TAR Campania (NA) n. 4495 del 26 settembre 2011
Rifiuti. Tariffa

La legittimazione a ricorrere in tema di tariffa rifiuti può spettare al Comune, quale ente esponenziale della comunità municipale, solo nei casi in cui esso agisca a tutela di interessi collettivi, purché si tratti di un interesse differenziato e qualificato che ruoti attorno all'incidenza sul territorio comunale dei provvedimenti impugnati. In altri termini, occorre vagliare se l’attività di determinazione del costo per tonnellata di rifiuti indifferenziati leda in qualche modo la sfera giuridica delle funzioni istituzionalmente individuate dalla legge in capo ai comuni.

 

 

N. 04495/2011 REG.PROV.COLL.

N. 04335/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 4335 del 2011, proposto da:
COMUNE DI SANT’ARPINO, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Agostino Cerullo ed Eugenio Goglia, con i quali è elettivamente domiciliato in Napoli alla Via G. Orsi n. 50 presso l’Avv. Pasquale Alesio;

contro

PROVINCIA DI CASERTA, rappresentata e difesa dall'Avv. Mario R. Spasiano, con il quale è elettivamente domiciliata presso il suo studio in Napoli al Corso Vittorio Emanuele n. 110/2;

nei confronti di

GISEC S.p.A. – Gestione Impianti e Servizi Ecologici Casertani, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

a) della nota dirigenziale del settore ambiente, ecologia e gestione rifiuti della Provincia di Caserta prot. n. 54608 del 6 maggio 2011, avente ad oggetto “Comunicazione costo relativo alla quota tariffa di competenza provinciale anno 2011”;

b) della deliberazione di Giunta Provinciale della Provincia di Caserta n. 59 del 29 aprile 2011, recante la definizione del costo relativo alla quota tariffa di competenza provinciale della TARSU/TIA per l’esercizio finanziario 2011, riferito alle funzioni esercitate dall’amministrazione provinciale nell’ambito del ciclo integrato dei rifiuti, ossia il trattamento, lo smaltimento ovvero il recupero dei rifiuti indifferenziati;

c) della proposta elaborata dal settore ambiente, ecologia e gestione rifiuti della Provincia di Caserta, allegata alla deliberazione di cui sopra;

d) degli atti preordinati, connessi e consequenziali.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 settembre 2011 il dott. Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

 

Ritenuto che ricorrono le condizioni per la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

1. Con il gravame in trattazione, il Comune ricorrente impugna la deliberazione di Giunta Provinciale della Provincia di Caserta n. 59 del 29 aprile 2011, recante la determinazione del costo per la gestione dei rifiuti indifferenziati e della conseguente tariffa relativa all’anno 2011, in virtù dell’articolo 11, comma 5 bis, del d.l. 195 del 2009, convertito in legge n. 26 del 2010.

Il ricorrente chiede l’annullamento della delibera impugnata, unitamente agli atti indicati in epigrafe connessi alla determinazione tariffaria, per difetto di istruttoria e motivazione, contestando, in particolare, l’ammontare dei costi di trattamento dei rifiuti definiti con riguardo alle spese assorbite dal Consorzio Unico di Bacino, dalla GISEC S.p.A. e dalla gestione complessiva degli impianti e delle discariche provinciali; si duole, infine, del fatto che è mancata qualsiasi forma di partecipazione, interpello o intesa con i Comuni interessati, in violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 e della normativa nazionale e regionale di settore, in base alla quale la Provincia è tenuta a coinvolgere le amministrazioni comunali nei procedimenti determinativi delle tariffe sui rifiuti e delle relative modalità di riscossione.

La Provincia di Caserta resiste in giudizio, eccependo l'inammissibilità del ricorso e concludendo per la sua infondatezza nel merito.

1.1 Occorre preliminarmente scrutinare l’eccezione di competenza funzionale sollevata dalla difesa provinciale.

L’eccezione è infondata.

In base all’art. 135, comma 1, lett. e), in relazione all’art. 14, comma 1, del codice del processo amministrativo approvato con d. lgs. n. 104 del 2010, è devoluta alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, la cognizione delle controversie di cui all’art. 133, comma 1, lett. p), in materia di giurisdizione esclusiva con riferimento a “… le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti …”.

Merita osservare che tale previsione appare in conflitto con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza della legge; infatti la deroga agli ordinari canoni di riparto tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondati sulla efficacia territoriale dell’atto e sulla sede dell’autorità emanante, non appare sorretta da alcun adeguato fondamento giustificativo e si risolve, perciò, in una manifesta violazione di quel principio di ragionevolezza che costituisce limite alla discrezionalità legislativa in materia di determinazione della competenza territoriale, tanto che sul punto il Collegio ha sollevato questione di legittimità costituzionale tuttora pendente.

In ogni caso la evocata competenza inderogabile ha natura eccezionale ed è di stretta interpretazione e pertanto non è applicabile in via analogica a tutti i provvedimenti che, come nella specie, non incidano sull’attività di gestione dei rifiuti, tenuto conto che il tema della controversia attiene alle modalità di computo dei costi al fine di determinare la tariffa relativa allo smaltimento dei rifiuti indifferenziati.

La controversia, infatti, riguarda l’impugnativa degli atti di carattere generale recanti le determinazioni regolamentari e tariffarie, aventi natura essenzialmente autoritativa ed è pertanto devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. Cass., sez. un., 1/3/2002, n. 3030).

In proposito, il Consiglio di Stato in sede di regolamento di competenza ha già precisato che la succitata norma derogatoria della competenza concerne la concreta attività di gestione in senso stretto del ciclo di rifiuti e non atti e procedimenti solo indirettamente collegati a quella attività, quali le procedure di gara (C.d.S. ord. n. 586 del 2011); a maggior ragione, dunque, esulano dalla competenza del Tribunale amministrativo del Lazio le controversie concernenti le tariffe del servizio.

2. Occorre poi vagliare l’ eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva in capo all’amministrazione comunale, parimenti formulata dalla difesa provinciale.

L’eccezione merita favorevole apprezzamento nei limiti di seguito indicati.

Nel processo amministrativo, la legittimazione ad impugnare un atto amministrativo deve essere di norma direttamente correlata ad una situazione giuridica sostanziale che sia lesa dal provvedimento e postula l'esistenza di un interesse diretto, attuale e concreto del ricorrente all'annullamento dell'atto, non essendo ammessa (salvo i casi espressamente previsti) un'azione popolare, ossia un'azione volta ad ottenere un mero controllo oggettivo della legittimità dell'atto amministrativo da parte del giudice, che sarebbe in contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa, ed anche costituzionale, hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa (cfr. Cons. St., sez. VI, 29/5/2008, n. 2546).

Secondo il modello delineato in via eccezionale e temporalmente definita dal d.l. 195 del 2009, convertito nella legge n. 26 del 2010, in Campania i Presidenti delle province sono investiti del compito di fissare la tariffa provinciale per lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati, con obbligo di copertura integrale dei costi mediante imposizione dei relativi oneri a carico dell’utenza.

Se ne inferisce che la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti, benché formalmente unitaria, si compone di due voci distinte e separate, la prima di competenza provinciale (volta a coprire gli oneri derivanti dal trattamento, smaltimento e recupero dei rifiuti) e la seconda di spettanza comunale (per le residue voci di costo di raccolta e trasporto sopportate a livello locale). Non a caso l’articolo 11, comma 5 ter, del d.l. 195 del 2009, prescrive che il titolo di pagamento nei confronti del contribuente riporti le causali degli importi dovuti rispettivamente all’amministrazione comunale e a quella provinciale e che l’incasso relativo a queste due voci venga accreditato su conti separati, uno intestato alla Provincia e l’altro intestato al Comune.

In questa cornice, la partecipazione dei Comuni alla formazione complessiva della tariffa non vale di per sé a fondare la legittimazione a contestare l’esercizio da parte della Provincia di competenze sostanziali proprie ed autonome non incise dal modello di tariffazione congiunta.

Con l’ iniziativa giudiziaria in esame, invero, il Comune – salvo quanto appresso si dirà al punto 3 -non contesta la lesione di proprie competenze né la spettanza in capo alla Provincia delle prerogative ex lege attribuite alla stessa in ordine alla gestione ed all'affidamento del servizio in questione, ma contesta la correttezza delle modalità dell'esercizio delle competenze provinciali, con precipuo riguardo alla presunta lesione inferta sotto il profilo economico ai singoli cittadini utenti del servizio, proponendo sostanzialmente un’azione surrogatoria nell’interesse del singolo utente inciso (anche non cittadino del Comune ricorrente).

Ritiene il Collegio che la legittimazione a ricorrere possa spettare al Comune, quale ente esponenziale della comunità municipale, solo nei casi in cui esso agisca a tutela di interessi collettivi, purché si tratti di un interesse differenziato e qualificato che ruoti attorno all'incidenza sul territorio comunale dei provvedimenti impugnati. In altri termini, occorre vagliare se l’attività di determinazione del costo per tonnellata di rifiuti indifferenziati leda in qualche modo la sfera giuridica delle funzioni istituzionalmente individuate dalla legge in capo ai comuni.

In questa prospettiva è stata riconosciuta la legittimazione in capo all'ente territoriale, in quanto esponenziale degli interessi della popolazione locale, ad insorgere avverso il provvedimento ministeriale che destini al museo di altro comune beni archeologici già esposti in musei del proprio territorio (C.d.S. n. 3066 del 2008); avverso il provvedimento di localizzazione di una discarica di rifiuti (C.d.S. n. 1725 del 2008); avverso il provvedimento di autorizzazione all'esercizio di un centro di stoccaggio provvisorio di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (C.d.S. n. 695 del 2006).

Nella specie, invece, non è dubitabile che la determinazione tariffaria gravi sui singoli cittadini della provincia di Caserta, quali utenti e beneficiari del servizio di gestione dei rifiuti indifferenziati, mentre non è ravvisabile quella peculiare lesione di una comunità territorialmente localizzata che sola può giustificare un intervento dell’ente territoriale.

Se è incontestabile che i provvedimenti impugnati abbiano una notevole incidenza e pesanti riflessi sui costi del servizio pubblico di gestione dei rifiuti, servizio che riguarda la collettività comunale di cui l’amministrazione ricorrente è ente esponenziale (cfr. C.d.S., sez. V, 26 agosto 2009 n. 5082), tuttavia non può ammettersi nel nostro ordinamento una azione surrogatoria da parte di un soggetto esponenziale ogni volta che il provvedimento impugnato abbia una incidenza diretta ed immediata nella sfera giuridica di altri soggetti giuridici, i quali soltanto subiscono il pregiudizio economico derivante dalla supposta erronea determinazione delle voci di costo dello smaltimento dei rifiuti. A costoro dunque, e solo ad essi, è concessa la facoltà (e l’onere) di contestare la determinazione tariffaria.

L'interesse della popolazione, della quale il Comune costituisce ente esponenziale, riguarda piuttosto la fruizione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti indifferenziati, il quale deve essere garantito mediante adeguate misure di organizzazione e gestione, in relazione alla quale è postulabile una legittimazione dell’amministrazione comunale (cfr. C.d.S. n. 5082 del 2009, in cui la legittimazione del Comune è ammessa perché vengono in contestazione le competenze istituzionali del Comune e il modello di gestione del servizio).

La determinazione tariffaria, lungi dall’interferire con la corretta amministrazione del servizio, costituisce il presupposto regolatorio dei rapporti patrimoniali intercorrenti fra il cittadino-utente e le amministrazioni titolari del servizio.

In senso contrario una recente pronuncia (C.d.S. n. 8686 del 2010) ha ritenuto che gli enti territoriali siano effettivamente soggetti ai quali, dopo la riforma del titolo V della Costituzione con il connesso principio di sussidiarietà, sia stata assegnata la funzione di cura concreta degli interessi della collettività di riferimento. Secondo tale impostazione, se è ben vero che la natura di ente territoriale consente di riconoscere per implicito la natura di soggetto di riferimento della comunità locale, ciò non esclude la permanente necessità di ricercare, in analogia con le associazioni private, gli ulteriori elementi che fondino la legittimazione, laddove si tratti di materie non direttamente conferite agli enti territoriali dalla legge, in quanto attributari di poteri generali di tutela degli interessi rilevanti per la collettività stanziata. Fra gli indici rivelatori è menzionato il decreto legislativo 20 dicembre 2009 n.198 “Attuazione dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici”, normativa ancora non del tutto applicabile, in assenza dei decreti di attuazione, ma dalla quale sarebbe possibile cogliere criteri testuali cui ancorare la ricerca degli elementi ulteriori di legittimazione valevoli, in questo caso, per gli enti territoriali.

Afferma l’art. 1 del testo normativo in esame che: “Al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio, con le modalità stabilite nel presente decreto, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi”.

Seguendo il ragionamento esposto, ove gli enti esponenziali di collettività territoriali agiscano per difendere i singoli cittadini da loro amministrati dalle conseguenze economiche dell’aumento del costo dell’utilizzo di un servizio pubblico, si è in presenza di un danno economico che configura pienamente quella lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, a cui fa riferimento il testo normativo. Da qui il riconoscimento, in concreto, della legittimazione ad agire degli enti territoriali coinvolti.

In senso contrario, tuttavia, va osservato che la sussidiarietà in senso verticale attiene al riparto delle competenze e delle funzioni pubbliche secondo un criterio di prossimità al cittadino destinatario, nel rispetto delle norme costituzionali e ordinarie; come precisato, peraltro, nella stessa decisione innanzi ricordata, nessuna norma attribuisce ai Comuni la legittimazione ad impugnare tributi, tariffe o altre imposizioni economiche gravanti sui singoli residenti, così come è impraticabile ogni riferimento alla rappresentanza politica.

A sua volta la sussidiarietà in senso orizzontale depone in senso contrario alla soluzione affermata, dal momento che essa è finalizzata a promuovere e sostenere i cosiddetti corpi intermedi, le associazioni spontanee dei cittadini per la realizzazione e tutela dei loro interessi e non certamente per sostituirsi e sovrapporsi ad essi.

Per le stesse ragioni, evidentemente, non è significativo il richiamo al d.lgs. n. 198 del 2009, poiché il rafforzamento della tutela del singolo utente o consumatore mediante il riconoscimento della legittimazione ad agire ad associazioni od organizzazioni private rappresentative esclude già in via di principio che analoghe rappresentatività e legittimazione possano riconoscersi al Comune di appartenenza.

La nuova normativa evocata, invero, in linea con la normativa di riconoscimento delle class actions, amplifica i poteri delle associazioni di consumatori, ontologicamente ben distinte dagli enti territoriali, figure ordinamentali necessarie e connotate da poteri e funzioni stabiliti da norme costituzionali ed ordinarie.

Ancora, va di contro sottolineato che l'interesse collettivo della comunità comunale non può coincidere con l'interesse individuale dei soggetti di cui è composta la categoria dei cittadini utenti del servizio, perché questo è perseguibile direttamente dal soggetto che ne è titolare esclusivo.

L’interesse diffuso o collettivo trascende il singolo cittadino per riferirsi alla comunità nel suo complesso, esso è di tutti e di nessuno singolarmente considerato (come l’interesse alla tutela dell’ambiente o dei beni archeologici, al governo del territorio, il diritto alla salute e simili); esso, sebbene riferibile ad una categoria di soggetti (i componenti la comunità locale), deve trascendere i singoli interessi, non potendo rappresentare la mera sommatoria di interessi individuali, che sono singolarmente tutelabili (cfr. C.d.S. n. 3586 del 2007).

In questa cornice, il Comune, in collaborazione con la Provincia, è incaricato di determinare, sulla base dei distinti oneri corrispondenti ai rispettivi servizi di competenza, gli importi dovuti dai contribuenti a copertura integrale dei costi derivanti dal complessivo ciclo di gestione dei rifiuti. L’atto di determinazione dei costi sopportati dalla Provincia rappresenta un autonomo segmento procedimentale che si inserisce in un più ampio e complesso procedimento di formazione della tariffa sperimentale, la cui delibazione è affidata alla competenza concorrente dei due enti locali ed il cui esito finale è l’elaborazione dell’importo tariffario che grava su ogni singolo utente. Le amministrazioni, dunque, non sono in posizione di contrapposizione, ma concorrono, ognuna per il suo specifico ambito di attribuzione, alla determinazione dell’importo tariffario finale.

Pertanto, alla luce delle considerazioni esposte, l’impugnativa va dichiarata parzialmente inammissibile per difetto di legittimazione a ricorrere in capo all’amministrazione comunale.

3. Sono invece ammissibili ma infondate le censure con le quali il Comune lamenta che il provvedimento tariffario è stato adottato senza consentirgli di esercitare il proprio diritto a partecipare al procedimento.

Nel merito di tali censure, deve osservarsi che l’art. 11, co. 5 bis, del decreto legge n. 195 del 2009 prevede che: “per gli anni 2010 e 2011, nella regione Campania, in fase di prima attuazione ed in via provvisoria e sperimentale, la TARSU e la TIA sono calcolate dai comuni sulla base di due distinti costi: uno elaborato dalle province, anche per il tramite delle società provinciali, che forniscono ai singoli comuni ricadenti nel proprio ambito territoriale le indicazioni degli oneri relativi alle attività di propria competenza afferenti al trattamento, allo smaltimento ovvero al recupero dei rifiuti, ed uno elaborato dai comuni, indicante gli oneri relativi alle attività di propria competenza di cui al comma 2-ter. I comuni determinano, sulla base degli oneri sopra distinti, gli importi dovuti dai contribuenti a copertura integrale dei costi derivanti dal complessivo ciclo di gestione dei rifiuti. Per la corretta esecuzione delle previsioni recate dal presente comma, le amministrazioni comunali provvedono ad emettere, nel termine perentorio del 30 settembre 2011, apposito elenco, comprensivo di entrambe le causali degli importi dovuti alle amministrazioni comunali e provinciali per gli anni 2010 e 2011”.

La norma è chiara ed inequivocabile nel definire le competenze di amministrazioni comunali e provinciali relativamente alla determinazione delle tariffe.

Pertanto, le critiche del Comune ricorrente vanno senza dubbio respinte, risolvendosi essenzialmente in una contestazione rivolta contro la citata disposizione di legge, nella parte in cui regola la distribuzione delle competenze ed affida alle amministrazioni comunali ed a quelle provinciali compiti distinti senza reciproca interferenza.

4. Il Collegio stima equo disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio, attesa la delicatezza degli interessi coinvolti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile ed in parte lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 14 settembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

 

Antonio Guida, Presidente

Michele Buonauro, Primo Referendario

Carlo Dell'Olio, Primo Referendario, Estensore





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/09/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)