Pres. Lupo Est. Lombardi Ric. Pomarolli
Urbanistica. Ignoranza sul titolo abilitativo richiesto
Le disposizioni in materia di sicurezza non esonerano il loro destinatario dall'obbligo di osservare le altre prescrizioni imposte dalla normativa che disciplina l'attività finalizzata alla realizzazione anche di quanto previsto per ragioni di sicurezza.
SENTENZA N. 690
REG. GENERALE N.29563/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
III SEZIONE PENALE
composta dagli Ill.mi Signori:
Presidente Dott. Ernesto Lupo
Consigliere
Ciro Petti
Alfredo Maria Lombardi
Aldo Fiale
Margherita Marmo
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto da Pomarolli Eraldo, n. a Salorno il 12.5.19M,
avverso la sentenza in data 7.4.2005 della Corte di Appello di Trento,
sezione distaccata di Bolzano, con la quale, in parziale riforma di
quella del Tribunale di Bolzano in data 7.5.2004, venne condannato alla
pena di giorni venti di arresto ed € 3.500,00 di ammenda,
quale colpevole del reato di cui all'art. 20 lett. b) della L. n. 47/85.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo
Maria Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Vittorio
Meloni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Enrico Falcolini, che ha concluso per
l'annullamento senza rinvio della sentenza per prescrizione;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Trento, sezione
distaccata di Bolzano, ha confermato la pronuncia di colpevolezza di
Pomarolli Eraldo in ordine al reato di cui all'art. 20 lett. b) della
L. n. 47/85, ascrittogli per avere realizzato due verande ed un vano
deposito per le bombole di gas senza il permesso di costruire.
La sentenza ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante
aveva dedotto di avere eseguito i manufatti di cui alla contestazione
versando in errore scusabile sulla legge penale, nonché la
natura precaria delle opere e la estinzione del reato per prescrizione.
La Corte territoriale ha, invece, accolto il subordinato motivo
afferente alla pena inflitta dal giudice di primo grado,
rideterminandola nella misura precisata in epigrafe.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che la denuncia per
mancanza, manifesta illogicità della motivazione,
nonché per l'omessa valutazione di prove decisive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico mezzo di annullamento il ricorrente deduce che la sentenza
impugnata ha escluso l'applicabilità, nel caso in esame,
degli art. 5 e 47 c.p. ed in particolare il legittimo affidamento
dell'imputato sull'operato della pubblica amministrazione con
motivazione illogica, essendosi riconosciuto nella stessa sentenza che
l'amministrazione comunale di Ora, imponendo all'imputato l'esecuzione
di alcune migliorie sulla piccolissima azienda da lui rilevata, aveva
fatto "strame" del principio di buona amministrazione; che, peraltro, i
giudici di merito hanno ritenuto applicabile il principio della buona
fede con riferimento alla realizzazione da parte dell'imputato di una
cella frigorifero.
Si aggiunge che la predisposizione di un vano deposito delle bombole di
gas è previsto, per ragioni di sicurezza, dalla circolare
del Ministero degli Interni n. 74 del 20 settembre 1965.
Con lo stesso motivo di gravame si denuncia inoltre la omessa
valutazione delle risultanze processuali dalle quali era emersa prova
della preesistenza dei due gazebo di cui alla contestazione, con la
conseguenza che l'imputato si era limitato a ricostruire due manufatti
preesistenti, nonché prova che la struttura risultava
risalente al 1998.
Si deduce, infine, che i predetti gazebo avevano natura di opere
precarie, sia in considerazione dei materiali utilizzati per la loro
realizzazione (tubolari in alluminio con copertura in PVC), sia
perché destinati ad essere rimossi alla scadenza del
contratto stipulato dall'imputato per la gestione della piccola
azienda, costituita da un posto di ristoro al margine della strada.
Il ricorso non è fondato.
Osserva la Corte, in relazione alla prima censura del ricorrente,
afferente alla buona fede dell'imputato, per avere versato in errore
scusabile sulla legge penale quale conseguenza del comportamento
contraddittorio dell'amministrazione comunale di Ora, che la sentenza
impugnata ha rigettato il corrispondente morivo di gravame con
motivazione esaustiva ed immune da vizi logici.
Si è, infatti, osservato che un imprenditore non poteva
ignorare che per realizzare due verande, peraltro di rilevante
superficie, ed un deposito per bombole di gas occorre il permesso di
costruire, sicché si è ritenuto dai giudici di
merito, con valutazione non censurabile in sede di
legittimità, che l'azione della pubblica amministrazione, in
ogni caso, non poteva ritenersi idonea a indurre in errore l'imputato,
in considerazione delle sue qualità personali, sulla
necessità che l'esecuzione degli interventi edilizi di cui
si tratta fosse preceduta dall'apposito permesso di costruire, previsto
attualmente del DPR n. 380/2001 ed in precedenza dalla normativa di cui
alla L. n. 47/85.
Con riferimento alla prescrizione della circolare ministeriale citata
dal ricorrente circa la necessità di predisporre un riparo
adeguato per le bombole di gas, è agevole rilevare che le
disposizioni in materia di sicurezza non esonerano il loro destinatario
dall'obbligo di osservare le altre prescrizioni imposte dalla normativa
che disciplina l'attività finalizzata alla realizzazione
anche di quanto previsto per ragioni di sicurezza.
I rilievi del ricorrente circa la natura precaria dei gazebo sono stati
già respinti dalla sentenza impugnata con motivazione
esaustiva e conforme ai principi di diritto enunciati da questa Suprema
Corte in materia, secondo i quali qualsiasi opera, indipendentemente
dai materiali con i quali è stata realizzata, necessita del
permesso di costruire allorché risulti destinata a
soddisfare esigenze durature nel tempo, quale l'esercizio
dell'attività di ristorazione gestita dall'imputato.
I rilievi con i quali è stata dedotta la preesistenza dei
manufatti, sotto il profilo della omessa valutazione di risultanze
probatorie, sono da un lato inconferenti, in quanto la ricostruzione di
manufatti preesistenti richiede, in ogni caso, il permesso di
costruire, se le opere preesistenti non erano state realizzate
legittimamente, e dall'altro costituiscono censure in punto di fatto.
Peraltro, la sentenza impugnata ne ha escluso la preesistenza.
L'ulteriore doglianza circa la prescrizione del reato è
stata già respinta dalla sentenza impugnata, mentre la
censura del ricorrente sul punto è di natura esclusivamente
fattuale e, perciò, anche essa inammissibile in sede di
legittimità.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 6.3.2007.