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Sez. 3, Sentenza n. 45559 del 14/10/2004 Cc. (dep. 25/11/2004 ) Rv. 230472
Presidente: Dell'Anno P. Estensore: Petti C. Relatore: Petti C. Imputato: Viti. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib. Lucca, 11 Giugno 2004)
EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Permesso in sanatoria - Procedura di definizione - Sospensione dell'azione penale - Misure cautelari reali - Applicabilità - Esclusione - Fondamento.

Sez


Massima (Fonte CED cassazione)
In materia edilizia la sospensione dell'azione penale relativa alle violazioni edilizie, prevista dall'art. 45, comma primo, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, nell'ipotesi di instaurazione del procedimento amministrativo di accertamento di conformità e successivo rilascio del permesso di costruire in sanatoria, non impedisce l'adozione di provvedimenti cautelari reali, atteso che questi per loro natura tendono ad assicurare lo stato delle cose e di regola non ostacolano la conclusione del procedimento di sanatoria.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DELL'ANNO Paolino - Presidente - del 14/10/2004
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 1226
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Consigliere - N. 25947/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Viti Aldo, nato a Forte dei Marmi (Lucca) il 16 maggio del 1935, quale amministratore della Viti Escavazioni S.P.A.;
avverso l'ordinanza del tribunale di Lucca, con cui veniva rigettata l'istanza di revoca del sequestro preventivo di un manufatto in struttura metallica avanzata dal medesimo Viti;
udita la relazione del consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale nella persona del Dott. Gioacchino Izzo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Adriano Martini, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso;
letti gli atti;
OSSERVA IN FATTO
Il g.i.p. presso il tribunale di Lucca, in data 30 aprile 2004, ad istanza del P.M. disponeva il sequestro preventivo di un manufatto in struttura metallica della superficie di circa 550 mq realizzato su un'area industriale sita in Pietrasanta (Lucca), di proprietà della P.A.L. s.p.a.. e concessa in locazione alla VITI Escavazioni s.p.a., perché realizzato in assenza di permesso. Il Tribunale di Lucca, adito su richiesta della VITI Escavazioni, confermava il provvedimento di sequestro rilevando che, trattandosi di capannone di nuova costruzione, era necessario il permesso di costruire non essendo sufficiente la denuncia d'inizio attività; che la tesi difensiva, secondo la quale quel manufatto costituiva la semplice copertura di una macchina industriale anzi esso stesso faceva parte della macchina, era rimasta sprovvista di prove;che sussisteva il periculum in mora anche se il manufatto era stato ultimato perché, secondo l'orientamento espresso dalla Sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. Sez. un n. 12878 2003, Innocenti),l'opera abusiva continuava "a proiettare le sue conseguenze negative sul regolare assetto del territorio perpetuando nel tempo l'offesa del bene tutelato".
Ricorre per cassazione la Viti Escavazioni s.p.a. lamentando:
a) carenza dei presupposti per l'applicazione della misura cautelare, trattandosi di manufatto già ultimato che non arrecava ulteriori danni al territorio avuto riguardo alla circostanza che era stato realizzato in una zona industriale adibita specificamente ed esclusivamente all'insediamento di opifici industriali;
b) violazione degli artt. 3 e 4 della L R. Toscana n. 52 /99 posto che l'articolo 4 della legge citata ritiene sufficiente la D.I.A. anche per gli interventi diretti, come quello in questione, qualora disciplinati dai Regolamenti Urbanistici Vigenti;
c) violazione della direttiva 98/37 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998(cosiddetta direttiva macchina) in quanto quella in questione non è un'opera edile, ma una "macchina"che costituisce parte integrante del complesso e non un semplice capannone, tanto è vero che non esiste alcun ingresso;
d) violazione degli artt. 45 e 36 D.P.R. 380 del 2001 per l'omessa sospensione del procedimento penale a seguito della presentazione dell'istanza di attestazione della conformità dell'opera agli strumenti urbanistici.
DIRITTO
Il collegio ritiene opportuno esaminare preliminarmente le censure relative alla configurabilità del reato ed alla necessità di sospendere il procedimento, perché logicamente prioritarie, e di valutare dopo quella relativa al difetto di motivazione in ordine alla mancanza delle esigenze cautelari.
Tutte le censure relative al cosiddetto fumus commissi delicti ed alla necessità di sospendere il processo nell'attesa del completamento della procedura amministrativa per il rilascio del permesso in sanatoria sono infondate.
In proposito va anzitutto precisato che la presentazione della domanda per ottenere la sanatoria, pur imponendo a norma dell'articolo 45 del D.P.R. n. 380 del 2001 la sospensione dell'azione penale fino all'esaurimento del procedimento amministrativo, non impedisce l'adozione di provvedimenti cautelari i quali per la loro natura mirano a mantenere fermo lo stato delle cose e non ostacolano, in linea di massima, le finalità della sospensione. Invero, quest'ultima mira ad evitare che si pervenga ad una condanna per reati che potrebbero essere dichiarati estinti mentre il sequestro è diretto a non consentire all'interessato, mediante la presentazione di una domanda alla quale non si possa dare seguito o alla quale non segua l'intero pagamento dell'oblazione, di portare avanti l'opera abusiva o comunque di trarre dalla stessa profitto (cfr. Cass. sez. 3^, 5 marzo 1996 n. 556; 10 dicembre 2003 n. 47117; 9 gennaio 2004 n. 291).
La costruzione del manufatto in questione, a norma dell'articolo 10 D.P.R. n. 380 del 2001, richiedeva il permesso di costruire trattandosi di nuova costruzione. Invero costituisce attività soggetta al rilascio di permesso ogni intervento comportante una modificazione urbanistica ed edilizia del territorio. Il concetto di intervento non comprende le sole attività di edificazione, ma tutte quelle consistenti comunque in una modifica dello stato materiale e della conformazione del suolo, per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica(cfr per una fattispecie analoga Cass. sez. 3^ n. 9138 del 2000).
Nel caso in esame, contrariamente all'assunto del ricorrente, non era possibile un intervento diretto perché tale intervento è subordinato all'approvazione del piano attuativo ex art. 22 comma terzo lett. b) D.P.R. n. 380 del 2001, piano attuativo che nella fattispecie manca, come emerge dall'ordinanza impugnata (cfr. provvedimento impugnato alla pag. 2).
Fondata è invece la prima censura, con cui si lamenta difetto di motivazione in merito alla sussistenza delle esigenze cautelari trattandosi di opera già ultimata. Invero, il tribunale ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari perché "l'utilizzazione del bene sicuramente aggrava e prolunga la lesione dell'equilibrio urbanistico del territorio ed aggrava ulteriormente i cosiddetti carichi urbanistici sulle infrastrutture preesistenti". Si tratta di una motivazione, all'evidenza,meramente apparente che non tiene conto dei principi fissati dalle Sezioni unite di questa corte con la sentenza n. 12878 del 2003, che pure è stata richiamata dal tribunale, e soprattutto non tiene conto della situazione concreta. Nella decisione richiamata dallo stesso tribunale le Sezioni unite hanno precisato che il pericolo, attinente alla libera disponibilità del bene, deve presentare i caratteri della concretezza e dell'attualità ed hanno sottolineato altresì che, ancorché manchi per le misure cautelari reali una previsione esplicita di concretezza come quella codificata per le misure sulla libertà personale alla lettera c) dell'art. 274 c.p.p., è nella fisiologia del sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., quale misura anch'essa limitativa di libertà costituzionalmente garantite, che il pericolo debba essere contrassegnato dalla effettività e dalla concretezza. Pertanto, spetta al giudice di merito con adeguata motivazione compiere una attenta valutazione del pericolo derivante dal libero uso della cosa pertinente all'illecito penale. In particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità' attuale della cosa da parte dell'indagato o di terzi possano implicare un' effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto ovvero costituiscano un elemento neutro sotto il profilo dell'offensività. In altri termini, il giudice deve determinare, in concreto, il livello di pericolosità che la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all'oggetto della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare. In particolare, nel caso d'ipotizzato aggravamento del c.d. carico urbanistico, va delibata in fatto tale evenienza sotto il profilo della reale consistenza ed intensità del pregiudizio paventato,tenendo conto della situazione esistente al momento dell'adozione del provvedimento coercitivo. Nell'ambito di siffatto accertamento, possono venire in rilievo gli interventi di competenza della Pubblica Amministrazione in relazione alla sanatoria di costruzioni edificate senza concessione urbanistica ma conformi agli strumenti urbanistici,posto che tale situazione potrebbe comportare il venir meno del "periculum in mora".
Nella fattispecie non si è motivato sulle concrete esigenze cautelari e non si è tenuto conto della circostanza che il manufatto si trova in una zona industriale adibita esclusivamente all'installazione di opifici nonché della presentazione della domanda diretta ad ottenere l'attestazione di conformità dell'opera agli strumenti urbanistici. Pertanto l'ordinanza impugnata va annullata per difetto di motivazione sul punto con conseguente trasmissione degli atti al tribunale di Lucca per un nuovo esame. P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'articolo 623 c.p.p..
Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e rinvia al tribunale di Lucca per un nuovo esame sul punto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Penale, il 14 ottobre 2004.
Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2004