TAR Campania (NA), Sez. VIII, n. 4969, del 7 novembre 2013
Beni Ambientali.Legittimità annullamento autorizzazione paesaggistica impianto conglomerati bituminosi, per grave alterazione dei valori paesistici e delle visuali panoramiche
Nel caso di specie l'amministrazione preposta alla tutela paesaggistica ha ben spiegato che il diniego di autorizzazione era necessario per la tutela del bene vincolato, ed era l'unico provvedimento idoneo a tutelare il bene stesso, con conseguente recessività dell'interesse privato. Giova infatti rammentare quanto riportato nell’atto, secondo cui le opere descritte costituiscono elemento di grave alterazione per i valori paesistici dell’area, che offre visuali panoramiche sul massiccio del Taburno e sono pertanto incompatibili con le caratteristiche estetiche e morfologiche del territorio interessato, nonché in aperto contrasto con l’assetto tradizionale dell’area anche in presenza di insediamenti produttivi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
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N. 04969/2013 REG.PROV.COLL.
N. 06012/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6012 del 2008, proposto da:
Procaccini Anna, rappresentata e difesa dall'avv. Raffaele Scarinzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Maria Capitanio, in Napoli, via Palepoli, 20;
contro
Ministero per i Beni Attività Culturali, in persona del Ministro p.t., Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropoligico di Caserta e Benevento, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;
Comune di Torrecuso (BN), in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del decreto del 22 settembre 2008 con cui la Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropoligico di Caserta e Benevento ha annullato il provvedimento sindacale n. 8 del 17 luglio 2008 che autorizzava la realizzazione di un impianto di confezionamento di conglomerati bituminosi nel Comune di Torrecuso (BN);
- di ogni ulteriore provvedimento preordinato, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni Attività Culturali, in persona del Ministro p.t., Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropoligico di Caserta e Benevento;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2013 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con provvedimento sindacale n. 8 del 17 luglio 2008 il Comune di Torrecuso (BN) autorizzava la Sig.ra Procaccini Anna alla realizzazione di un impianto di confezionamento di conglomerati bituminosi alla via Torre Palazzo ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42.
Trattandosi di intervento edilizio ricadente in area di notevole interesse pubblico ai sensi della L. 29 giugno 1939 n. 1497 ed in Zona di Valorizzazione degli Insediamenti Rurali Infrastrutturati (V.I.R.I.) del Piano Territoriale Paesistico – Zona D1 del Piano Regolatore Generale del Comune di Torrecuso, l’amministrazione comunale trasmetteva la relativa documentazione alla Soprintendenza per i Beni Architettonici, Artistici e Storici di Caserta e Benevento ai sensi dell’art. 159 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 per la valutazione di compatibilità paesaggistica.
Con provvedimento recante protocollo n. 19675 emesso in data 22 settembre 2008, la Soprintendenza annullava l’autorizzazione paesaggistica.
Avverso tale atto insorge la ricorrente che, a sostegno dell’esperito gravame, deduce i seguenti profili di illegittimità: violazione e falsa applicazione dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004, carenza del potere di annullamento, irritualità ed intempestività del suo esercizio, eccesso di potere per carenza di istruttoria, erronea valutazione degli elementi progettuali, inidoneo apprezzamento dell’impatto paesaggistico ed ingiustizia sostanziale.
Si è costituita in giudizio l’intimata amministrazione chiedendo la reiezione del gravame.
Alla pubblica udienza del 30 ottobre 2013 la causa è stata spedita in decisione.
Con il primo motivo di ricorso, la Sig.ra Procaccini lamenta la violazione dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 in quanto l’impugnato provvedimento della Soprintendenza sarebbe stato adottato oltre il termine di 45 giorni fissato dall’ottavo comma della menzionata disposizione ( “Il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all'articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti”) e, in ogni caso, decorsi i 60 giorni previsto dal nono comma (secondo cui “In ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione”).
La censura è destituita di giuridico fondamento.
Ai sensi del secondo comma dell’art. 146 D.Lgs. 42/2004 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”), i proprietari o i detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, hanno l’obbligo di presentare alle competenti amministrazioni il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, astenendosi dall'avviare i lavori sino all'ottenimento dell'autorizzazione.
Con riguardo all’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, il sesto comma dell’art. 146 individua nella Regione, l'ente preposto allo svolgimento della funzione autorizzatoria, la quale, nell'esercizio della medesima, dovrà avvalersi di "propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali". La disposizione in esame contempla, comunque, la facoltà in capo alla Regione di poter delegare tale funzione a Comuni, Province, ovvero a forme associative e di cooperazione tra enti locali, subordinando la delega alla preventiva verifica della effettiva sussistenza in capo agli enti destinatari di apparati dotati di adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche, nonché strutturati, in base al personale a tal fine assegnato, in modo da garantire la differenziazione tra l'attività di tutela paesaggistica e l'esercizio delle funzioni amministrative in materia urbanistico - edilizia.
Orbene, tale procedimento autorizzatorio è entrato a regime dal 1 gennaio 2010: prima di tale data, la disciplina applicabile in materia di autorizzazione paesaggistica era rinvenibile nell'art. 159 del Codice, intitolato, nella sua originaria formulazione “Regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica” il quale, nel testo attualmente vigente, prevede che il regime ordinario dettato dall'art. 146 "si applica anche ai procedimenti di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica che alla data del 31 dicembre 2009 non si siano ancora conclusi con l'emanazione della relativa autorizzazione o approvazione".
In particolare, la principale novità che attiene al “regime ordinario” riguarda il ruolo della Soprintendenza: in dettaglio, con il procedimento transitorio (in vigore fino al 31 dicembre 2009) previsto dall'art. 159 del Codice, l'autorizzazione paesaggistica veniva rilasciata, previa delega della Regione, dopo una valutazione svolta a livello comunale sulla compatibilità dell'intervento. Sulla valutazione doveva poi esprimersi la Soprintendenza che entro 60 giorni poteva esercitare il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica già emessa dal Comune.
La procedura ordinaria prevista dall'art. 146 del Codice è, invece, caratterizzata dall'intervento della Soprintendenza non più in via successiva, ma in sede endoprocedimentale, con facoltà di formulare un parere che risulta espressione di un potere decisorio complesso facente capo a due apparati distinti: in altri termini, il portato innovativo della novella consiste nell’aver anticipato, già in sede procedimentale, l'apporto partecipativo dell'autorità statale (Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 febbraio 2008 n. 653).
Orbene, la censura di parte ricorrente è fuori bersaglio, giacché nella fattispecie in esame opera il regime transitorio previsto dall’art. 159 D.Lgs. 42/2004 (correttamente richiamato nel provvedimento impugnato) e non quello dettato dall’art. 146 invocato dalla esponente.
Ne consegue che il potere di annullamento da parte della Soprintendenza è stato tempestivamente esercitato nel termine previsto dal terzo comma della disposizione menzionata secondo cui “La soprintendenza, se ritiene l’autorizzazione non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio, dettate ai sensi del presente titolo, può annullarla, con provvedimento motivato, entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa, completa documentazione. Si applicano le disposizioni di cui all’ articolo 6, comma 6-bis, del regolamento di cui al decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali 13 giugno 1994, n. 495”.
Sul punto, si rileva che la giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 novembre 2007 n. 6032), data ormai per pacifica la perentorietà del termine di 60 giorni per l’esercizio del potere di annullamento, ha ritenuto che tale termine decorre dalla ricezione da parte della Soprintendenza dell’autorizzazione rilasciata e della documentazione tecnico – amministrativa, sulla cui base il provvedimento è stato adottato,
La Soprintendenza non si è discostata dal richiamato precetto normativo, dal momento che il provvedimento impugnato è stato emesso in data 22 settembre 2008, quindi entro il termine di 60 giorni decorrente dalla trasmissione dell’autorizzazione sindacale (protocollata il 24 luglio 2008).
Con gli ulteriori motivi di gravame la ricorrente contesta nel merito le argomentazioni reiettive opposte dalla Soprintendenza assumendo che, a fronte della valutazione negativa l’amministrazione avrebbe dovuto chiedere integrazioni o chiarimenti, senza poter disporre l’annullamento immediato dell’autorizzazione sindacale, l’elaborato progettuale presenterebbe i grafici regolarmente quotati con misure indicate in maniera chiara, l’altezza massima dell’impianto sarebbe pari a mt. 10,00 conforme alle prescrizioni del P.T.P. e alla pratica risulterebbe regolarmente allegata la prescritta relazione paesaggistica.
I rilievi sono privi di pregio.
In punto di diritto, giova rammentare che il giudizio reso dalla Soprintendenza è espressione di discrezionalità tecnica, con conseguente limitazione del riscontro di legittimità al solo difetto di motivazione, alla illogicità manifesta e all'errore di fatto di tale evidenza tale da far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnico discrezionale compiuta, non potendo il giudice sovrapporre la propria valutazione tecnica a quella discrezionale dell'amministrazione.
Solo in presenza di valutazioni palesemente illogiche, immotivate e viziate da travisamento di fatti, il giudice amministrativo può disporre l'annullamento dell'atto, mentre quando emergano in giudizio più soluzioni tutte opinabili, ma al tempo stesso tutte attendibili, deve essere certamente mantenuta la scelta compiuta dall'amministrazione perché è a questa che l'ordinamento attribuisce in prima battuta la cura dell'interesse pubblico, diversamente si assisterebbe ad un'inammissibile sostituzione del giudice all'Amministrazione (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 marzo 2009 n. 1332; T.A.R. Lazio, Roma, 3 luglio 2012 n. 6071).
Nel caso di specie il provvedimento risulta adeguatamente motivato essendo ben indicate le ragioni per le quali l'intervento progettato non è stato ritenuto compatibile con l'esigenza di tutela del bene vincolato.
Il provvedimento impugnato si regge sulla seguente traiettoria argomentativa:
- il progetto prevede la realizzazione di un impianto per il confezionamento di conglomerati bituminosi, costituiti da fabbricati per uffici e servizi e dall’impianto di confezionamento vero e proprio composto da predosatori vergini, nastro oli, gruppo soffiante e bruciatore, torre di miscelazione, cabina operatore, gruppo compressore, filtro a maniche, gruppo aspirazione, fumi, griglia vibrante, predosatore riciclo, gruppo frantumazione placche, nastro alimentazione riciclo, caldaia oleotermica;
- il medesimo progetto, prodotto in proporzioni fuori scala e privo di relazione paesaggistica redatta nei modi di cui alla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, comporta la realizzazione di opere la cui altezza supera i limiti di m. 10 imposti dal PTP per i fabbricati produttivi in zona V.I.R.I.;
- per le sue caratteristiche morfologiche il progetto costituisce elemento di grave danno per il contesto paesaggistico in cui, le connotazioni estetiche del paesaggio agrario a vigneti sono rimaste sostanzialmente inalterate nonostante alcune realizzazioni di carattere industriali sempre compatibili con la vocazione del territorio e con le tipologie tradizionali;
- le opere descritte costituiscono elemento di grave alterazione per i valori paesistici dell’area, che offre visuali panoramiche sul massiccio del Taburno e sono pertanto incompatibili con la caratteristiche estetiche e morfologiche del territorio interessato, nonché in aperto in contrasto con l’assetto tradizionale dell’area anche in presenza di insediamenti produttivi;
- pertanto, a giudizio della Soprintendenza, l’autorizzazione in esame attua “una inammissibile deroga al regime di tutela istituito dal P.T.P.”.
A fronte delle plurime argomentazioni reiettive, il costrutto difensivo di parte ricorrente si risolve in una mera petizione di principio, non comprovata da riscontri probatori, ed appare come tale inidoneo a superare i rilievi opposti dall’amministrazione preposta alla tutela del paesaggio.
In particolare, è vero che l’art. 159 secondo comma del D.Lgs. 42/2004 prevede espressamente la possibilità per la Soprintendenza di richiedere chiarimenti (vi si prevede che “In caso di richiesta di integrazione documentale o di accertamenti il termine è sospeso per una sola volta fino alla data di ricezione della documentazione richiesta ovvero fino alla data di effettuazione degli accertamenti”), trattandosi di disposizione ricognitiva del principio della possibilità da parte della Soprintendenza di effettuare richieste istruttorie, idonee ad incidere sul termine perentorio di 60 giorni: oltre all’ipotesi di documentazione non trasmessa ed utilizzata in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, tali richieste possono riguardare anche accertamenti, chiarimenti ed elementi integrativi di giudizio (Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 novembre 2007 n. 6032).
Tuttavia, a ben vedere, il giudizio negativo espresso dalla Soprintendenza si fonda, oltre su carenze documentali che avrebbero potuto costituire oggetto di richiesta integrativa (es. zione paesaggistica redatta nei modi di cui alla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri), anche su apprezzamenti tecnici non emendabili con documentazione suppletiva.
Si richiama a tale ultimo riguardo quanto statuito dalla Soprintendenza, secondo cui: a) per le sue caratteristiche morfologiche il progetto costituisce elemento di grave danno per il contesto paesaggistico in cui le connotazioni estetiche del paesaggio agrario a vigneti sono rimaste sostanzialmente inalterate nonostante alcune realizzazioni di carattere industriali sempre compatibili con la vocazione del territorio e con le tipologie tradizionali; b) le opere descritte costituiscono elemento di grave alterazione per i valori paesistici dell’area, che offre visuali panoramiche sul massiccio del Taburno e sono pertanto incompatibili con la caratteristiche estetiche e morfologiche del territorio interessato, nonché in aperto in contrasto con l’assetto tradizionale dell’area anche in presenza di insediamenti produttivi.
Quindi, è di palmare evidenza che l’eventuale attivazione del c.d. “potere di soccorso” da parte dell’amministrazione preposta alla tutela paesaggistica non avrebbe potuto in ogni caso alterare la valutazione tecnica conclusiva.
Tali considerazioni consentono di superare gli ulteriori rilievi espressi dalla ricorrente che si fondano sulla presunta completezza della documentazione prodotta in sede procedimentale.
Nel caso di specie l'amministrazione ha ben spiegato che il diniego di autorizzazione era necessario per la tutela del bene vincolato, ed era l'unico provvedimento idoneo a tutelare il bene stesso, con conseguente recessività dell'interesse privato. Giova infatti rammentare quanto riportato nell’atto, secondo cui “le opere descritte costituiscono elemento di grave alterazione per i valori paesistici dell’area, che offre visuali panoramiche sul massiccio del Taburno e sono pertanto incompatibili con le caratteristiche estetiche e morfologiche del territorio interessato, nonché in aperto contrasto con l’assetto tradizionale dell’area anche in presenza di insediamenti produttivi”.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso deve essere respinto.
Spese ed onorari di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidati in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna Procaccini Anna al pagamento delle spese ed onorari di giudizio in favore del Ministero peri Beni e le Attività Culturali che liquida in euro 700,00 (settecento/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Corciulo, Presidente FF
Renata Emma Ianigro, Consigliere
Gianluca Di Vita, Primo Referendario, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)