Cass. Sez. III n. 1564 del 18 gennaio 2018 (Ud 5 ott 2017)
Presidente: Savani Estensore: Gai Imputato: Ceraldi
Urbanistica.Acquisizione immobile abusivo al patrimonio comunale
Dal tenore letterale della norma, l'effetto ablatorio si verifica ope legis alla inutile scadenza del termine fissato per ottemperare all'ingiunzione di demolire, mentre la notifica dell'accertamento formale dell'inottemperanza si configura solo come titolo necessario per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari e non costituisce impedimento tecnico-giuridico alla possibilità di eseguire l'ordine di demolizione, in quanto il trasferimento dell'immobile nella disponibilità dell'ente locale è esclusivamente preordinato ad una sua più agevole demolizione - il cui onere economico va posto in ogni caso a carico dei responsabili dell'abuso edilizio - e non invece ad incrementare il patrimonio dell'ente locale con opere che contrastano con l'assetto urbanistico del territorio
RITENUTO IN FATTO
1.- Con sentenza in data 1 dicembre 2016, la Corte d’appello di Potenza ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Ceraldi Donatina per essere i reati a lei ascritti estinti per prescrizione.
L’imputata era stata condannata in ordine ai reati di cui all’art. 44 lett. c) d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (capo A), artt. 93 e 95 d.P.R. 308/2001 (capo B); art. 64 e 71 d.P.R. 308/2001 (capo C); art. 72 in relazione all’art. 65 d.P.R. 308/2001 (capo D), per avere realizzato, in assenza di permesso a costruire e in zona sismica, un manufatto seminterrato in c.a., un solaio, una struttura chiusa tamponata con mattoni e aperture aventi funzioni di porta di ingresso e finestre, senza avere depositato presso i competenti uffici regionali gli elaborati progettuali e per aver realizzato le stesse in assenza della preventiva autorizzazione dell’Ufficio tecnico regionale, in assenza di progetto esecutivo redatto secondo le disposizioni di legge, in mancanza della direzione di un tecnico abilitato e in mancanza di denuncia dell’esecuzione delle opere presso l’ufficio competente prima del loro inizio. Accertato in Potenza il 1 settembre 2009.
Con la medesima sentenza la Corte d’appello ha confermato la disposta acquisizione dell’area interessata dagli abusi edilizi al patrimonio del Comune ex art. 31 comma 3 del d.P.R. 308/2001. Sul punto la Corte d’appello ha argomentato che la ricorrente, a fronte dell’ordinanza di demolizione delle opere abusive, notificatale il 23 novembre 2009, aveva omesso nel termine di 90 giorni di adempiere, avendo provveduto alla demolizione solo nel periodo compreso tra il 31 agosto 2014 e 14 settembre 2014, a seguito di una seconda ordinanza di demolizione, notificatale il 18 luglio 2014. L’inottemperanza alla prima ingiunzione comunale a demolire il manufatto abusivo comportava, quale conseguenza, che quest’ultimo dovesse essere restituito al Comune divenuto proprietario a seguito dell’inutile decorso del termine di legge previsto dall’articolo 31 cit., a nulla rilevando che la ricorrente avesse inoltrato due richieste di permesso costruire in sanatoria, la prima del 9 febbraio 2010 e la seconda del 15 ottobre 2013, istanze poi respinte.
2.- Avverso la sentenza ha presentato ricorso Ceraldi Donatina, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo con un unico motivo di ricorso la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione dell’art. 31 comma 3 del d.p.R. 380/2001.
Argomenta la ricorrente che la Corte di appello avrebbe ritenuto che la demolizione, operata dall’imputata in data 14 settembre 2014 in adempimento all’ordinanza d’ingiunzione notificatale il 18 luglio 2014, avesse comunque comportato l’acquisizione di diritto delle opere e del sedime in capo al Comune in applicazione dell’articolo 31 comma 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, poiché prima di quest’ultima ingiunzione vi era stato un altro provvedimento dello stesso tenore, notificatole 23/11/2009, a fronte della quale l’imputata non aveva adempiuto con immediata demolizione, bensì aveva reagito con la richiesta in sanatoria datata 9 febbraio 2010.
La Corte d’appello avrebbe ritenuto che fosse sufficiente l’inadempimento alla prima ordinanza ingiunzione per far operare l’effetto automatico dell’acquisizione dell’area interessata dagli abusi edilizi al patrimonio comunale e che il rigetto della richiesta di sanatoria, da parte della pubblica amministrazione, non comportasse la necessità dell’adozione di una nuova ingiunzione demolire. Di diverso avviso sarebbe l’intera giurisprudenza amministrativa secondo la quale, a seguito di presentazione della domanda di sanatoria, il procedimento repressivo dell’abuso edilizio sarebbe da considerarsi azzerato dovendo l’amministrazione notificare una nuova ingiunzione a demolire per consentire all’interessato, che si è visto rigettare l’istanza in sanatoria, di optare per la demolizione in proprio al fine di evitare l’effetto pregiudizievole dell’acquisizione del bene al patrimonio del Comune. Da qui la conclusione, avvalorata dalla giurisprudenza amministrativa citata nel ricorso, secondo cui le misure repressive di cui all’art. 31 comma 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto provvedimenti consequenziali alla diffida a demolire possono seguire, ove sia stata nel frattempo presentata domanda di condono, solo ad una reiterata procedura esecutiva successiva la valutazione negativa suddetta istanza di sanatoria.
Sulla scorta di tale indirizzo ermeneutico censura il provvedimento impugnato per erronea interpretazione dell’art. 31 comma 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 e per vizio di motivazione in relazione alle ragioni esposte sul rigetto della domanda in sanatoria.
Chiede l’annullamento della sentenza senza rinvio nella parte in cui si “ordina la restituzione del Comune di Potenza dell’area”.
3. - In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. - Il ricorso non è fondato per le ragioni qui esposte.
5.- Costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, ai sensi dell’art. 31 comma 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, l’ingiustificata inottemperanza all’ordine di demolizione della costruzione abusiva comporta l’automatica acquisizione del bene al patrimonio comunale in favore del quale deve essere disposta la restituzione, e l’acquisizione non costituisce impedimento giuridico alla demolizione da parte del proprietario in assenza di delibera comunale che dichiari la sussistenza di interesse pubblico al mantenimento dell’opera.
L’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede un’articolata disciplina per la demolizione delle opere realizzate in assenza di permesso di costruire o in totale difformità ovvero con variazioni essenziali. Dapprima l’autorità comunale ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione dell'intervento, con concessione di un termine di novanta giorni per adempiere, decorso inutilmente il quale «il bene e l’area di sedime vengono acquisiti, di diritto e gratuitamente, al patrimonio del Comune». L’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari; infine, l’opera acquisita, è demolita con apposita ordinanza, salvo che con deliberazione consiliare «non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali». Lo stesso art. 31, inoltre, come è noto, stabilisce che il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001, ordina la demolizione delle opere abusive, se non sia stata altrimenti eseguita.
La giurisprudenza di questa Corte è orientata nel ritenere che, dal tenore letterale della norma, che l'effetto ablatorio si verifica ope legis alla inutile scadenza del termine fissato per ottemperare all'ingiunzione di demolire, mentre la notifica dell'accertamento formale dell'inottemperanza si configura solo come titolo necessario per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari..." (Sez. 3, n. 23718 del 08/04/2016, Pacera, Rv. 267676; Sez. 3, n. 45705 del 26/10/2011, Perticaroli, Rv. 251321; Sez. 3, n. 22237 del 22/4/2010, Gotti, Rv. 247653; Sez. 3, n. 39075 del 21/5/2009, Bifulco, Rv. 244891; Sez. 3, n. 1819 del 21/10/2008, Ercoli, Rv. 242254), e non costituisce impedimento tecnico-giuridico alla possibilità di eseguire l'ordine di demolizione, in quanto il trasferimento dell'immobile nella disponibilità dell'ente locale è esclusivamente preordinato ad una sua più agevole demolizione - il cui onere economico va posto in ogni caso a carico dei responsabili dell'abuso edilizio - e non invece ad incrementare il patrimonio dell'ente locale con opere che contrastano con l'assetto urbanistico del territorio (Sez. 3, n. 42698 del 07/07/2015, P.M. in proc. Marche, Rv. 265495; Sez. 3, n. 4962 del 28/11/2007, P.G. in proc. Mancini, Rv. 238803; Sez. 3, n. 49397 del 16/11/2004, Sposanto e altri, Rv. 230652).
6.- Anche la giurisprudenza amministrativa ha recentemente ribadito il principio secondo cui «l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, prevista dall’art. 7 comma 3, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (ora art. 31 comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001) è, un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale, ed è subordinato unicamente all’accertamento dell’inottemperanza e al decorso del termine di legge (novanta giorni) fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi» (Cons. Stato, sez. IV, sentenza 29 settembre 2017, n. 4547; Cons. Stato, sez. V, 18 dicembre 2002, n. 7030; Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2011, n. 1793).
Con le pronunce citate, i giudici amministrativi hanno ribadito che, dopo aver accertato l'inottemperanza all'ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, il provvedimento di acquisizione gratuita delle opere abusive e dell'area di sedime è consequenziale e, dunque, non è autonomamente impugnabile in mancanza di tempestiva impugnazione dell'ordine stesso (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 29 settembre, 2017 n. 4547; Sez. V, 24 marzo 2011, n. 1793), da cui la conclusione che «E’ inammissibile il ricorso avverso l’atto di acquisizione al patrimonio del Comune delle opere abusive e dell’area di sedime, ex art. 7 comma 3, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (ora art. 31 comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001), in caso di mancata impugnativa dell’atto presupposto, costituito dall’ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi rimasto inottemperato».
Dunque, l’autonomia del provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale e l’automaticità dell’acquisizione alla accertata scadenza del termine per la demolizione, comportano, quale consequenzialità logica che questo non sia autonomamente impugnabile in assenza di impugnazione del medesimo ordine di demolizione, come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa (vedi supra) per il principio di consequenzialità all’inottemperanza all’ordine di demolizione.
Non di meno, secondo i condivisibili arresti della giurisprudenza di legittimità e della giurisprudenza amministrativa, deve ritenersi che non sia autonomamente impugnabile la disposta acquisizione del bene al patrimonio comunale per effetto dell’inottemperanza all’ordine di demolizione nei termini di legge, anche nel caso, qual è quello in scrutinio, in cui non sia stato autonomamente impugnato in via amministrativa il silenzio-rifiuto ovvero il rigetto dell’istanza di concessione in sanatoria, che, come è noto, costituisce elemento che il giudice del merito è incidentalmente tenuto a valutare, ai fini della legittimità dell’adozione del provvedimento acquisitivo ex art. 31 comma 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, dovendo valutare il giudice la situazione giuridica complessiva ovvero se in presenza di istanza di concessione in sanatoria ovvero di impugnazione di silenzio rifiuto, l’eventuale rilascio di provvedimento sia incompatibile con l’acquisizione al patrimonio finalizzata alla demolizione da parte dell’ente pubblico in danno dell’inadempiente.
7.- Nel caso in esame, il Tribunale di Potenza, accertata l’inottemperanza all’ordine di demolizione, notificato il 23/11/2009, entro il termine di legge, rilevato che le due istanze di permesso a costruire in sanatoria, rispettivamente depositate in data 09/02/2010 e 15/10/2013, erano state respinte e che la ricorrente non aveva impugnato, in via amministrativa, né il provvedimento di demolizione, né il provvedimento di rigetto/silenzio rifiuto, ha correttamente disposto l’acquisizione del bene e dell’area di sedime al patrimonio del Comune in conseguenza dell’accertata inottemperanza all’ordine di demolizione del 23/11/2009, non contestato nei suoi presupposti legittimanti avanti all’autorità amministrativa, e correttamente la Corte d’appello ha confermato la predetta statuizione.
8.- In tale situazione, a fronte dell’inottemperanza all’ordine di demolizione notificato il 23/11/2009, non impugnato, e accertato l’inadempimento al medesimo nel termine di novanta giorni per la demolizione, i giudici del merito hanno correttamente disposto l’automatica acquisizione del bene in assenza di autonoma impugnazione dell’ordine di demolizione, ora il provvedimento acquisitivo non è impugnabile. Non rileva, in senso contrario, la circostanza che la ricorrente avesse presentato due istanze di rilascio di concessione in sanatoria per le opere realizzate in assenza di titolo, dopo la prima ordinanza di demolizione, e ciò in quanto le stesse sono state respinte dal Comune.
9.- La ricorrente muove, infatti, da un assunto, non condivisibile, secondo cui la presentazione di un istanza di rilascio di concessione edilizia in sanatoria paralizzerebbe il decorso del termine per la demolizione (cui seguirebbe l’automatica acquisizione al patrimonio del Comune al decorso del termine) e consentirebbe, pur in assenza di impugnazione dell’ordine di demolizione, di impugnare il provvedimento di acquisizione al patrimonio del Comune e che, nel caso di rigetto di richiesta di concessione in sanatoria (che avrebbe l’effetto di paralizzare la demolizione), l’autorità amministrativa dovrebbe riadottare un altro provvedimento demolitorio a partire dal quale dovrebbero decorrere nuovamente i termini per l’adempimento all’obbligo di demolire.
Tale posizione non è condivisibile alla luce dei principi ermeneutici sopra richiamati sulla natura del provvedimento di acquisizione ex art. 31 comma 3 cit. e sulla sua non autonoma impugnabilità, che trovano avvallo nella più recedente giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato.
10. Il ricorso deve essere respinto e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 05/10/2017