Cass. Sez. III n. 28962 del 12 luglio 2016 (CC 3 mar.2016)
Pres. Amoresano Est. Liberati Ric. Bisogno
Urbanistica.Demolizione del manufatto abusivo e competenze
L'ordine di demolizione di un manufatto abusivo, impartito dal giudice per la violazione della normativa edilizia, assorbe quello disposto per la violazione della normativa antisismica, in quanto la demolizione del fabbricato sottrae qualsiasi valutazione all'Ufficio Tecnico della Regione, autorità amministrativa competente all'esecuzione di quest'ultimo, dovendo il manufatto essere comunque eliminato dai territorio. Eventuali problemi di competenza e coordinamento si pongono in caso di ordine di demolizione parziale del fabbricato, nel qual caso spetterà al giudice dell'esecuzione fissare i limiti della competenza dell'Autorità Giudiziaria. Alla demolizione del manufatto derivante, allo stesso tempo, dalla violazione della normativa edilizia nonché di quella della normativa antisismica, sì applica la sola procedura di cui all'art. 31 del d. P.R. n. 380 del 2001 e non anche quella di cui all'art. 98, sicché compete, per entrambe, al Pubblico Ministero l'iniziativa per la relativa esecuzione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 21 ottobre 2014 la Corte d’appello di Salerno ha respinto l’opposizione proposta da B.A. nei confronti della ingiunzione a demolire emessa dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Salerno, in relazione alla sentenza della medesima Corte d’appello di Salerno del 19 aprile 2011, divenuta irrevocabile il 29 ottobre 2011.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’imputato mediante il suo difensore, affidato a quattro motivi, cosi’ riassunti entro i limiti previsti dall’art. 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione di legge penale con riferimento agli artt. 163 e 165 c.p., per essere l’ingiunzione a demolire stata emessa in pendenza dei termine di due anni assegnato dal Tribunale per provvedervi quale condizione per beneficiare della sospensione condizionale della pane, termine che sarebbe scaduto il 29/10/2013.
2.2. Con il secondo ed il terzo motivo ha denunciato ulteriore violazione di legge penale, in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 34, e vizio di motivazione, per la mancata considerazione del pregiudizio per la statica della porzione legittima del fabbricato quale conseguenza della esecuzione della demolizione, emergente dalla relazione prodotta, e della prcentazione dell’istanza di sanatoria ai sensi del cit. D.P.R., art. 34.
2.3. Con il quarto motivo ha denunciato violazione della L. n. 64 del 1974 con riferimento al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 95, dovendo la demolizione del manufatto, realizzato anche in violazione della normativa antisismica, essere eseguita dall’Ufficio del Genio Civile e non dal Pubblico Ministero.
3. Il Pubblico Ministero nella sua requisitoria scritta ha concluso per la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso, evidenziando la carenza di interesse del ricorrente in relazione al primo motivo; la manifesta infondatezza del secondo motivo, per la mancata allegazione delle informazioni fattuali circa lo stato della procedura di condono (onde valutarne il probabile esito); l’insussistenza del pericolo per la stabilita’ dell’edificio (stante la genericita’ della relazione di consulenza tecnica allegata dal ricorrente) allegata con il terzo motivo; la manifesta infondatezza della eccezione di incompetenza del Pubblico Ministero ad impartire l’ordine di demolizione, sulla base del rilievo che la demolizione disposta ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, attrae anche quella disposta ai sensi del citato D.P.R. n. 380 del 2001, art. 98.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato.
1. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale e’ stata denunciata violazione degli artt. 163 e 165 c.p., per essere stata emessa l’ingiunzione a demolire il 17 giugno 2013, in pendenza del termine di due anni assegnato per provvedere alla demolizione delle opere abusive (cui era stata subordinata la sospensione condizionale della pena), essendo divenuta definitiva la sentenza della Cotte d’appello di Salerno il 29 ottobre 2011 e venendo di conseguenza a scadere detto termine biennale il 29 ottobre 2013, deve rilevarsi, in accordo con quanto osservato dal Procuratore Generale, l’inammissibilita’ di tate censura per difetto di interesse attuale, essendo decorso tale termine alla data della decisione della Corte d’appello (resa il 21 ottobre 2014).
L’interesse, richiesto dall’art. 568 c.p.p., comma 4, quale condizione di ammissibilita’ dell’impugnazione, deve essere collegato, infatti, agli effetti primari e diretti dell’atto da impugnare e sussiste solo se il gravame e’ idoneo ad eliminare una decisione pregiudizievole, determinando per l’impugnante una situazione pratica piu’ vantaggiosa di quella esistente.
Nella specie il termine di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna (decorrente dal 29 ottobre 2011), assegnato al ricorrente per provvedere alla demolizione delle opere abusive, era gia’ interamente e variamente decorso alla data della decisione impugnata (come gia’ sottolineato nella motivazione della ordinanza), con la conseguenza che il ricorrente risulta privo di interesse a dolersi della emissione della ingiunzione a demolire in pendenza di detto termine, ormai trascorso, non potendo conseguire alcun risultato pratico utile, stante il vano ed integrale decorso di tale termine, dalla eventuale rimozione della decisione impugnata, che non ha, per contro, determinato alcun effetto pregiudizievole per il ricorrente, essendo stata adottata allorquando il termine citato era interamente decorso.
2. Per quanto riguarda il secondo ed il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, avendo entrambi ad oggetto la mancata considerazione della richiesta di sanatoria presentata dall’imputato ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 34, comma 2, fondata anche sul pericolo per la parte legittima dei fabbricato conseguente alla demolizione della sopraelevazione oggetto della condanna e della ingiunzione di demolizione, va ricordato che, come peraltro gia’ sottolineato dal Procuratore Generale nella sua requisitoria suina, ai fini della revoca o sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive in presenza di un’istanza di condono o di sanatoria sucmssiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell’esecuzione investito della questione e’ tenuto a un’attenta disamina dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura ed, in particolare: a) ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento; b) nel caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso (ex plurimis, Sez. 3, Ordinanza n. 47263 del 25/09/2014, Russo, Rv. 261212; Sez. 3, 7/12/2011, 11149/2012; Sez. 4, 11/10/2011, n. 44035; Sez. 3, 7/7/2011, n. 36992; Sez. 3, 21/6/2011, n. 29638).
Ora, nella specie, la Corte d’appello, nel disattendere Istanza di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione, fondata sulla presentazione della richiesta di sanatoria della porzione di immobile abusiva ed oggetto della ingiunzione a demolire, ha evidenziato la mancanza di qualsiasi elemento a sostegno della probabile emanazione di un provvedimento amministrativo o giurisdizionale incompatibile con tale ordine di demolizione, sottolineando che l’intero territorio del Comune di Cava dei Tirreni e’ oggetto di dichiarazione di notevole interesse paesaggistico e che la domanda di sanatoria era stata presentata solo successivamente alla notificazione dell’ingiunzione a demolire.
A fronte di tali, del tutto corretti, rilievi, il ricorrente si e’ limitato a ribadire il dato costituito dalla presentazione della domanda di sanatoria, pendente dal 15 luglio 2013, senza nulla aggiungere circa lo stato del relativo procedimento, con la conseguente correttezza della decisione della Corte d’appello, che la ha ritenuta irrilevante, in mancanza di elementi per verificare lo stato del procedimento e per valutare il grado di fondatezza della domanda.
2.1. Per quanto riguarda la doglianza relativa alla omessa o insufficiente considerazione dei pericolo per la stabilita’ dell’edificio, conseguente alla demolizione della sopraelevazione abusiva, va ribadito che la sospensione o la revoca dell’ordine di’ demolizione per il pregiudizio a parti legittime del fabbricato possono essere disposte solo in caso di impossibilita’ assoluta di’ adempiervi (cfr. Sez. 3, n. 9859 del 21/01/2016, Fontana, Rv. 266466), non imputabile ai condannato (Sez. 3, n. 35972 del 22/09/2010, Lembo, Rv. 248569).
Al riguardo la Corte d’appello ha evidenziato la mancanza di idonea dimostrazione del pregiudizio alla struttura ed all’utilizzo della parte sottostante del fabbricato, evidenziando l’irrilevanza delle spese da affrontare per procedere alla demolizione ed anche della incidenza sulla funzionalita’ ed utilizzabilita’ della parte residua del manufatto, ribadendo la necessita’, ai fini della sospensione o revoca dell’ordine di demolizione, di un effettivo pregiudizio alla restante parte dell’edificio, consistente nella menomazione della stabilita’ del manufatto.
Tale motivazione risulta adeguata e conforme all’orientamento interpretativo ricordato e, di conseguenza, non e’ sindacabile sul piano dei merito, non emergendo, peraltro, neppure dalla relazione tecnica allegata alla richiesta di sanatoria ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 34, l’impossibilita’ assoluta di procedere alla demolizione, essendo stati evidenziati i problemi per la statica dell’edificio conseguenti alla demolizione del piano mansardato, non comportanti pero’ il collasso dell’intera struttura, e sottolineata la necessita’ di procedere alla demolizione per fasi successive, comportanti modifiche della struttura quanto alla entita’ e distribuzione dei carichi ed anche quanto allo schema strutturale, con possibile perdita di stabilita’ e di collasso totale o parziale: non si versa, dunque, in una ipotesi di assoluta impossibilita’ di procedere alla demolizione, ma solamente nella necessita’ di adottare le cautele tecniche conseguenti alla demolizione di un intero piano mansardato, con la conseguente insussistenza dei presupposti per disporre la revoca o la sospensione della demolizione anche sotto questo profilo.
Entrambe le doglianze formulate con i motivi in esame debbono, pertanto, essere ritenute infondate.
3. Il quarto motivo, mediante il quale e’ stata denunciata violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 95, per essere sottratta al Pubblico Ministero nelle zone sismiche la competenza a provvedere alla demolizione, e’ infondato, essendo stato chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte che l’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, impartito dal giudice per la violazione della normativa edilizia, assorbe quello disposto per la violazione della normativa antisismica, in quanto la demolizione del fabbricato sottrae qualsiasi valutazione all’Ufficio Tecnico della Regione, autorita’ amministrativa competente all’esecuzione di quest’ultimo, dovendo il manufatto essere comunque eliminato dal territorio (Sez. 3, n. 18535 del 23/03/2011, Impagliazzo, Rv. 250146, che in motivazione ha precisato che eventuali problemi di competenza e coordinamento si pongono in caso di ordine di demolizione parziale del fabbricato, nel qual caso spettera’ al giudice dell’esecuzione fissare i limiti della competenza dell’Autorita’ Giudiziaria; conf. Sez. 3, n. 46209 del 12/10/2011, Pacchioni, Rv. 251593, che ha ribadito il principio secondo cui alla demolizione del manufatto derivante, allo stesso tempo, dalla violazione della normativa edilizia nonche’ di quella della normativa antisismica, si’ applica la sola procedura di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 e non anche quella di cui all’art. 98, sicche’ compete, per entrambe, al Pubblico Ministero l’iniziativa per la relativa esecuzione).
Il ricorso deve, in conclusione, essere respinto, stante l’inammissibilita’ del primo motivo e l’infondatezza degli altri, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cosi’ deciso in Roma, il 3 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2016