'avv. Marco Cocilovo, avv. F. D. e il rappresentante del pubblico ministero in persona del Vice Procuratore Generale dott. A. Buccarelli;

Ritenuto in
FATTO



1. Con atti di citazione depositati il 27 maggio 2005 e il 7 giugno 2006, la Procura regionale conveniva in giudizio, innanzi a questa Sezione, i sigg. G. C., A. D., G. C., D. C., M. F. D.., A. L., V. M., N. A., A. P., P. S., V. U., F. Z., B. C., N. D., R C., G. I. e R. F. M. in qualità di amministratori delle CC.MM. del Fortore e dell\'Alto Tammaro per sentirli condannare, pro quota e secondo la ripartizione contenuta nella domanda introduttiva, al pagamento, in favore delle predette Comunità della somma complessivamente determinata in euro 1.100.000, oltre rivalutazione, interessi legali, e spese di giustizia.

L\'organo inquirente formulava la propria pretesa risarcitoria nei confronti delle persone sopraindicate con riferimento ad una ipotesi di responsabilità amministrativa derivata dalla mancata realizzazione di un impianto di riciclaggio dei rifiuti solidi urbani.

2. Dall\'atto introduttivo e dalla documentazione di causa emerge quanto segue.

A seguito di accordo, le CC.MM. del Fortore e dell\'Alto Tammaro decidevano di realizzare un impianto di riciclaggio dei rifiuti solidi urbani (stazione di trasferimento, impianto di selezione e discarica) nell\'ambito e a servizio della circoscrizione territoriale dei due enti e di avviare, conseguentemente, le procedure per ottenere ed avvalersi di finanziamento C.I.P.E.

La Comunità dell\'Alto Tammaro - assunto il ruolo di capofila (delibera n. 640 del 14.9.1988 della G.E. della Comunità del Fortore) - con provvedimento del 19.9.1988 commissionava alla società Omissis s.p.a. la redazione del progetto dell\'opera in questione, progetto che veniva, successivamente, approvato dalla Giunta Esecutiva con delibera n. 552 del 26.9.1988 ed inoltrato alla Regione Campania con nota n. 3818 del 3.10.1988.

La localizzazione dell\'impianto di riciclaggio dei rifiuti veniva prevista in località Praianone del Comune di Morcone, anche se con delibera della G.M. del 28.12.1988 n. 546, il medesimo ente esprimeva il proprio parere favorevole sull\'allocazione dell\'opera in località Selvapiana di Morcone.

IL CIPE - con provvedimento del 19.12.1989 - approvava il suddetto progetto denominato FIO 89 n. 50, limitando, però, il finanziamento a £ 12.305 milioni.

Predisposto e approvato lo schema di convenzione (delibera n. 28 del 10.1.1990), il Presidente della Comunità Montana Alto Tammaro stipulava con la Omissis s.p.a. una convenzione (rep. n. 582 del 9.2.1990) avente ad oggetto la concessione di costruzione e gestione dell\'impianto per un importo successivamente e definitivamente rettificato in lire 10.489.550.000 (delibera di G.E. n. 174 del 7.3.1990).

L\'adeguamento funzionale del progetto al minor finanziamento veniva approvato dal Consiglio Generale della Comunità dell\'Alto Tammaro con delibera n. 4 del 9.2.1990 e, con delibera di G.E. CM Alto Tammaro n. 255 del 4.4.1990, il progetto adeguato veniva dichiarato di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza ai sensi dell\'art. 1 della legge 3 gennaio 1978 n. 1.

Nel frattempo, seppur il piano particellare descrittivo di esproprio relativo al I° stralcio indicava la località Praianone (foglio 90), su indicazione del Comune di Morcone, l\'area per l\'intervento veniva individuata in località “Piano Viole”, posto che - con provvedimenti n. 310 dell\'11.5.1990 e n. 445 dell\'11.7.1990 - la Giunta esecutiva della Comunità Montana accettava l\'offerta di cessione bonaria di due proprietari e, in data 16.5.1990, si procedeva all\'immissione in possesso dell\'area ed all\'apertura del cantiere nei terreni individuati al foglio 32 e comprendenti i mappali n. 104, 105 ecc..

Come rilevato anche in atto di citazione, dopo appena un mese (30.6.1990), il sindaco di Morcone (nella persona del sig. R C., membro della giunta esecutiva della C.M. Alto Tammaro) comunicava che il sito individuato poteva essere utilizzato solo per la costruzione dell\'impianto e non per realizzarvi l\'annessa discarica e, conseguentemente, il Presidente della C.M. Alto Tammaro - con nota del 21.8.1990 - chiedeva alla Omissis di sospendere ed annullare le procedure di gara ai fini di un riesame del progetto, quale conseguenza della diversa ubicazione dell\'impianto.

Veniva, quindi, nominata una commissione di esperti (delibera n. 761 del 21.11.1990) per la risoluzione delle problematiche connesse alla realizzazione dell\'impianto la quale individuava una nuova area nel Comune di Colle Sannita (area che, per le resistenze della popolazione non veniva mai messa a disposizione).

Con le delibere nn. 36 e 37 del 16.1.1991, la Giunta esecutiva della C.M.A.T. approvava lo schema di bando e l\'invito di gara con cui la Omissis - mediante licitazione privata - avrebbe affidato in appalto ad impresa terza (come da art. 7 della convenzione) la costruzione dell\'impianto di riciclaggio da realizzarsi nel Comune di Morcone o di San Giorgio La Molara.

Entrambi gli enti locali, tuttavia, non mettevano a disposizione le aree necessarie per la realizzazione del progetto e, fallita anche la possibilità di diverse opzioni e alternative, si individuava nel Comune di Ginestra degli Schiavoni la località (“Fontana Occhione”) ove allocare l\'impianto (scelta successivamente non confermata dall\'Amministrazione locale) e si invitava la Omissis a predisporre nuovi adempimenti di gara (nota del 24.5.1991).

La Comunità Alto Tammaro, quindi, con delibera n. 622 del 27.9.1991 richiedeva alla Regione Campania una proroga di dodici mesi per la realizzazione dell\'opera e nel frattempo i due enti stipulavano in data 7.10.1991 una convenzione con cui la Regione affidava in concessione alle CCMM Alto Tammaro e Fortore la realizzazione delle opere relative al progetto in questione.

Nel giugno 1993, le inattività sul piano della concreta e materiale esecuzione delle opere inducevano la Giunta Regionale a nominare - con delibera n. 2769 - un Commissario ad acta per l\'attivazione delle procedure connesse alla realizzazione del progetto FIO 89 n. 50.

Anche l\'individuazione di un nuovo sito per l\'attuazione dell\'intervento non dava, però, alcun esito positivo e, quindi, con provvedimento CIPE n. 588 del 3 agosto 1993, il finanziamento veniva revocato.

La mancata realizzazione dell\'intervento commissionato dalle CCMM alla società Omissis determinava l\'insorgere di una controversia legale tra le parti la cui definizione - a favore della società istante - avveniva con lodo arbitrale n. 9/2000 pronunciato il 31.1.2000, impugnato innanzi alla Corte di Appello di Napoli il 2.5.2000 (giudizio abbandonato a seguito della transazione) e reso esecutivo dal Tribunale di Benevento il 13.6.2000.

Alla notifica dell\'atto di precetto, seguito dal conseguente atto di pignoramento per una somma complessiva di oltre euro 3.200.000 (comprensiva del risarcimento del danno di lire 2.143.572.599 riconosciuto a favore della società in parola), la Comunità Montana “Alto Tammaro” - con deliberazione n. 18 del 19.6.2003 - approvava la transazione con la Fisia Impianti s.p.a. subentrata alla Omissis spa per la somma di euro 550.000, quale propria quota a chiusura della controversia di cui sopra

Con atto analogo (delibera n. 20 del 30.9.2003), la Comunità Montana del Fortore riconosceva a favore della stessa impresa la somma di 550.000 euro a tacitazione di ogni pretesa risarcitoria per la mancata realizzazione dell\'opera.

2. Con atti di citazione depositati in giudizio il 27 maggio 2005 e, successivamente, il 7 giugno 2006 (nei confronti del sig. F. R. M. in precedenza erroneamente ritenuto deceduto per questione di omonimia), la Procura presso questa Sezione contestava ai convenuti il prodursi di un danno patrimoniale (concreto attuale ed ingiusto) ammontante in euro 1.100.000 euro quale somma destinata a risarcire l\'impresa per la mancata realizzazione di un\'opera rimasta del tutto incompiuta (delibere delle CCMM n. 18 del 19.6.2003 e n. 20 del 30.9.2003).

L\'origine e le responsabilità del danno secondo l\'impostazione accusatoria venivano ricondotte alla mancata individuazione del sito sul quale costruire le opere di cui trattasi, aspetto programmatorio che avrebbe dovuto essere chiaro e definito fin dall\'inizio, cioè dal 1988.

Viceversa, la mancata previsione di una certa, precisa, concordata e definitiva allocazione dell\'impianto, aspetto fondamentale dell\'intera vicenda, avrebbe “reso incomprensibile ed illogico l\'aver avviato, sospeso, annullato e poi di nuovo bandito un procedimento di gara di appalto nonché l\'aver formulato ed inviato una lettera di invito a gara, priva della definitiva indicazione del luogo sul quale l\'intervento appaltato avrebbe dovuto essere eseguito”.

Secondo l\'accusa, le argomentazioni dei convenuti rese in sede di controdeduzioni all\'invito ex art. 5 legge n. 19/1994 non potevano assumere alcun pregio laddove, nel rilevare come in realtà l\'area del Comune di Morcone fosse stata inizialmente specificata anche con piano particellare di esproprio, avrebbero indicato la ragione giustificatrice del fallimento dell\'iniziativa nelle ripetute violente rivolte delle popolazioni locali.

Non è ammissibile - sosteneva la Procura - rifiutare, ora come allora, l\'assunzione di una qualsivoglia responsabilità (o scaricarla sulla comunità o sugli enti locali di riferimento che si sono tirati indietro), anche soltanto politica, per giungere a rinnegare il principio stesso della rappresentatività di una comunità in capo ai suoi amministratori liberamente eletti, e stravolgere, quindi, quel meccanismo virtuoso per cui la volontà popolare, anziché motore di scelte positive ed utili, diventa il vizio genetico di iniziative che nascono zoppe per non scontentare nessuno ….”

L\'organo inquirente respingeva anche il tentativo dell\'amministrazione pubblica (contenuto nel giudizio arbitrale ed ancora nella relazione richiesta da questa Procura ai fini dell\' istruttoria del presente procedimento) di addossare le responsabilità alla società Omissis e riteneva oltremodo incerta e rischiosa l\'eventualità che l\'impresa riuscisse a lavorare sul sito originario (probabilmente quello presso il quale era stato aperto il cantiere, prima della sospensione disposta dal Presidente stesso della C.M.) per il quale non aveva neppure stipulato la convenzione.

Riteneva, inoltre, che non determinasse esenzione di responsabilità neppure la circostanza - evidenziata dalla difesa dei convenuti - secondo cui il finanziamento era destinato esclusivamente alla Regione Campania e, quindi, le CC.MM. avrebbero dovuto attendere “solo” alla realizzazione del progetto (tra varie prescrizioni imposte dall\'alto) e non anche all\'individuazione del sito spettante all\'ente pubblico locale.

Al contrario, la pubblica accusa indicava nella mancata, concreta individuazione del sito (nei cinque anni trascorsi dalla delibera del 1988 e fino alla revoca del finanziamento) un indice di grave negligenza, imperizia, incapacità di assumere una scelta e perseguirla: scelta che, in realtà, costituiva, sotto altro aspetto, un preciso obbligo prima di addivenire alla stipula di una convenzione con conseguenti vincoli contrattuali con impresa terza.

L\' elaborazione di un progetto economicamente e strategicamente impegnativo senza che ne fossero curati gli aspetti essenziali, fondamentali e determinanti produceva, secondo il pubblico ministero, l\'inevitabile esposizione delle CCMM ad azioni risarcitorie dell\'impresa con evidente danno patrimoniale alla comunità amministrata, depauperata sia di una somma consistente, quanto di un\'opera potenzialmente utile per la collettività.

Conclusivamente parte attrice, nel quantificare il pregiudizio patrimoniale in euro 1.100.000 come complessivamente individuato nell\'unico atto transattivo, riteneva lo stesso comprensivo di due diversi danni ontologicamente certi e distinti, pur di medesimo importo (euro 550.000), gravanti su ciascuna delle Comunità Montane, quella dell\'Alto Tammaro e quella del Fortore che avevano entrambe sostenuto una spesa senza riceverne la minima utilità.

Tenuto conto che le condotte causative dei relativi danni erano anteriori al 1994 (e quindi poste in essere in un periodo non coperto dalla previsione normativa che sancisce la giurisdizione per danni arrecati ad ente diverso da quello di appartenenza), la Procura addebitava agli amministratori della C.M. Alto Tammaro la somma di euro 550.000,00 e agli amministratori della C.M. del Fortore gli ulteriori euro 550.000,00, quali importi liquidati rispettivamente dalle predette Comunità a favore della società concessionaria per il risarcimento del danno conseguente alla mancata realizzazione dell\'opera.

Entrambe le compagini di amministratori venivano, infatti, censurate sotto il profilo della grave negligenza in quanto se quella della Comunità dell\'Alto Tammaro (ente delegato) aveva gestito primariamente tutta la vicenda, quella della Comunità del Fortore (delegante), “lungi dall\'essere giustificata dalla operata delega, non avvertiva, inspiegabilmente, per circa quattro anni, la rilevanza del problema della mancata individuazione del sito e le gravi conseguenze che ciò avrebbe comportato anche soltanto nel raggiungimento degli scopi prefissati”.

Sotto il profilo causale, gli amministratori di entrambe le Comunità venivano, pertanto, chiamati a rispondere del danno arrecato agli enti di appartenenza, ciascuno per la parte che vi ha preso, in ragione delle delibere adottate. La Procura riteneva, però, che per il danno arrecato alla Comunità Alto Tammaro, il Presidente D. dovesse rispondere di una quota di addebito pari al doppio di quella degli altri concorrenti, per il ruolo di maggior rilievo svolto nella descritta vicenda.

Ferma restando, quindi, la libera valutazione del Collegio in ordine alla configurabilità alternativa di un difetto originario ovvero sopravvenuto nel rapporto tra le Amministrazioni e la Omissis, la Procura concludeva addebitando il predetto nocumento patrimoniale come segue:

1) al presidente ed agli assessori della giunta esecutiva del Fortore che votarono la delibera 640/1988 e, quindi, ai sigg.ri R. M., G. C., N. D., M. F. D.., G. I., D. C., B. C. e P. S., rimettendo al Collegio proprio in relazione alla prospettazione di responsabilità prescelta, la valutazione della sussistenza della stessa responsabilità in ragione della limitatezza dell\'incarico assessorile ricoperto dai signori I. e C. (carica ricoperta fino al 1990);

b) al presidente della C.M. “Alto Tammaro”, A. D.;

c)al presidente ed agli assessori della C.M. di cui sopra che hanno votato la delibera 28/1990 e, quindi, oltre al sig. D., ai sigg.ri A. P., N. A., G. C., R C., A. L., V. M.;

d) al presidente ed agli assessori (quelli menzionati fatta eccezione per il sig. C., non presente) che hanno votato la delibera 310/1990, che deve essere considerata un continuum della condotta gravemente colposa;

e) al presidente ed agli assessori (quelli menzionati fatta eccezione per il sig. M., ed in aggiunta i sigg.ri V. U. e F. Z.) che hanno votato la delibera 761/1990, anch\'essa da considerare quale comportamento concorrente tra le condotte causative del danno;

f) al presidente ed agli assessori (gli stessi della precedente delibera) che hanno votato le delibere 36 e 37/1990, assolutamente significative nell\'individuazione del comportamento gravemente colposo degli amministratori convenuti;

g) agli amministratori che hanno votato la delibera 622/1990 (quelli di cui sopra, tranne A., L. e Z., non presenti) anch\'essa da valutare nel quadro di generale incompetenza dimostrata dai responsabili.

In via subordinata, parte attrice chiedeva che - ove fosse ravvisato un rapporto di servizio nella delega di funzioni tra enti (che in tal caso avvincerebbe gli amministratori della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro anche alla Comunità del Fortore) - il danno di euro 550.000 arrecato alla CM del Fortore fosse addebitato, ciascuno per la parte che vi ha preso, anche agli amministratori della Comunità Alto Tammaro che hanno gestito l\'intera vicenda, quali agenti dell\'ente delegato, con i risultati negativi evidenziati.

Per converso, sempre nella suddetta prospettiva subordinata, gli amministratori della C.M. del Fortore non verrebbero chiamati a rispondere del danno alla C.M. Alto Tammaro in quanto non sarebbe configurabile il relativo nesso eziologico.

3. Con memoria del 9 gennaio 2006, il sig. G. I., assessore della Comunità Montana del Fortore illustrava la propria posizione con riferimento alla vicenda di cui è causa fino alla cessazione dalla carica avvenuta il 2.5.1990. Nel rilevare che l\'origine e la responsabilità del danno contestato in citazione veniva imputato alla mancata individuazione del sito ove costruire l\'impianto faceva presente lo stesso risultava individuato, fin dall\'inizio della procedura, nel Comune di Morcone.

Nel rilevare come l\'indisponibilità dell\'area era emersa dopo la cessazione del suo mandato e che nulla poteva essergli imputato in quanto la delibera 640/88 non poteva ritenersi di per sé causativa di danno (ed era passata al vaglio di legittimità degli organi competenti), sottolineava che - inspiegabilmente - non si era provveduto a chiamare in causa anche altri amministratori.

Al riguardo, faceva espresso riferimento ai consiglieri delle Comunità montane che ratificarono la delibera n. 640 del 1988, al commissario ad acta nominato dalla Regione, agli amministratori che si erano susseguiti nella carica fino alla delibera di liquidazione della somma riconosciuta alla società Omissis a seguito del lodo arbitrale, in particolare, agli amministratori della Comunità del Fortore che non avrebbero dovuto riconoscere la somma di euro 550.000,00 a favore della società, ma imputare l\'intero onere alla CM A.T. che pose in essere ogni attività per la realizzazione dell\'impianto e che, in qualità di delegata, si era assunta ogni compito e responsabilità.

Concludeva chiedendo l\'assoluzione da ogni addebito. In via gradata eccepiva la prescrizione dell\'azione, la nU.tà della citazione e l\'integrazione del contraddittorio nei confronti del sig. M. R. F. e dei soggetti sopra indicati.

4. Con memoria del 13 gennaio 2006, si costituiva in giudizio, difeso dall\'avv. Ernesto Mazzoni, il dott. G. C. quale componente della Comunità Montana del Fortore dal 1984 al 1990. Con riferimento alla vicenda addebitatagli, il convenuto rappresentava di aver partecipato alla sola delibera n. 640 del 14.9.1988 con la quale - prescindendo da decisioni relative alla ubicazione e ai costi necessari alla costruzione dell\'impianto di riciclaggio - la Comunità del Fortore decideva di aderire all\'iniziativa della C.M. dell\'Alto Tammaro per la realizzazione di un unico impianto sufficiente a soddisfare le esigenze dei territori di entrambe le CC.MM.; l\' ubicazione dell\' impianto, ancorché rimessa alla C.M. delegata, prescindeva dall\'oggetto specifico messo in decisione e, in ogni caso, vi era agli atti una delibera del Comune di Morcone che accettava l\'installazione dell\'impianto alla contrada Selvapiana del suo territorio.

Sosteneva che nessuna responsabilità poteva essergli addebitata in quanto nei due anni in cui aveva avuto responsabilità amministrative e cioè fino al 1990 la vicenda aveva avuto un percorso funzionale alla finalità costruttiva programmata non prospettandosi alcun cenno da cui dedurre che la individuazione del sito sarebbe stata un problema insormontabile.

Rappresentava, inoltre, che i rapporti tra la Omissis e la CM Alto Tammaro, intercorsi a tutto il 1990, venivano tacitamente transatti nel gennaio 1991 allorquando la C.M. dell\'Alto Tammaro approvava un nuovo bando di gara e la società appaltatrice consentiva all\'attivazione della nuova procedura. Il risarcimento del danno richiesto dalla società e liquidato con lodo arbitrale, pertanto, si poggerebbe su presupposti e ragioni temporalmente collocati in epoca successiva al 13 settembre 1991 e cioè quando il C. non era più amministratore.

Nel rilevare, in ogni caso, l\'assenza dell\'elemento soggettivo della colpa grave, concludeva per il rigetto della domanda giudiziaria.

5. In data 17 gennaio 2006, con memorie di contenuto parzialmente analogo, si costituivano in giudizio i sigg. A. D., G. C., D. C., M. F. D.., A. L., V. M., N. A., A. P., P. S. (deceduto in data 9 giugno 2007), V. U., F. Z., tutti difesi dagli avv.ti Felice Laudadio e Raimondo Nocerino.

La difesa dei convenuti, nel ripercorrere le fasi della vicenda contestava l\'impianto accusatorio sottolineando l\'infondatezza del dato di fatto posto dalla Procura a fondamento dell\'atto introduttivo e cioè la mancata individuazione del sito ove allocare l\'impianto di smaltimento rifiuti.

Sul punto evidenziava che, con l\'adozione della delibera n. 546/88, si erano materializzate le condizioni giuridiche affinché la Omissis spa realizzasse l\'opus programmata; il sito era stato debitamente individuato e spettava alla concessionaria provvedere all\'espropriazione delle aree e ottenere i necessari provvedimenti autorizzatori presso l\'Amministrazione del Comune di Morcone.

Nello schema di convenzione per l\'affidamento in concessione alla Omissis dei lavori, infatti, si faceva espressamente richiamo alla deliberazione n. 552 del 26.9.1988 con la quale era stato approvato il progetto esecutivo dell\'opera con specifica indicazione di tutte le aree interessate dall\'intervento nelle quali, peraltro, avveniva l\'apertura di cantiere in data 16.5.1990.

Contro la nota con cui il Comune di Morcone revocava la propria disponibilità, dunque, era la Omissis che avrebbe dovuto proporre ricorso innanzi al G.A. rientrando tra le sue specifiche competenze, una volta localizzato il sito, il compito di porre in essere tutti gli adempimenti necessari per la realizzazione dell\'opera.

Tanto considerato, la difesa dei convenuti rilevava, quindi, l\'inammissibilità della citazione non solo per mancata confutazione da parte della Procura dei rilievi analitici svolti dai comparenti in sede di invito a dedurre, ma anche per assoluta genericità della stessa. L\'organo requirente avrebbe enucleato, quale condotta causativa del danno erariale ascrivibile agli amministratori citati, la mancata individuazione fin dall\'inizio del sito in cui allocare l\'impianto, ma tale condizione fattuale doveva ritenersi smentita con chiarezza dalla documentazione di causa; la previsione della località per la costruzione dell\'impianto farebbe, quindi, venir meno anche il nesso etiologico tra le condotte contestate ed il danno ascritto ai soggetti citati nel presente giudizio.

Il presunto nocumento erariale, identificato nell\'esborso patito dalle Comunità a seguito della transazione intervenuta per soccombenza delle stesse nel lodo arbitrale, secondo gli avvocati di parte, doveva essere attribuito alla esclusiva responsabilità degli amministratori che decisero di non costituirsi in giudizio (e successivamente di non impugnare la pronuncia onoraria) e che di fatto rinunciarono a produrre documentazione incontrovertibile sull\'esistenza di un progetto esecutivo corredato di piani parcellari, identificativi della località di insediamento, nel Comune di Morcone, del progettato impianto di smaltimento rifiuti.

Quanto alla prescrizione dell\'azione, gli avvocati difensori rilevavano che le condotte causative del presunto danno erariale si erano materializzate almeno dieci anni prima della notifica dell\'invito a dedurre con conseguente decorso del termine quinquennale previsto dalla legge.

Nel riaffermare come la puntuale individuazione delle aree era stata operata fin dal 1988, rilevavano che, fin alla nota del 30.6.1990 con cui il Sindaco di Morcone comunicava la indisponibilità dell\'area individuata per la realizzazione di una discarica, tutti gli atti adottati erano incontestabilmente legittimi e vi erano tutti i presupposti di fatto per fondare negli amministratori il convincimento di agire nella legalità.

Si ribadiva, inoltre, che, nel momento in cui si era verificata la revoca della precedente scelta pianificatoria, rientrava nell\'esclusiva competenza della Omissis dare corso a tutte le attività necessarie, alle autorizzazioni prodromiche per rendere realizzabile l\'intervento compresa anche l\'impugnativa della contraddittoria determinazione dell\'ente locale.

In assenza, si sarebbe verificato un inadempimento degli obblighi contrattuali assunti dalla società e la conseguente addebitabilità alla stessa della mancata realizzazione dell\'opera.

La difesa formulava istanza di integrazione del contraddittorio nei confronti della concessionaria e contestava la quantificazione dell\'addebito in quanto la stessa - del medesimo importo della transazione - non poteva non tener conto che la condanna pronunciata a carico della Comunità Montana A.T. nel lodo arbitrale riguardava periodi non sovrapponibili a quelli in contestazione.

Un ruolo rilevante nella vicenda avrebbero avuto poi le proteste delle popolazioni e tale circostanza escluderebbe l\'imputabilità del fatto dannoso ai convenuti per difetto dell\'elemento psicologico della colpa grave.

Nelle memorie depositate, quindi, veniva specificato il ruolo svolto dai vari comparenti in relazione alla partecipazione alle varie delibere, ravvisando in ogni caso l\'assenza di profili di responsabilità in quanto tutti i provvedimenti censurati presupponevano l\'individuazione del sito ove realizzare l\'opera.

Conclusivamente veniva formulata espressa istanza di integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i componenti della Giunta esecutiva e di tutti i membri del Consiglio della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro e delle Comunità Montana del Fortore che nel tempo avevano adottato e ratificato le deliberazioni delle Comunità Montane individuate dal requirente come fonte del presunto danno erariale; sindaco e membri della Giunta Municipale del Comune di Morcone che avevano approvato la delibera n. 546/88, sindaco e membri della Giunta Municipale del Comune di Ginestra degli Schiavoni che avevano approvato le delibere n. 69/91 e n. 130/91; componenti della Commissione aggiudicatrice della gara espletata dalla Omissis spa ed aggiudicata a favore di De Gremont; legali rappresentanti delle CCMM che deliberavano di non resistere al giudizio attivato dalla Omissis e membri della Giunta esecutiva CMAT che non si opposero alla decisione, nonché tutti gli amministratori della CCMM succedutisi nel tempo dal 1989 al 2004, segretari generali e responsabili tecnici delle CCMM che avevano reso i pareri ex art. 53 L 142/1990 nella vicenda in esame nonché degli amministratori regionali in carica dal 1988 in poi e del Commissario ad acta nominato dalla stessa Regione Campania.

Si concludeva, quindi per il proscioglimento di ogni singolo convenuto, in via istruttoria per l\'integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti specificatamente elencati, per il disporsi di CTU al fine di verificare la fondatezza delle domande avanzate dalla Omissis nel corso del giudizio arbitrale e in via gradata, in caso di condanna, per l\'esercizio del potere riduttivo.

6. Con distinte memorie depositate il 18 gennaio 2006 si costituivano in giudizio i sigg. B. C. e N. D., entrambi rappresentati e difesi dall\'avvocato F. D. il quale - dopo ampia premessa sulla circostanze fattuali della vicenda - eccepiva preliminarmente la prescrizione dell\'azione di responsabilità da computarsi dalla data del compimento della condotta addebitata ai comparenti.

Rilevava, inoltre, la legittimità della condotta e l\'assenza dell\'elemento soggettivo della colpa e del nesso di causalità evidenziando come l\'individuazione del sito ove doveva realizzarsi l\'opera era stata puntualmente specificata fin dall\'origine tant\'è che la stessa approvazione del CIPE, la richiesta di adeguamento funzionale del progetto da parte della regione nei limiti del finanziamento, la successiva deliberazione 1337 della Regione di affidamento in concessione, alle CCMM, della realizzazione delle opere avevano di fatto confermato che il procedimento non aveva nessuna lacuna.

La difesa - nel sottolineare come all\'epoca della vicenda, le CCMM non avevano una reale autonomia - faceva presente che i compiti relativi alla realizzazione dell\'impianto rientravano nelle funzioni delegate dalla Regione Campania alla Comunità Montana, ma che restavano attribuite ai singoli Comuni le attività connesse alle procedure espropriative e a quelle di occupazione d\'urgenza dei suoli e degli immobili interessati dai lavori; spettava unicamente alla Comunità Montana il compito di pianificare e individuare il sito a livello programmatorio e agli enti locali quello di dare effettiva attuazione alle scelte allocative e alla stessa società concessionaria.

Quanto al contestato apporto causale degli amministratori della Comunità Montana del Fortore alla produzione del danno la difesa rilevava che guardando al contenuto della delibera n. 640/1988 emerge l\'assenza di ogni profilo di dolo o colpa grave e dello stesso nesso di causalità rispetto all\'evento dannoso in contestazione posto che nella delega alla Comunità Montana Alto Tammaro non era dato scorgere alcuna violazione di elementari norme di comportamento, né una scriteriatezza da giustificare l\'azione di responsabilità.

In ogni caso la CM si attivava e otteneva la disponibilità alla localizzazione dell\'impianto dal Comune di Ginestra degli Schiavoni nel 1991, ma la reazione della popolazione determinava la revoca della disponibilità del sito. La CM si attivava anche successivamente laddove, con delibera n. 201 del 1993, il Consiglio Generale chiedeva alla Comunità Alto Tammaro di cederle l\'intero finanziamento e la conseguente gestione dell\'opera.

Nel rilevare che non erano stati evocati in giudizio gli amministratori che avevano gestito le difese in fase arbitrale, l\'Amministrazione regionale (che avrebbe potuto, prima del giugno 1993, attivare i poteri di vigilanza/controllo), i consiglieri che avevano ratificato le deliberazioni della Giunta Esecutiva delle CCMM, i segretari generali delle stesse nonchè tutti gli amministratori locali coinvolti nella vicenda, chiedeva l\'eventuale integrazione del contraddittorio nei confronti dei suddetti amministratori e soggetti.

Concludeva affinché fosse dichiarata l\'avvenuta prescrizione del diritto; l\'inammissibilità e infondatezza dell\'azione, fosse integrato il contraddittorio e in via del tutto subordinata fosse esercitato il potere riduttivo.

7. In data 18 gennaio 2006, si costituiva in giudizio il dott. C. R quale assessore della Comunità Montana Alto Tammaro con il patrocinio degli avvocati Marco Cocilovo e Mauro Di Monaco.

La difesa delineava approfonditamente l\'intera vicenda oggetto del presente giudizio rilevando e sottolineando, tra l\'altro, come le decise e violente resistenze delle popolazioni, via via interessate alla individuazione del sito, avessero ostacolato in maniera risolutiva la realizzazione del progetto. Quest\'ultimo, fin dall\'origine aveva puntualmente individuato nelle aree ricadenti nel Comune di Morcone il luogo ove realizzare l\'intervento; l\'ente locale aveva espresso il proprio parere favorevole alla costruzione dell\'impianto nel territorio, ma l\'opposizione della comunità locale aveva determinato la revoca della disponibilità da parte degli amministratori locali.

Da qui l\'assenza di responsabilità per mancanza di una condotta gravemente colposa dell\'Amministratore della CM convenuto in giudizio e la necessità, in ogni caso, di integrare il contraddittorio con la ex Omissis concessionaria dell\'opera pubblica, la Regione Campania e i soggetti che avevano fatto parte delle Amministrazioni locali coinvolte.

Nell\'eccepire e motivare l\'avvenuta prescrizione dell\'azione, concludeva per la reiezione della domanda.

8. In data 20 aprile 2007, la difesa dei sigg. N. D. e dell\'ing. B. C. depositava ulteriori note difensive con cui sottolineava le funzioni sostanzialmente di programmazione delle Comunità Montane, spettando ai singoli Comuni le attività connesse alle procedure espropriative e a quella di occupazione d\'urgenza dei suoli e degli immobili interessati dai lavori”.

In ogni caso, fondamentale per la rivisitazione dell\'ipotesi di responsabilità dei convenuti sarebbe la delegazione di funzioni che la Comunità del Fortore aveva adottato nei confronti della CM Alto Tammaro e la delibera n. 640/1988 (ritenuta dalla Procura atto idoneo a identificare gli amministratori in concreto perseguibili) non aveva alcuna portata lesiva diretta, sostanziandosi in una mera delega di attività alla CM dell\'Alto Tammaro

Non vi sarebbe stata, comunque, alcuna inerzia della Comunità nell\'individuazione del sito posto che la stessa - attivatasi al fallire di ogni iniziativa per l\'allocazione dell\'impianto - otteneva la disponibilità per la localizzazione dell\'impianto nel Comune di Ginestra degli Schiavoni, ente che -una volta conclusa la gara d\'appalto per la realizzazione dell\'impianto - revocava, anch\'esso, la disponibilità dell\'area.

9. All\'odierna udienza di discussione, l\'avvocato Felice Laudadio nel riportarsi agli atti scritti, ha sottolineato il ruolo determinante avuto nella vicenda dalle proteste delle popolazioni e ha ribadito come le Comunità Montane abbiamo riposto un incolpevole affidamento sull\'allocazione del sito indicato dal Comune di Morcone, il quale subito dopo l\'apertura del cantiere da parte della Omissis, revocava la disponibilità dell\'area. L\'avvocato D. ha chiesto il proscioglimento dei suoi assistiti, responsabili - secondo l\'accusa - di aver adottato la delibera di delega alla Comunità Montana dell\'Alto Tammaro ed ha sostenuto che gli amministratori convenuti hanno comunque posto in essere ogni attività necessaria per realizzare l\'opera finanziata. L\'avv. P. Moscato, per delega degli avv.ti Cocilovo e Monaco, ha ribadito la sussistenza della individuazione del sito di cui al progetto esecutivo, confermando in ogni caso l\'eccezione di prescrizione del danno mentre l\'avvocato Mazzoni ha escluso che sia configurabile, nei confronti dei suoi assistiti, una inerzia colpevole in quanto ogni funzione era stata delegata alla Comunità dell\'Alto Tammaro.

Il rappresentante della Procura ha dichiarato di non voler proseguire l\'azione nei confronti degli eredi del convenuto S. la cui quota di danno verrà sopportata dalla collettività. Ha confermato l\'impianto accusatorio e non si è opposto all\'applicazione del potere riduttivo per i soli componenti della Comunità Montana e per la valutazione della responsabilità di alcuni amministratori di quest\'ultima in relazione alla durata del periodo di carica.

Dopo brevi repliche il giudizio è passato in decisione.
DIRITTO

1. In via preliminare, questa Sezione ritiene di disporre la riunione dei giudizi in epigrafe per connessione, ai sensi dell\'art. 274 c.p.c..

Al riguardo rileva che, con atto di citazione depositato il 7 giugno 2006, la Procura regionale ha convenuto in giudizio il sig. M. R. F. (in qualità di presidente - componente della Giunta esecutiva della Comunità Montana del Fortore che assunse la delibera n. 640/1988) non citato - assieme agli altri componenti dell\'organo collegiale chiamati in giudizio con atto citazione del 27 maggio 2005 - in quanto ritenuto - a seguito di notifica dell\'atto di invito (ex art. 5, comma 1, della legge 14.1.1994 n. 19) del 17 dicembre 2004 - erroneamente deceduto (trattandosi, viceversa, di soggetto omonimo).
2. Va, inoltre, preso atto del decesso del sig. S. P., avvenuto in data 9 giugno 2007 e va, pertanto, dichiarata nei suoi confronti l\'estinzione del presente giudizio - come chiesto dalla Procura attrice - non sussistendo i presupposti affinché l\'azione sia proseguita nei riguardi degli eredi, ai sensi dell\'art. 1, I° comma, legge 14 gennaio 1994 n. 20.
Il Collegio si riserva di valutare, in ogni caso, la sussistenza di un apporto causale (al verificarsi del danno) dell\'amministratore nel frattempo deceduto, con conseguente decurtazione dell\'importo da addebitare agli altri soggetti.

3. Devono essere, quindi, affrontate le eccezioni preliminari di inammissibilità della citazione per incertezza degli elementi della responsabilità e del petitum anche con riferimento all\'asserita, mancata, specifica, contestazione delle argomentazioni contenute nelle controdeduzioni opposte all\'invito a dedurre.

Al riguardo, va considerato che non rappresenta un vizio dell\'atto introduttivo il non aver confutato le tesi dei convenuti laddove risulti che l\'impianto accusatorio sia stato delineato in maniera chiara e sia stato congruamente motivato; non sussiste, infatti, alcuna norma che imponga alla pubblica accusa di redigere l\'atto introduttivo affrontando specificatamente ogni tesi difensiva svolta in sede preprocessuale, essendo sufficiente che lo stesso espliciti in maniera chiara logica e motivata (come avvenuto nella presente fattispecie) la causa petendi nonché il petitum sostanziale e formale. Non è neppure richiesto - come da costante giurisprudenza - che il pubblico ministero proceda alla ripartizione del danno da imputare ad ognuno dei convenuti, ripartizione dell\'addebito che - espressamente prevista dall\'art. 1 comma 1 quater l. 14 gennaio 1994 n. 20 - spetta al giudice contabile tenuto conto di ogni apporto causativo del danno, anche se riconducibile a concorrenti mai chiamati in giudizio (per tutte cfr. Corte Conti, sez. III, 28 gennaio 2003, n. 24/A).

Compete, dunque, alla Sezione stabilire, in caso di condanna, i contenuti delle singole obbligazioni risarcitorie valutando, anche in difformità dalla costruzione accusatoria, l\'effettività del danno, la sua quantificazione nei limiti del petitum e l\'eventuale sussistenza di altri elementi o soggetti che possano aver concorso alla produzione dello stesso, senza che ciò determini la nU.tà dell\'atto introduttivo di giudizio.

4. Anche l\'eccezione di prescrizione deve ritenersi infondata e va respinta.

In linea con la giurisprudenza ormai consolidatasi sul punto, si osserva che il dies a quo del termine di prescrizione dell\'azione di responsabilità decorre non tanto dall\'assunzione delle delibere che, a parere dell\'organo inquirente, sostanziano il comportamento censurabile e censurato, quanto dal momento in cui l\'ente pubblico, per effetto di tali deliberazioni, ha effettivamente subìto un depauperamento delle proprie finanze.

Sul punto va considerato che nella presente fattispecie si verte in una ipotesi di responsabilità amministrativa qualificabile come “indiretta” in cui l\'antigiuridicità del danno pubblico non si configura come immediata conseguenza della condotta del pubblico dipendente o amministratore, ma si fonda sul riconosciuto (a seguito di pronuncia arbitrale) obbligo della P.A. di risarcire il danno subito dai privati.

Risulta, pertanto, evidente che il danno erariale è divenuto certo ed attuale in epoca ben successiva al 1990 - 1991 (epoca dell\'assunzione delle delibere in contestazione) posto che solo all\'esito del lodo arbitrale e della successiva transazione con la Omissis s.p.a. del 25.10.2003, le Comunità montane hanno assunto l\'obbligazione al pagamento delle somme dovute alla società e hanno proceduto alla liquidazione del pattuito (vedasi delibera n. 20 del 30.9. 2003 della Comunità Montana del Fortore e delibera n. 19 del 19.6.2003 della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro nonché fattura omissis n. 930113 del 31.10.2003) .

E\' solo da questo momento, configurabile quale eventum damni, che inizia a decorrere il termine prescrizionale non potendosi ritenere che quest\'ultimo abbia inizio dall\'azione - omissione in assenza di un effetto lesivo che solo al suo verificarsi concretizza l\'interesse ad agire e realizza i richiesti requisiti della certezza ed attualità del danno.

Pertanto, nel caso di specie, il termine di prescrizione quinquennale, ai sensi dell\'art. 1 comma 2 e 2 bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, modificato e sostituito dall\'art. 3 del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543 conv. in L. 20 dicembre 1996 n. 639, non può ritenersi decorso.

5. Non può trovare accoglimento, poi, l\'istanza sollevata dalle difese dei convenuti volta all\' integrazione del contraddittorio, “nei confronti di quanti hanno avuto ruolo nella vicenda di cui è causa" e quindi degli amministratori dei Consigli generali delle Comunità montane che hanno di volta in volta ratificato le deliberazioni di GE prese in considerazione dalla Procura regionale, dei Segretari Generali delle CCMM, di tutti gli amministratori delle Comunità Montane in carica nel periodo temporale coincidente con le iniziative attuate in sede arbitrale dalla Omissis, della Omissis s.pa., di tutti i sindaci, assessori, consiglieri dei Comuni che hanno revocato gli atti deliberativi di individuazione dei suoli e bloccato le gare e i lavori applicativi con particolare riferimento a quelli del Comune di Morcone, San Giorgio La Molara, Colle Sannita e Ginestra degli Schiavoni, del Presidente e degli Assessori della Giunta Regionale che hanno votato la deliberazione n. 2769 dell\'11.6.1993 e la deliberazione n. 1750 dell\'8.4.1994, nonché del Commissario ad acta dr. Domenica Ranauro.

In proposito, si osserva come parte della giurisprudenza di questa Corte ritenga che, anche dopo la modifica dell\'art. 111 della Costituzione (introdotta dalla legge cost. 23 novembre 1999 n. 2), permanga in capo al giudice contabile - nell\'ambito del potere sindacatorio riconosciutogli dall\'ordinamento - il potere di ampliare l\'ambito soggettivo del giudizio attraverso l\'ordine rivolto al PM di integrare il contraddittorio con la chiamata in causa di soggetti che ne erano rimasti estranei sia ai sensi dell\'art. 107 c.p.c. sia dell\'art. 102 c.p.c., essendo tale potere espressamente previsto dall\'art. 47 del R.D. del 13 agosto 1933 n. 1038 e dal rinvio operato dall\'art. 26 del predetto regolamento alle norme del codice di procedura civile (Sez. Giurisd. Veneto n. 1158 del 7 dicembre 2006).

Altra giurisprudenza di questa Corte, da ritenersi preferibile in ragione delle peculiarità che connotano il processo di responsabilità amministrativo - contabile, considera, viceversa, che “il principio della terzietà del giudice e l\'intangibilità delle garanzie della difesa, come recentemente riaffermate dal novellato art. 111 Cost., escludano che il giudice contabile possa, avvalendosi del c.d. potere “sindacatorio”, chiamare d\'ufficio in causa soggetti che ritenga, anche soltanto in via di mera ipotesi, corresponsabili del danno contabile dedotto in giudizio, posto che l\'apporto causale di questi ed il grado di colpevolezza della rispettiva condotta possono essere valutati nel processo contabile in via soltanto incidentale ed al solo fine di meglio quantificare la quota di danno ascrivibile effettivamente ai convenuti” (Sez. III centrale, 1° aprile 2003 n. 137/A).

Orbene, tanto considerato questo Collegio ritiene che l\'esercizio del potere di integrazione del contraddittorio si giustifichi soltanto nelle ipotesi in cui diritti ed obblighi facenti capo a più soggetti confluiscano in un rapporto strutturalmente unitario, necessariamente oggetto di una pronuncia giudiziale unica.

“Il litisconsorzio necessario è - in altri termini - il riflesso processuale dell\'inscindibilità della situazione controversa facente capo a più persone le quali proprio per l\'indissolubile legame giuridico che le unisce, devono necessariamente agire o essere convenute nel medesimo processo” (Sez. Giurisd. Molise, sentenza n. 110 del 2001).

Tali condizioni non si realizzano nella presente fattispecie e, pertanto, questa Sezione ritiene di non allargare il contraddittorio nei confronti dei soggetti specificatamente elencati ed individuati dalla difesa dei convenuti riservandosi - qualora sia individuabile una loro partecipazione concausale all\'evento lesivo - di tenerne doverosamente conto - in caso di condanna dei soggetti citati in giudizio - nella quantificazione e ripartizione del danno da addebitare.

6. Nel merito, il Collegio deve considerare la sussistenza degli elementi richiesti dalla legge per il configurarsi delle responsabilità amministrative contestate con l\'atto introduttivo di giudizio ed, in primis, l\'elemento oggettivo e cioè l\'effettivo prodursi di un danno pubblico, valutandone, quindi, l\'entità alla luce delle risultanze probatorie prodotte in causa.

7. Dall\'esame degli atti, emerge con chiarezza che l\'intera vicenda descritta in parte di fatto ha senz\'altro determinato il prodursi di un danno ingiusto ed evitabile per le Comunità Montane; il nocumento, come indicato in citazione, si sostanzia nell\'esborso posto a carico dei predetti enti locali, complessivamente quantificato in euro 1.100.000,00 e corrispondente a quanto liquidato alla soc. Omissis a titolo di “definitiva risoluzione e transazione di tutte le controversie in atto e riguardanti la mancata realizzazione del progetto FIO/89/50 - impianto R.S.U. a servizio delle CC.MM. “Alto Tammaro” e “Fortore” (transazione del 25 ottobre 2003).

Tale esborso di danaro pubblico non trova, infatti, alcuna giustificazione non essendo in alcun modo correlato ad una controprestazione resa dalla società creditrice a favore della collettività e avendo, esclusivamente, carattere risarcitorio dei danni subìti dalla predetta impresa a seguito della risoluzione del rapporto contrattuale finalizzato alla realizzazione delle opere sopra indicate.

8. Quanto all\'individuazione dei responsabili e all\'accertamento dell\'elemento soggettivo della colpa grave contestato ai convenuti, è necessario valutare la condotta tenuta nella vicenda dagli amministratori convenuti nel presente giudizio al fine di verificare l\'effettiva sussistenza del nesso causale tra la stessa e il prodursi del danno come contestato dalla Procura attrice.

Secondo la giurisprudenza ormai consolidatasi, "in tema di nesso di causalità va respinta la teoria dell\'equivalenza delle cause, mentre va adottata quella della c.d. condotta costitutiva, cioè direttamente collegata all\'evento lesivo" (cfr. Corte Conti, Sez. III, 30 settembre 2002, n. 3000/A) ragion per cui il nesso di causalità deve ritenersi sussistente quando l\'evento dannoso, possa considerarsi, "secondo la comune esperienza degli accadimenti umani, conseguenza immediata e diretta della condotta addebitata all\'agente" (CdC SS.RR. n. 9/1996).

Ne deriva, di conseguenza, che, nel caso di specie - ove l\'iter per la realizzazione delle opere si sia protratto per quasi un quinquennio (e cioè fino alla revoca del finanziamento avvenuto con delibera CIPE del 3.8.1993 pubblicata sulla G.U. n. 204 del 31.8.1993) - questo Collegio, lungi dal perseguire responsabilità indistinte e generalizzate, deve considerare partitamente le singole condotte degli amministratori che si sono succeduti nel tempo, valutandone l\'incidenza e la necessaria e stretta connessione al fallimento dell\'iniziativa volta alla realizzazione dell\'impianto di smaltimento dei rifiuti dipeso - secondo la Procura - dalla mancata individuazione del sito ove allocare l\'opera pubblica.

9. Orbene, l\'organo inquirente individua i soggetti responsabili del danno sopra indicato negli amministratori della Comunità Montana del Fortore (Presidente ed assessori della Giunta esecutiva) che votarono la delibera 640/1988 di delega alla Comunità montana dell\'Alto Tammaro “all\'approntamento di quanto necessario alla realizzazione dell\'impianto” (R. F. M. G. C., N. D., M. F. D.., G. I., D. C., B. C. e P. S.) nonché nel Presidente della C.M. “Alto Tammaro”, A. D. e negli amministratori della stessa Comunità che adottarono le delibere n. 28/1990 (A. D., A. P., N. A., G. C., R C., A. L., V. M.), delibera 310/1990 ( D.. A. P., N. A., R C., A. L., V. M.), n. 761/1990, n. 36/1990 n. 37/1990 (A. D., A. P., N. A., R C., A. L. V. U. e F. Z.), n. 622/1990 (A. D., A. P., R C., V. U.) contestando agli stessi di aver assunto obblighi contrattuali con una impresa terza in mancanza di precise e vincolanti scelte in ordine al sito ove allocare l\'opera.

9.1. In via preliminare, va considerato che l\'iniziativa oggetto della presente vertenza si inserisce nell\'ambito di un programma di finanziamento per interventi di rilevante interesse economico sul territorio, nell\'agricoltura, nell\'edilizia previsti dalla legge 11 marzo 1988 n. 67 (legge finanziaria 1988).

La normativa in questione, all\'art. 17 - comma 31 - autorizzava per tali iniziative la spesa di 2000 miliardi di lire (successivamente ridotta a 1500 miliardi di lire), prevedeva, altresì, la possibilità di contrarre appositi mutui (anche attraverso il ricorso alla Banca Europea per gli investimenti) e demandava al CIPE di deliberare entro il 1988 sui progetti presentati.

In attuazione del predetto dettato normativo, il CIPE, con delibera del 12 maggio 1988, emanava le direttive per accedere al finanziamento degli interventi ed individuava nelle Regioni gli enti legittimati a proporre istanze di finanziamento di progetti propri o di enti sottoposti alla propria vigilanza e/o controllo.

Su tali presupposti prendeva il via l\'iniziativa delle Comunità montane dell\'Alto Tammaro e del Fortore che - con nota n. 3818 del 3.10.1988 - proponevano alla Regione Campania un progetto per la realizzazione di un impianto per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani (stazione di trasferimento, impianto di selezione discarica) già approvato con delibera della G.E. Alto Tammaro n. 522 del 26.9.1988.

In realtà, l\'intento progettuale in questione non rientrava specificatamente nel quadro delle competenze (prevalentemente di carattere programmatorio) disegnato dalla legge n. 1102 del 3 dicembre 1971 e dalle norme statutarie delle Comunità Montane del Fortore e dell\'Alto Tammaro approvate con legge regionale della Regione Campania del 7.6.1975 n. 63.

Le Comunità Montane, definite soggetti di programmazione, vedevano riconosciuti tra gli scopi assegnati (tra cui la formulazione ed attuazione di un piano quinquennale di sviluppo economico e sociale della zona) quello di “predisporre, coordinare ed attuare programmi di interventi intesi a dotare il territorio montano della zona, con la esecuzione di opere pubbliche o di bonifica montana, delle infrastrutture e dei servizi civili idonei a consentire migliori condizioni di abitabilità e a costituire la base di un adeguato sviluppo economico” (art. 3 lett. B dello statuto)

Nell\'espletamento dei propri fini istituzionali, quindi, le Comunità Montane, potevano “a) assume(re) funzioni proprie dei Comuni che la costituiscono quando sia dagli stessi delegata a svolgerle, a mezzo di deliberazione del Consiglio Comunale;

b) delega(re) ad altri Enti operanti nel territorio della Comunità , di volta in volta, l\' esecuzione di determinate realizzazioni attinenti alle loro specifiche funzioni nell\' ambito della rispettiva competenza territoriale;

c) assume(re) le funzioni di Consorzio di Bonifica Montana o di Consorzi Forestali a norma dell\'art. 30 della legge 25 luglio 1952 n. 991 qualora non esista o non si intenda costituire il Consorzio dei proprietari;

d) si sostituisc(ono), nell\' esecuzione di opere, agli Enti, persone fisiche e giuridiche inadempienti, ai sensi dell\'art. 8 della legge 3 dicembre 1971 n. 1102;

e) acquista(re), espropria(re) o prende(re) in affitto, e gestisc(ono) terreni compresi nei territori montani per destinarli alla formazione di boschi, prati, pascoli o riserve naturali ai sensi e con le modalità stabilite dall\'art 9 della citata legge n. 1102;

f) controlla(re) che le opere previste dall\' art. 2 lettera a) della legge 3 dicembre 1971 n. 1102, di spettanza di Enti operanti nel territorio della Comunità anche se non previste nei Piani degli stessi Enti, non siano in contrasto con il Piano di sviluppo ed esprime parere di conformità sui progetti generali relativi;

g) esercita(re) le funzioni amministrative delegate dalla Regione ai sensi dell\' articolo 19 della legge Regionale n. 3 del 14 gennaio 1974 e successive e tutte le altre funzioni attribuite alla Comunità dalle leggi statali e regionali (art. 5).”

Pur in presenza di una evoluzione in senso autonomistico (segnato dalla legge 8 giugno 1990 n. 142 e successiva legge regionale n. 17 del 4.11.1998), l\'ampliamento delle competenze proprie delle Comunità Montane non prevedeva, all\'epoca della vicenda di cui è causa (e neppure successivamente), funzioni proprie nella materia dei rifiuti.

In proposito, il D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, nel ripartire le funzioni tra Stato, Regioni, Province e Comuni, non escludeva la possibilità per le comunità montane di vedersi affidati compiti di interesse comune, ma risulta evidente che ogni iniziativa, eventualmente assunta al riguardo, avrebbe dovuto tener conto dei limiti connessi ai compiti statutariamente loro riconosciuti (dotazione di servizi ed infrastrutture) e che l\'effettivo esercizio della stessa avrebbe dovuto presupporre l\'espresso conferimento di funzioni da parte della Regione e delle collettività comunali destinatarie di specifiche competenze.

L\'art. 6 del predetto D.P.R., infatti, demandava alla Regione: “a ) l\'elaborazione, la predisposizione e l\'aggiornamento, sentiti i comuni, dei piani di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti….( I piani regionali possono prevedere la costituzione di consorzi tra comuni, anche con la partecipazione di comunità montane, per lo smaltimento dei rifiuti, ai quali possono partecipare anche imprese singole o associate); b) l\'individuazione, sentiti i comuni interessati, delle zone idonee in cui realizzare gli impianti di trattamento e/o stoccaggio temporaneo e definitivo dei rifiuti … c ) l\'approvazione dei progetti e degli elaborati tecnici riguardanti gli impianti di smaltimento dei rifiuti urbani e di innocuizzazione e di eliminazione dei rifiuti speciali….”.

L\'art. 8 DPR cit. stabiliva, poi, che le attività di smaltimento dei rifiuti urbani rientrassero nelle competenze dei Comuni, fossero espletate direttamente o mediante aziende municipalizzate ovvero mediante concessioni a enti o imprese specializzate, autorizzate ai sensi dell\'art. 6, lettera d ) demandando all\'adozione di appositi regolamenti la disciplina dei servizi dei rifiuti urbani necessari per la determinazione dei perimetri entro il quale è istituito il servizio di raccolta dei rifiuti urbani nonché per la determinazione delle modalità della raccolta stessa…”.

A sua volta, il decreto legge 31 agosto 1987 n. 361 conv. in legge 441/1987 (successivamente abrogato e modificato dall\'art. 56 del dlgs 5.2.1997 n. 22) nel riportarsi al dettato di cui all\' art. 6 lett. a) b) ed f) del DPR n. 915/1982 prevedeva, all\'art. 3, che fosse la Regione, previa acquisizione del parere degli enti locali interessati, ad approvare i singoli progetti relativi agli impianti di smaltimento dei rifiuti urbani. All\'uopo, prevedeva l\'istituzione di un\'apposita conferenza di servizi finalizzata all\'acquisizione di un parere, previa valutazione degli interessi territoriali, sugli effetti dell\'intervento e stabiliva che l\'approvazione del progetto da parte della Regione sostituisse ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza di enti ed organi regionali, provinciali e comunali. “L\'approvazione regionale del progetto costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.

L\'art. 3 bis del medesimo provvedimento disponeva, inoltre, che l\'individuazione delle zone ove allocare i predetti impianti spettasse al piano regionale e che “fatti salvi i progetti già approvati o per i quali l\'istruttoria sia stata positivamente conclusa”, l\'approvazione dei progetti per impianti di smaltimento rifiuti fosse preceduta da conferenze cui partecipano gli uffici regionali competenti nonché i rappresentanti degli enti locali interessati.

In tale contesto normativo, risulta di tutta evidenza che la competenza delle Comunità Montane alla realizzazione dell\'impianto di smaltimento non poteva che avvenire nell\'ambito di un rapporto concessorio con la Regione, (realizzatosi, nella presente fattispecie, con la delibera della Giunta regionale n. 1337 del 13 marzo 1990 e la successiva convenzione stipulata il 7.10.1991) e che lo stesso trovasse il proprio presupposto imprescindibile nella previa individuazione del sito da parte della Regione (su intesa con gli enti locali) oppure, quanto meno, nell\'approvazione di un progetto esecutivo vincolante per l\'ente locale quanto alla localizzazione dell\'opera da realizzare.

Orbene, nello specifico, il progetto ammesso al finanziamento denominato FIO/89 n. 50 approvato dalla Regione era quello di cui alla delibera della G.E. della Comunità Alto Tammaro n. 522 del 26.9.1988 previsto alla confluenza della strada comunale Cuffiano - Morcone ss 625 individuata nel catasto del Comune al F 88, particella 90 e 175 e descritto nella scheda progettuale redatta, come richiesto da normativa, secondo lo schema pubblicato nella G.U. 11/7/1988 n. 161.

Dalla scheda di cui trattasi si evince chiaramente (oltre al progetto da realizzarsi) che gli enti competenti alla realizzazione dell\'intervento proposto dovevano individuarsi nella Comunità dell\'Alto Tammaro e in quella del Fortore e che il soggetto chiamato a realizzare l\'opera era la omissis srl in rapporto di concessione con le predette comunità (destinate a rimanere proprietarie dell\'opera).

E\' il progetto in questione che viene successivamente adeguato funzionalmente al finanziamento assentito dal CIPE (in data 10.12.1989) per £ 12.305.000.000 ed approvato con delibera n. 4 del 9.2.1990 dal Consiglio Generale della CM AT senza alcuna variazione in ordine all\'oggetto e all\'allocazione dell\'opera (vedasi piani particellari di esproprio allegati agli atti di causa).

In realtà, nonostante l\'impegno del concessionario (sancito dall\'art. 7 della convenzione approvata con delibera di G.R. n. 1337 del 1990 ) di “realizzare integralmente il progetto osservandone puntualmente le norme tecniche e il quadro economico e non apportandone alcuna modifica senza l\'autorizzazione della Regione”, si assiste, nel tempo, ad un mutamento del progetto inizialmente proposto dalle Comunità Montane sia con riferimento al soggetto deputato a realizzare l\'opera sia avuto riguardo al sito ove allocare l\'impianto.

Quanto al soggetto, la G.E. della Com. Mont. Alto Tammaro - con delibera n. 337 del 7.6.1989 - affidava alla società Omissis la realizzazione e la gestione delle opere prendendo atto che “il lavoro di progettazione eseguito dalla omissis era stato interamente rilevato dalla società Omissis S.P.A. (alla quale è accollato l\'eventuale onere per il pagamento della progettazione) e deliberava la stipula della relativa concessione nei confronti di tale soggetto approvando, poi, con delibera n. 28 del 10 gennaio 1990, lo schema di convenzione (stipulata - successivamente - il 14.2.1990) avente ad oggetto (per espresso riferimento) la progettazione esecutiva di cui alla delibera 522 cit.

Per quanto concerne l\' allocazione dell\'impianto, poi, risulta agli atti di causa che la zona, inizialmente indicata nel progetto esecutivo corredato da piano particellare di esproprio (vedasi scheda progettuale) di cui alla delibera 522 cit. (provvedimento a cui fanno riferimento tutti gli atti deliberativi successivi), non solo non aveva formato oggetto di specifico provvedimento di concessione dei suoli da parte del Consiglio Comunale di Morcone (soggetto competente), né aveva formato oggetto di preventiva, espressa intesa con il Comune interessato, ma veniva successivamente modificato con indicazione di altre e diverse località.

Ciò trova conferma nella delibera di Giunta Municipale n. 546 del 29.12.1988 (successiva alla delibera n. 522 cit., ed unico atto allegato al fascicolo di causa) con cui il Comune di Morcone esprimeva il proprio (e solo) parere favorevole sul progetto per la raccolta e riciclaggio dei rifiuti solidi urbani indicando il possibile sito di allocazione in Selvapiana (località diversa da quella indicata originariamente nel progetto esecutivo), sito successivamente (ed ulteriormente) spostato in località Piano Viole del Comune di Morcone. E\' qui che avviene l\'apertura del cantiere in data 16.5.1990 ed è in relazione a tale luogo che il nuovo piano particellare di esproprio indica terreni e proprietari completamente diversi da quelli individuati nel diverso piano particellare di esproprio per la località Praianone (delibera n. 522 cit.).

Lo spostamento del sito originario, l\'individuazione di altra zona e, successivamente, la ricerca di siti alternativi in Comuni diversi ove costruire l\'impianto di smaltimento dei rifiuti, rappresentano i presupposti del fallimento della vicenda all\'esame del Collegio.

Risulta del tutto evidente, infatti, che in assenza di uno specifico provvedimento di concessione dei suoli da parte dei competenti organi collegiali dei Comuni via via individuati dalle Comunità Montane, soltanto l\'originaria approvazione regionale del progetto di cui alla delibera 522 cit. forniva concretamente gli strumenti giuridici per la realizzazione dello stesso nel sito specificatamente individuato per l\'allocazione dell\'opera dichiarata di pubblica utilità, indifferibile ed urgente ai sensi della legge 1/1978 e successive modifiche (art. 11 della convenzione tra Regione Campania e CCMM del 7.10.1991).

Com\'è noto la dichiarazione di pubblica utilità (sia essa esplicita o implicita) conferisce all\'immobile una qualità giuridica che è condizione essenziale perché il bene (in questo caso il terreno individuato nel piano particellare di esproprio) possa divenire oggetto di un provvedimento di espropriazione, vincolandolo allo scopo.

Laddove manchi la dichiarazione di pubblica utilità - o perché scaduta, annullata o perché, come nel caso di specie, riferita ad un opera inizialmente concepita in un determinato sito e successivamente allocata in altro luogo - non può ritenersi sussistente il potere di far luogo all\'espropriazione dei terreni.

E\' evidente che la Comunità montana, al di fuori del progetto (e relativa ubicazione dello stesso) approvato dalla Regione (delibera n. 1337 del 13.3.1990), non aveva alcuna competenza - né disponeva di adeguati strumenti giuridici - per individuare un altro sito ove realizzare l\'opera e rendere la scelta vincolante per il Comune interessato.

Se dunque:

a) con delibera n. 28 del 10.1.1990, la Giunta esecutiva della CM Alto Tammaro approvava lo schema di convenzione con la Omissis spa (la cui stipula avverrà il 14.2.1990) per la realizzazione del progetto esecutivo di cui alla delibera n. 552 del 26.9.1988 (cui fa espresso riferimento sia la delibera sia la convenzione senza mai indicare espressamente il sito dell\'impianto o variazioni dello stesso) - pur adeguato funzionalmente al finanziamento CIPE per £ 12.305 milioni (delibera Consiglio generale Comunità Montana Alto Tammaro n. 4 del 9.2.1990);

b) con delibera n. 1337 del 13.3.1990, la Regione Campania affidava alle CCMM la concessione per la realizzazione del progetto “impianto riciclaggio r.s.u. C.M. Alto Tammaro e Fortore proposto con nota n. 3818 del 3.10.1888 (delibera n. 522 cit.) e ne dichiarava la p.u.,

risulta palese che ogni altra soluzione allocativa individuata dalle Comunità montane non era condizione sufficiente per rendere immediatamente eseguibile l\'opera .

Debbono, quindi, ritenersi attività deliberative meramente ricognitive e non vincolanti (in assenza di competenza in materia dell\'organo che le ha assunte) sia la delibera n. 348 del 2.5.1990 con cui la Comunità del Fortore approvava il I° stralcio del progetto ed inoltrava lo stesso ai Comuni di San Bartolomeo in Galdo, Montefalcone, Valfortore, S. Giorgio La Molara per la procedura espropriativa dei terreni necessari alla realizzazione dell\'impianto di riciclaggio (delibera rimasta del tutto inattuata) e sia le delibere n. 310 dell\'11.5.1990 e n. 445 dell\'11.7.1990 con cui la G.E. della C.M. dell\'A.T. deliberava l\'accettazione della cessione bonaria dei terreni del sig. E. P. e della sig.ra M. D. in località Piano Viole del Comune di Morcone.

Anche l\'apertura del cantiere avvenuta in data 16.5.1990 in località Piano Viole - sull\'area censita in catasto al foglio 32 comprendente mappali n. 104 - 105 - 106 - 107 - ecc. (e cioè su area diversa di quella di cui al precedente piano di esproprio particellare - località Praianone foglio 90 particelle 92/93 ecc.), non legittimava di per sé né la società concessionaria, né le Comunità Montane a intraprendere le necessarie e pattuite attività espropriative in mancanza della dichiarazione di pubblica utilità sull\'area.

Ne discende che di fronte alla limitazione posta dal Sindaco del Comune di Morcone all\'utilizzo del sito (nota del 30.6.1990 n. 6558), in mancanza di precedenti deliberazioni del Consiglio Comunale concessive del terreno in questione e in assenza di dichiarazione di pubblica utilità che vincolasse la zona su cui allocare l\'opera, non era azionabile alcuna valida iniziativa per perseguire e proseguire la realizzazione dell\'impianto che, infatti, veniva sospesa dal Presidente della C.M. A.T. con nota del 21.8.1990 n. 3567, dopo appena tre mesi.

Anche a voler ammettere che il sito originariamente individuato (delibera 522 cit.) fosse lo stesso in cui avveniva l\'apertura del cantiere (circostanza smentita dagli atti di causa) la richiamata sospensione dei lavori disposta dal Presidente della C.M.A.T. creava i presupposti per il prodursi dell\'inadempimento contrattuale degli enti territoriali (ex convenzione del 14.2.1990) come successivamente rilevato nel lodo arbitrale.

In tale quadro fattuale, la nomina di una Commissione di esperti per le problematiche connesse alla realizzazione dell\'impianto di raccolta e riciclaggio dei rifiuti solidi urbani avvenuta con delibera della Giunta esecutiva della Comunità Montana Alto Tammaro n. 761 del 21.11.1990 (per acquisire preventivamente un illuminato parere di esperti onde garantire anche le associazioni ambientalistiche) appare del tutto tardiva ed inutile rispetto agli impegni già assunti con la Regione (ai fini del finanziamento) e con l\'impresa, impegni che presupponevano una progettazione esecutiva e, come tale, già definita quanto agli aspetti fondamentali (anche sotto il profilo dell\'impatto ambientale) del progetto.

Sia l\'approvazione dello schema di gara a licitazione privata (avvenuta con delibere di GE del CMAT nn. 36 e 37 del 16.1.1991) con cui la soc. Omissis avrebbe appaltato, successivamente, i lavori di realizzazione dell\' impianto di cui è causa ad impresa terza (ai sensi dell\'art. 7 della convenzione del 9.2.1990) e sia l\'approvazione del relativo verbale di aggiudicazione (delibera del Consiglio generale CMAT n. 58 del 13.9.1991) all\'associazione temporanea di imprese ( omissis s.p.a. (MI) - omissis. s.p.a. - omissis spa) si configurano, anch\'esse, di conseguenza, come iniziative inappropriate e potenzialmente dannose laddove destinate ad impegnare ulteriormente sia la Omissis - società appaltante - nei confronti del soggetto appaltato e sia le Comunità Montane nei confronti della prima pur perdurando l\'assoluta incertezza circa il sito ove eseguire l\'opera (alternativamente individuato o nel Comune di Morcone o in quello di San Giorgio la Molara).

A conferma del protrarsi di tale incertezza, va considerata inoltre la delibera n. 69 del maggio 1991 del Comune di Ginestra degli Schiavoni con cui la Giunta, dapprima offriva la disponibilità di un\'area del territorio comunale per l\'ubicazione dell\'impianto dei RR. SS.UU., e di lì a poco la revocava in quanto “mera dichiarazione di intenti”… “subordinata ai provvedimenti del Consiglio comunale stante la sua esclusiva competenza in materia di alienazione e concessione dei suoli comunali” (delibera di Giunta n. 130 del 19.9.1991).

E\' evidente che avverso una tale deliberazione, certamente, non era proponibile - con esito favorevole - alcuna azione giudiziaria che potesse realizzare il risultato di acquisire il terreno “promesso” dall\'ente locale.

La mancata individuazione del sito e la sua incertezza, nonché l\'evidente impossibilità di attuare le scelte iniziali che avevano dato vita all\'intera vicenda, rendeva del tutto irragionevole anche la richiesta di proroga avanzata dalla Giunta esecutiva della CM AT (delibera n. 622 del 27.9.1991) alla Regione per “l\'adeguamento del progetto, già appaltato, al Piano Regionale redatto ai sensi della legge 441/87”, tanto più che di lì a poco si addiveniva alla stipula della convenzione tra CCMM e Regione avente ad oggetto il progetto originario, mai espressamente riconsiderato e rideterminato.

9.2. Ciò posto, questa Sezione ritiene che la condotta degli amministratori della Comunità dell\'Alto Tammaro che gestirono l\'intera vicenda sia connotata da colpa grave.

L\' urgenza di “sfruttare” l\'opportunità del finanziamento legislativamente previsto

ha portato gli amministratori in questione ad assumere tutta una serie di obblighi nei confronti dell\'impresa cui era affidata l\'esecuzione dell\'opera, sottovalutando i limiti insiti nella propria competenza istituzionale e l\'assenza di strumenti giuridici per addivenire alla concreta realizzazione dell\'impianto anche attraverso legittime attività coercitive.

Dall\'esame degli atti di causa non può non condividersi l\'affermazione della Procura sull\'assenza di una progettazione effettivamente esecutiva; la mancata realizzazione del progetto originario di cui alla delibera n. 522 cit. lascia presupporre che lo stesso - pur indicando i terreni in località Praianone (di cui al relativo piano particellare di esproprio, foglio 90 particelle 92/93 ecc) - non avesse individuato con adeguati margini di certezza il sito ove allocare un\'opera di tale importanza anche sotto il profilo dell\'impatto ambientale e che la scelta non fosse opportunamente sorretta da preventivi accordi, intese e atti deliberativi del consiglio comunale dell\'ente locale interessato.

Anche in presenza della dichiarazione di pubblica utilità dell\'opera (che avrebbe consentito l\'espropriazione dei terreni) - intervenuta per effetto della delibera regionale n. 1337 del marzo 1990 - l\'area dell\'originaria allocazione dell\'impianto (Praianone) doveva ritenersi non determinata in maniera precisa e vincolante non spiegandosi, altrimenti, la pressoché subitanea ricerca di siti alternativi in Morcone (Piano Viole) o in altri Comuni (San Bartolomeo in Galdo, Montefalcone, S. Giorgio La Molara, Ginestra degli Schiavoni).

Il susseguirsi delle attività deliberative della Comunità, i rapidi mutamenti nell\'individuazione della zona destinata all\'esecuzione dell\'opera consentono di affermare la consapevolezza degli amministratori della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro circa l\'irrealizzabilità dell\'impianto nel sito originariamente individuato (come da scheda progettuale e delibera n. 522 cit.) e la aleatorietà dell\'iniziativa per l\'incertezza delle successive allocazioni, in mancanza di preventivi, validi e, quindi, coercitivi accordi con gli enti locali (considerata, tra l\'altro, l\'assenza di un piano regionale degli impianti di smaltimento dei rifiuti).

Di conseguenza, la stipula della convenzione con la Omissis (in data 14.2.1990 su delibera n. 28 del 10.1.1990 avente ad oggetto il progetto esecutivo approvato con delibera n. 522/1988), l\'apertura del cantiere dopo circa quattro mesi in un sito diverso, la sospensione dei lavori (avvenuta dopo appena due mesi a seguito di una lettera del Sindaco di Morcone, componente, tra l\'altro della G.E. della Comunità), la ricerca di altri siti e Comuni disponibili rendono evidenti non solo l\'approssimazione dell\'iniziativa dettata dal timore di perdere il finanziamento, ma anche le oggettive difficoltà della Comunità nella realizzazione dell\'opera e soprattutto la prevedibilità di un fallimento dell\'iniziativa con conseguenti ripercussioni nei rapporti con la società concessionaria.

Ciò nonostante il rapporto con la società concessionaria non si interrompe ma si arricchisce di ulteriori oneri ed obblighi derivanti dall\'approvazione del bando di gara a licitazione privata con cui la Omissis appalta i lavori di realizzazione degli impianti, con l\'espletamento della gara e l\'approvazione del verbale di aggiudicazione all\'associazione temporanea di imprese costituita dalla omissis s.p.a. (MI) - omissis s.p.a. - omissis spa , in mancanza della benchè minima certezza circa l\'allocazione dell\'opera (la quale resterà inattuata con conseguente revoca del finanziamento).

Tanto considerato, questo Collegio, ritiene, conclusivamente, che la condotta tenuta dagli amministratori della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro, finora ampiamente decritta, debba essere censurata - nel suo complesso - in quanto gravemente colposa, negligente, irragionevole e chiaramente contraria a comportamenti di attenta gestione riconducibili a quelli richiesti ad un buon padre di famiglia, chiamato a realizzare l\'interesse della comunità a cui è preposto con scelte razionali, cercando di prevenire ed evitare ogni effetto pregiudizievole qualora le stesse si appalesino difficilmente realizzabili ed eccessivamente gravose.

Costoro, individuati nei sigg. A. D., A. P., N. A., G. C., R C., A. L., V. M., V. U. e F. Z., sono chiamati a rispondere del danno causato alla Comunità montana di appartenenza quantificato dalla Procura in euro 550.000,00 corrispondente alla somma sborsata dalla Comunità a titolo risarcitorio per inadempimento contrattuale nei confronti della società Omissis.

9.3. Per quanto concerne, poi, la posizione dei componenti della Giunta esecutiva della Comunità Montana del Fortore, sigg. R. F. M., G. C., N. D., M. F. D.., G. I., D. C., B. C. e P. S. (di cui si prende atto del decesso, come sopra esplicitato), questi vengono chiamati in giudizio per aver votato la delibera n. 640 del 14 settembre 1988.

Con il predetto atto deliberativo, la Giunta, “Vista l\' impellente necessità di affrontare con la massima urgenza il problema del riciclaggio dello smaltimento rifiuti solidi urbani, con un impianto di riciclaggio; Ritenuto che il bacino d\'utenza della sola comunità montana non fosse tale da consentire una gestione economicamente valida di questo tipo di impianto”… “Considerato che i tecnici progettisti del nostro impianto (di smaltimento RSU) sono gli stessi di quelli della Comunità Montana del Tammaro; Considerato che la Comunità Montana Tammaro ha comunicato l\'iniziativa di adeguare il proprio progetto per tale impianto per poter fra fronte alle esigenze di legge;(…) Considerato che in attesa della definizione dei rapporti tra le Comunità si rende necessario delegare la Comunità Montana dell\'Alto Tammaro a procedere all\'approntamento di quanto necessario alla realizzazione dell\'impianto (progettazione esecutiva, richiesta di finanziamento, affidamento in concessione per tale attività ecc.) delegava la Comunità Montana del Tammaro - nelle more della definizione dei rapporti tra le due Comunità (consorzio ecc) - per la realizzazione e gestione dell\'impianto (progettazione esecutiva, richiesta di finanziamento o affidamento in concessione per tale attività ecc.) con impegno a ratificare l\'operato della Comunità promotrice dell\'iniziativa.

Tale provvedimento veniva ratificato dal Consiglio generale della Comunità con delibera n. 27 del 12.5.1989.

La Procura, sulla scorta del riportato provvedimento considerava che i predetti amministratori “lungi dall\'essere giustificati dall\'operata delega non hanno avvertito, con inspiegabile inerzia, per circa quattro anni la rilevanza del problema della mancata individuazione del sito con le conseguenze che ciò comportava anche soltanto nel raggiungimento degli scopi prefissati” (pag. 11 atto di citazione) e li riteneva responsabili della quota risarcitoria sostenuta dalla Comunità Montana del Fortore per euro 550 mila nei confronti della Omissis, nel frattempo subentrata alla omissis spa (come da delibera n. 337 del 7.6.1989 della G.E. della C.M. Alto Tammaro).

In via subordinata, parte attrice rilevava che “ove dovesse essere ravvisato un rapporto di servizio nella delega di funzioni tra enti”, gli amministratori della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro sarebbero responsabili anche del danno arrecato alla Comunità del Fortore mentre gli amministratori di quest\'ultima in tale prospettiva subordinata, non sarebbero chiamati a rispondere del danno alla C.M. Alto Tammaro in quanto non sarebbe configurabile il relativo nesso eziologico.

La difesa dei convenuti, a sua volta, sottolineava come il provvedimento censurato non aveva di per sé attitudine immediatamente lesiva e che nessun comportamento illecito sarebbe configurabile nell\'aver partecipato alla seduta e nell\'aver votato la delibera n. 640 cit.. Quanto alla contestata inerzia, la CM del Fortore si sarebbe, invece, attivata per ottenere la disponibilità alla localizzazione dell\'impianto nel Comune di Ginestra degli Schiavoni, una volta fallito il tentativo di allocazione in Morcone.

Tanto considerato, questa Sezione osserva che - come emerge dagli atti di causa - la Comunità del Fortore, nella vicenda di cui si controverte, ha assunto soltanto due provvedimenti deliberativi.

Il primo, indicato dalla Procura come fonte di responsabilità degli amministratori ed individuato nella delibera di Giunta esecutiva n. 640 del settembre 1988, conferiva - come sopra esposto - una delega di funzioni e trasferiva all\'altra Comunità Montana non già la competenza (termine da intendersi in senso lato) alla realizzazione dell\'opera, ma esclusivamente l\'esercizio della stessa legittimando, così, il delegato ad adottare una serie di atti che la Comunità delegante avrebbe potuto compiere direttamente.

La delibera in questione risultava, infatti, cronologicamente anteriore, seppur di poco, al provvedimento n. 522 del 26.9.1988 con cui la G.E. della CM Alto Tammaro approvava il progetto esecutivo dell\'opera condivisa con la Comunità del Fortore da allocarsi alla confluenza della strada comunale Cuffiano - Morcone ss 625 - F 88 particella 90 e 175 del catasto del Comune di Morcone (come da scheda progettuale inviata alla Regione per il finanziamento dell\'opera) ed è anteriore a tutte le deliberazioni assunte dalla comunità delegata per la realizzazione dell\'opera, poste dalla Procura a fondamento della responsabilità degli amministratori dell\'Alto Tammaro (delibere n. 28/1990 n. 761/1990, n. 36/1990 n. 37/1990 n. 622/1990).

Il secondo provvedimento assunto dalla Comunità del Fortore è rappresentato dalla delibera n. 348 del 2.5.1990 (peraltro non presa in considerazione dall\'organo inquirente ai fini della contestazione di responsabilità amministrativa ai convenuti) con cui la Giunta esecutiva della Comunità Montana del Fortore approvava il progetto stralcio per la realizzazione dell\'impianto di smaltimento RSU per 12 miliardi di lire (fino ad allora da realizzarsi, come da scheda progettuale presentata al CIPE, alla confluenza della strada provinciale Cuffiano - Morcone SS 625, località Praianone) e individuava un nuovo sito per l\'opera da realizzare, disponendo l\'inoltro del progetto ai Comuni di San Bartolomeo in Galdo, Montefalcone, Valfortore e S. Giorgio La Molara per l\'attivazione delle procedure espropriative dei terreni (anche se non vi era stata, ancora, la revoca della disponibilità manifestata dal Comune di Morcone, con delibera n. 546 del 29.12.1988, all\'allocazione dell\'impianto in località Selvapiana).

In relazione alla suddetta attività deliberativa si osserva, innanzi tutto, che la stessa assume rilevanza sotto diversi profili.

L\'atto di delega - pur non presentando una attitudine immediatamente lesiva - risulta decisivo ai fini dell\'imputazione, alla Comunità delegante (condannata, anch\'essa, pro quota al risarcimento dei danni nei confronti della Omissis) delle scelte operate dalla Comunità dell\'Alto Tammaro nella gestione dell\'intera vicenda.

Nel caso di specie deve, infatti, ritenersi (come sopra evidenziato) che l\'ente delegante non si sia spogliato con l\'atto di delega della responsabilità relativa allo svolgimento dell\'iter per la realizzazione dell\'opera, ma abbia conservato un potere di intervento, controllo e stimolo, incorrendo in corresponsabilità, assieme all\'altra Comunità agente, nei riguardi dei terzi danneggiati.

Non potendosi ravvisare nei confronti della Comunità del Fortore una forma di trasferimento decentrativo di attribuzioni (che presuppone il trasferimento ad un ente di competenze proprie di altro ente), tale da realizzare una ipotesi di delegazione amministrativa intersoggettiva (ove il soggetto delegato agisce in nome proprio con conseguente esclusiva imputabilità degli effetti giuridici connessi alla sua attività e conseguente responsabilità per eventuale inadempimento delle obbligazioni assunte), la condotta degli amministratori deleganti va censurata sotto il profilo omissivo.

A costoro va addebitato il mancato esercizio del potere di controllo spettate loro sulle scelte della Comunità delegata, l\'assenza di iniziative volte a impedire, prevenire o limitare la responsabilità delle Comunità in relazione ai rapporti contrattuali con la Omissis, protrattisi con il successivo espletamento della gara e l\'approvazione del relativo verbale di aggiudicazione (delibera del Consiglio generale CMAT n. 58 del 13.9.1991) all\'associazione temporanea di imprese (omissis ed altre), pur in mancanza di una individuazione certa del sito di allocazione dell\'impianto.

La consapevolezza di tale gravissima carenza - che rappresenta il “vizio” dell\'iniziativa assunta dalle Comunità - risulta comprovata proprio dall\'assunzione della delibera n. 348/1990, delibera preceduta dalla manifestata volontà di riesaminare il progetto di cui trattasi (vedasi nota del 21.8.1990 a firma del presidente D.) in ragione della parziale revoca della disponibilità del Comune di Morcone all\'attuazione dell\'impianto.

La delibera n. 348 cit., rimasta priva di effetti e sostanzialmente priva di incidenza quanto allo svolgersi della vicenda ed al prodursi del successivo contenzioso con la Omissis (la quale di lì a due settimane avrebbe aperto il cantiere - come dal verbale del 16.5.1990 - in Morcone alla località Piano Viole sull\'area censita in catasto al foglio 32 comprendente i mappali n. 104, 105, 106,107, 109, 110 111 ecc.) - dimostra, però, come gli amministratori del Fortore - a conoscenza della mancanza della disponibilità dell\' area per l\'allocazione dell\'opera - si rendevano partecipi dei tentativi di trovare una soluzione alternativa, tentativi destinati, comunque, al fallimento per l\'assenza di accordi resi vincolanti da necessari atti deliberativi dei Comuni.

Di conseguenza, va affermato che la Comunità Montana del Fortore, anch\'essa titolare del rapporto concessorio con la Regione nonchè con l\'impresa Omissis partecipa - seppur con diversa incidenza causale al prodursi del danno - alle responsabilità assunte dalla Comunità dell\'Alto Tammaro in ragione della delega di cui alla cit. delibera 640/1988; gli amministratori, sigg. R. F. M., G. C., N. D., M. F. D.., G. I., D. C., B. C. (e P. S.), debbono essere chiamati anch\'essi a rispondere del danno causato alla Comunità montana di appartenenza quantificato dalla Procura in euro 550.000,00 e corrispondente alla somma sborsata dalla Comunità a titolo risarcitorio per inadempimento contrattuale nei confronti della società Omissis.

10. Entrambe le compagini degli Amministratori devono quindi essere condannate al risarcimento del danno cagionato alla Comunità Montana di appartenenza posto che, ai sensi dell\'art. 1, comma 4, l. 14 gennaio 1994, n. 20, la giurisdizione della Corte dei conti al cd. "danno obliquo", vale a dire al danno arrecato ad ente diverso da quello di appartenenza, opera soltanto quando gli elementi fattuali di comportamento si siano interamente verificati prima dell\'entrata in vigore della disposizione in parola cui va riconosciuto carattere di irretroattività (Corte Conti, sez. II, 27 settembre 2001, n. 320/A).

Dunque, pur ritenendosi ravvisabile l\'incidenza causale della condotta degli amministratori delle Comunità al prodursi del danno complessivo cagionato ad entrambi gli enti, non può considerarsi sussistente un rapporto di servizio tra i componenti della Giunta esecutiva della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro e l\'ente danneggiato Comunità Montana del Fortore e tra i componenti della Giunta esecutiva della Comunità Montana del Fortore e l\'ente danneggiato Comunità Montana dell\'Alto Tammaro, essendo configurabile il difetto di giurisdizione per danno ad ente diverso in quanto i comportamenti censurati si sono verificati prima dell\'entrata in vigore dell\'art. 1 comma 4 1. 14 gennaio 1994 n. 20, e succ. mod. (Corte Conti, sez. riun., 26 febbraio 2001, n. 2/Q).

Ciò nondimeno di tale apporto causale andrà tenuto conto nella quantificazione del danno da addebitare ai convenuti e nella sua ripartizione.

11. A parere di questo Collegio, ai fini della quantificazione del danno da addebitare ai convenuti, va considerato anche l\'apporto causale alla produzione del medesimo derivata dalla condotta tenuta nella vicenda dalla Omissis s.p.a., da altri soggetti quali i componenti del Consiglio generale della Comunità Alto Tammaro e del Fortore nonchè dalla Regione Campania.

11.1. Per quanto concerne la partecipazione della Omissis al prodursi del danno, va rilevato che se le Comunità montane hanno violato l\'obbligazione (che scaturisce come effetto naturale del contratto di appalto o della concessione) di assicurare al concessionario, fin dall\'inizio del rapporto e per tutta la durata di questo, la possibilità giuridica di eseguire concretamente il lavoro affidatogli, dall\'altro canto spettava a quest\'ultima un generale dovere di diligenza (art. 1175 c.c.) che le avrebbe consentito attraverso l\'attenta valutazione del progetto ed i sopralluoghi sulle aree interessate di accertare l\' effettiva realizzabilità dell\'opera sia sotto un profilo tecnico che giuridico.

La predetta società, tenuta per convenzione a “curare le attività necessarie all\'acquisizione dei pareri, autorizzazione e nulla osta inerenti l\'intervento oggetto di concessione nonché “a curare le attività necessarie per l\'occupazione e l\'acquisizione delle aree e degli immobili occorrenti per la realizzazione delle opere non poteva che essere perfettamente a conoscenza della situazione dei suoli e delle prevedibili difficoltà, nel adempimento della propria prestazione, determinate dalla reiterata variazione dell\'area di allocazione dell\'opera appaltata.

Ciò avrebbe dovuto consigliare, una volta constatata la difformità nell\'allocazione dell\'opera tra il progetto originario e i siti di volta in volta proposti (e quindi incerti e indeterminati), una interruzione del rapporto concessorio o quanto meno la sospensione di ogni ulteriore attività, anche contrattuale, volta all\'affidamento dei lavori ad impresa terza (come da verbale di gara allegata alla delibera del Consiglio generale della Comunità Montana Alto Tammaro n. 58 del 13.9.1991) che avrebbe gravato di ulteriori oneri (come poi avvenuto) il rapporto con le Comunità concedenti.

11.2. Anche il comportamento dei componenti del Consiglio generale della Comunità Montana del Fortore, dell\'Alto Tammaro e della stessa Regione Campania ha concorso al verificarsi dell\'evento lesivo non potendosi, viceversa, ravvisare una responsabilità degli amministratori locali, per nulla vincolati ad aderire all\'iniziativa delle Comunità Montane con cui non risulta abbiano assunto formali e legittimi impegni alla cessione di terreni per la costruzione dell\'impianto di smaltimento rifiuti.

Quanto ai componenti del Consiglio generale della Comunità Montana del Fortore, va ricordato che gli stessi ratificarono non solo la delibera di delega, ma anche - senza nulla obiettare - il provvedimento n. 348 del 2.5.1990 (con delibera n. 224 del 2.5.1990) adottato in ragione del fallimento di ogni tentativo di allocazione dell\'opera da realizzare, ma anch\'esso assolutamente deficitario in quanto assolutamente inidoneo alla reale e concreta soluzione del problema .

Medesime considerazioni valgono anche per i componenti del Consiglio Generale dell\'Alto Tammaro i quali adottarono tutta una serie di atti deliberativi dai quali ben poteva rilevarsi la mancata previsione e individuazione del sito ove costruire l\'impianto e, di conseguenza, la grave aleatorietà dell\'iniziativa.

In particolare, basti menzionare le delibere n. 4 del 9.2.1990 (con cui veniva approvato il progetto esecutivo I° STRALCIO - adeguamento funzionale - in assenza di specifica allocazione dell\'opera), n. 98/90 di ratifica dell\'atto di Giunta n. 310/1990 (con cui veniva accettata la cessione bonaria del terreno di Prozillo Ernesto in un\'area di fatto non espropriabile) e n. 58 del 13.9.1991 con cui gli amministratori presero atto del verbale della Commissione giudicatrice della procedura di gara esperita dalla Omissis S.p.a. nella qualità di concessionaria, pur in mancanza di certezza in ordine alla localizzazione dell\'impianto (ritenuta dal presidente del medesimo Consiglio, D., ininfluente ai fini dell\'instaurarsi del rapporto concessorio con l\'associazione di imprese aggiudicataria).

Anche la Regione Campania, nella vicenda di cui è causa, non ha certamente contribuito alla risoluzione dei problemi insorti dall\'iniziativa in esame e ha addirittura alimentato lo stato di grande confusione della stessa, assumendo posizioni contraddittorie e dilatorie le quali, lungi dal consentire uno sbocco alla situazione ormai gravemente compromessa, hanno contribuito al pervicace perseguimento di un obiettivo ormai del tutto irrealizzabile.

Al riguardo può non rilevarsi che la stessa:

a) con delibera n. 1337 del 13.3.1990, confermava le CCMM come soggetti cui affidare la concessione per realizzare le opere individuate nella scheda progettuale CIPE del 1988;

b) in data 15 giugno 1991, diffidava le Comunità Montane dal proseguire nell\'affidamento dei lavori per la costruzione dell\'impianto mediante appalto ad impresa terza in assenza di autorizzazione regionale e approvazione del progetto in apposita conferenza di servizi (tele del 15.6.1991);

c) in data 7 ottobre 1991 stipulava la convenzione con la CCMM per realizzazione dell\'impianto,

senza rilevare - come avrebbe dovuto - la difformità tra l\'originaria allocazione dell\'intervento e quella di cui all\'avviso di gara del luglio 1991 (siti alternativi), la mancanza delle previste autorizzazioni regionali e intese con i Comuni e senza dar vita ad una seria e tempestiva attività di concertazione, di valutazione della situazione creatasi anche ai fini dell\'adozione del Piano regionale di cui alla L. 444/87 (in ragione del quale le Comunità Montane chiedevano con delibera n. 622 del 27.9.1991, una proroga del finanziamento ).

12. Tanto premesso, va quindi individuato il danno addebitabile agli amministratori convenuti considerando, però, che il comportamento dei componenti della G.E. della Comunità del Fortore ha assunto, sicuramente, un minor contenuto lesivo rispetto a quello dei componenti della G.E. della Comunità dell\'Alto Tammaro in ragione del fatto che quest\'ultimi hanno posto in essere direttamente l\'attività deliberativa censurata ed hanno gestito l\'intera vicenda svolgendo un ruolo sicuramente predominante rispetto a quello rivestito ed attribuibile alla Comunità delegante.

Tale apporto va equitativamente determinato - in relazione al danno di cui è chiamata a rispondere la Comunità del Fortore (euro 550.00,00) - nella percentuale del 50% cui va aggiunto il 20% attribuibile alla condotta tenuta nella presente vicenda dalla Omissis s.p.a. e il 10% riferibile all\'incidenza concausale al prodursi del nocumento erariale di altri soggetti quali i componenti del Consiglio generale della Comunità Alto Tammaro e del Fortore nonchè la Regione Campania.

Medesimi apporti causali della Omissis (20%) e degli altri soggetti sopra indicati (10%) vanno considerati anche per quanto concerne l\'addebitabilità agli amministratori della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro convenuti nel presente giudizio, del danno subìto dalla stessa (euro 550.00,00). A tal fine dovrà tenersi conto anche del contributo causale (alla produzione del nocumento) derivato dalla condotta degli amministratori della Comunità del Fortore, il quale - per le motivazioni sopra esposte - dev\'essere equitativamente contenuto nella percentuale del 20% dell\'importo dell\'addebito.

12.1. Ne consegue che gli amministratori della Comunità Montana del Fortore debbono essere chiamati a rispondere del danno complessivamente quantificato in euro 110.000,00 (pari al 20% dell\'importo addebitato dalla Procura) da ripartirsi tra i sigg. R. F. M., G. C., N. D., M. F. D.., G. I., D. C., B. C. e il deceduto P. S. (la cui quota rimarrà a carico della collettività) in ragione della durata della carica di amministratori.

I sigg. C., I. e C., consiglieri di giunta della predetta Comunità montana fino all\'ottobre del 1990, risponderanno di euro 22.000,00 (pari al 20% della somma complessiva) da ripartire in parti uguali tra loro e, quindi, in euro 7.300,00.

Gli altri amministratori che restarono in carica per tutto il periodo in cui si svolse la vicenda, fino alla revoca del finanziamento, sigg. R. F. M., N. D., M. F. D.., B. C., dovranno risarcire la Comunità Montana di appartenenza per l\'importo complessivo di euro 88.000,00 (pari all\'80% dell\'intero importo) da ripartire tra gli stessi (tenuto conto della quota addebitabile al deceduto sig. S.) per la cifra di euro 17.600,00 ciascuno.

Su tali importi, questo Collegio ritiene, comunque, di esercitare il potere riduttivo concessogli dagli artt. 83, I° comma, R.D. n. 2440/1923 e 53, II° comma T.U. n. 1214/1934 in ragione della oggettiva difficoltà di controllo della vicenda e di intervento nei rapporti con i Comuni insistenti nell\'area territoriale della Comunità delegata anche in relazione alle proteste delle popolazioni contrarie alla attuazione dell\'impianto di smaltimento dei rifiuti.

L\'importo del nocumento addebitato ai predetti amministratori va dunque decurtato di un ulteriore 30% e di conseguenza il danno all\'erario della Comunità Montana del Fortore, va ripartito secondo il seguente schema:

1) 1) sigg. G. C., G. I., D. C. euro 5.100,00 ciascuno;

2) 2) sigg. F. R. M., N. D., M. F. D.. B. C., euro 12.300,00 ciascuno.

Tali somme debbono intendersi comprensive di rivalutazione monetaria.

La rimanente quota di danno ascrivibile al deceduto sig. S. P. rimane a carico della collettività.

Le spese di giudizio a favore dell\'Erario seguono la soccombenza ai sensi dell\'art. 97 c.p.c. e le predette somme saranno gravate degli interessi legali a far data dalla pubblicazione della presente decisione come da prevalente giurisprudenza (cfr. Sez. Riunite n. 807 del 22.10.1992).

12.2. Quanto agli amministratori della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro, sigg. A. D., A. P., N. A., G. C., R C., A. L., V. M., V. U. e F. Z. questi debbono essere chiamati a rispondere del danno complessivamente quantificato in euro 225.000,00 (pari al 50% dell\'importo addebitato dalla Procura) da ripartirsi tra loro, ciascuno per la parte che vi ha preso.

L\'organo inquirente ha ritenuto che il Presidente D. debba rispondere con una quota d\'addebito doppia rispetto a quella imputata agli altri concorrenti per il ruolo di maggior rilievo svolto nella vicenda di cui è causa.

Tale impostazione dev\'essere condivisa.

Il sig. D. ha effettivamente avuto una posizione di preminenza sia come promotore dell\'iniziativa sia come sostenitore ad oltranza della stessa, pur nel venir meno dei presupposti affinché la stessa potesse concludersi positivamente.

In veste di Presidente degli organi collegiali dallo stesso presieduti, ha concorso all\'adozione di tutte le delibere che si sono susseguite nel tempo assumendo, in prima persona, l\'onere di comunicare alla Omissis (nota del 21.8.1990 n. 2567) la sospensione dei lavori di realizzazione dell\'impianto dopo appena due mesi dall\'apertura del cantiere e dopo aver chiesto, nemmeno un mese prima, notizie alla società in ordine all\' attivazione delle procedure espropriative (nota del 3.7.1990) prodromiche all\'esecuzione dell\'opera.

E\' D. che, con nota del 24 maggio 1991, comunicava alla società Omissis la disponibilità di altra area localizzata nel Comune di Ginestra degli Schiavoni e che invitava la stessa a dar corso agli adempimenti di gara per l\'aggiudicazione dei lavori ad imprese terze (disponibilità revocata con delibera n. 130 del 19.9.1991).

La gravità della condotta, connotata da superficialità, incompetenza, irrazionalità e inadeguatezza, risulta evidente laddove il convenuto, in sede di presa d\'atto del verbale di aggiudicazione della licitazione di cui sopra (avvenuta nel luglio 1991) insisteva sulla ininfluenza, ai fini della conclusione del rapporto concessorio tra la Omissis e l\'associazione di imprese aggiudicatrice, della mancanza di apposito atto deliberativo del Comune di Ginestra degli Schiavoni che avrebbe accettato la localizzazione, nel proprio territorio, dell\'impianto in parola (delibera GE n. 91 del 29.5.1991).

Come emerge dalla delibera n. 58 cit. il convenuto riteneva che l\'adesione del Comune fosse del tutto superflua “perché non solo nessun punteggio è stato attribuito alle Ditte partecipanti per l\'ubicazione dell\'impianto, così come si evince dai verbali di gara, ma anche soprattutto perché la Regione Campania sta varando un apposito Piano di localizzazione di tali impianti al quale gli enti appaltanti dovranno necessariamente attenersi ed adeguarsi”.

A costui va dunque addebitato il danno cagionato alla Comunità dell\'Alto Tammaro nella misura del 40% dell\'importo complessivo di euro 225.000,00, pari ad euro 90.000,00, oltre rivalutazione monetaria.

Per quanto riguarda gli altri amministratori, questi risponderanno del rimanente importo di danno in ragione della partecipazione alle delibere indicate dalla Procura (n. 28/1990, n. 310/1990, n. 761/1990, n. 36/1990, n. 37/1990 e n. 622/1990) e dei restanti atti deliberativi assunti dalla Giunta Esecutiva della Comunità dell\' Alto Tammaro nell\'ambito della presente vicenda (n. 507/88,n. 337/89, 174/90,266/90 e 445/90).

Pertanto, i sigg. A. P., G. C., R C., A. L., dovranno risarcire alla Comunità Montana di appartenenza la somma complessiva di euro 135.000,00 (40% dell\'intero importo) pari ad euro 22.500,00 ciascuno, oltre rivalutazione monetaria mentre i sigg. N. A. e V. M. risponderanno di euro 22.750,00 (15% dell\'intero importo) pari ad euro 16.875,00 ciascuno, oltre rivalutazione monetaria.

Gli amministratori V. U. e F. Z. che parteciparono soltanto alle delibere nn. 36 e 37/90, 761/90 e 622/91 risponderanno per euro 11.250,00 (5% dell\'intero importo), pari ad euro 5.625,00 ciascuno, oltre rivalutazione monetaria.

Nei confronti dei predetti amministratori, questo Collegio non ritiene di esercitare il potere riduttivo concessogli dagli artt. 83, I° comma, R.D. n. 2440/1923 e 53, II° comma T.U. n. 1214/1934 in considerazione delle modalità con cui l\'intera vicenda si è svolta, tenuto conto, altresì, che la circostanza invocata dalla difesa dei convenuti concernente le proteste delle popolazioni, contrarie alla attuazione dell\'impianto di smaltimento dei rifiuti, non può assumere rilevanza a tal fine in assenza di qualsivoglia concreta attività di concertazione, di intesa, di coinvolgimento e sensibilizzazione delle collettività locali all\'iniziativa da parte della Comunità Montana in questione.

Dette somme saranno gravate degli interessi legali a far data dalla pubblicazione della presente decisione come da prevalente giurisprudenza (cfr. Sez. Riunite n. 807 del 22.10.1992).

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania, definitivamente pronunciando, previa riunione dei giudizi iscritti ai n° 44043/EL e 49529/EL del registro di Segreteria, ai sensi e per gli effetti dell\'art. 274 c.p.c., ogni contraria istanza e deduzione reietta:

dichiara

l\'estinzione del presente procedimento nei confronti del sig. S. P. per decesso del medesimo avvenuto in data 9 giugno 2007,

condanna

1) i sigg. G. C., G. I., D. C. al pagamento, in favore della Comunità Montana del Fortore, della somma di euro 5.100,00 ciascuno, comprensiva di rivalutazione monetaria;

2) sigg. F. R. M., N. D., M. F. D.. e B. C., al pagamento, in favore della Comunità Montana del Fortore, della somma di euro 12.300,00 ciascuno, comprensiva di rivalutazione monetaria;

3) il sig. A. D. al pagamento, in favore della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro, della somma di euro 90.000,00, oltre rivalutazione monetaria;

4) i sigg. A. P., G. C., R C., A. L. al pagamento, in favore della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro, della somma di euro 22.500,00 ciascuno, oltre rivalutazione monetaria

5) i sigg. N. A. e V. M. al pagamento, in favore della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro, della somma di euro 16.875,00 ciascuno, oltre rivalutazione monetaria;

6) i sigg. V. U. e F. Z. al pagamento, in favore della Comunità Montana dell\'Alto Tammaro, della somma di euro 5.625,00 ciascuno, oltre rivalutazione monetaria.

Alle somme sopra indicate vanno aggiunti gli interessi legali dalla data del deposito della presente decisione fino al soddisfo.

I predetti soggetti sono tenuti, poi, al pagamento, nei confronti dell\'erario, delle spese di giustizia che si liquidano in euro 2442,59

Così deciso in Napoli, nelle camere di consiglio del giorno 21 febbraio 2008 e del 24 aprile 2008.





DEPOSITATO IN SEGRETERIA 22/05/2008