Cass. Sez. III n. 11171 del 18 marzo 2024 (CC 14 dic 2023)
Pres. Ramacci Est. Aceto Ric. Di Pollastro
Urbanistica.Condannato destinatario dell’ingiunzione a demolire non più proprietario

Nel caso in cui il condannato, destinatario dell’ingiunzione a demolire, non sia più proprietario dell’immobile o titolare di altro diritto reale sullo stesso, l’interesse concreto e attuale all’annullamento del provvedimento deve essere dedotto in modo specifico e deve corrispondere ad un beneficio effettivo e reale derivante dall’annullamento dell’atto.

RITENUTO IN FATTO

            1. Il sig. Matteo Pollastro ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 31 maggio 2023 del Tribunale di Napoli che, pronunciando in sede esecutiva, ha rigettato l’opposizione avverso il provvedimento del Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale che, in esecuzione di quanto disposto con sentenza di condanna del 10 ottobre 2000 (irr. il 9 marzo 2001) del Tribunale di Napoli - Sez. dist. di Marano, gli ha intimato la demolizione del manufatto abusivamente realizzato in Giuliano in Campania, Via Casacelle, 72. 
                1.1. Con unico motivo deduce l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui il Giudice afferma che i titoli in sanatoria sono stati rilasciati oltre i limiti di cubatura consentiti laddove, al contrario, dalla stessa ordinanza impugnata risulta che la volumetria complessiva delle due unità immobiliari condonate è pari a seicentonovanta metri cubi. Tra l’altro, aggiunge, le due unità in questione sono tra loro completamente indipendenti e con diversa destinazione d’uso essendo l’una adibita ad attività commerciale, l’altra ad abitazione. 


CONSIDERATO IN DIRITTO

            2. Il ricorso è inammissibile per mancanza di interesse.

            3. Risulta dal provvedimento impugnato che, a seguito di domande presentate il 9-20 dicembre 2004, il Comune di Giugliano in Campania ha rilasciato in favore del figlio del ricorrente, ai sensi dell’art. 32, commi 25 e segg., d.l. n. 269 del 2003, conv. con modificazioni dalla legge n. 326 del 2003, due permessi di costruire in sanatoria relativi all’unico immobile oggetto di ingiunzione. 
                3.1. In particolare, una domanda di “condono” riguardava il piano seminterrato, adibito a deposito, un appartamento al piano rialzato e un sottotetto termico non accessibile (permesso n. 47844), l’altra un locale al piano rialzato adibito ad attività commerciale (permesso n. 47838), per una volumetria complessiva di seicentonovanta metri cubi. 
                3.2. Entrambi i permessi sono stati rilasciati in favore del figlio del ricorrente, quale attuale proprietario in virtù di unica donazione successiva alla presentazione delle domande.
                3.3. Il Giudice ha rigettato l’opposizione osservando che, pur a fronte di due distinti permessi di costruire, l’immobile supera, nella sua unitarietà, il limite dei settecentocinquanta metri cubi imposto dall’art. 32, comma 25, d.l. n. 269 del 2003, cit., come condizione di ammissibilità del condono. Il Tribunale ha ritenuto di far buon governo dell’insegnamento costante della Corte di cassazione secondo il quale, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario che faccia capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria, onde evitare la elusione del limite di settecentocinquanta metri cubi attraverso la considerazione di ciascuna parte in luogo dell'intero complesso (Sez. 3, n. 44596 del 20/05/2016, Boccia, Rv. 269280 - 01; Sez. 3, n. 12353 del 02/10/2014, dep. 2014, Cantiello, Rv. 259292 - 01; Sez. 3, n. 20161 del 19/05/2005, Merra, Rv. 231643 - 01; Sez. 3, n. 8584 del 26/04/1999, La Mantia, Rv. 214280 - 01).
                3.4. Nel caso in esame, però, è lo stesso Giudice a dare contraddittoriamente atto che la consistenza complessiva dell’immobile è inferiore a settecentocinquanta metri cubi.
                3.5. Questo spiega la richiesta del PG di annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. 
                3.6. Il punto, però, è un altro e riguarda l’interesse del ricorrente a impugnare l’ordinanza.

                4. Va, innanzitutto, ricordato che l'ordine di demolizione dell'opera abusiva, avendo natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio, conserva la sua efficacia anche nei confronti dell'erede o dante causa del condannato o di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui siano emanati, dall'ente pubblico cui è affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili (Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, Curcio, Rv. 265193 - 01; Sez. 3, n. 16035 del 26/02/2014, Attardi, Rv. 259802 - 01; Sez. 3, n. 801 del 02/12/2010, dep. 2011, Giustino, Rv. 249129 - 01; Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, Arrigoni, Rv. 245403 - 01; Sez. 3, n. 39322 del 13/07/2009, Berardi, Rv. 244612 - 01). 
                    4.1. E’ stato al riguardo precisato che: a) l’operatività dell’ordine di demolizione non può essere esclusa dalla alienazione a terzi della proprietà dell'immobile, con la sola conseguenza che l'acquirente potrà rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell'avvenuta demolizione (Sez. 3. n. 37120 del 11/05/2005, Morelli, Rv. 232175 - 01); b) l'ordine di demolizione del manufatto abusivo è legittimamente adottato nei confronti del proprietario dell'immobile indipendentemente dall'essere egli stato anche autore dell'abuso, salva la facoltà del medesimo di far valere, sul piano civile, la responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, del proprio dante causa (Sez. 3, n. 39322 del 13/07/2009, Berardi, Rv. 244612 - 01); c) l’esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito dal giudice a seguito dell'accertata violazione di norme urbanistiche non è esclusa dall'alienazione del manufatto a terzi, anche se intervenuta anteriormente all'ordine medesimo, atteso che l'esistenza del manufatto abusivo continua ad arrecare pregiudizio all’ambiente (Sez. 3, n. 22853 del 29/03/2007, Coluzzi, Rv. 236880 - 01, che ha ribadito che il terzo acquirente dell'immobile potrà rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell'avvenuta demolizione; nello stesso senso, Sez. 3, n. 16035 del 26/02/2014, Attardi, Rv. 259802 - 01; Sez. 3, n. 45848 del 01/10/2019, Cannova, Rv. 277266 - 01).
                    4.2. Ciò sul rilievo che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito dal giudice ai sensi dell’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001 con la sentenza di condanna per il reato di costruzione abusiva, ha natura amministrativa, tant’è che non si estingue per il decorso del tempo ex art. 173 cod. pen., atteso che quest'ultima disposizione si riferisce esclusivamente alle sole pene principali (così già Sez. 3, n. 39705 del 30/4/2003, Pasquale, Rv. 226573; più recentemente, nello stesso senso, Sez. 3, n. 43006 del 10/11/2010, La Mela, Rv. 248670; Sez. 3, n. 19742 del 14/04/2011, Mercurio, Rv. 250336; Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Formisano, Rv. 264736). Tale orientamento è stato ribadito in considerazione del fatto che le caratteristiche dell'ordine di demolizione escludono la sua riconducibilità anche alla nozione convenzionale di "pena" come elaborata dalla giurisprudenza della Corte EDU (così, Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, Rv. 265540; nello stesso senso, Sez. 3, n. 3979 del 21/09/2018, Cerra Srl, Rv. 275850 - 02).
                    4.3. Il Collegio condivide e fa proprie, sul punto, le articolate considerazioni sviluppate, con il supporto di ampia giurisprudenza anche amministrativa, nella motivazione della sentenza n. 49331 del 2015, Delorier, cit., non mancando di rimarcare, in questa sede, la decisiva osservazione che l'ordine demolitorio, diversamente dalla pena, oltre che per il decorso del tempo non si estingue nemmeno per morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza (Sez. 3, n. 3861 del 18/1/2011, Baldinucci, Rv. 249317; Sez. 3, n. 3720 del 24/11/1999 - dep. 2000, Barbadoro, Rv. 215601), ma si trasmette, come detto, agli eredi del responsabile (v., ad es., Consiglio di Stato, Sez. 6, n. 3206 del 30/05/2011) e dei suoi aventi causa che a lui subentrino nella disponibilità del bene (v., ad es., Cons. St., Sez. 4, n.2266 del 12/04/2011; Cons. St., Sez. 4, n. 6554 del 24/12/2008).
                    4.4. Peraltro, già con sentenza Sez. 3, n. 48925 del 22/10/2009, Viesti e altri, Rv. 245918, questa Corte, in base alle argomentazioni sviluppate dalla stessa Corte EDU (con le sentenze in essa richiamate), aveva chiaramente affermato che la demolizione, a differenza della confisca, non può considerarsi una “pena” nemmeno ai sensi dell'art. 7 della Convenzione E.D.U., perché essa tende alla riparazione effettiva di un danno e non è rivolta nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge. Si osservava, inoltre, che la sentenza, nel mentre ha ritenuto ingiustificata rispetto allo scopo perseguito dalla norma, ossia mettere i terreni interessati in una situazione di conformità rispetto alle disposizioni urbanistiche, la confisca (anche di terreni non edificati) in assenza di qualsiasi risarcimento, ha invece espressamente ritenuto giustificato e conforme anche alle norme CEDU un ordine di demolizione delle opere abusive incompatibili con le disposizioni degli strumenti urbanistici eventualmente accompagnato da una dichiarazione di inefficacia dei titoli abilitativi illegittimi. La Corte EDU non solo non esclude un sequestro o un ordine di demolizione dell'opera contrastante con le norme urbanistiche nei confronti di chiunque ne sia in possesso, anche qualora si tratti di terzo acquirente estraneo al reato, ma ritiene che una tale sanzione ripristinatoria può considerarsi giustificata rispetto allo scopo perseguito dalle norme interne di assicurare una ordinata programmazione e gestione degli interventi edilizi e non contrastante con le norme della Convenzione. 
                    4.5. Va inoltre ribadito, richiamando quanto sul punto già affermato dalla citata Sez. 3, n. 49331 del 2015, Delorier, che la demolizione ordinata dal giudice penale costituisce atto dovuto, «esplicazione di un potere autonomo e non alternativo al quello dell'autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione (cfr. Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013, dep. 2014, Russo, Rv. 258518; Sez.3, n.37906 del 22/5/2012, Mascia ed altro, non massimata; Sez. 6, n. 6337 del 10/3/1994, Sorrentino Rv. 198511 ed altre prec. conf. Ma si vedano anche Sez. U, n. 15 del 19/6/1996, RM. in proc. Monterisi, Rv. 205336; Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 (dep.1997), Luongo, Rv. 206659)» (così in motivazione), un potere che si pone a chiusura del sistema sanzionatorio amministrativo (cfr. Corte Cost., ord. 33 del 18/1/1990; Corte Cost., ord. 308 del 9/7/1998; Cass. Sez. F, n. 14665 del 30/08/1990, Di Gennaro, Rv. 185699).
                    4.6. Dunque, l'esecuzione dell'ordine di demolizione, impartito dal giudice a seguito dell'accertata edificazione in violazione di norme urbanistiche, non è escluso dall'alienazione del manufatto abusivo a terzi, anche se - come detto - intervenuta anteriormente all'ordine medesimo (Sez. 3, n. 45848 del 2019, Cannova, cit.; Sez. 3, n. 16035 del 2014, cit., Attardi).

            5. Le considerazioni che precedono aprono la via alla questione relativa all’interesse del ricorrente ad impugnare il provvedimento che dispone la demolizione di un bene del quale da lungo tempo, ormai, non è più proprietario.
                5.1. In termini generali, l’interesse ad impugnare deve essere concreto ed attuale, correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se l'impugnazione sia idonea a costituire, attraverso l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente (Sez. U, n. 6203 del 11/05/1993, Amato, Rv. 193743; Sez. U, n. 9616 del 24/03/1995, Boido, Rv. 202018; Sez. U, n. 42 del 13/12/1995, Timpani, Rv. 203093; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202269; Sez. U, n. 20 del 20/10/1996, Vitale, Rv. 206169; Sez. U, n. 18253 del 24/04/2008, Tchmil, Rv. 239397; Sez. U, n. 28911 del 28/09/2019, Massaria, Rv. 275953 - 02). La legge processuale non ammette l'esercizio del diritto di impugnazione avente di mira la sola esattezza teorica della decisione, senza che alla posizione giuridica del soggetto derivi alcun risultato pratico favorevole, nel senso che miri a soddisfare una posizione oggettiva giuridicamente rilevante e non un mero interesse di fatto (in tal senso, Sez. U, Serafini, nonché Sez. U, Massaria, secondo cui la concretezza dell' interesse non può dunque che essere parametrata al raffronto tra quanto statuito dal provvedimento impugnato e quanto, con l'impugnazione svolta, si vorrebbe invece ottenere). 
                5.2. Costituisce declinazione pratica di questo principio, quello secondo il quale l'acquisizione al patrimonio del Comune dell'immobile abusivo fa cessare l'interesse alla revoca o alla sospensione dell'ordine di demolizione in capo al responsabile dell'illecito (Sez. 3, n. 35203 del 18/06/2019, Centioni, Rv. 277500 - 01, che ha precisato che il precedente proprietario del bene, a seguito del provvedimento acquisitivo, deve ritenersi terzo estraneo alle vicende giuridiche dell’immobile; in senso conforme, Sez. 3, n. 45432 del 25/05/2016, Ligorio, Rv. 268133 - 01, ha affermato che a seguito dell'inutile decorso del termine assegnato al condannato per l'esecuzione dell'ordine di demolizione, viene meno l'interesse alla revoca o alla sospensione dello stesso, essendo il bene ormai divenuto di proprietà del Comune). 
                5.3. Costituisce ulteriore declinazione pratica di tale principio il fatto che il condannato cui sia stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinato alla demolizione dell’immobile ha sempre un interesse qualificato ad opporsi all’ingiunzione alla demolizione stessa, anche quando il bene non sia più di sua proprietà. 
                5.4. Nel caso di specie, poiché il ricorrente (cui il beneficio della sospensione condizionale della pena non è stato subordinato alla demolizione dell’immobile) non è più proprietario dell’immobile, siccome donato al figlio nell’anno 2007, sei anni dopo, cioè, la data di irrevocabilità della sentenza di condanna e dieci anni prima dell’ingiunzione emessa dal pubblico ministero, non sussiste l’interesse concreto e attuale a impugnare l’ordine di demolizione, né egli deduce alcunché in termini di positive ricadute concrete a suo favore in caso di annullamento dell’atto. Peraltro, l’aver trasferito l’immobile a titolo gratuito non espone il ricorrente ad alcuna immediata conseguenza sul piano patrimoniale in caso di futura demolizione del bene donato.
                5.5. In conclusione, nel caso in cui il condannato, destinatario dell’ingiunzione a demolire, non sia più proprietario dell’immobile o titolare di altro diritto reale sullo stesso, l’interesse concreto e attuale all’annullamento del provvedimento deve essere dedotto in modo specifico e deve corrispondere ad un beneficio effettivo e reale derivante dall’annullamento dell’atto.
                5.6. Nel caso di specie ciò non è avvenuto, essendosi limitato il ricorrente a reclamare la legittimità dei permessi in sanatoria senza null’altro dedurre a sostegno del suo interesse attuale e concreto a conservare un bene da lui donato addirittura dieci anni prima dell’ingiunzione impugnata in sede esecutiva.    

                6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 14/12/2023.