TAR Piemonte (BS), Sez. I, n. 795, del 4 giugno 2015
Rifiuti.L’idrobios (carniccio) è idoneo alla produzione di biogas
L’idrobios (carniccio) è idoneo alla produzione di biogas, perché la disciplina comunitaria consente di utilizzare a questo scopo i sottoprodotti animali di categoria 3 (art. 10 e 14-f del Reg. CE 21 ottobre 2009 n. 1069/2009). La qualificazione come sottoprodotto esclude che l’idrobios possa essere assimilato ai rifiuti. La natura di sottoprodotto deriva, oltre che dalla diretta qualificazione comunitaria, anche dal fatto che l’idrobios è commercializzato come fertilizzante e dunque non è una sostanza di cui il produttore voglia sbarazzarsi. La possibilità che venga commercializzato idrobios contenente inquinanti non può essere esclusa, ma il principio di precauzione deve essere temperato dal principio di proporzionalità: di conseguenza, non si può estendere direttamente la disciplina del trattamento dei rifiuti, ma le prescrizioni allegate all’autorizzazione dell’impianto e i controlli nel corso dell’esercizio, devono applicare i medesimi limiti di emissione previsti per i rifiuti, in relazione agli inquinanti che si presume possano essere presenti nell’idrobios. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00795/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00556/2012 REG.RIC.
N. 00692/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 556 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
ANTONIO COSTA, CARLO GRASSI, FABRIZIO BONI, rappresentati e difesi dall'avv. Paola Brambilla, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;
contro
PROVINCIA DI MANTOVA, rappresentata e difesa dagli avv. Eloisa Persegati Ruggerini e Francesco Noschese, con domicilio eletto presso il secondo in Brescia, via Spalto San Marco 1/A;
SOCIETÀ AGRICOLA CURTATONE BIOGAS SRL, non costituitasi in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 692 del 2014, proposto da:
ANTONIO COSTA, CARLO GRASSI, FABRIZIO BONI, rappresentati e difesi dall'avv. Paola Brambilla, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;
contro
PROVINCIA DI MANTOVA, rappresentata e difesa dall'avv. Eloisa Persegati Ruggerini, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;
SOCIETÀ AGRICOLA CURTATONE BIOGAS SRL, non costituitasi in giudizio;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 556 del 2012:
- della determinazione dirigenziale n. 21/42 del 27 febbraio 2012, che ha autorizzato la realizzazione e l’esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica alimentato dal fonti rinnovabili nel Comune di Curtatone, in strada Sacca 24/a;
- della determinazione dirigenziale n. PD/1603 del 1 ottobre 2014, con la quale sono stati convalidati i precedenti provvedimenti autorizzativi;
quanto al ricorso n. 692 del 2014:
- della determinazione dirigenziale n. PD/2100 del 19 dicembre 2013, con la quale sono state introdotte modifiche non sostanziali al medesimo impianto;
Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli l'atti di costituzione in giudizio della Provincia di Mantova;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 marzo 2015 il dott. Mauro Pedron;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La Provincia di Mantova con determinazione dirigenziale n. 21/42 del 27 febbraio 2012 ha autorizzato ai sensi dell’art. 12 del Dlgs. 29 dicembre 2003 n. 387 la realizzazione e l’esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili (biogas) nel Comune di Curtatone, in strada Sacca 24/a.
2. Il progetto, presentato dalla controinteressata società agricola Curtatone Biogas srl, indica una potenzialità elettrica pari a 999 kWe e una potenzialità termica pari a 2.462 kWt. Lo schema dell’impianto prevede due fermentatori anaerobici, ciascuno con volume pari a 2.285 mc, un post-fermentatore anaerobico con volume pari a 2.285 mc, e un motore Jenbacher JGS 320 GS-BL endotermico a ciclo otto, direttamente accoppiato a un generatore elettrico trifase sincrono Stamford PE 734 C2. Il biogas utilizzato nell’impianto è prodotto dall’insilato di mais e dall’insilato di triticale.
3. Contro l’autorizzazione i ricorrenti Antonio Costa, Carlo Grassi e Fabrizio Boni, che risiedono in frazione Buscoldo (precisamente, in edifici che distano tra i 300 e i 900 metri dal sito dell’impianto), hanno proposto impugnazione con atto notificato il 2 maggio 2012 e depositato il 17 maggio 2012 (ricorso n. 556/2012). Le censure sono così sintetizzabili:
(i) violazione della procedura ex art. 12 del Dlgs. 387/2003, in quanto non è stata chiaramente evidenziata la posizione degli enti che hanno partecipato alla conferenza di servizi del 30 novembre 2011, e alcuni contributi sono stati acquisiti al di fuori della predetta conferenza;
(ii) difetto di motivazione sulla localizzazione dell’impianto, sia sotto il profilo urbanistico (l’area è in parte agricola di tutela e in parte agricola di pregio naturalistico), sia relativamente alla vicinanza del centro abitato di Buscoldo;
(iii) difetto di istruttoria sull’inquinamento (a corto e a lungo raggio) prodotto dall’impianto, nonché sui trasporti necessari ad alimentare l’impianto, e sulle molestie olfattive.
4. In seguito la Provincia, previa convocazione di una nuova conferenza di servizi, ha modificato l’autorizzazione con determinazione dirigenziale n. PD/2100 del 19 dicembre 2013. Le modifiche sono definite non sostanziali. In particolare, allo scopo di ridurre la quantità di biomasse vegetali impiegate nella produzione di biogas, è stato autorizzato anche l’utilizzo di altre matrici, quali idrobios (ammendante agricolo ottenuto da idrolisi di sottoprodotti di origine animale), CH4 Under (miscela di farina di granoturco, panello di germe di granoturco, crusca di grano tenero, e melasso di canna), marcomela (sottoprodotto della lavorazione delle mele), e melasso (sottoprodotto della lavorazione delle barbabietole da zucchero).
5. Contro l’integrazione dell’autorizzazione i ricorrenti hanno presentato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, poi trasposto in sede giurisdizionale con atto depositato il 20 giugno 2014 (ricorso n. 692/2014). Le censure possono essere sintetizzate come segue:
(i) mancato svolgimento della procedura di VIA, che invece sarebbe necessaria per l’effetto aggregato dell’inquinamento prodotto dall’impianto in questione e dalle altre fonti di inquinamento presenti in zona, per la natura sostanziale di rifiuto da attribuire all’idrobios, e per gli evidenti rischi di molestie olfattive;
(ii) violazione dell’art. 5 comma 3 del Dlgs. 3 marzo 2011 n. 28, in quanto le modifiche apportate all’autorizzazione, riguardando anche il combustibile, dovrebbero considerarsi sostanziali, con la conseguente necessità di rinnovare l’intera procedura.
6. In corso di causa l’impianto è stato realizzato, ed è entrato in esercizio nei primi mesi del 2013.
7. In una nuova conferenza di servizi svoltasi il 24 settembre 2014 la Provincia ha rinnovato l’esame del parere della ASL di Mantova del 25 gennaio 2012, che era rimasto escluso dalla conferenza di servizi del 30 novembre 2011, e dei pareri delle altre autorità coinvolte. Sono state analizzate anche le censure oggetto del presente giudizio, alle quali sono stati contrapposti i seguenti argomenti:
(a) gli originari pareri dell’ARPA (29 novembre 2011) e della ASL (25 gennaio 2012) avevano puntualmente valutato, per i profili di rispettiva competenza, l’incremento di traffico indotto dall’impianto e il relativo apporto inquinante, i valori-limite di concentrazione degli inquinanti nelle emissioni (v. punto 1.3-a della parte III dell’allegato I alla parte quinta del Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152), e le modalità di contenimento delle emissioni odorigene;
(b) vi è piena compatibilità urbanistica tra l’impianto e la zonizzazione agricola, come stabilito dall’art. 12 comma 7 del Dlgs. 387/2003;
(c) l’autorizzazione del 27 febbraio 2012, attraverso le prescrizioni allegate, ha preso il posto del provvedimento di conclusione della conferenza di servizi del 30 novembre 2011;
(d) gli altri 3 impianti a biogas e biomassa autorizzati sul territorio comunale sono distanti da 3 a 5 Km, e non creano alcun impatto cumulativo, né raggiungono la soglia che impone la verifica di assoggettabilità alla VIA, avendo potenza termica complessiva inferiore a 50 MWt;
(e) la non assoggettabilità alla VIA esclude anche l’applicazione della verifica di impatto sanitario disciplinata dalla Regione con la DGR 24 gennaio 2014 n. 10/1266;
(f) in base al rapporto dell’ARPA del 22 settembre 2014, nei primi mesi di esercizio dell’impianto risultano rispettati i valori-limite stabiliti nell’autorizzazione, e non emergono situazioni critiche per la qualità dell’aria nel Comune di Curtatone (le polveri sottili PM10 raggiungono livelli leggermente inferiori a quelli dell’area urbana di Mantova, gli altri inquinanti hanno valori intermedi tra la città e i siti a minore densità abitativa).
8. Con determinazione dirigenziale n. PD/1579 del 29 settembre 2014 la Provincia ha formalmente fatto proprie le conclusioni favorevoli della conferenza di servizi del 24 settembre 2014, e con determinazione dirigenziale n. PD/1603 del 1 ottobre 2014 ha convalidato e confermato le precedenti autorizzazioni ai sensi dell’art. 21-noniescomma 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241.
9. Contro quest’ultimo provvedimento i ricorrenti hanno presentato motivi aggiunti nel ricorso n. 556/2012, formulando le seguenti censure:
(i) inidoneità della convalida a sanare i vizi della procedura;
(ii) violazione dell’art. 2 par. 1 e dell’allegato II punto 3-a della Dir. 13 dicembre 2011 n. 2011/92/UE, che impongono lo svolgimento preventivo della VIA e della verifica di assoggettabilità anche in relazione agli impianti industriali per la produzione di energia elettrica;
(iii) violazione dell’art. 5 comma 1-c del Dlgs. 152/2006 e dell’art. 4 comma 3 del Dlgs. 28/2011 per l’omessa valutazione dell’impatto cumulativo degli impianti alimentati da fonti rinnovabili realizzati nel territorio comunale;
(iv) erronea qualificazione dell’idrobios (originato dal carniccio, residuo della lavorazione conciaria) come sottoprodotto di origine animale anziché come rifiuto.
10. La Provincia si è costituita in giudizio in entrambi i ricorsi, eccependone l’inammissibilità e l’improcedibilità sotto vari profili, e chiedendone la reiezione nel merito.
11. Poiché i ricorsi hanno come oggetto lo stesso impianto e riguardano, sia pure con argomenti diversificati, la medesima procedura di autorizzazione, si ritiene necessario disporne la riunione.
12. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.
Sulla legittimazione ad agire
13. Per quanto riguarda la legittimazione dei ricorrenti, si ritiene che la qualifica di residenti nella frazione dove è localizzato il nuovo impianto sia idonea a consentire l’impugnazione dei provvedimenti autorizzativi, indipendentemente dal requisito della vicinitas. Quest’ultimo può essere imposto per le costruzioni ordinarie, quando è evidente che la nuova opera si limita a creare disagio ai proprietari confinanti o situati in prossimità. Quando invece si tratta di opere che si pongono fuori scala rispetto al contesto, perché comportano direttamente (per le dimensioni) o indirettamente (per gli effetti inquinanti o disturbanti dell’attività svolta) un impatto significativo su un’area vasta (misurabile, ad esempio, attraverso gli studi sulla dispersione degli inquinanti), la facoltà di impugnazione deve essere riconosciuta a tutti coloro che non considerano in concreto accettabile lo scambio tra sviluppo economico e perdita delle caratteristiche originarie del territorio.
14. Occorre poi sottolineare che, se il progetto riguarda opere o impianti per cui si pone, o potrebbe porsi, il problema dell’assoggettabilità alla VIA, la legittimazione a intervenire nella procedura e a proporre impugnazione deve essere riconosciuta non solo ai vicini ma a tutti coloro che fanno parte del “pubblico interessato” ai sensi dell’art. 1 par. 2-e della Dir. 2011/92/UE. L’ambito della legittimazione si estende quindi fino a comprendere l’intera collettività che abbia un qualche punto di contatto con la nuova opera.
Sulle questioni procedurali
15. Possono considerarsi improcedibili i motivi del ricorso n. 556/2012 incentrati sui difetti della procedura di autorizzazione, prospettati anche come vizi dell’istruttoria. La nuova convocazione della conferenza di servizi in data 24 settembre 2014 e il provvedimento di convalida adottato il 1 ottobre 2014 hanno innovato profondamente l’oggetto della controversia. I difetti dell’originario procedimento, nel quale la conferenza di servizi è stata sostanzialmente utilizzata come punto di raccolta dei pareri delle varie autorità senza una valutazione conclusiva unitaria (v. in particolare l’acquisizione tardiva del parere della ASL, nonostante l’evidente importanza di questo contributo), sono stati sanati mediante la ripetizione della conferenza di servizi e l’adozione di una nuova autorizzazione con effetti retroattivi.
16. La convalida prevista dall’art. 21-nonies comma 2 della legge 241/1990 è applicabile anche in materia ambientale. Con particolare riguardo agli impianti alimentati da fonti rinnovabili, qualificati ex lege come opere di pubblica utilità, indifferibili e urgenti (v. art. 12 comma 1 del Dlgs. 387/2003), l’interesse pubblico a sanare i vizi dei provvedimenti autorizzativi è implicito nel favore legislativo verso la diffusione di queste tecnologie.
17. La ripetizione parziale della procedura ha consentito di verificare che l’originaria autorizzazione era fondata su contributi istruttori adeguati, correttamente recepiti nelle prescrizioni allegate al provvedimento del 27 febbraio 2012. Le valutazioni effettuate ex ante sull’inquinamento aggiuntivo causato dal traffico e dalle emissioni in atmosfera, e sulle limitazioni necessarie per prevenirlo o contenerlo, sono poi state confermate dalle prime rilevazioni successive all’entrata in esercizio dell’impianto.
Sulla modifica del combustibile
18. In base all’art. 5 comma 3 del Dlgs. 28/2011 negli impianti a biomassa e biogas le modifiche alla potenza termica installata e al combustibile rinnovabile utilizzato sono qualificate come sostanziali, e di conseguenza comportano l’obbligo di rinnovare l’intera procedura di autorizzazione.
19. Nello specifico, mentre l’autorizzazione del 27 febbraio 2012 ha previsto l’utilizzo di biogas prodotto dall’insilato di mais e dall’insilato di triticale, il provvedimento del 19 dicembre 2013, confermato dal provvedimento del 1 ottobre 2014, ha consentito l’utilizzo anche di altre matrici, tra cui l’idrobios. Questa innovazione non costituisce modifica sostanziale, in quanto la norma fa riferimento al combustibile (che rimane il biogas) e non alle matrici di provenienza. La garanzia per le persone e l’ambiente è costituita dalla disciplina che regola i singoli sottoprodotti impiegabili per la produzione di combustibile rinnovabile. Una volta che tali sottoprodotti siano stati qualificati come idonei all’utilizzo, è anche possibile utilizzarli in concreto, senza che questo comporti sul piano amministrativo un nuovo inquadramento dell’impianto.
20. L’idrobios (carniccio) è idoneo alla produzione di biogas, perché la disciplina comunitaria consente di utilizzare a questo scopo i sottoprodotti animali di categoria 3 (v. art. 10 e 14-f del Reg. CE 21 ottobre 2009 n. 1069/2009).
21. La qualificazione come sottoprodotto esclude che l’idrobios possa essere assimilato ai rifiuti. I ricorrenti pongono però una questione ulteriore, ossia se il carniccio vada qualificato come rifiuto quando la materia animale sia inquinata dai prodotti utilizzati nelle operazioni di concia (ad esempio il solfato basico di cromo). In proposito si osserva quanto segue: (a) la natura di sottoprodotto deriva, oltre che dalla diretta qualificazione comunitaria, anche dal fatto che l’idrobios è commercializzato come fertilizzante e dunque non è una sostanza di cui il produttore voglia sbarazzarsi (v. art. 184-bis e 184-ter comma 1-b del Dlgs. 152/2006); (b) nella preparazione dell’idrobios come fertilizzante devono essere rispettate precise norme tecniche (v. allegato 6 punto 4 del Dlgs. 29 aprile 2010 n. 75 “Ammendante animale idrolizzato”); (c) la possibilità che venga commercializzato idrobios contenente inquinanti non può essere esclusa, ma il principio di precauzione deve essere temperato dal principio di proporzionalità: di conseguenza, non si può estendere direttamente la disciplina del trattamento dei rifiuti, ma le prescrizioni allegate all’autorizzazione dell’impianto (e i controlli nel corso dell’esercizio) devono applicare i medesimi limiti di emissione previsti per i rifiuti (in relazione agli inquinanti che si presume possano essere presenti nell’idrobios).
22. Si tratta peraltro di aspetti della regolazione per il momento ancora eventuali, che potranno essere esaminati dalla Provincia nel percorso di progressivo adeguamento dell’impianto alle migliori tecniche disponibili (BAT), secondo quanto previsto dal punto 15.5 del DM 10 settembre 2010.
Sulla verifica di assoggettabilità alla VIA
23. Quando è stata adottata la prima autorizzazione (27 febbraio 2012) la normativa nazionale prevedeva la verifica di assoggettamento alla VIA solo per gli impianti per la produzione di energia elettrica (e di vapore e acqua calda) con potenza termica complessiva superiore a 50 MWt (v. punto 2-a dell’allegato IV alla parte seconda del Dlgs. 152/2006). L’impianto in questione, avendo potenza termica notevolmente inferiore, era quindi esonerato dalla verifica. Con la modifica all’art. 6 comma 7-c del Dlgs. 152/2006 introdotta dall’art. 15 comma 1-c del DL 24 giugno 2014 n. 91 è stata prevista l’introduzione di nuove soglie mediante decreto ministeriale, con la precisazione che nel frattempo la valutazione circa la verifica di assoggettamento deve essere effettuata caso per caso sulla base dei criteri stabiliti nell'allegato V alla parte seconda del Dlgs. 152/2006.
24. La modifica normativa adegua l’ordinamento interno alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza comunitaria. Quest’ultima aveva già rilevato l’illegittimità delle soglie nazionali che riducono eccessivamente le fattispecie ricadenti nell’obbligo di analisi in concreto dell’impatto ambientale (v. C.Giust. Sez. V 21 marzo 2013 C-244/12,Salzburger Flughafen, punti 31 e 34).
25. Nello specifico, la conferenza di servizi del 24 settembre 2014 ha comunque proceduto a un esame in concreto degli effetti cumulativi dell’impianto in questione e degli altri presenti nel territorio comunale. In base alla distanza tra gli impianti e alla potenza termica aggregata degli stessi, la conferenza ha escluso il rischio di conseguenze ambientali rilevanti, confermando il giudizio circa la non assoggettabilità alla VIA che era stato formulato in precedenza solo sulla base della potenza termica dei singoli impianti.
26. Si osserva che questo giudizio reso a posteriori non è in contrasto con le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza comunitaria, la quale si preoccupa di chiarire quali conseguenze derivino dalla mancata previa effettuazione della VIA o della verifica di assoggettabilità alla VIA. L’omissione comporta, in generale, la sospensione o l’annullamento dell’autorizzazione, salvo casi eccezionali in cui risulti preferibile per l’interesse pubblico che gli effetti del provvedimento siano conservati, ma il vero vincolo per le autorità e i giudici nazionali è che le conseguenze della violazione del diritto comunitario siano cancellate (v. C.Giust. GS 28 febbraio 2012 C-41/11, Inter-Environnement Wallonie, punto 63). La sospensione o l’annullamento sono quindi soluzioni giuridiche strumentali, il cui scopo è consentire l’applicazione del diritto comunitario, anche attraverso l’effettuazione della valutazione non eseguita in precedenza, o in alternativa attraverso il risarcimento chiesto dai soggetti che abbiano subito pregiudizi a causa dell’omissione (v. C.Giust. Sez. IV 14 marzo 2013 C-420/11, Leth, punto 37; C.Giust. Sez. V 7 gennaio 2004 C-201/02, Wells, punto 65).
27. Se dunque l’amministrazione, utilizzando l’istituto della convalida degli atti, completa in un secondo momento l’esame necessario per escludere la verifica di assoggettabilità alla VIA, questa soluzione appare legittima, in quanto mira a salvaguardare l’effetto utile del diritto comunitario.
28. Occorre anche sottolineare che la compatibilità ambientale non è un concetto naturalistico, ma una condizione di equilibrio tra l’idoneità dei luoghi a ospitare un’attività impattante e le prescrizioni limitative poste alla medesima attività. Graduando e aggiornando le limitazioni è quindi possibile migliorare l’equilibrio e confermare nel tempo il giudizio di compatibilità. Un ruolo decisivo sotto questo profilo è svolto, da un lato, dai controlli sulle emissioni, e dall’altro dall’applicazione delle BAT sopravvenute. In questo quadro, le verifiche successive alla messa in esercizio dell’impianto sono la normale e necessaria prosecuzione dell’originaria valutazione di compatibilità ambientale.
Conclusioni
29. I ricorsi riuniti devono pertanto essere respinti.
30. La complessità di alcune questioni consente l’integrale compensazione delle spese in entrambi i ricorsi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando:
(a) riunisce i ricorsi;
(b) respinge i ricorsi riuniti;
(c) compensa integralmente le spese di giudizio in entrambi i ricorsi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Mario Mosconi, Consigliere
Mauro Pedron, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/06/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)