IL
QUADRO GENERALE
L'art.
35 della legge 22 dicembre 2001 n. 448 (finanziaria per il 2002) ha cambiato il
quadro di riferimento della normativa in materia di servizi pubblici locali,
modificando le disposizioni contenute nel Testo Unico degli Enti Locali (TUEL)
cioè il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in particolare quelle dell’art. 113,
Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza
industriale ed introducendone di nuove, quali quelle del nuovo art. 113bis
Gestione dei servizi pubblici privi di rilevanza industriale.
In
via principale proprio la distinzione apportata tra i servizi pubblici “di
rilevanza industriale” e servizi
pubblici “privi di rilevanza industriale”. la divisione, per i primi, tra la
proprietà delle reti impianti e dotazioni e l’attività di gestione, ed il
principio generale dell’affidamento obbligatoriamente tramite gara (salvo le
eccezioni che si diranno) sono le caratteristiche principali di quella che
risulta essere in buona sostanza l’ormai atteso a da tempo adeguamento del
sistema dei servizi pubblici alla liberalizzazione imposta dal mercato interno
europeo [i];
la portata della riforma è comunque estremamente ampia e di grande rilevanza,
anche per settori di evidente interesse ambientale[ii].
Tra
i “servizi pubblici di rilevanza industriale” è evidente che non potrà non
esservi la gestione del ciclo integrato delle acque, anche se formalmente sarà
un Regolamento governativo [iii]d’attuazione
ad individuarli, poiché ciò sta nella cose ed in quanto detto sino ad ora,
nonché perché espressamente, come si vedrà meglio in seguito, la riforma
disciplina nel nuovo contesto specifici profili del settore regolato, appunto,
dalla legge 36 del 1994[iv].
Sinteticamente,
fatto salvo il principio e l’obiettivo posto dal Legislatore di avere a
regime, un unico gestore per ogni ambito territoriale ottimale, il servizio
idrico integrato, in prima applicazione, potrà all’interno di ogni ATO
(ovvero sub-Ato, laddove istituito) essere gestito da una pluralità di
soggetti:
a)
il gestore, individuato a mezzo di gara, dall’ente responsabile del
coordinamento (per i territori relativi ai soggetti non ammessi a salvaguardia,
ed alle gestioni in economia);
b)
i soggetti gestori ammessi a
salvaguardia (aziende speciali ed aziende consortili preesistenti alla legge
36/94, trasformati in società di capitali ai sensi dell’art. 35, comma 8,
legge 448/2001, secondo la procedura di cui all’art. 115 TUEL; e società
pubbliche preesistenti alla legge 36/94);
c)
i concessionari individuati in base a gara, ante-legge 36/94, fino alla
scadenza delle relative concessioni;
d)
le società di capitali partecipate unicamente da enti locali che fanno
parte dello stesso ambito territoriale ottimale a tal fine appositamente create
e che comnque entro due anni dall’affidamento debbono aprirsi alla
partecipazione dei privati..
LA
PROPRIETA’ ED IL REGIME DI AFFIDAMENTO ED UTILIZZO DELLE RETI, IMPIANTI E
DOTAZIONI
Quanto
alla proprietà di impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati
all'esercizio dei servizi pubblici di rilevanza industriale è previsto che gli
enti locali che ne siano proprietari non possano cederli; tuttavia, gli enti
locali, anche in forma associata, ove le legislazioni di settore prevedano la
separazione dai servizi di erogazione, possono conferire la proprietà delle
reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali a società di capitali
di cui detengono la maggioranza, maggioranza che è incedibile. Tali società
pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione
dei gestori incaricati della gestione del servizio individuati nelle forme di
evidenza pubblica, eventualmente bandite dalle stesse società affidatarie.
Alla
scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla successiva gara di
affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà
degli enti locali sono assegnati al nuovo gestore. Sono, inoltre, assegnati al
nuovo gestore o loro porzioni, gli impianti e le altre dotazioni realizzate, in
attuazione dei piani di investimento, dal gestore uscente. A quest'ultimo è
dovuto da parte del nuovo gestore un indennizzo pari al valore dei beni non
ancora ammortizzati, il cui ammontare è indicato nel bando di gara.
I
rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le
società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di
servizio, allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei
servizi da garantire e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli
previsti.
Qualora,
infine, le reti, gli impianti e le altre dotazioni siano di proprietà di
soggetti di soggetti che non siano gli enti locali essi possono essere
autorizzati a gestire i servizi o loro segmenti, comunque nel rispetto degli
standard individuati per l’affidamento tramite gara, regolamentati da apposito
contratto di servizio che fissi livelli di qualità e strumenti di verifica,
anche al fine di coordinamento con altri eventuali gestori[v].
LA
GESTIONE DEL SERVIZIO
Come
già accennato, l’affidamento delle gestione del servizio, nel nostro caso
idrico, per regola generale deve
avvenire in regime di concorrenza ed esclusivamente a favore società di
capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza
pubblica. Viene così ad escludersi sia ogni altra tipo di soggetto (ad esempio
consorzi o cooperative) sia ogni altra e diversa forma di affidamento della
gestione del servizio, ivi compresi ed in particolare gli affidamenti diretti a
società costituite o partecipate dagli enti locali. Come corollario a ciò gli
enti locali, dovranno mutare le aziende speciali e i consorzi che gestiscono i
servizi di rilevanza industriale in società di capitali, entro il 31 dicembre
2002, ai sensi dell'articolo 115 del citato testo unico [vi].
Questo
favore espresso per la concorrenza si rafforza inoltre nell’espresso divieto
per le società che gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali grazie
ad un affidamento diretto o comunque di una procedura non ad evidenza pubblica,
o a seguito dei relativi rinnovi, di partecipare alle gare per l’affidamento
dei servizi pubblici a rilevanza industriale[vii];
le società controllate o collegate, le loro controllanti, nonché le società
controllate o collegate da queste ultime seguono lo stesso destino di
esclusione. Inoltre sono escluse, qualora la legislazione di settore consenta la
separazione tra la gestione delle reti e degli impianti e l’erogazione del
servizio, le società eventualmente costituite per la gestione delle rete e
degli impianti nonché le società eventualmente costituite dagli enti locali a
cui i medesimi abbiano conferito la proprietà delle reti e degli impianti.
Tuttavia
per quanto qui specificamente interessa, in alternativa a quanto così
introdotto, la legge all’art. 35, comma 5, prevede che i soggetti competenti,
individuati ai sensi dell’art. 9 della legge 5 gennaio 1994 n. 36 cioà le
Autorità d’ambito responsabili del coordinamento possono affidare, entro
diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di riforma, il
servizio idrico integrato a società di capitali partecipate unicamente da enti
locali che fanno parte dello stesso ambito territoriale ottimale per un periodo
non superiore a quello massimo determinato ai sensi delle disposizioni di cui al
comma 2 dell’articolo in commento (da un minimo di tre ad un massimo di cinque
anni, ulteriormente incrementabile al verificarsi delle condizioni di cui al
comma 3 dell’articolo citato). Tuttavia entro due anni da tale affidamento gli
enti locali azionisti devono cedere a soggetti privati, mediante procedura ad
evidenza pubblica (gara), almeno il 40% del capitale sociale, pena la perdita
ope legis dell’affidamento diretto.
In
altre parole i comuni che attualmente gestiscono il servizio idrico integrato in
economia, ricadenti nello stesso ATO (o sub-Ato), possono costituire ex-novo,
una società di capitali (s.p.a. o s.r.l.) interamente partecipata dagli enti
locali medesimi, cui l’ente responsabile del coordinamento (la Provincia
n.d.r.) affida (deve affidare) la gestione del servizio idrico-integrato;
condizione per ottenere l’affidamento diretto è comunque che alla data
dell’affidamento medesimo il capitale sociale sia al 100% pubblico. che però,
entro due anni, dovrà aprirsi al capitale privato per almeno il 40%.
IL
REGIME TRANSITORIO
Nei
casi in cui le discipline di settore non stabiliscano le modalità ed la durata
di un congruo periodo di transizione, il comma 2 dell’articolo 35 prevede che
il Regolamento annunciato indichi esso i termini, non inferiori a 3 anni e non
superiori a 5, di cadenza
anticipata o cessazione delle concessione del servizio in atto che siano state
affidate non con procedure di evidenza pubblica, cioè di gara.
Alla
scadenza di tale periodo si andrà in gara ma, in eccezione al principio dettato
dal comma 6 dell’art. 113 riformato cioè l’esclusione per chi goda di
affidamenti diretti, a queste prime gare potranno partecipare anche i soggetti
che forniscano i servizi oggetto delle gara.
Alla
fine del periodo transitorio stabilito dal Regolamento sarà fatto inoltre
divieto alla società partecipate dal pubblico in misura superiore al 50% se
ancora affidatarie dirette di partecipare ad attività imprenditoriali al di
fuori del proprio territorio.
Da
notare, anche per gli effetti che esso avrà nel quadro delle gestioni idriche
dei prossimi anni, che il periodo transitorio in cui gli odierni affidatari
diretti manterranno il servizio senza risoluzione obbligatoria, che il termine
di durata transitorio potrà essere incrementato in presenza di determinati
fatti per un totale di ulteriori 5 anni quando ricorrano più condizioni [viii].
Inoltre
preme aggiungere che, nel silenzio della legge, in un medesimo ambito
territoriale ottimale, si potranno quindi avere più società di capitale
totalmente partecipate da enti locali ricompresi nel medesimo ambito, ovvero
un’unica società costituita e partecipata da tutti gli enti locali ricompresi
nell’ambito. Altri enti locali potranno inoltre decidere, nella loro piena
autonomia, di non aderire a nessuna società.
Occorre
infine segnalare il problema relativo all’affidamento separato della gestione
del servizio idrico integrato, che interessa diversi enti locali, che per
diverse ragioni, erano ricorsi a diversi modelli gestori per ognuno, o per
alcuni dei servizi ricompresi nel novero del servizio idrico integrato.
Frequenti
inoltre i casi di gestione del servizio di pubblica fognatura in economia, in
presenza di affidamento in concessione a terzi del servizio di acquedotto, e di
adesione ad un consorzio per il servizio di depurazione delle acque reflue; in
questo caso appare possibile, nelle more della individuazione da parte
dell’ente responsabile del coordinamento, del nuovo soggetto gestore,
procedere, qualora non si voglia partecipare alle società di capitali di cui
all’art. 35, comma 5, al fine di superare la gestione in economia del segmento
di servizio idrico-integrato, di integrare la concessione in atto per la
gestione del servizio di acquedotto, ricompredendo anche il servizio di
fognatura, purchè trattasi di concessione assegnata in base a gara prima
dell’entrata in vigore della legge 36/94.
Appare
inopportuna anche se non vietata dalla normativa transitoria la scelta di un
concessionario mediante esperimento di gara, posto che il rapporto che ne
scaturirebbe avrebbe vita breve, essendo destinato a scadere all’atto
dell’affidamento a cura dell’ente responsabile del coordinamento del
soggetto gestore a livello di Ato; qualora siano i servizi economicamente più
rilevanti (acquedotto e depurazione) ad essere gestiti in economia, sembra
doversi escludere, nelle more della individuazione del gestore del servizio
idrico integrato per l’ambito considerato, la possibilità di affidamenti
diretti a gestori esistenti, essendo, inoltre, inopportuno, per le
considerazioni svolte, procedere ad esperire procedure di gara per la
individuazione di concessionari.
ALCUNE
NOVITA’ PER L’AMBIENTE ED I CONSUMATORI
Da
segnalare alcune novità introdotte dall’art.35 che vanno nella direzione di
creare presidi a tutela dei cittadini utenti e, per certi versi, delle
compatibilità ambientali nell’erogazione dei servizi.
Per
prima ricordiamo la previsione di una specifica causa di revoca
dell’affidamento del servizio da parte dell’autorità d’ambito qualora il
gestore violi gli specifici standard qualitativi posti a garanzia dei comuni con
popolazione inferiore ai 5.000 abitanti; l’obbligo di appositi contratti di
servizio mirati ai residenti nei comuni minori e la minaccia di risoluzione
anticipata dell’affidamento in caso di inadempienza da parte del gestore
appare una misura utile a garantire, in particolare in Ambiti geograficamente
complessi, che le piccole comunità non abbiano a pagare esse la gestione
industriale e le necessità di scala, magari a fronte del peso demografico e
politico istituzionale delle grandi città[ix].
Ancora
da segnalare come espressamente tra gli standard nel rispetto dei quali deve
essere indetta la gara per l’affidamento del servizio, sono ora previsti
quello “ambientale”, di “equa distribuzione sul territorio” e “ di
sicurezza”; egualmente è previsto che la gara sia aggiudicata non solo con
riguardo alle condizioni economiche, bensì con valutazione del livello di
qualità, sicurezza, investimenti per lo sviluppo delle reti e degli impianti,
innovazione tecnologica e gestionale. Tali elementi dovranno far parte del
contratto di servizio[x],
Infine,
gli enti locali anche nelle forme di governo e affidamento della gestione
associata, dovranno individuare gli standard di qualità e determinare le
modalità di vigilanza e controllo sui soggetti esercenti il servizio, in un
quadro di tutela prioritaria degli utenti e dei consumatori[xi].
(*)
Il presente commento è stato scritto per il “Dossier Acqua” elaborato
dal Comitato Scientifico di Legambiente Nazionale e curato da Lucia Venturi,
ad oggi marzo 2002 in via di stesura definitiva.
[i]
Riforma
che nella passata legislatura, sotto la minaccia di procedure di infrazione
comunitarie già pesantemente avviate, aveva portato al progetto di
sistemazione cosiddetto Vigneri dal nome del sottosegretario prima e
parlamentare poi che se ne occupò; ovviamente, tra i tanti incompiuti di
quel Parlamento e di quella maggioranza è ascritto anche questo.
[ii]
In GUIDA AL DIRITTO 3/2002, T. Miele elenca ben nove punti salienti della
riforma varata, infine, con l’articolo 35 delle Finanziaria 2002.
[iii]
Il
Regolamento di attuazione dell’articolo 113 riformato sarà un atto
normativo di grande rilevanza per la specificazione delle delicate questioni
che la legge rimette a quella sede; essendo esso atto normativo del governo,
occorrerà verificare se l’esecutivo non utilizzerà questo strumento per
porre nuove o discostanti norme da quanto previsto dal TU, come per molti
versi ci si è abituati a vedere nell’esperienza concreta della cd.
delegificazione.
[iv]
Ci si riferisce, in particolare, al comma 5° dell’articolo 35 sulla
facoltà. Residuale e condizionata, di affidamento diretto del servizio
idrico integrato a società di capitali pubblico.
[v]
Comma 14 dell’art. 113 ora vigente
[vi]
E’ bene ricordare che le gare per l’affidamento della gestione del
servizio idrico-integrato, che devono svolgersi nel rispetto della procedura
indicata nel D.M. Ambiente del 22.11.2001, sono rimesse alla competenza non
più dei singoli enti locali, bensì all’ente, individuato dagli enti
locali medesimi in sede di Conferenza di A.T.O.
[vii]
La norma, comma 6 art. 113 riformato, espressamente
interdice la partecipazione a chi si trovi in queste condizioni “in Italia
o all’estero”, ampliando così enormemente il campo della portata
esclusiva, già forte per le maggiori aziende pubbliche italiane, rischiando
di impedire nei fatti la partecipazione a gare di gestione di oggi i
soggetti maggiori e, spesso e magari, maggiormente esperti e qualificati.
[viii]
Le condizioni di ulteriore favore per il mantenimento degli affidamenti
diretti, elencate al comma 3 dell’art.35, vanno complessivamente e
positivamente nel senso di premiare il superamento delle frammentazioni,
l’apertura ai privati, il raggiungimento dell’obiettivo di servire un
intero ambito ottimale.
[ix]
Comma 6 dell’art.35. Il tema
della tutela dei piccoli comuni e dei loro residenti in ambiti di governo
“dominati” dalle grendi città è stato sempre presente e delicato
nell’attuazione delle politiche di governo del sistema, sia in punto di
peso decisionale (quali maggioranze qualificate nelle assemblee o consorzi)
che in punto di tutela e gestione delle risorsa acqua che perlatro spesso è
captata appunto nei piccoli comuni. Su questo da sempre l’UNCEM,
associazione dei comuni ed enti montani, ha richiesto attenzione e adeguati
strumenti di compensazione e tutela.
[x]
Comma 7 dell’art. 113 ora vigente.
[xi]
Comma 14 dell’art.35.