Cass. Sez. III n. 47637 del 31 dicembre 2024 (CC 27 nov 2024)
Pres. Ramacci Rel. Noviello Ric. PM in proc. Schiattarella 
Urbanistica.Condono e promissario acquirente

La sola posizione soggettiva del promissario acquirente, non qualificata da altri dati fondanti un interesse reale meritevole di tutela anche sul piano della procedura amministrativa di sanatoria, quali la concreta disponibilità del bene ovvero il consenso del proprietario alla presentazione della domanda di condono, come evidenziato talvolta in giurisprudenza, non radica un interesse qualificato; tanto più ove si consideri la disciplina propria del contratto preliminare, che non preclude la possibilità della mancata conclusione del contratto definitivo non solo da parte del promissario alienante, ma anche ad opera del promissario acquirente né tantomeno garantisce sine die le garanzie del regime delle trascrizioni ex art. 2645 bis cod. civ., con possibile rilevanza e prevalenza di posizioni di terzi rispetto al promissario acquirente: con la possibilità, quindi, che, innescata una procedura di condono da parte di quest’ultimo, la stessa proceda e venga definita, anche positivamente, formalmente a suo favore, tuttavia in assenza di una stipula del contratto definitivo. Laddove un tale esito appare allora compatibile nel sistema normativo vigente, civilistico e amministrativo, solo in presenza di un interesse qualificato, nei termini suddetti, del promissario acquirente. 


RITENUTO IN FATTO  

    1. Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale di Santa Maria Capua Vetere quale giudice dell’esecuzione, revocava l’ordine di demolizione di cui alla sentenza della Pretura Circondariale di Santa Maria Capua a Vetere n. 205/96 pubblicata nei confronti di Invelito Maria, depositata il 9.12.1996 e divenuta irrevocabile il 20.1.1997, e la correlata ingiunzione emessa dalla Procura competente in esecuzione alla predetta sentenza.   

    2. Avverso la predetta ordinanza il Procuratore della Repubblica del tribunale di Santa Maria Capua ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di impugnazione. 

    3. Si rappresenta il vizio di violazione di legge, con riguardo all’art. 31 comma 3 del DPR 380/01 e 7 della L. 47/85. Si sostiene che nel caso in esame si sarebbe dovuto ritenere illegittimo il provvedimento di condono dell’immobile da demolire, ottenuto da Schiattarella Pasquale, istante nel procedimento di cui alla fase esecutiva, in quanto emesso successivamente all’intervenuta acquisizione dell’opera abusiva e relativa area di sedime in favore del patrimonio comunale, a seguito dell’intervenuto inutile decorso del termine di 90 giorni dalla notifica dell’ordine di demolizione comunale inerente l’opera abusiva, emesso il 17.12.1993 e notificato ad Invelito Maria il 4.1.1994 senza alcun esito, a fronte della domanda di condono presentata il 3.3.1995 dallo Schiattarella, che stipulava poi dopo, il 13.12.1996, un contratto di compravendita dell’immobile oggetto della procedura di condono con Invelito Maria, quale venditrice.  In altri termini, la domanda di condono dello Schiattarella sarebbe stata presentata senza che lo stesso ne fosse legittimato, atteso che la proprietà del bene era ormai passata in capo al Comune in ragione della inottemperanza all’ordine di demolizione da parte della Invelito Maria, così da non potersi ritenere validamente condonata l’opera da demolire, come invece sostenuto dal giudice dell’esecuzione. Il contratto di vendita avrebbe piuttosto dovuto essere considerato nullo, siccome realizzato dalla Invelito, priva ormai della titolarità del relativo diritto di proprietà. 
Né risulterebbe alcun titolo, ancorché diverso, in capo allo Schiattarella, in assenza di prova anche di un contratto preliminare di vendita precedente alla domanda di sanatoria, tale non essendo la “sorta di compromesso” citata dal tecnico comunale quale atto che avrebbe giustificato, in favore dello Schiattarella, il rilascio regolare del provvedimento di condono, in assenza di ogni reale prova documentale al riguardo e in assenza di ogni spiegazione su ciò in cui avrebbe dovuto consistere tale “compromesso”. Sarebbe stato generico l’ing. Menditto, prima richiamato, anche in ordine alla sussistenza di certificazioni che avrebbero contribuito, con la loro esistenza, al rilascio legittimo del provvedimento di condono. Conseguirebbe il mancato esercizio, da parte del giudice, del suo potere dovere di verificare approfonditamente la regolarità del rilascio del provvedimento di condono, in assenza anche di specifiche indicazioni, nella ordinanza, degli atti che si assumono posti a fondamento della decisione impugnata. Si esclude dal ricorrente, altresì, ogni violazione della disciplina convenzionale con riguardo, in particolare, al principio di proporzionalità. 

    4. Il ricorso è fondato. Va precisato che in tema di condono edilizio, in forza degli artt. 6 e 38, comma quinto, della legge 28 febbraio 1985, n.47 - richiamati dall'art.39, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n.724 - legittimati alla presentazione dell'istanza di concessione in sanatoria sono il proprietario della costruzione abusiva, il titolare della concessione edilizia, il committente delle opere, il costruttore ed il direttore dei lavori. (Nella fattispecie la Corte di cassazione ha escluso che i figli del proprietario siano legittimati a presentare detta istanza) (Sez. 3, n. 30059 del 16/05/2018 Rv. 273760 - 01.). Consegue, in maniera assorbente, che l’avvenuta acquisizione al patrimonio comunale dell’opera solo successivamente oggetto di domanda di condono da parte di un privato, che non risulti, inevitabilmente, proprietario né rientri tra le altre categorie sopra citate, esclude la legittimità del rilasciato provvedimento di condono stante la presentazione della domanda da parte di soggetto non legittimato. Al riguardo, occorre rilevare che, salve ulteriori precisazioni cronologiche, dalla stessa ordinanza impugnata si evince l’emissione e regolare notificazione dell’ordine di demolizione del 17.12.1993 alla Invelito Maria, così che non appare dirimente la eccezione difensiva, di cui alle conclusioni presentate, circa la mancata allegazione di documentazione al riguardo; a fronte del resto di vicende notificatorie ragionevolmente di diversi anni anteriori all’unico atto di cui pare esservi completa certezza, quale la successiva compravendita, del 1996, tra la Invelito e lo Schiattarella. Peraltro, appare coerente anche la censura circa la mancata illustrazione, con vizio di motivazione siccome insussistente, e di legge, della giuridica consistenza della “sorta di compromesso” valorizzata in ordinanza per sostenere la legittimazione dello Schiattarella alla presentazione della domanda di condono. Appare, in altri termini, evidente, la carenza di motivazione sul punto da parte del giudice, che ha preferito affidarsi alle dichiarazioni generiche del tecnico esaminato; carenza cui certo non può ovviare la produzione, in questa sede, da parte della difesa dello Schiattarella, di una mera scrittura privata, priva di data certa, definita atto preliminare e per vero non citato dal giudice dell’esecuzione e di cui, piuttosto, andava precisata la sua eventuale sussistenza agli atti oltre ad aggiungersi, in caso positivo,  la sua relativa valutazione ai fini del vaglio diretto a stabilire la legittimazione dello Schiattarella nel presentare domanda di condono. 
In tale contesto è utile comunque fornire talune precisazioni circa la tematica della rilevanza del preliminare rispetto alla legittimazione ad avanzare istanza di condono. 
In proposito, si rappresenta che  la sanatoria, ovvero nel caso in esame quella specifica sua forma costituita dal condono, consente, a date condizioni, la estinzione del reato oltre alla regolarizzazione amministrativa dell’immobile. 
In proposito, questa Corte (Sez. 3, n. 11624 del 04/11/1997 Rv. 209707 – 01)  ha precisato che l'oblazione (in cui si articola nella sostanza il condono, sul piano penale), in base all'art. 182 cod. pen., è causa d'estinzione del reato, che - come le altre - ha effetto soltanto per coloro ai quali si riferisce. La sua estensione a soggetti diversi deve essere espressamente stabilita. In materia, la legge 28 febbraio 1985, n.47 (che per questa parte non ha subito modifiche con la sopravvenuta disciplina del c.d. condono) prevede all'art. 38 soltanto il caso dei comproprietari, statuendo che il versamento eseguito da uno di essi giova anche agli altri per l'evidente unicità della posizione. Dispone ancora che i soggetti indicati nell'art. 6 (titolare della concessione, committente, costruttore e direttore dei lavori) devono, invece, per fruire dei benefici, presentare autonoma domanda e versare il trenta per cento della somma applicabile al proprietario.
L'art. 31 della stessa legge statuisce, inoltre, che alla richiesta di sanatoria ed agli adempimenti relativi possono provvedere coloro che hanno titolo ai sensi della legge n. 10 del 1977 nonché ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria medesima.
E’ allora necessario tenere distinti i vari profili collegati con la sanatoria edilizia: essi attengono ai settori amministrativo, penale e tributario, che tra loro non sempre coincidono. 
In questa sede occorre in particolare differenziare il campo amministrativo da quello penale.
Quello amministrativo ha una rilevanza oggettiva ed attiene all'immobile, sanabile da ogni soggetto interessato e legittimato. Il secondo ha riferimento soggettivo e concerne il singolo imputato, il quale, per ottenere la declaratoria d'estinzione dei reati di cui all'art. 38, deve corrispondere l'oblazione personalmente, senza potersi giovare del procedimento e del pagamento, posti in essere da altri (con l'unica eccezione legislativa - si ripete - dei comproprietari).
Nella specie, dunque, il tema dello Schiattarella quale “interessato”, come configurato dal giudice, impone la verifica del fondamento, necessario, di un tale interesse, che non può certamente prescindere da una cornice giuridica e fondarsi solo su meri dati di fatto. 
In particolare, il giudice ha individuato tale interesse in un intervenuto contratto preliminare. Al di là di quanto già osservato circa la inadeguatezza della descrizione e analisi di tale preliminare, semplicemente identificato in una “sorta di compromesso”, riportato in ordinanza “de relato”, ovvero sulla sola base delle affermazioni di un tecnico comunale, senza alcuna altra doverosa verifica e analisi documentale e giuridica, è utile verificare se in astratto un contratto preliminare possa fondare un interesse a presentare istanza di condono da parte del promittente acquirente. 
In proposito, questa Corte ha osservato che la nullità prevista dall'art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria deve ritenersi limitata ai trasferimenti aventi effetto reale, e non estesa ai contratti ad efficacia meramente obbligatoria, come il preliminare di vendita (Sez. 2, Sentenza n. 2204 del 30/01/2013, Rv. 625151 - 01).
Quindi, escluso che l’abusività di un immobile possa costituire un ostacolo alla astratta rilevanza di un preliminare di vendita rispetto al condono di un’opera abusiva, occorre rilevare come non appaia affatto secondario, nel caso in esame, anche stabilire se un contratto preliminare di vendita di un’opera abusiva possa fondare, di per sé, “l’interesse” giuridicamente rilevante del promissario acquirente a presentare istanza di condono per l’immobile di riferimento, quale “legittimato” a tale istanza.
Come si vedrà, la risposta è nel senso della necessità di talune concrete condizioni perché sussista l’interesse in parola. 
Questa Corte, come in precedenza accennato, ha già stabilito (Sez. 3 - n. 39602 del 03/10/2024) Rv. 287019 - 01) che legittimato a chiedere il cd. condono ai sensi degli artt. 39, legge n. 724 del 1994, e 31, commi primo e terzo, legge n. 47 del 1985 (con principio valevole per tutte le tre diverse discipline di condono succedutesi nel tempo), è il proprietario nonché «ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria».
Tuttavia, come sopra anticipato, si tratta di un interesse che deve risultare  giuridicamente qualificato e non di fatto (cfr. amplius anche Sez. 3 -n. 39602 del 03/10/2024) Rv. 287019 – 01). Di contro, quindi, può già anticiparsi che non è legittimato a presentare domanda di condono chi non ha alcuna relazione, qualificata, con il bene. 
Da tale impostazione consegue che legittimato a presentare domanda di condono è sia l’autore dell’abuso (Cons. St., Sez. 6, n. 3587 del 07/04/2023; Cons. St., Sez. VI, n. 7061 del 16/11/2020), sia persino il promissario acquirente dell’immobile in virtù di un contratto preliminare stipulato con il proprietario autore dell’abuso (Cons. St., Sez. IV, n. 6545 del 27/10/2009). In tale ultimo caso esaminato dal Consiglio di Stato, va precisato, in virtù del contratto preliminare il richiedente era stato immesso nel possesso dell’immobile da anni 
Tale ultimo requisito, della peculiare “qualificazione “ della concreta posizione dell’”interessato” e quindi, quanto al caso di specie,  del promissario acquirente,  impone dunque di considerare e approfondire il dato normativo qui rilevante, di cui all’art. 31, commi primo e terzo, legge n. 47 del 1985, che attribuisce la legittimazione a presentare domanda di sanatoria ovvero di condono al proprietario e a coloro che ai sensi dell’odierno art. 11 d.P.R. n. 380 del 2001, hanno titolo per chiedere il permesso di costruire.
Va premesso che la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il permesso di costruire - quale titolo edilizio la cui citazione appare in questa sede congrua pur venendo qui in esame il distinto ma analogo titolo edilizio costituito dal condono -, può essere rilasciato non solo al proprietario dell'immobile, ma a chiunque abbia titolo per richiederlo (così come previsto dall'art. 11, co. 1, D.P.R. n. 380/2001), e che tale ultima espressione va intesa nel senso più ampio di una legittima disponibilità dell'area, in base ad una relazione qualificata con il bene, sia essa di natura reale, o anche solo obbligatoria. 
In tale prospettiva interpretativa, relativa al tema dei requisiti di legittimazione rispetto a provvedimenti edilizi e amministrativi, appare condivisibile allora, quanto al tema in esame, l’indirizzo della giurisprudenza amministrativa ( cfr. Consiglio di Stato in sede giurisdizionale -Sezione Sesta - del 10.2.2022, sul ricorso numero di registro generale 8177 del 2021) secondo cui la posizione di promissario acquirente ,in quanto tale, non è idonea a fondare la legittimazione a ricorrere. Già da tempo il Consiglio di Stato (sez. IV, 12/04/2011, n. 2275) ha affermato il principio secondo il quale non può ritenersi legittimato ad impugnare il provvedimento con il quale un Comune ha annullato in autotutela un piano di lottizzazione, il promissario acquirente del terreno interessato dal medesimo piano di lottizzazione, ove questi, nonostante la stipula del contratto preliminare di compravendita dell'area, non abbia acquisito la effettiva e materiale disponibilità del terreno stesso, che si potrebbe configurare in caso di preliminare cd. ad effetti anticipati, con il quale quantomeno si anticipa l'effetto della consegna dell'immobile. In altri termini, la situazione giuridica soggettiva qualificata in astratto da una norma, ovvero  la legittimazione a ricorrere deve discendere dalla speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto all’esercizio del potere amministrativo (Cons. St., ad. plen, 25 febbraio 2014, n. 9, in Foro it., 2014, III, 429 ss.).
Chi non abbia mai acquistato il possesso o la detenzione o, ancora, la materiale disponibilità del bene, non ha in capo alcuna posizione giuridica diversa dall’interesse di mero fatto (cfr. in proposito Cons. St., sez. VI, 14 marzo 2022, n. 1768). 
Il Consiglio di Stato ha anche da ultimo condivisibilmente chiarito la reale situazione ricoperta dal promissario acquirente in quanto tale, (cfr. sentenza n. 6961 del 14 ottobre 2019) precisando che “rispetto agli interessi pretensivi, il potere di conformazione e di autorizzazione edilizia investe (…) in via diretta ed esclusiva il proprietario della res, in capo al quale l’interesse si appunta, mentre il vincolo obbligatorio che si instaura tra il promittente venditore ed il promissario acquirente fa sì che le modalità di esercizio del potere riverberino, sulla posizione del secondo, effetti solo indiretti relegando la posizione di quest’ultimo, nell’ambito della relazione pubblicistica, a quella di titolare di un mero interesse di fatto. Tali effetti indiretti rilevano invece sul piano civilistico dell’esatto adempimento e quindi nell’ambito della relazione contrattuale, giammai in seno alla relazione procedimentale dove il proprietario resta l’interlocutore esclusivo della vicenda dinamica del potere” In tale quadro, in altri termini, il promissario acquirente è in questa sua qualità  “privo di una situazione giuridica soggettiva idonea a differenziarne la posizione e quindi a radicarne la legittimazione, non potendosi ritenere idoneo a tale scopo il mero vincolo obbligatorio che ha ad oggetto la prestazione (nella specie del consenso richiesto per il perfezionamento del contratto) non l’esercizio di un potere”. 
Questa Corte ritiene che la sola posizione soggettiva del promissario acquirente, non qualificata da altri dati fondanti un interesse reale meritevole di tutela anche sul piano della procedura amministrativa di sanatoria, quali la concreta disponibilità del bene ovvero il consenso del proprietario alla presentazione della domanda di condono, come evidenziato talvolta in giurisprudenza, non radica un interesse qualificato; tanto più ove si consideri la disciplina propria del contratto preliminare, che non preclude la possibilità della mancata conclusione del contratto definitivo non solo da parte del promissario alienante, ma anche ad opera del promissario acquirente né tantomeno garantisce sine die le garanzie del regime delle trascrizioni ex art. 2645 bis cod. civ., con possibile rilevanza e prevalenza di posizioni di terzi rispetto al promissario acquirente: con la possibilità, quindi, che, innescata una procedura di condono da parte di quest’ultimo, la stessa proceda e venga definita, anche positivamente, formalmente a suo favore, tuttavia in assenza di una stipula del contratto definitivo. Laddove un tale esito appare allora compatibile nel sistema normativo vigente, civilistico e amministrativo, solo in presenza di un interesse qualificato, nei termini suddetti, del promissario acquirente. Nel medesimo senso, seppure sul diverso piano della impugnazione di provvedimenti di sanatoria della Pubblica Amministrazione, si è evidenziato che “il promissario acquirente dell'immobile confinante con quello dei controinteressati, non ha veste giuridica per l'esercizio dell'azione impugnatoria, posto che è titolare di rapporto obbligatorio non idoneo a fondare quel rapporto di stabile collegamento con i luoghi interessati dai provvedimenti asseritamente illegittimi, sicché non può predicarsi in capo a tale soggetto l'esistenza di una posizione di interesse legittimo che sia stata lesa da un provvedimento di sanatoria, bensì di un interesse di mero fatto eventuale e certamente non attuale potendo venire meno anche sulla base della semplice rinuncia ad effettuare l'acquisto con la stipula del contratto definitivo” ( cfr. TAR Sicilia (CT) Sez.II n. 992 del 3 maggio 2019).
Del resto tale impostazione, nella misura in cui esprime la necessità di interessi concreti e ben delineati alla base della legittimazione a chiedere il condono, trova espressione persino su altro piano, ben più consolidato  giuridicamente rispetto a quello qui in esame, quale quello dei rapporti tra comproprietari: in proposito, rileva la precisazione per cui, in sede di procedimento per rilascio di titolo edilizio in sanatoria, deve formare oggetto di valutazione, da parte del Comune, la sussistenza di tutti i presupposti cui la legge condiziona il suddetto rilascio e, fra essi, anche la circostanza che l'istanza di sanatoria provenga da un soggetto qualificabile come proprietario dell'edificio oggetto degli interventi della cui sanatoria giuridica si tratti e che abbia l'intera proprietà del bene, e non solo una parte o quota di esso. Non può invece riconoscersi la legittimazione al semplice proprietario pro-quota ovvero al comproprietario di un immobile, atteso che il contegno tenuto da quest'ultimo potrebbe pregiudicare i diritti e gli interessi  qualificati dei soggetti con cui condivida la propria posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento; di conseguenza, in caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, la domanda di rilascio di titolo edilizio, sia esso o non titolo in sanatoria di interventi già realizzati, deve necessariamente provenire congiuntamente da tutti i soggetti con un diritto di proprietà sull'immobile, potendosi ritenere legittimato alla presentazione della domanda il singolo comproprietario solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l'esistenza di una sorta di cd. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari (Cons. St., Sez. 2, n. 1766 del
12/03/2020; Cons. St., Sez. 6, n. 1563 del 16/02/2024).
Va dunque ribadito che hanno titolo a richiedere il permesso di costruire tutti coloro che dimostrino di trovarsi con il bene in una relazione qualificata, non necessariamente connessa ad un diritto reale ma derivante anche da rapporto giuridico ad effetti obbligatori. 
Alla luce degli atti disponibili, e per quanto finora osservato, ove emergesse la certezza e anteriorità cronologica del documento dimostrativo del riferito “compromesso” qui in parola, rispetto alla acquisizione al patrimonio dell’opera abusiva, appare altresì opportuno che in sede esecutiva oltre a verificare la posizione del promissario acquirente nei termini sopra specificati si approfondisca anche il tema dei soggetti venditori, che paiono non pienamente coincidenti nella citata scrittura privata e nell’atto successivo di compravendita, nonché  del tipo di proprietà (pro quota o pro indiviso, con possibili astratte incidenze anche sulla valutazione della legittimità del condono sul paino dei riferimenti dimensionali), come anche della corrispondenza tra quanto indicato, quale oggetto, nei due diversi atti prima richiamati, ove si citano, per vero,  particelle che sembrano in parte non coincidenti. 
Non può anche trascurarsi la necessità, come noto, che il giudice esamini direttamente la varietà degli atti della procedura di condono, alla luce dei noti principi che impongono anche la verifica della sussistenza deli requisiti del condono nel quadro della unitaria considerazione dell’immobile, senza affidarsi esclusivamente a dichiarazioni, alquanto vaghe, del tecnico comunale, che vanno pur sempre vagliate documentalmente e secondi i canoni di legge e giurisprudenziali noti.  

    5. Consegue l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio - alla luce dei principi in tema di verifica della regolarità del condono da parte del giudice penale, degli altri principi sopra citati e degli eventuali atti disponibili e pure sopracitati, con attenta individuazione dei soggetti via via proprietari, e della relativa ricostruzione temporale, ai fini della determinazione del momento di acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale, dei contenuti e validità ed efficacia degli atti negoziali eventualmente intervenuti  e della legittimazione o meno in capo allo Schiattarella, alla presentazione della domanda di condono -, al tribunale di Santa Maria Capua a Vetere. 

                                 P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Santa Maria Capua a Vetere. 
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024.