Cass. Sez. III n. 42741 del 17 novembre 2008 (Cc 24 ott. 2008)
Pres. Lupo Est. Lombardi Ric. Silvioli ed altri
Urbanistica. Lottizzazione abusiva e confisca (terzi di buona fede)

In tema di lottizzazione abusiva la natura amministrativa della confisca non ne esclude il carattere sanzionatorio con la conseguente necessità di tener conto dei principi generali che regolano l\'applicazione anche delle sanzioni amministrative. Tali principi sono dettati dalla L. 24.11.1981 n. 689 (Modifiche al sistema penale) e, peraltro, corrispondono ad esigenze di uguaglianza e razionalità normativa ai sensi dell’art. 3 della Costituzione. E’ indubbio che anche con riferimento alle sanzioni amministrative esulano dalla materia criteri di responsabilità collettiva, essendo richiesta. quale requisito essenziale di legalità per la loro applicazione, l\'esistenza di una condotta che risponda ai necessari requisiti soggettivi della coscienza e volontà dell\'agente e sia caratterizzata quanto meno dall\'elemento psicologico della colpa (art. 2 e 3 della legge citata). Né la confisca può essere ricondotta ad alcuna delle ipotesi di responsabilità solidale previste dall\'art. 6 della legge. Anche la sanzione amministrativa, pertanto, non può essere applicata nei confronti di soggetti in buona fede, che non abbiano commesso alcuna violazione. L\'interpretazione costituzionalmente compatibile dell’art. 44, comma secondo, del DPR n. 380/2001 induce, pertanto, necessariamente ad escludere dall\'ambito di operatività della norma la possibilità di confiscare beni appartenenti a soggetti estranei alla commissione del reato e dei quali sia stata accertata la buona fede. Diversa è ovviamente l\'ipotesi in cui non si sia pervenuti ad una pronuncia di condanna nei confronti degli autori della violazione per l\'intervenuta prescrizione dei reati, in quanto l\'estinzione del reato non è affatto ostativa alla applicazione della confisca quale sanzione amministrativa, regolata da disposizioni diverse da quelle proprie del diritto penale.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 24/10/2008
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 1105
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - N. 14892/2008
ha pronunciato la seguente: 15707/2008 15711/2008

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avv. Avesani Claudio, difensore di fiducia di Silvioli Alberto, n. a Brescia il 25.11.1952, e della società Sermana S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, dagli Avv. Pellicini Paolo e Platter Peter, difensori di fiducia di Auer Karl Heinz, n. a Monaco di Baviera il 4.2.1962, Fegert Klaus, n. a Ansbach il 3.9.1939, Fischer Erika, n. a Monaco di Baviera il 21.7.1945, Gmach Veronica Marianne, n. a Mitterdorf il 5.8.1967, Grepl Thomas, n. a Innsbruck il 2.1.1960, Hafner Alfons, n. a Bobingen l\'8.8.1950, Hafner Cristine, n. a Bohm il 27.2.1941, Heim Bernard, n. a Bobingen il 30.5.1967, Hicker Brigitte, n. a Monaco di Baviera l\'11.2.1962, Hipp Andreas n. a Marktoberdof il 20.1.1940, Hirsch Klaus Peter, n. a Kempten il 26.6.1961, Hufnagl Uwe Alfred, n. a Norimberga il 6.7.1966, Joiser Gunter n. a Bad Ischl il 2.5.1952, Kormann Peter, n. a Laimering il 28.10.1961, Krementz Albert, n. a Arenberg il 23.2.1948, Kunze Peter, n. a Holzkirchen il 13.1.1953, Leutner Alfred, n. a Monaco di Baviera il 26.10.1962, Loffler Gabriele, n. a Augsburg l\'8.12.1951, Mayrhormann Andrea, n. a Augsburg il 30.9.1968, Moigg Elisabeth, n. a Innsbruck il 2.7.1951, Monasso Peter, n. a Pforzheim il 7.10.1964, Schafer Erhard, n. a Garbenteich il 5.7.1935, Schaffler Angelika, n. a Eurasburg il 31.12.1956, Schindlbeck Gunter, Marktwald il 10.10.1940, Sieber Bernd, n. a Berchtesgaden il 27.2.1946, Stemmer Michaela, n. a Monaco di Baviera il 14.3.1966, Unterforsthuber Peter, n. a Trostberg il 18.1.1953, Wahren Annegret, n. a Aalen il 29.11.1962, Widmann Johann, n. a Furstenfeldbruck il 4.5.1958, Zoth Peter, n. a Sankt Polten il 31.8.1953, Busse Carola, n. a Erfurt il 19.4.1960, Funke Ida, n. a Monaco di Baviera il 19.8.1948, Kiehl Gerd, n. a Homburg Saar il 19.1.1937, Klass Alfred, n. a Furstenfeldbruck il 13.1.1964, Ulbricht Thomas, n. a Brema il 14.4.1950, Wagenstetter Michael, n. a Monaco di Baviera il 19.12.1962, Ochsner Max Karl, n. a Zurigo il 23.1.1948, Horner Doris, n. Berlino il
16.12.1945, Grotsch Helga in Hafner, n. a Neukirehstockach l\'1.2.1944, dagli Avv. Pellicini Paolo e Ruffo Riccardo, difensori di fiducia di Longaretti Pierisa, n. a Verdello il 24.7.1956, Sartori Mauro Sauro, n. a Legnago il 12.5.1973, Boselli Gianluca, n. a Ostiglia il 13.8.1969, Maccabiani Achille, n. a Brescia il 7.11.1946, Monasso Bauer Bettina, n. a Pforzheim l\'1.1.1967, Goizo Luigi, n. a Brescia il 26.9.1953, Sandri Eda, n. a Tezze sul Brenta il 18.8.1935, Bolzacchini Laura, n. a Milano il 30.11.1965, Cucchi Alberto, n. a Mantova il 13.8.1958, Cattaneo Mauro, n. a Gazzaniga il 28.11.1974, Cucchi Massimo, n. a Revere il 28.1.1962, Bresciani Daniele, n. a Rivarolo Mantovano il 17.6.1956, Viviani Ennio, n. a Milano il 4.5.1944, Sebben Gastone, n. a Milano il 9.9.1953, Morandi Angelino, n. a Ronco all\'Adige il 3.2.1947, Grespi Fausto, n. a Mantova il 6.2.1954, Spaltenberger Cosima, n. a Pforzheim il 9.5.1968, Zanovello Cristina, n. a Cologna Veneta il 9.2.1953, Lucchini Giancarlo, n. a Isso il 31.8.1957, Cunico Gaudenzio, n. a Veronella il 22.11.1946, Tosi Flavio, n. a Salizzole il 26.9.1948, Immobiliare Bombardieri di Bombardieri Ivano, n. a Gazzaniga il 27.12.1961, Alex S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, 4G S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Immobiliare San Rocco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, dall\'Avv. Dal Ben Massimo, difensore di fiducia di Specchierla Mercedes, n. a Castelnuovo del Garda il 16.8.1952, dagli Avv. Pellicini Paolo e Platter Peter, difensori di fiducia di Dietrich Peter, n. a Hamburg (Germania) il 19.8.1939, Dippold Robert, n. a Ingolstadt (Germania) il 10.8.1957, Gruner Peter Alois, n. a Innsbruck (Austria) il 10.8.1957, Hammer Ralf, n. a Crailsheimdorf (Germania) l\'8.1.1968, Hieber Bernd, n. a Raidwangen (Germania) l\'11.10.1958, Lembke Barbel in Lipski, n. a Berlin (Germania) l\'11.9.1945, Praxmarer Maria Anna, n. a Innsbruck (Austria) il 30.12.1955, Stein Wolfgang, n. a Breslau (Germania) il 15.8.1942, Wenisch Anton, n. a Straubing (Germania) il 29.12.1954, Koller-Twerdy Andrea Sabine, n. a Monaco (Germania) l\'11.2.1962, dall\'Avv. Picotti Lorenzo, difensore di fiducia di Pagliari Giorgio, n. a Parma il 5.10.1950, e di Cremasco Laura, n. a Bressanone il 16.6.1948;
avverso le ordinanze in data 27.3.2008 e 10.4.2008 del Tribunale di Verona, con le quali è stato confermato il decreto di sequestro preventivo di immobili emesso dal G.I.P. del medesimo tribunale in data 20.2.2008.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
Udito il P.M. in persona del Sost. Procuratore Generale, Dott. Fraticelli Mario, che ha chiesto dichiararsi non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, con rimessione degli atti alla Corte Costituzionale;
Uditi i difensori, Avv. Avesani Claudio per Silvioli e Sermana S.r.l.; gli Avv. Platter Peter, Pellicini Paolo e Ruffo Riccardo per i ricorrenti dai medesimi rappresentati, come generalizzati in epigrafe; l\'Avv. Picotti Lorenzo per i ricorrenti Pagliari e Cremasco, che hanno concluso per l\'accoglimento dei ricorsi. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con le impugnate ordinanze il Tribunale di Verona, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il decreto di sequestro preventivo di immobili emesso dal G.I.P. del medesimo tribunale in data 20.2.2008 nell\'ambito delle indagini relative al reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c).
Il tribunale del riesame ha ritenuto sussistente il fumus del reato di lottizzazione abusiva di natura negoziale, oggetto di indagine a carico degli amministratori della società Sermana S.r.l. in relazione agli immobili e terreni compresi nelle lottizzazioni denominate Sermana A e Sermana B, facenti parte del complesso turistico alberghiero "I Borghi di Garda Resort Village", ubicato nel comune di Peschiera del Garda, essendo emerso dalle indagini di polizia giudiziaria il frazionamento del predetto complesso immobiliare, attuato tramite la vendita a privati di 323 unità abitative con modificazione della destinazione d\'uso prevista dagli strumenti urbanistici e dai piani di lottizzazione da turistico alberghiero a residenziale per uso abitativo privato. Per quanto interessa in particolare ai fini del giudizio di legittimità il tribunale del riesame ha ritenuto irrilevante, al fine di escludere la modificazione d\'uso delle singole unità abitative conseguenti al frazionamento negoziale, la costituzione di un consorzio munito di apposito statuto, i cui estremi risultavano richiamati negli atti di compravendita, destinato alla gestione unitaria del complesso per la realizzazione della finalità alberghiera.
Si è osservato sul punto che la indeterminatezza del vincolo derivante dalla adesione al consorzio, la carenza di sanzioni per le ipotesi di inadempienza dei singoli acquirenti e la inopponibilità dei vincoli derivanti dalla adesione al consorzio ad eventuali aventi causa dagli acquirenti, non garantiscono "la realizzazione di un\'effettiva offerta al pubblico, elemento caratteristico di una destinazione a struttura alberghiera secondo le definizioni dettate dalla L.R. Veneto n. 33 del 2002, artt. 22 e 36"; che, peraltro, anche le risultanze fattuali inducono ad escludere l\'effettività della predetta destinazione d\'uso alberghiera.
Si è ritenuto inoltre sussistente il periculum che ha giustificato l\'adozione della misura cautelare, sia in considerazione del fatto che non tutte le unità immobiliari risultavano già vendute, sia della possibile rivendita delle stesse da parte degli acquirenti; si è osservato, poi, che, in ogni caso, ricorre l\'ipotesi di cui all\'art. 321 c.p.p., comma 2, stante la soggezione a confisca degli immobili ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2; che, infine, risulta irrilevante l\'appartenenza degli immobili a terzi in buona fede o, comunque, estranei al processo, considerata la natura reale del provvedimento di confisca degli immobili oggetto di lottizzazione abusiva.
Avverso le ordinanze hanno proposto ricorsi il difensore di Silvioli Alberto e della società Sermana S.r.l., nonché quelli delle altre parti interessate generalizzate in epigrafe.
Con il primo mezzo di annullamento i ricorrenti Silvioli e società Sermana S.r.l. denunciano la violazione ed errata interpretazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 30 e 44, del D.M. n. 1444 del 1968 e delle previsioni delle N.T.A. e del P.R.G. del Comune di Peschiera del Garda del 1983.
Si deduce che secondo le stesse precisazioni contenute nell\'ordinanza impugnata la lottizzazione Sermana A ricadeva, all\'epoca della autorizzazione, nella zona C5 del vigente P.R.G. e che, ai sensi dell\'art. 88 delle N.T.A., le previsioni di detta zonizzazione non sono state modificate dal nuovo P.R.G.; che i giudici del riesame hanno erroneamente ritenuto, sulla base dell\'indicata zonizzazione, che tale area del territorio comunale fosse destinata esclusivamente ad insediamenti turistico alberghieri.
Si osserva in proposito che, in base alle N.T.A. del P.R.G. del 1983 di Peschiera del Garda il territorio comunale risultava suddiviso in sette zone, tra cui la zona C esplicitamente definita "zona residenziale di sviluppo". A sua volta la zona C risultava suddivisa in sei sottozone, tra le quali la zona C5, definita "zona per i nuovi insediamenti turistici speciali". Si osserva poi che detto strumento urbanistico è anteriore alla prima legge statale sul turismo e che, pertanto, il significato di insediamento turistico speciale deve essere desunto dalla complessiva interpretazione dello strumento urbanistico in cui è inserito; che dalla lettura del predetto strumento urbanistico si desume trattarsi di una declinazione del genus residenziale C.
Sulla base dei citati rilievi si deduce che la sottozona C si palesa destinata a tipologia edilizie dirette alla ricettività turistica di qualsiasi natura, con il solo limite consequenziale del divieto di residenza anagrafica nelle medesime. Si deduce, inoltre che, rientrando in base al citato strumento urbanistico la destinazione d\'uso turistica in qualsiasi forma declinata nella macrocategoria omogenea C - residenziale, l\'eventuale modificazione della destinazione d\'uso rientrerebbe nell\'ambito della stessa categoria omogenea e dovrebbe, perciò, ritenersi irrilevante. Con il secondo mezzo di annullamento i ricorrenti denunciano ulteriormente la violazione ed errata interpretazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 30 e 44 e del D.M. n. 1444 del 1968, in relazione alla ritenuta irrilevanza del mancato aggravio del carico urbanistico.
Si osserva che il reato di lottizzazione abusiva è caratterizzato da un insieme di opere o di atti giuridici che imprimono un diverso assetto al territorio, determinando conseguentemente un aggravio del carico urbanistico; che, però, nel caso in esame le prescrizioni contenute nei piani di lottizzazione autorizzati corrispondono ai parametri previsti dalle N.T.A. e dal P.R.G. per la realizzazione dei complessi residenziali, sicché nella specie non vi è stato alcun aggravio del carico urbanistico o modificazione dell\'assetto del territorio con riferimento agli standard previsti per gli insediamenti residenziali, con la conseguente non configurabilità del reato oggetto di indagine.
Con il primo mezzo di annullamento gli Avv. Pellicini e Platter nell\'interesse dei loro assistiti generalizzati nel procedimento n. 14892/08 denunciano, a loro volta, la violazione ed errata applicazione dell\'art. 321 c.p.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e art. 44, lett. c).
Si deduce, in sintesi, che nel caso in esame risulta essere stato accertata solo la vendita parcellizzata a privati della struttura immobiliare, ma non la perdita della originaria destinazione alberghiera della stessa, con la conseguente non configurabilità del reato di lottizzazione abusiva conseguente alla modificazione della destinazione d\'uso autorizzata.
Si deduce inoltre che l\'ordinanza impugnata ha affermato che l\'effettivo esercizio dell\'attività alberghiera deve formare oggetto di prova certa, determinando in tal modo un\'inversione dell\'onere della prova, che incombe sull\'accusa; che peraltro detta prova in ordine all\'effettiva destinazione delle singole unità abitative ad uso turistico era stata prodotta dagli attuali ricorrenti, senza che i giudici del riesame ne tenessero conto, avendo fondato la decisione su argomentazioni astratte.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia ulteriormente la violazione dell\'art. 321 c.p.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e art. 44, lett. c) e la carenza assoluta di motivazione dell\'ordinanza.
Si deduce, con riferimento alla lottizzazione Sermana A, che l\'ubicazione della stessa in zona C5, destinata ad insediamenti turistico alberghieri, compresa nella più vasta zona C definita come residenziale di sviluppo, rendeva compatibile con detta zonizzazione la realizzazione di edifici assimilabili a quelli di tipo residenziale con l\'unico limite, che nella specie risultava essere stato rispettato, rappresentato dal divieto di stabilire la residenza anagrafica all\'interno del complesso.
Gli Avv. Pellicini e Ruffo nell\'interesse dei loro assistiti con il primo mezzo di annullamento denunciano, a loro volta, la violazione ed errata applicazione dell\'art. 321 c.p.p. e del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 per insussistenza del fumus del reato di lottizzazione abusiva, della violazione dello strumento urbanistico e dello stesso mutamento della destinazione d\'uso.
Si deduce, in sintesi, che il tribunale del riesame ha ritenuto lecita la vendita frazionata delle singole unità della struttura turistica, affermando che l\'attività alberghiera di un complesso immobiliare non è incompatibile con la proprietà frazionata dello stesso, ed ha ricondotto sostanzialmente l\'attività di lottizzazione abusiva alla mancanza di una effettiva offerta di ospitalità al pubblico delle unità immobiliari e, quindi, ha fondato il fumus del reato sulla mera evenienza della mancata destinazione delle unità immobiliari alla destinazione alberghiera, peraltro ascrivibile solo ad alcuni acquirenti. Con riferimento al rispetto dello strumento urbanistico si osserva che sia la lottizzazione Sermana A che la Sermana B erano state approvate nella vigenza del piano regolatore che classificava la zona di ubicazione quale C5, destinata a nuovi insediamenti turistici speciali, sicché entrambe le lottizzazioni sono state erroneamente ricondotte alla sottozona D3.2 (turistico alberghiera) prevista dal P.R.G. approvato successivamente alla loro autorizzazione. Si deduce, quindi, che nella zona CS era consentita per legge la realizzazione di alberghi,...case e appartamenti per vacanze, case per ferie età; che, pertanto, gli immobili realizzati risultavano conformi allo strumento urbanistico all\'epoca vigente e la loro successiva utilizzazione conforme alla destinazione turistico ricettiva. In proposito si osserva che la legislazione regionale comprende nell\'uso turistico, oltre alle strutture alberghiere, le unità ricettive destinate ad uso turistico extra alberghiero, quali le case o gli appartamenti arredati e dotati di servizi dati in locazione ai turisti nel corso di una o più stagioni, sia in forma imprenditoriale, che in forma non imprenditoriale o con gestione diretta. Sulla base dei citati rilievi si deduce che sia che si qualifichi la gestione degli immobili di cui si tratta come alberghiera, quale unico complesso destinato ad essere gestito unitariamente, sia che la si consideri extra alberghiera, la stessa rientra a pieno titolo nell\'attività turistico ricettiva prevista dallo strumento urbanistico. Si aggiunge che gli immobili sono stati autorizzati, realizzati e collaudati come ricettivi e non come alberghi e che l\'iniziativa autonoma di alcuni acquirenti non integra il reato di lottizzazione abusiva, non essendovi stata la realizzazione di attività edificatoria, ne\' violazioni da parte dei costruttori e degli attuali ricorrenti degli strumenti urbanistici. Con il secondo mezzo di annullamento i ricorrenti denunciano la violazione ed errata applicazione dell\'art. 321 c.p.p. con riferimento alla ritenuta esistenza del periculum in mora. Si deduce che l\'attività edificatoria risulta ultimata da tempo e che gli attuali ricorrenti sono estranei alla eventuale commissione del reato, sicché non può ravvisarsi nei loro confronti l\'esigenza di sottrarre gli immobili alla disponibilità dell\'indagato o di terzi in malafede; che gli attuali ricorrenti non hanno posto in essere alcuna condotta diretta alla dispersione dei beni; che la disponibilità degli immobili da parte di questi ultimi non può determinare alcun aggravio del carico urbanistico, non essendo contestato agli stessi alcun uso degli immobili diverso da quello turistico per il quale sono stati costruiti ed essendo state realizzate opere di urbanizzazione perfettamente dimensionate sulla capacità insediativa del complesso.
Anche il difensore della ricorrente Specchierla Mercedes con il primo mezzo di annullamento denuncia la violazione ed errata applicazione dell\'art. 321 c.p.p. con riferimento alla ritenuta sussistenza del fumus del reato di lottizzazione abusiva. La ricorrente ripropone, in relazione alla lottizzazione denominata Sermana A, le osservazioni relative al tatto che detta lottizzazione è stata autorizzata allorché era vigente il P.R.G. che classificava la zona di ubicazione degli immobili come C5, zona per nuovi insediamenti turistici speciali, costituente sottozona della zona C destinata ad uso residenziale; che ai sensi dell\'art. 88 delle N.T.A. del nuovo P.R.G. le autorizzazioni e concessioni rilasciate in data anteriore all\'entrata in vigore dello stesso conservano la loro efficacia; che, pertanto, ai sensi delle previsioni urbanistiche vigenti all\'epoca della approvazione della lottizzazione Sermana A, gli insediamenti turistici speciali erano compresi nella categoria degli immobili ad uso residenziale, mentre solo successivamente sono stati compresi, dal nuovo P.R.G., nelle zone D con destinazione prevalentemente produttive; che, pertanto, la sottozona C5, come sottozona di una macrocategoria residenziale doveva ritenersi compatibile con qualsiasi tipologia di edificazione ad uso turistico, anche residenziale, con il solo limite del divieto di residenza anagrafica nell\'immobile. Si contesta, quindi, che il mutamento di destinazione d\'uso, nell\'ambito di categorie omogenee, come è da ritenersi, secondo l\'ipotesi dell\'accusa, si sia verificato nel caso in esame, integri la fattispecie penale della lottizzazione abusiva, facendosi rilevare, attraverso la disamina dell\'evoluzione giurisprudenziale in materia, che il reato di lottizzazione abusiva, in tanto si configura quale la violazione della riserva di programmazione dell\'ente territoriale, in quanto determini un aggravamento del carico urbanistico, ipotesi di cui deve escludersi la ricorrenza. Sul punto si deduce che nel caso in esame gli indici di edificabilità, che caratterizzano una zona territoriale omogenea, previsti per l\'insediamento di cui si tratta sono gli stessi di quelli stabiliti per l\'edificazione ad uso residenziale, con la conseguenza che, a differenza di quanto si verifica abitualmente allorché la struttura alberghiera è considerata un insediamento produttivo, nel caso in esame la modificazione della destinazione d\'uso, seppur sussistente, non ha determinato alcun aggravamento del carico urbanistico.
Con il secondo mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell\'art. 321 c.p.p. con riferimento alla ritenuta esistenza delle esigenze che consentono la misura cautelare.
Si osserva, in sintesi, che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca è previsto dal codice di rito esclusivamente con riferimento alle ipotesi di confisca obbligatoria ex art. 240 c.p., alle quali non può essere equiparata la confisca prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, quale sanzione amministrativa conseguente all\'ipotesi della lottizzazione abusiva; che, pertanto, l\'ordinanza impugnata non poteva fondare le esigenze cautelari esclusivamente sulla necessità di assicurare la successiva confisca dell\'immobile. Si aggiunge che sotto il profilo della violazione edilizia il sequestro degli immobili poteva ritenersi giustificato solo in ipotesi di un aggravio del carico urbanistico derivante dal loro uso;
aggravio, però, da escludersi per le già esposte ragioni. Si aggiunge, che neppure può essere ravvisato un pericolo quale conseguenza della possibilità che la società costruttrice ponga in vendita altre unità immobiliari, dovendo qualificarsi tale ipotesi quale tentativo non configurabile nelle fattispecie contravvenzionali.
Gli Avv. Pellicini e Platter, quali difensori delle altre parti interessate di cui al procedimento n. 15707/08 denunciano le impugnate ordinanze per violazione dell\'art. 125 c.p.p. con un unico motivo di gravame.
I ricorrenti, dopo avere indicato in punto di fatto gli strumenti urbanistici in base ai quali erano stati approvati i piani di lottizzazione, precisato che le compravendite delle singole unità avevano avuto inizio solo dopo la costituzione del consorzio di gestione del complesso immobiliare e richiamato il decreto con il quale era stata applicata la misura cautelare, osservano che dinanzi al tribunale del riesame era stata dedotta l\'esorbitante estensione del provvedimento di sequestro preventivo in relazione alla circostanza che numerosi acquirenti delle singole unità immobiliari in effetti avevano ottemperato all\'obbligo di destinarle ad uso turistico alberghiero, avendole sistematicamente offerte al pubblico tramite siti internet e realmente affittate nel corso degli anni; che di tale situazione di fatto era stata prodotta ampia prova dinanzi al tribunale del riesame, sicché il provvedimento di sequestro doveva essere limitato a quelle unità immobiliari, per le quali era stata acquisita la prova della effettiva destinazione all\'uso abitativo ritenuto illegittimo.
Si denuncia, quindi, la carenza assoluta di motivazione dell\'ordinanza impugnata con riferimento a tale decisiva censura avverso il provvedimento di sequestro.
All\'odierna udienza i predetti ricorrenti, peraltro, hanno fatto propri tutti gli altri motivi di gravame di cui agli altri ricorsi. Il difensore di Pagliari Giorgio e Cremaschi Laura, infine, denuncia le ordinanze con quattro motivi di gravame. I ricorrenti, dopo aver precisato in punto di fatto di essere, in modo incontroverso anche per la pubblica accusa, terzi acquirenti in buona fede di un\'unità immobiliare ed aver ripercorso l\'iter processuale che ha fatto seguito al sequestro, con il primo mezzo di annullamento denunciano l\'ordinanza per violazione di legge determinata dall\'omessa pronuncia sul primo motivo di riesame. Si osserva che con il predetto primo motivo era stata dedotta la illegittimità del sequestro delle aree e delle strutture realizzate in zona F3.1d destinata ad impianti sportivi di base, costituite da una piscina ed altri complessi conformi alla predetta destinazione d\'uso; che tali immobili erano stati realizzati nel pieno rispetto delle prescrizioni urbanistiche di zona e, pertanto, non risultava ipotizzabile il reato di lottizzazione abusiva con riferimento agli stessi, ne\' configurabile un vincolo di pertinenzialità delle strutture realizzate con detto reato avente ad oggetto le sole unità ad uso residenziale; che l\'ordinanza impugnata ha totalmente omesso di pronunciarsi sulla richiesta di dissequestro delle predette aree e strutture.
Con il secondo mezzo di annullamento i ricorrenti denunciano, a loro volta, la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) per insussistenza del fumus di detto reato.
Si osserva che l\'unità immobiliare acquistata dai ricorrenti ricade nell\'area oggetto del piano di lottizzazione "Sermana A", approvato dal consiglio comunale con Delib. 20 aprile 1993 e attuato con successiva convenzione di lottizzazione in data 24.5.1996; che ne\' la delibera consiliare, ne\' la convenzione di lottizzazione prevedevano particolari vincoli di destinazione urbanistica, mentre all\'epoca della stipula della convenzione la zona era classificata CS "Nuovi insediamenti turistici speciali", nella quale "sono ammessi edifici per la ricettività turistica quali: alberghi, ristoranti, ritrovi, attrezzature turistiche, servizi inerenti etc.. Sono ammesse costruzioni abbinate a condizione che sia presentato contemporaneamente un progetto unitario con una soluzione architettonica omogenea".
Si deduce, quindi, che, anche se a seguito della successiva variante del P.R.G. del 1998 l\'intera zona ha assunto una nuova destinazione urbanistica, le lottizzazioni già approvate conservano tutta la loro validità ed efficacia ai sensi dell\'art. 92, comma 1, delle N.T.A.;
che la zona, essendo classificata antecedentemente come C5, alla lottizzazione di cui si tratta continuano ad applicarsi le disposizioni derivanti dalla predetta classificazione, che consentivano, più in generale per la zona C, la realizzazione di nuovi complessi insediativi nei limiti di densità e superficie di cui alla precedente lettera B. Si osserva inoltre che, anche se si ritenesse applicabile la nuova classificazione attribuita all\'intera zona come D3.2, con destinazione alla realizzazione di "Residenze Turistico Alberghiere", ai sensi dell\'art. 52 delle N.T.A. in detta zona sono esclusivamente vietate le "residenze stabili di carattere non turistico", con la conseguenza che deve ritenersi vietato il collegamento abitativo tra il proprietario e l\'insediamento turistico sotto il profilo giuridico e, cioè, vietato il trasferimento della residenza anagrafica del proprietario nell\'immobile, divieto che risulta essere stato rispettato.
Sotto altro profilo si osserva che l\'appartenenza a più proprietari del complesso immobiliare non contrasta giuridicamente con la destinazione del medesimo all\'attività turistico alberghiera, ne\' con l\'esercizio della stessa anche nell\'ipotesi di una suddivisione condominiale della struttura residenziale, come peraltro già riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità in sede civile, afferendo l\'appartenenza dell\'immobile a più soggetti all\'aspetto privatistico della normativa applicabile, mentre la destinazione d\'uso opera sul piano pubblicistico; che nel caso in esame la destinazione a residenza turistica delle unità immobiliari risulta menzionata in tutti gli atti di compravendita e che sono stati allegati ai singoli atti il certificato di destinazione urbanistica e l\'estratto delle N.T.A. e del P.R.G..
Si osserva inoltre che nel caso in esame la gestione unitaria dell\'attività turistico alberghiera è stata attribuita al Consorzio di gestione "I Borghi del Garda Resort Village", che ha concretamente espletato e promosso l\'organizzazione della funzione ricettiva di natura alberghiera del complesso. Sul punto si contesta l\'affermazione dell\'ordinanza circa la inidoneità del consorzio ad assicurare il rispetto di detta funzione turistico alberghiera del complesso immobiliare, facendosi rilevare che gli obblighi derivanti dalla adesione contrattuale al consorzio gravano direttamente sulle unità immobiliari e, quindi, assumono natura di obbligazioni propter rem, di cui è possibile chiedere l\'adempimento in forma specifica. Nel prosieguo del motivo di gravame si deduce che la giurisprudenza richiamata nell\'ordinanza impugnata si riferisce a fattispecie sostanzialmente diverse da quella in esame.
Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione dell\'art. 321 c.p.p., comma 1.
Si deduce, in sintesi, che nella specie la condotta antigiuridica si è esaurita con la vendita ai ricorrenti dell\'unità immobiliare, sicché non poteva ravvisarsi l\'esistenza del periculum in mora nei loro confronti; che neppure può ravvisarsi il pericolo per effetto di ulteriori alienazioni, essendo imposta l\'osservanza del vincolo turistico alberghiero da un\'obbligazione propter rem. Con l\'ultimo mezzo di annullamento si denuncia la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, così come interpretato, alla luce del combinato disposto dell\'art. 117 Cost. e dell\'art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU.
Si premette che l\'ordinanza impugnata ha erroneamente ritenuto applicabile, a fondamento del sequestro preventivo dell\'immobile, l\'art. 321 c.p.p., comma 2, poiché tale disposizione si riferisce esclusivamente a sequestro diretto a garantire l\'esecuzione della confisca penale e non è utilizzabile al fine di assicurare l\'esecuzione di una sanzione amministrativa, secondo la qualificazione attribuita dalla stessa giurisprudenza al provvedimento ablatorio previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2.
Si osserva, quindi, che la disposizione citata serba un assoluto silenzio in ordine alla natura della confisca da essa prevista, nonché in ordine alla tutelabilità della buona fede dei terzi estranei al reato; che detta norma, però, nell\'interpretazione corrente, si palesa in contrasto con l\'art. 117 Cost., comma 1, e l\'art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell\'uomo e delle libertà fondamentali, che garantisce il diritto di ogni persona fisica o giuridica al rispetto dei suoi beni. Si deduce sul punto che le disposizioni della predetta Convenzione e dei suoi Protocolli fanno parte, ai sensi del citato art. 117 Cost., comma 1, dell\'ordinamento italiano, quali obblighi internazionali cui la legislazione ordinaria deve uniformarsi, così come espressamente affermato dalle sentenze n. 348 e 349 del 2007 della Corte Costituzionale.
Si osserva, quindi, che secondo la Corte Europea dei diritti dell\'uomo, ai fini dell\'applicazione del citato art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU - sent. 13.12.2007 Gashi c. Croazia e 20.11.1995 Pressos Compania Naviera S.A. c. Belgio -, deve essere accertato: 1) se vi sia stata o meno interferenza nel diritto di proprietà del privato; 2) se l\'interferenza abbia una base legale; 3) se essa persegua uno scopo legittimo e sia proporzionale, nonché l\'inesistenza di elementi di natura disciminatoria. Sulla base dei citati principi di diritto si deduce, in sintesi, l\'incostituzionalità del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, sotto il profilo della carenza di proporzionalità della misura della confisca nella ipotesi dei terzi in buona fede estranei alla commissione del reato. Si osserva sul punto che la disposizione citata non disciplina in alcun modo la posizione di tali soggetti a differenza di quanto previsto dall\'art. 240 c.p., ai sensi del cui disposto le persone estranee alla commissione del reato possono chiedere la restituzione del bene; che tale diversità di trattamento non trova alcuna giustificazione plausibile, considerato che i fatti ai quali si applica la misura di sicurezza penale sono spesso molto più gravi, sicché la disciplina dettata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, oltre che discriminatoria risulta assolutamente irrazionale e contraria al citato principio di proporzionalità, venendo totalmente annullato l\'interesse del privato. Si osserva, in conclusione, che una diversa interpretazione della disposizione citata, che la riconduca nell\'alveo delle misure di sicurezza penali, consente di superare il contrasto con le disposizioni della Convenzione dei Diritti dell\'uomo e, in subordine, si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, nella parte in cui "non prevede nessun meccanismo di tutela dell\'acquisto in buona fede del terzo, sulla falsariga dell\'alt. 240 c.p. per contrarietà con l\'art. 1 Prot. 1 CEDU, per il tramite dell\'art. 117 Cost.", questione già sollevata dalla C.A. di Bari con ordinanza del 9.4.2008. Con memoria depositata il 12.8.2008 la difesa dei predetti ricorrenti Pagliari e Cremasco, nel ribadire i precedenti motivi di gravame, ha osservato che con successivo provvedimento il G.I.P. ha disposto i dissequestro delle aree destinate ad impianti sportivi di base e che, però, permane l\'interesse dei ricorrenti ad una pronuncia in ordine alla illegittimità della misura cautelare che ha avuto ad oggetto tali aree.
Nel prosieguo della memoria difensiva, poi, si ribadiscono con argomentazioni diffuse le deduzioni circa la illegittimità costituzionale della confisca D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44, comma 2, in relazione alle disposizioni sopra citate della Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell\'uomo e del Protocollo addizionale, se interpretata quale sanzione amministrativa applicabile anche nei confronti dei soggetti estranei alla commissione del reato di lottizzazione abusiva.
Si allega in proposito la decisione della Corte Europea dei diritti dell\'Uomo in data 30 agosto 2007, con la quale è stato dichiarato ricevibile il ricorso della società Sud Fondi contro l\'Italia per far valere la illegittimità della L. n. 47 del 1985, art. 19, attualmente trasfuso nel D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2. Con memoria difensiva del 23.4.2008 la Procura della Repubblica di Verona ha sostenuto l\'infondatezza dei ricorsi con particolare riferimento alla violazione dei parametri urbanistici previsti per la realizzazione della lottizzazione Sermana A.
Con memorie difensive depositate l\'8.10.2008 gli avv. Pellicini, Platter e Ruffo hanno, a loro volta, dedotto la necessità di ricondurre la confisca D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44, comma 2, all\'ipotesi della confisca obbligatoria ex art. 240 c.p., dovendosi configurare altrimenti la illegittimità costituzionale della norma, che, in subordine, deducono per contrasto con gli artt. 3 e 25 Cost., art. 27 Cost., comma 1, e art. 42 Cost..
La Corte ha, infine, disposto la riunione dei procedimenti n. 15707/08 e 15711/08 a quello n. 14892/08 R.G..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente la Corte osserva che il motivo di gravame con il quale i ricorrenti Pagliari e Cremasco hanno censurato le impugnate ordinanze in relazione alla conferma del provvedimento di sequestro, che ha avuto ad oggetto le aree adibite ad impianti sportivi di base, deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, stante l\'intervenuto dissequestro delle predette aree, di cui si da atto nella memoria difensiva. Le sezioni unite di questa Suprema Corte con recente pronuncia (sent. del 24.4.2008 n. 18253, Tchmil, RV 239397) hanno, infatti, definitivamente affermato che la restituzione della cosa sequestrata determina il venir meno dell\'interesse della parte, istante per il riesame o ricorrente avverso la pronuncia del tribunale, alla prosecuzione del giudizio sulla legittimità della misura cautelare, esaurendosi gli effetti della relativa pronuncia, con riferimento alle misure reali, nell\'ambito di detto procedimento incidentale. Come si rileva dalla narrativa che precede con gli altri motivi di gravame i ricorrenti censurano con argomentazioni varie, ma sostanzialmente analoghe, la sussistenza del fumus del reato di lottizzazione abusiva, di cui viene contestata la configurabilità in relazione alla destinazione urbanistica delle aree in cui è ubicato il complesso immobiliare ed alla effettività del mutamento di destinazione d\'uso dello stesso, nonché la sussistenza delle esigenze cautelari con particolare riferimento alla posizione dei terzi estranei alla commissione del reati.
Il primo gruppo di argomentazioni non è fondato.
È opportuno in primo luogo richiamare brevemente, a proposito del reato di lottizzazione abusiva, l\'ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, con particolare riferimento all\'ipotesi, di cui ricorrono gli estremi nel caso in esame, che la stessa si configuri per effetto del mutamento di destinazione d\'uso di un complesso immobiliare, la cui originaria destinazione assentita dalla pubblica amministrazione era quella alberghiera. È noto che il reato di lottizzazione abusiva, secondo la definizione contenuta nella L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 18, trasfuso senza modificazioni nel D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 30, può essere realizzato sia mediante un\'attività materiale, costituita dalla esecuzione di opere che determinano una trasformazione edilizia o urbanistica del territorio, in violazione degli strumenti urbanistici vigenti o adottati o comunque di leggi statali o regionali, ovvero il compimento di un\'attività negoziale che, attraverso il frazionamento dei terreni, ne modifichi inequivocabilmente la destinazione d\'uso a scopo edificatorio.
I due tipi di attività illecite descritti possono configurarsi anche congiuntamente in un intreccio di atti materiali e giuridici finalizzati a realizzare una trasformazione urbanistica e/o edilizia dei terreni non autorizzata oppure in violazione della pianificazione vigente.
Particolare rilevanza, ai fini della configurazione del reato di lottizzazione abusiva, assume, quindi, la destinazione del territorio stabilita dagli strumenti urbanistici vigenti, in quanto il reato viene ad incidere direttamente sul potere di programmazione dell\'uso del territorio da parte dell\'ente locale o sull\'assetto del territorio già stabilito.
Sul punto occorre ancora precisare che le convenzioni di lottizzazione hanno natura di strumento urbanistico di attuazione del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione (parere espresso dall\'Adunanza Generale del Consiglio di Stato in data 21.11.1991), sicché ad essi deve essere riconosciuta la stessa efficacia vincolante degli strumenti urbanistici. Sulla base di tali principi di diritto è stato, pertanto, affermato da questa Corte che "L\'ipotesi di lottizzazione abusiva, di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 30, è configuratole anche in relazione ad un complesso immobiliare già edificato attraverso il cambio di destinazione d\'uso rilevabile dalla stipula di contratti preliminari di compravendita, come quelli aventi ad oggetto unità abitative destinate a residenza privata e facenti parte di un complesso originariamente autorizzato per lo svolgimento di attività alberghiera" (sez. 3^, 200510889, Garbali, RV 230976). È stato inoltre precisato, con riferimento ad ipotesi analoga a quella in esame, che "In materia edilizia, configura il reato di lottizzazione abusiva la modifica di destinazione d\'uso di immobili oggetto di un piano di lottizzazione attraverso il frazionamento di un complesso immobiliare di modo che le singole unità perdano la originaria destinazione d\'uso alberghiera per assumere quella residenziale, atteso che tale modificazione si pone in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dal piano di lottizzazione". (sez. 3^, 200606990, Ambrosiani, RV 233552; conf. sez. 3^, 28.2.2007 n. 13687, Signori, 236340; sez. 3^, 200420661, Repino, RV 228608). E ancora è stato ribadito da questa Corte che configura il reato di lottizzazione abusiva "la modifica di una destinazione d\'uso di una residenza turistico alberghiera realizzata attraverso la vendita di singole unità a privati allorché non sussista un\'organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo, atteso che in tale ipotesi le singole unità perdono la originaria destinazione d\'uso alberghiera per assumere quella residenziale, in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dal piano di lottizzazione. (sez. 3^, 15.2.2007 n. 6396, Cieri, RV 236076).
A proposito della destinazione alberghiera deve essere precisato che, come peraltro correttamente affermato dalle parti ricorrenti e nella stessa impugnata ordinanza, ai fini della individuazione della destinazione d\'uso della struttura immobiliare, non assume rilevanza la appartenenza della stessa, che può far capo indifferentemente ad un unico soggetto o ad una pluralità di proprietari.
Ciò che rileva, invece, è la configurazione della struttura (anche se appartenente a più proprietari) come albergo.
Una siffatta configurazione deve essere, perciò, caratterizzata dalla concessione in locazione delle unità immobiliari attraverso una gestione unitaria ad una generalità indistinta ed indifferenziata di soggetti e per periodi di tempo predeterminati. Se manca la gestione unitaria ovvero la destinazione dei locali ad un pubblico generalizzato, ma si destinano parte dei locali esclusivamente all\'utilizzazione dei soggetti proprietari, non si ha più destinazione alberghiera, bensì abitativa, (cfr. sez. 3^, 7.3.2008 n. 24096, Desimine ed altri).
In conclusione la fattispecie della lottizzazione abusiva, di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 30 è configurabile anche in relazione ad un complesso immobiliare già edificato attraverso il cambio di destinazione d\'uso rilevabile dalla stipula di contratti preliminari di compravendita, come quelli aventi ad oggetto unità abitative destinate a residenza privata e facenti parte di un complesso originariamente autorizzato per lo svolgimento di attività alberghiera, implicando comunque la vendita parcellizzata degli immobili il frazionamento delle aree su cui insistono (cit. sez. 3^, 28.2.2007 n. 13687; conf. sez. 3^, n. 10889 del 21/01/2005 RV. 230976; sez. 3^, n. 20661 del 02/03/2004 RV. 228608). Tanto precisato in ordine al reato di lottizzazione abusiva, si palesa sostanzialmente inconferente la censura dei ricorrenti avente ad oggetto l\'accertamento della destinazione urbanistica delle aree sulle quali è stata realizzata la lottizzazione oggetto di indagine. Per quanto rilevato in punto di diritto, infatti, il mutamento di destinazione d\'uso del complesso immobiliare da alberghiero a residenziale, nel caso in esame, costituisce violazione del piano di lottizzazione approvato dalla pubblica amministrazione, al quale, come già rilevato, va riconosciuta natura di strumento urbanistico di attuazione del piano regolatore generale dell\'ente locale. Peraltro, va anche rilevato che con i piani di lottizzazione vengono abitualmente consentite deroghe in materia di distanze tra gli edifici previste dalle norme tecniche di attuazione e che la destinazione ad uso alberghiero rende superflua per l\'ente locale la pianificazione del territorio finalizzata alla realizzazione di strutture di urbanizzazione secondaria, legate esclusivamente ad un uso residenziale degli immobili, sicché il mutamento di destinazione d\'uso di una struttura alberghiera, approvata con apposito piano di lottizzazione, in residenziale viene necessariamente ad incidere sulla pianificazione urbanistica del territorio effettuata dalla pubblica amministrazione.
A nulla rileva, pertanto, al fine di escludere la sussistenza del reato, l\'eventuale rispetto degli standard edificatori in relazione al rapporto superficie volumetria previsti dal P.R.G. per l\'edilizia residenziale.
Per completezza di esame deve essere, comunque, anche osservato che la contestazione dei ricorrente in ordine alla compatibilità del mutamento di destinazione d\'uso del complesso alberghiero in residenziale con la destinazione urbanistica delle aree nelle quali l\'insediamento è stato realizzato risulta infondata. L\'ordinanza impugnata ha evidenziato in proposito che la lottizzazione Sermana B è ubicata in area qualificata come sottozona D3.2, destinata a "Residenze turistico alberghiere" dal P.R.G. vigente all\'epoca della sua approvazione, sicché il predetto complesso immobiliare ricade, tra l\'altro, in zona destinata ad insediamenti produttivi.
Sul punto occorre, peraltro, osservare che la citata classificazione di detta area non è contestata neppure dai ricorrenti Silvioli e Sermana S.r.l., che hanno realizzato il complesso immobiliare, sicché l\'affermazione dei ricorrenti Longaretti ed altri in ordine ad una diversa destinazione d\'uso dell\'area all\'epoca dell\'approvazione del piano di lottizzazione si palesa meramente assertiva, ne\' risulta essere stata dedotta nella sede di merito. In ordine alla destinazione d\'uso della sottozona D3.2 si deve rilevare che l\'art. 51, comma 1 del P.R.G. del Comune di Peschiera del Garda del 1996 espressamente definisce con il termine "residenze turistico alberghiere" le "strutture ricettive aperte al pubblico, a gestione unitaria, che forniscono alloggio e servizi accessori in unità abitative arredate....".
Tuttavia, anche con riferimento alla lottizzazione denominata Sermana A, la cui ubicazione in zona C5 del P.R.G. del 19.4.1983, vigente all\'epoca della sua approvazione, appare incontroversa, non si perviene a conclusioni diverse in ordine alla illiceità del mutamento di destinazione d\'uso del complesso immobiliare per il contrasto non solo con lo strumento urbanistico di attuazione costituito dal piano di lottizzazione, ma con la stessa destinazione d\'uso dell\'area classificata C5.
Ed, infatti, secondo il citato P.R.G. del Comune di Peschiera del Garda, approvato dalla G.R.V. il 19.4.1983, nelle zone classificate C5 è ammessa esclusivamente la costruzione di "edifici per la ricettività turistica quali: alberghi, ristoranti, ritrovi, attrezzature turistiche, servizi inerenti etc..
In queste zone l\'edificazione può avvenire solo a mezzo di Piano Particolareggiato o di lottizzazione convenzionata con previsioni planovolumetriche".
Orbene, ai sensi della L.R. Veneto 3 maggio 1988, n. 24, art. 3, comma 1, vigente all\'epoca dell\'approvazione della lottizzazione Sermana A, che disciplina e classifica le strutture ricettive alberghiere: "Sono alberghi le strutture ricettive aperte al pubblico, a gestione unitaria, che forniscono alloggio ed altri servizi, in camere ubicate in uno o più stabili o in parti di stabile, ed eventuale vitto".
Ai sensi del comma 4, predetto art., inoltre: "sono residenze turistico alberghiere le strutture ricettive aperte al pubblico, a gestione unitaria, che forniscono alloggio e servizi accessori in unità abitative arredate, costituite da uno o più locali, dotate di servizio autonomo di cucina".
Tali definizioni, peraltro, sono state sostanzialmente ribadite nella normativa successiva che ha disciplinato la materia (L.R. Veneto 27 giugno 1997, n. 26, art. 4, commi 1 e 4; L. 4 novembre 2002, n. 33, art. 22, commi 2 e 5, citata nella impugnata ordinanza). Sicché si palesa evidente che l\'elemento qualificante la struttura ricettiva turistico alberghiera a qualsiasi tipologia essa appartenga, secondo la legge regionale che disciplina e disciplinava la materia, è, ed era all\'epoca dell\'approvazione dei piani di lottizzazione, la "gestione unitaria" del complesso immobiliare per la attuazione della finalità ricettiva destinata a soddisfare le esigenze di una clientela turistica indeterminata. Peraltro, anche attribuendo al complesso immobiliare la definizione di "case ed appartamenti per vacanze" non si perviene a conclusioni diverse ai sensi della L.R. Veneto 9 agosto 1988, n. 37, art. 10, comma 1.
Alla luce di tali osservazioni in punto di diritto, si deve quindi osservare che l\'ordinanza impugnata ha correttamente ravvisato l\'esistenza di elementi idonei per configurare il reato di lottizzazione abusiva, avendo rilevato che le 323 unità immobiliari, facenti parte del complesso denominato "I Borghi di Garda Resort Village", invece di essere adibite a strutture ricettive alberghiere, secondo la destinazione d\'uso prevista dai piani di lottizzazione approvati, erano state tutte messe in vendita e già in parte rivendute a terzi per essere utilizzate come privata abitazione.
La valutazione di merito sul punto non solo non è censurabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione ex art. 325 c.p.p., ma si palesa fondata sulla indicazione di elementi di riscontro che ne danno piena giustificazione.
È stato, intatti, rilevata dai giudici del riesame la sostanziale inesistenza di una gestione unitaria a fini turistici degli immobili venduti, idonea a conservare al complesso immobiliare la destinazione alberghiera.
In proposito è stato affermato nell\'ordinanza che l\'esistenza di un consorzio, munito di statuto, destinato alla gestione unitaria del complesso, non costituisce un elemento idoneo ad assicurare detta gestione, in quanto "negli atti di compravendita non è stabilito alcun obbligo effettivo per i proprietari di concedere almeno per un certo periodo in gestione al consorzio, alfine dell\'attività alberghiera, le loro unità; ne\' è provato come il consorzio possa obbligare taluno a dare la disponibilità medesima (di talché se tutti rifiutassero la disponibilità l\'albergo non potrebbe funzionare)".
È stato, quindi, evidenziato dai giudici di merito che gli obblighi assunti dagli acquirenti di adesione al consorzio non configurano vincoli di carattere reale e che, pertanto, si tratta di clausole di comodo, prive di seria effettività, considerata la genericità dell\'obbligo e l\'assenza della predisposizione di regole unitarie per assicurare la gestione turistica degli immobili verso una clientela indeterminata.
Sul punto è appena il caso di rilevare l\'erroneità
dell\'affermazione contenuta nel ricorso Pagliari e Cremasco in ordine alla natura di obbligazione propter rem del vincolo derivante dal predetto consorzio, essendo stato correttamente affermato nell\'ordinanza che i vincoli reali sono caratterizzati dal requisito della tipicità e, pertanto non possono essere liberamente costituiti dall\'autonomia privata (cfr. Cass. civ. sez. 2^, 197803931, Daffare c. Tarsis, RV 393532).
A tali rilievi è stato aggiunto l\'ulteriore elemento di valutazione derivante dagli accertamenti di polizia giudiziaria, dai quali è emerso che vari proprietari sono stati trovati all\'interno delle rispettive unità abitative e taluno ha ammesso di abitarvi stabilmente per ragioni di lavoro.
Deve essere a tal proposito osservato in punto di diritto, con riferimento allo specifico argomento addotto dai ricorrenti, al fine di escludere l\'uso residenziale degli immobili, che tale nozione non può essere affatto ricondotta ad un dato formale anagrafico, che può anche risultare irrilevante ove sussista la gestione alberghiera - non è infrequente che clienti di alberghi che vi dimorano abitualmente vi stabiliscano anche la residenza - ma deve essere identificato con l\'elemento sostanziale, costituito dal fatto che gli immobili non vengano adibiti a dimora abituale, sia pure temporanea, dei singoli proprietari, cui appartengono, o di altri soggetti ai quali i predetti proprietari, individualmente, abbiano dato in locazione il loro rispettivo immobile per un periodo di tempo più o meno determinato.
Il tribunale del riesame, pertanto, pur avendo rinviato il rigoroso accertamento in ordine alla insussistenza della gestione alberghiera ad un più approfondito esame nella sede di merito, ha correttamente escluso la rilevanza della documentazione prodotta dai ricorrenti per dimostrare l\'avvenuta locazione degli immobili da parte di numerosi acquirenti, non essendo idoneo il comportamento dei singoli proprietari a dimostrare la gestione alberghiera del complesso turistico, che, per quanto ampiamente osservato, deve avere carattere unitario.
In conclusione la valutazione dei giudici del riesame in ordine alla sussistenza del fumus del reato di lottizzazione abusiva sulla base degli elementi addotti dalla pubblica accusa si palesa giuridicamente corretta e si sottrae, pertanto, alle censure formulate dai ricorrenti.
Correttamente inoltre è stata ritenuta sussistente l\'esigenza cautelare che ha giustificato il sequestro in relazione agli immobili che sono tuttora nella disponibilità della società Sermana S.r.l., palesandosi evidente l\'esigenza di impedire la prosecuzione dell\'attività illecita mediante l\'ulteriore frazionamento negoziale del complesso immobiliare e di rendere possibile la confisca degli stessi D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44, comma 2.
Esigenza cautelare che, peraltro, non ha neppure formato oggetto di contestazione da parte del Silvioli e della Sermana S.r.l.. A diverse conclusioni si deve invece pervenire riguardo agli immobili appartenenti ai terzi, ritenuti estranei alla commissione del reato e qualificati dai giudici del riesame come soggetti in buona fede. Detta valutazione, desunta dal mancato esercizio dell\'azione penale nei confronti dei medesimi, peraltro, è stata posta a fondamento della nomina dei singoli acquirenti a custodi delle loro unità immobiliari con facoltà di uso, sia pure in conformità della destinazione turistico alberghiera del complesso. Nei confronti dei citati soggetti l\'ordinanza impugnata ha espressamente affermato che il sequestro è giustificato, ai sensi dell\'art. 321 c.p.p., comma 2, dall\'esigenza di assicurare la confisca dei terreni prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2.
Nell\'ordinanza in effetti è anche menzionata l\'esigenza cautelare di impedire che gli immobili acquistati dai predetti soggetti in buona fede possano essere rivenduti a terzi; esigenza, però, che, a ben vedere, rientra sostanzialmente in quella di assicurare la confisca secondo la già citata previsione dell\'art. 321 c.p.p., comma 2. Orbene, questa Corte ritiene di doversi discostare dall\'indirizzo interpretativo, fatto proprio dal tribunale del riesame, secondo il quale la confisca obbligatoria D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44, comma 2, può essere eseguita anche nei confronti di soggetti estranei alla commissione del reato e venuti in possesso in buona fede dell\'immobile.
Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, ripetendo testualmente il dettato normativo di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 19, prevede che il giudice penale, il quale accerti che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere costruite abusivamente.
Non appare dubbio che la norma, per la sua formulazione generica, disancorata da qualsiasi riferimento al tipo di procedimento penale attraverso il quale viene accertata l\'esistenza della lottizzazione abusiva ed alla individuazione dei soggetti passivi della misura ablatoria patrimoniale, presenta rilevanti problemi interpretativi e suscita dubbi di legittimità costituzionale quale conseguenza di una sua applicazione indiscriminata.
Si palesa rilevante sul punto la recente decisione della Corte Europea dei diritti dell\'uomo, adottata in data 30.8.2007, che, con riferimento alla questione proposta dalla ricorrente Sud Fondi S.r.l., in ordine proprio alla compatibilità della confisca D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44, comma 2, con l\'art. 7 della Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell\'uomo e delle libertà fondamentali, che stabilisce il principio di legalità in materia penale, ha affermato, sia pure con decisione interlocutoria in ordine alla ricevibilità del ricorso, che detta confisca ha natura di pena ai sensi del citato art. 7 della Convenzione.
In ordine a detta pronuncia è opportuno osservare che l\'ambito di applicazione dell\'art. 7 della Convenzione non coincide necessariamente, secondo l\'interpretazione della Corte europea, con gli illeciti e le sanzioni qualificati come penali in base al diritto interno dei singoli Stati, poiché finisce col ricomprendere tutte le norme e le misure considerate "intrinsecamente penali". Inoltre, la Corte Costituzionale con sentenza 22.10.2007 n. 348 ha affermato che, in applicazione dell\'art. 117 Cost., comma 1, come sostituito dalla Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 3, le norme CEDU, nell\'interpretazione ad esse data dalla Corte europea dei diritti dell\'uomo, devono ritenersi sopraordinate alle leggi ordinarie, quali norme di rango intermedio rispetto a quelle costituzionali.
Tali norme, pertanto, costituiscono anche esse parametri di riferimento per valutare la legittimità delle leggi ordinarie. Orbene, pur tenendo presenti tali premesse, il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall\'ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, secondo il quale la confisca prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, costituisce una sanzione amministrativa e non una misura di sicurezza penale di natura patrimoniale (cfr. sez. 3^, 4.10.2004 n. 38728, Lazzara, RV 229608; sez. 3^, 22.9.2004 n. 37086, Perniciaro, RV 230032; sez. 3^, 16.5.1999 n. 777, Iacoangeli, RV 214058 ed altre).
Si tratta, invero, di sanzione che viene emessa dal giudice penale in via di supplenza, sia pur autonomamente, rispetto all\'analoga misura emessa dall\'autorità amministrativa e ne condivide la natura. Infatti, della sostanziale diversità di tale misura ablatoria da quella di sicurezza patrimoniale di natura penale costituisce segno evidente il fatto che, in applicazione di quest\'ultima, l\'immobile confiscato entra a far parte del patrimonio dello Stato, mentre a seguito della confisca prevista dal testo unico in materia di edilizia ed urbanistica l\'immobile entra a far parte del patrimonio dell\'ente locale.
Detta confisca inoltre, a differenza della misura di sicurezza patrimoniale penale, è suscettibile di revoca, nel caso di sanatoria dell\'illecito amministrativo mediante la successiva adozione di un piano di recupero urbanistico dell\'area abusivamente lottizzata, che risulti incompatibile con il provvedimento adottato dall\'autorità giudiziaria (cfr. sez. 3^, 200201966, Venuti ed altri, RV 220852;
sez. 3^, 200012999, Lanza ed altri, RV 218003; sez. 3^; 200441757, Pignatiello ed altri, RV 220852).
La natura amministrativa di detta confisca non ne esclude, però, il carattere sanzionatorio con la conseguente necessità di tener conto dei principi generali che regolano l\'applicazione anche delle sanzioni amministrative.
Tali principi sono dettati dalla L. 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) e, peraltro, corrispondono ad esigenze di uguaglianza e razionalità normativa ai sensi dell\'art. 3 Cost.. Orbene, è indubbio che anche con riferimento alle sanzioni amministrative esulano dalla materia criteri di responsabilità oggettiva, essendo richiesta, quale requisito essenziale di legalità per la loro applicazione, l\'esistenza di una condotta che risponda ai necessari requisiti soggettivi della coscienza e volontà dell\'agente e sia caratterizzata quanto meno dall\'elemento psicologico della colpa (art. 2 e 3, Legge citata).
Nè la confisca di cui si tratta può essere ricondotta ad alcuna delle ipotesi di responsabilità solidale previste dall\'art. 6 della Legge.
Anche la sanzione amministrativa, pertanto, non può essere applicata nei confronti di soggetti in buona fede, che non abbiano commesso alcuna violazione.
Non vale inoltre a giustificare la confisca D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44, comma 2, nei confronti di soggetti incolpevoli l\'affermazione dell\'esistenza di un interesse collettivo alla tutela ed alla salvaguardia del territorio, che giustifica la compressione del diritto del privato di natura reale, in considerazione della funzione sociale riconosciuta alla proprietà privata dall\'art. 42 Cost., comma 2, (cfr. cit. sez. 3^, 200706396, Cieri, RV 236076). È indubbia l\'esistenza di un interesse pubblico che giustifica l\'acquisizione da parte dell\'ente locale, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, dei suoli oggetto di lottizzazione abusiva, quale misura per consentire alla pubblica amministrazione di intervenire per il riassetto dell\'area.
Appare egualmente indubbio, però, che, al di fuori dell\'applicazione di misure sanzionatorie, la compressione del diritto di proprietà per ragioni di interesse generale è necessariamente connessa alla corresponsione di misure indennitarie in favore di chi subisce detta compressione ai sensi dell\'art. 42 Cost., comma 3.
Peraltro, anche ai sensi dell\'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU la compressione del diritto di proprietà deve essere caratterizzata, secondo l\'interpretazione data alla norma dalla Corte europea dei diritti dell\'uomo, dal rispetto del principio di proporzionalità; principio da ritenersi violato, nell\'ipotesi di misure ablatorie della proprietà per ragioni di pubblico interesse cui non corrisponda alcuna forma di indennizzo.
L\'interpretazione costituzionalmente compatibile del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, induce, pertanto, necessariamente ad escludere dall\'ambito di operatività della norma la possibilità di confiscare beni appartenenti a soggetti estranei alla commissione del reato e dei quali sia stata accertata la buona fede.
Diversa è ovviamente l\'ipotesi in cui non si sia pervenuti ad una pronuncia di condanna nei confronti degli autori della violazione per l\'intervenuta prescrizione dei reati, ipotesi di cui ci si è occupati in vari precedenti di questa Corte (cit. sent. Cieri ed altre), che hanno espresso un diverso indirizzo interpretativo, in quanto l\'estinzione del reato non è affatto ostativa alla applicazione della confisca quale sanzione amministrativa, regolata da disposizioni diverse da quelle proprie del diritto penale. L\'interpretazione della norma nei sensi sopra precisati rende superfluo l\'esame delle dedotte questioni di legittimità costituzionale.
Il sequestro delle unita immobiliari appartenenti a soggetti estranei alla commissione del reato ed in buona fede, pertanto, non risulta giustificato ne\' dalla possibilità di confisca degli immobili, ne\', per quanto rilevato, da altre esigenze cautelari.
Per l\'effetto, l\'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti dei ricorrenti proprietari delle singole unità immobiliari in favore dei quali va disposta la restituzione delle stesse.
I ricorsi del Silvioli e della società Sermana S.r.l. devono essere, invece, rigettati.
Ai sensi dell\'art. 616 c.p.p. segue a carico dei predetti ricorrenti la condanna in solido al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
La Corte riunisce al presente i ricorsi n. 15707/08 e 15711/08. Rigetta i ricorsi proposti da Silvioli Alberto e Sermana S.r.l.. Annulla senza rinvio le ordinanze impugnate relativamente a tutti gli altri ricorrenti a favore dei quali dispone la restituzione degli immobili sequestrati. Condanna in solido il Silvioli e la società Sermana al pagamento delle spese processuali. Dispone che la Cancelleria comunichi la presente sentenza al P.G. in sede ai sensi dell\'art. 626 c.p.p..
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 ottobre 2008. Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2008