TAR Calabria (RC) n. 437 del 2 luglio 2019
Rifiuti.Ordinanze contingibili e urgenti del Sindaco
E' illegittima l’ordinanza contingibile e urgente emanata dal Sindaco al fine di assicurare il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani se prevede una determinazione unilaterale del corrispettivo che dovrà essere pagato al privato per l’esecuzione di quella prestazione.
Pubblicato il 02/07/2019
N. 00437/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00325/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 325 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Camassambiente S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Felice Mangieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di San Giorgio Morgeto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Lucia Carlino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
- dell'ordinanza n. 1 dell'11 maggio 2018 con la quale il Sindaco di San Giorgio Morgeto ha imposto alla ricorrente di “continuare a provvedere senza soluzione di continuità, allo svolgimento dei servizi di raccolta dei rifiuti urbani nel territorio comunale di San Giorgio Morgeto secondo le prescrizioni di legge e per come previsto dagli accordi contrattuali in essere”;
nonché:
- per l'accertamento del diritto della ricorrente a vedersi liquidare un corrispettivo equo per lo svolgimento dei servizi di igiene urbana nel Comune di San Giorgio Morgeto in ottemperanza all'impugnata ordinanza;
- per la condanna del Comune di San Giorgio Morgeto a corrispondere, anche a titolo risarcitorio e/o indennitario, l'equo compenso a Camassambiente per lo svolgimento dei servizi di igiene urbana nel ridetto Comune in ottemperanza all'impugnata ordinanza;
quanto al ricorso per motivi aggiunti:
- dell'ordinanza 23.11.2018 prot. 8962 con la quale il Sindaco di San Giorgio Morgeto ha imposto alla ricorrente di “continuare senza interruzioni il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani nel Comune di San Giorgio Morgeto così come previsto dalle norme vigenti e dagli accordi contrattuali”;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenti, comunque lesivi, ancorché non conosciuti; nonché per l'accertamento del diritto di Camassambiente a vedersi liquidare l'equo corrispettivo per lo svolgimento dei servizi di igiene urbana nel Comune di San Giorgio Morgeto in ottemperanza all'impugnata ordinanza del 23.11.2018, con conseguente condanna del Comune di San Giorgio Morgeto a corrispondere, anche a titolo risarcitorio e/o indennitario, l'equo compenso in favore della ricorrente per lo svolgimento dei servizi di igiene urbana in ottemperanza all'impugnata ordinanza del 23.11.2018.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giorgio Morgeto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2019 la dott.ssa Agata Gabriella Caudullo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato il 25 giugno 2018 la società ricorrente ha impugnato l’ordinanza contingibile ed urgente n. 1 dell’11 maggio 2018 con cui il Sindaco del Comune di San Giorgio Morgeto le ha imposto di “continuare a provvedere senza soluzione di continuità, allo svolgimento dei servizi di raccolta dei rifiuti urbani nel territorio comunale di San Giorgio Morgeto secondo le prescrizioni di legge e per come previsto dagli accordi contrattuali in essere”.
1.2. Premette parte ricorrente di avere partecipato, risultando aggiudicataria, alla gara indetta nel 2013 dalla S.U.A. di Reggio Calabria per l’aggiudicazione del servizio di raccolta dei rifiuti, con metodo porta a porta, nei Comuni di San Ferdinando, Rosarno, Cinquefrondi e San Giorgio Morgeto.
Rileva che sin dall’avvio del servizio, dopo la stipula dei relativi contratti, si sono manifestate diverse criticità nell’esecuzione dell’appalto anche in considerazione dei notevoli ritardi nei pagamenti da parte dei Comuni affidatari.
Rappresenta, altresì, di essere stata destinataria del provvedimento interdittivo adottato dalla Prefettura di Bari in data 23 novembre 2016 dal quale è derivato il commissariamento di tutti gli appalti in corso.
Tale circostanza, evidenzia la Camassambiente, ha comportato un ulteriore aggravio della sua situazione economica, perdurando l’inadempimento dei Comuni committenti ed altresì l’impossibilità, a causa dell’interdittiva antimafia, di accedere al credito bancario.
L’insostenibilità della situazione appena descritta ha indotto, pertanto, la società a diffidare i Comuni, ai sensi dell’art. 1454 c.c., a provvedere alla regolarizzazione dei pagamenti (atto di diffida del 25 gennaio 2017).
Perdurando l’inadempimento anche dopo la scadenza del termine assegnato, la società ha citato i Comuni di San Ferdinando, Cinquefrondi e San Giorgio Morgeto e Rosarno dinanzi al Tribunale delle Imprese di Catanzaro per la declaratoria della avvenuta risoluzione del contratto ex art. 1454 c.c.
Rappresenta, ancora, la ricorrente di aver presentato, in data 8 gennaio 2018, presso la Sezione Fallimentare del Tribunale di Bari, domanda di ammissione al concordato preventivo liquidatorio con un piano concordatario che prevedeva la prosecuzione dei soli contratti d’appalto laziali ma non anche dei contratti con i Comuni San Ferdinando, Cinquefrondi e San Giorgio Morgeto (il Comune di Rosarno aveva già risolto il contratto per inadempimento, affidando il servizio ad un’altra impresa).
Il Tribunale di Bari, con decreto n. 1/2018, ha dichiarato l’apertura della procedura.
Con nota del 7 febbraio 2018, la società ha comunicato, pertanto, ai Comuni calabresi il suddetto provvedimento di ammissione al concordato preventivo liquidatorio, chiarendo che, non essendo stata autorizzata alla prosecuzione dei contratti d’appalto con essi stipulati, avrebbe interrotto il servizio a partire dal 28 febbraio 2018.
È seguita una fase di trattative durante la quale la società ha formulato delle proposte economiche che le avrebbero consentito di eseguire i contratti fino alla naturale scadenza, rendendosi disponibile a presentare dinanzi alla sezione fallimentare del Tribunale di Bari apposita istanza di autorizzazione alla prosecuzione dei rapporti contrattuali.
Su tali proposte, tuttavia, non è intervenuto alcun accordo e, pertanto, la ricorrente ha ribadito la ferma decisione di interrompere il servizio a partire dal 13 maggio 2018.
2. Con l’ordinanza impugnata, adottata ai sensi dell’articolo 50, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000 e dell’art. 191 del D.lgs. n. 152/2006, il Sindaco del Comune di San Giorgio Morgeto ha imposto alla ricorrente di “continuare a provvedere senza soluzione di continuità, allo svolgimento dei servizi di raccolta dei rifiuti urbani nel territorio comunale di San Giorgio Morgeto secondo le prescrizioni di legge e per come previsto dagli accordi contrattuali in essere”.
3. Avverso tale provvedimento è insorta la società precisando preliminarmente che:
- con la sentenza n. 3138 del 25 maggio 2018 il Consiglio di Stato ha annullato l’informativa prefettizia ed il successivo decreto di commissariamento e, dunque, la previsione, in esso contenuta, circa la prosecuzione del contratto fino alla sua naturale scadenza;
- il decreto di ammissione al concordato preventivo con il quale è stata prevista la dismissione dei contratti calabresi non è stato opposto dal Comune di San Giorgio Morgeto.
3.1. La Camassambiente contesta, quindi, la legittimità dei provvedimenti impugnati sotto i seguenti profili:
Violazione degli articoli 23, 41 e 97 Cost. Violazione e falsa applicazione degli articoli 50 del D.lgs 262/2000 e 191 del D.lgs. 152/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei presupposti, errore manifesto ed illogicità. Sviamento.
I. Lamenta la ricorrente l’insussistenza dei presupposti per l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente con la quale è stata imposta la prosecuzione del servizio per un periodo di tempo eccessivamente lungo (6 mesi), non compatibile con i tempi strettamente necessari per l’indizione e l’espletamento di una nuova procedura di gara per l’individuazione del nuovo gestore.
Il provvedimento è, altresì, illegittimo in quanto comporta anche l’imposizione di un prezzo inadeguato al privato ponendosi in contrasto con i principi costituzionali sanciti dagli artt. 23 (secondo il quale nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge) e 41 Cost.
II. La volontà della Camassambiente di interrompere il servizio era già stata espressa con l’atto di diffida del 25 gennaio 2017 nonché con l’atto di citazione successivamente notificato.
Non sussisterebbe, conseguentemente, la condizione della “imprevedibilità” cui far fronte con lo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente.
III. La società ricorrente chiede, inoltre, che sia disposta una consulenza tecnica o una verificazione al fine di quantificare il giusto prezzo dovuto per l’espletamento del servizio in regime di ordinanza e che le somme così determinate siano maggiorate di interessi moratori e rivalutazione monetaria.
Formula, infine, istanza di risarcimento del danno derivante dall’antieconomicità dell’appalto dovuta sia al venir meno, a causa della cessazione anticipata dell’appalto di Rosarno, di una serie di economie di scala, sia all’evento incendiario, verificatosi nel 2016, che ha coinvolto 9 automezzi necessari all’espletamento del servizio.
4. Si è costituito il Comune di San Giorgio Morgeto per resistere al ricorso rilevando come i provvedimenti adottati scaturiscano dalla necessità di far fronte alla interruzione dei servizi di igiene urbana comunicata dalla società con nota del 30 aprile 2018.
5. Con ordinanza n.135 del 6 settembre 2018, questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare “rilevato che non risulta documentata la presentazione dinanzi alla sezione fallimentare del Tribunale di Bari della domanda di scioglimento del contratto stipulato con il Comune di San Giorgio Morgeto né la successiva comunicazione del provvedimento autorizzativo all’amministrazione comunale, ai sensi dell’articolo 169 bis della legge fallimentare; rilevato, altresì che, in un’ottica di adeguato bilanciamento delle contrapposte posizioni, tenuto anche conto della prossimità della scadenza del periodo di efficacia dell’ordinanza impugnata, appare assolutamente prevalente l’interesse dell’Amministrazione a garantire la continuità di un servizio particolarmente delicato qual è quello in questione, in quanto avente ad oggetto, non solo la raccolta dei rifiuti, ma anche lo spazzamento, la pulizia della spiaggia e del verde pubblico, parimenti essenziali ai fini della tutela dell’igiene e della salute pubblica; ritenuto, infatti, che l’interesse economico prospettato dalla ricorrente e posto alla base della invocata sospensione della efficacia degli atti impugnati risulti recessivo rispetto al prevalente interesse pubblico dedotto dall’amministrazione”.
6. Con nuova ordinanza contingibile ed urgente prot. n. 8962 del 23 novembre 2018, il Sindaco ha ordinato alla società ricorrente di “continuare senza interruzioni il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani nel Comune di San Giorgio Morgeto così come previsto dalle norme vigenti e dagli accordi contrattuali”.
7. Avverso tale ordinanza è di nuovo insorta la Cassambiente con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 16 gennaio 2019, per mezzo del quale sono state reiterate avverso il nuovo provvedimento le medesime censure già sollevate con il ricorso principale.
8. Con ordinanza n. 37 del 21 febbraio 2019 il Collegio, “vista la particolare natura del servizio di che trattasi avente ad oggetto la raccolta dei rifiuti” e “rilevato che, pur ravvisandosi profili di possibile fondatezza del gravame, in un’ottica di adeguato bilanciamento delle contrapposte posizioni, appare prevalente l’interesse pubblico alla continuità del servizio (v. TAR Reggio Calabria, ordinanza n. 134 del 6 settembre 2018)” ha accolto l’istanza cautelare ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., disponendo la fissazione dell’udienza pubblica dell’8 maggio 2019.
9. All’udienza pubblica così fissata la causa è stata trattenuta in decisione.
10. Dopo il passaggio in decisione della causa, il Collegio ha rilevato che sussistono seri dubbi in ordine alla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda avente ad oggetto la determinazione dell’equo corrispettivo (cfr. Tar Palermo, sez. III, sentenza n. 1269 del 7 maggio 2019 secondo cui “la domanda volta a conseguire il giusto corrispettivo esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la pretesa di fondo azionata, sul piano sostanziale, dalla ricorrente è volta a conseguire il corrispettivo per il servizio effettivamente svolto in esecuzione della contestata ordinanza; situazione nella quale, la posizione giuridica soggettiva non può che essere qualificata di diritto soggettivo”).
La Sezione, con ordinanza collegiale n. 368 del 30 maggio 2019 ha, pertanto, assegnato alle parti, ai sensi dell'art. 73 c.p.a., un termine di dieci giorni, per il deposito di eventuali memorie vertenti sulla questione rilevata.
Sia la società ricorrente che il Comune di San Giorgio Morgeto hanno depositato scritti difensivi.
11. Tanto premesso, deve essere esaminata preliminarmente la domanda di annullamento dell’ordinanza contingibile ed urgente n. 1dell’11 maggio 2018 impugnata con il ricorso principale.
Ritiene il Tribunale che tale domanda sia parzialmente fondata e che il ricorso debba essere, pertanto, accolto nei termini meglio di seguito indicati.
12. Osserva il Collegio che l’ambito cognitivo del presente giudizio è strettamente condizionato da uno snodo pregiudiziale che involge l’effettiva efficacia/validità del contratto d’appalto sottoscritto in data 4 aprile 2014.
La risoluzione di tale questione costituisce, invero, la premessa ineludibile per un corretto approccio allo stesso sindacato degli atti e dei comportamenti assunti dall’Amministrazione resistente.
E ciò tenuto conto del fatto che il presupposto su cui si fonda l’impugnata ordinanza contingibile ed urgente è l’assoluta illegittimità della “decisione di dimissione dei contratti e di cessazione del servizio comunicata dall’Amministratore Unico della società” per i seguenti ordini motivi:
a) con la nomina dei commissari prefettizi ai sensi dell’art. 32, comma 10, del D.L. 90/2014, nessun potere di gestione è attribuito agli amministratori della società che, pertanto, non possono disporre del contratto né tanto meno decidere di sciogliere ogni vincolo contrattuale;
b) il decreto di commissariamento ha espressamente previsto la prosecuzione del rapporto contrattuale fino alla naturale scadenza e, dunque, la decisione di cessazione del contratto è del tutto illegittima in quanto contrastante con detto decreto;
c) la conseguente impossibilità della decisione di dismettere i contratti di “trovare convalida nel provvedimento di autorizzazione del Tribunale di Bari”.
Rileva preliminarmente il Collegio che le premesse da cui muove il provvedimento impugnato risultano in gran parte superate dall’annullamento dell’informativa interdittiva nonché del decreto del 23 febbraio 2017 con il quale il Prefetto di Bari aveva disposto il commissariamento degli appalti in corso di esecuzione in Calabria e nel Lazio (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 3138 del 25 maggio 2018).
Va osservato, peraltro, che i commissari prefettizi nominati ai sensi dell’articolo 32, comma 10, del D.L. 90/2014 sostituiscono gli organi di amministrazione della società limitatamente alla gestione dei contratti d’appalto oggetto del commissariamento. Ciò non impedisce, invece, l’esercizio dei poteri di gestione della società al di fuori di tali contratti e, dunque, non impedisce l’accesso alla procedura concordataria.
12.1. Occorre a questo punto chiarire se ed in quale misura il provvedimento con il quale la sezione fallimentare del Tribunale di Bari ha ammesso la Camassambiente al concordato preventivo liquidatorio incide sui rapporti contrattuali in corso di esecuzione, tenuto conto del fatto che il Piano concordatario allegato all’istanza di ammissione al concordato escludeva espressamente la prosecuzione dei contratti calabresi.
Appare, a tal fine, utile ricostruire il quadro normativo di riferimento costituto dalle disposizioni contenute nella legge fallimentari e nel codice dei contratti pubblici applicabile ratione temporis (D.lgs. 163/2006).
In ordine a tale ultimo rilievo occorre evidenziare che la vicenda di che trattasi attiene ad una procedura di gara indetta nel 2013 alla quale, pertanto, ai sensi dell’art. 216 del D.lgs. 50/2016, non può che applicarsi il D.lgs. 163/2006.
Tanto chiarito, le disposizioni a cui fare riferimento sono:
- l’art. 169 bis della legge fallimentare secondo il quale “1. Il debitore nel ricorso di cui all'articolo 161 puo' chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta. 2. In tali casi, il contraente ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato”;
- l’art. 186 bis, comma 3, della legge fallimentare secondo il quale “Fermo quanto previsto nell'articolo 169-bis, i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell'apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari. L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore di cui all'articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento”;
- l’art. 38 del D.lgs 163/2006 ai sensi del quale “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:
a) che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”
Il quadro normativo appena delineato consente, pertanto, di affermare che:
a) i contratti in corso di esecuzione non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura di concordato preventivo;
b) all’imprenditore proponente un concordato preventivo è consentito richiedere all’autorità giudiziaria l’autorizzazione allo scioglimento dei contratti in corso, ovvero alla sospensione degli stessi per un periodo massimo di sessanta giorni, prorogabile una sola volta;
c) la regola della prosecuzione del rapporto contrattuale in corso di esecuzione è applicabile ad ogni tipo di concordato, sia liquidatorio che con continuità, ai sensi del combinato disposto degli articoli 169 bis e 186 bis della legge fallimentare;
d) tale regola subisce, tuttavia, una espressa deroga per i contratti pubblici atteso che, ai sensi dell’art. 38 del D.lgs. 163/2006, l’imprenditore ammesso al concordato, salva l’ipotesi dell’art. 186 bis, comma 3 della legge fallimentare (concordato con continuità aziendale), non solo non può partecipare alle gare ma non può stipulare i relativi contratti (né proseguire nella esecuzione di quelli già stipulati).
Tale quadro normativo ha subito alcune modifiche con l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti. Ai sensi dell’art. 110, comma 4, del D.lgs. 50/2016, nel testo vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato, infatti, “l'impresa ammessa al concordato con cessione di beni o che ha presentato domanda di concordato a norma dell'articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, può eseguire i contratti già stipulati, su autorizzazione del giudice delegato”.
Tali modifiche, tuttavia, anche a prescindere dalla loro concreta applicabilità al contratto di che trattasi (da escludersi ai sensi di quanto poc’anzi dedotto), non rilevano nel caso in esame atteso che la Camassambiente non ha chiesto l’autorizzazione alla prosecuzione del contratto stipulato con il Comune di Cinquefrondi ma, anzi, ne ha espressamente previsto la dismissione (v. Piano concordatario allegato all’istanza di ammissione al concordato e la successiva istanza di autorizzazione alla prosecuzione dei contratti di Anzio, Cerveteri e Lanuvio). Il Tribunale di Bari ha, pertanto, autorizzato la prosecuzione dei soli contratti laziali.
12.2. Ciò posto, ritiene il Collegio che non possa revocarsi in dubbio che l’ammissione della Camassambiente al concordato preventivo con cessione di beni ha determinato lo scioglimento del contratto sottoscritto con il Comune di San Giorgio Morgeto.
Quanto invece agli effetti risolutivi della diffida ad adempiere notificata in data 27 gennaio 2017, osserva il Collegio che l’accertamento della sussistenza dei presupposti per la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1454 c.c. esorbiti dalla giurisdizione di questo plesso giurisdizionale, come peraltro dimostrato dal fatto che la questione è oggetto di un autonomo giudizio instaurato dalla Camassambiente dinanzi al Tribunale delle Imprese di Catanzaro.
13. Tanto premesso, l’avvenuto scioglimento del contratto a seguito della ammissione della Camassambiente al concordato preventivo liquidatorio, non rende, tuttavia, ex se illegittimo il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente per garantire la prosecuzione del servizio.
Nel caso di specie, risulta per tabulas che il provvedimento gravato con il ricorso principale è stato adottato dal Sindaco ai sensi degli articoli 50, comma 5, del D.lgs. 267/2000 e 191 del D.lgs 152/2006, “ritenuto che la sospensione del servizio pubblico di raccolta rifiuti rappresenti una situazione di eccezionale ed urgente gravità con conseguente necessità di intervento a tutela della salute pubblica, dell’igiene e dell’ambiente e non potendo altrimenti provvedere” e “considerato che i servizi di cui trattasi non possono essere sospesi senza creare pregiudizio alla pubblica salute per l’insorgenza di inevitabili inconvenienti di natura ambientale e igienico sanitaria”
Contesta la società ricorrente l’insussistenza dei presupposti dell’imprevedibilità e dell’urgenza per l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente, atteso che la volontà di abbandonare i cantieri calabresi era stata manifestata con la diffida ad adempiere del 27 gennaio 2017 ed infine ribadita con la presentazione dell’istanza di concordato preventivo liquidatorio.
La censura non può essere accolta.
Deve preliminarmente essere richiamato l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale "...le ordinanze contingibili e urgenti, stante l'urgenza di provvedere, prescindono dall'imputabilità delle cause che hanno generato la situazione di pericolo cui si tratta di ovviare. E la giurisprudenza è effettivamente attestata sulla posizione per cui l'ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco può essere emessa per tutelare il bene supremo della pubblica incolumità, e, di fronte all'urgenza del provvedere all'eliminazione della situazione di pericolo, prescinde dall'accertamento dell'eventuale responsabilità della provocazione di quest'ultimo, poiché non ha natura sanzionatoria (C.d.S., V, 9 novembre 1998, n. 1585). Pertanto, ai fini dell'adozione dell'ordinanza, non rileva chi o cosa abbia determinato la situazione di pericolo che il provvedimento è volto ad affrontare (IV, 25 settembre 2006, n. 5639) ..." (Consiglio di Stato, Sez. V, 26 maggio 2015, n. 2610)” (TAR Palermo, sez. III, sentenza n. 291 dell’1 febbraio 2017).
Come è dato evincersi dalla ricostruzione in fatto dell’intera vicenda, la società ha comunicato la sua ammissione al concordato preventivo ed ha contestualmente espresso la sua volontà di interrompere il servizio con nota del 6 febbraio 2018.
Alla comunicazione è seguita una fase di trattative e di incontri preordinati all’individuazione di una soluzione che evitasse l’interruzione del servizio e, a tal fine, la società si è resa disponibile a richiedere agli organi della procedura di concordato l’autorizzazione alla prosecuzione dei contratti, ove fossero state soddisfatte dal Comune le sue richieste volte a riequilibrare l’economicità della commessa. Le trattative si sono concluse negativamente allorché la società, con nota del 27 aprile 2018, ha comunicato che avrebbe definitivamente interrotto il servizio a partire dal 13 maggio 2018.
È, pertanto, evidente che nell’arco temporale di poco più di 15 giorni (tra la comunicazione del 27 aprile e la data, 13 maggio, individuata per la definitiva interruzione del servizio) non sarebbe stato possibile individuare un nuovo operatore economico.
Deve ritenersi, conseguentemente, legittimo il ricorso alla strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente.
Ai sensi dell’art. 191 D.lgs. n. 152/06, invero, "qualora si verifichino situazioni di eccezionale e urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente e non si possa altrimenti provvedere", il Sindaco ha il potere di "emettere … ordinanze contingibili e urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente".
Per effetto di tale previsione normativa, il Comune è quindi autorizzato a ricorrere a forme di gestione dei rifiuti anche derogatorie rispetto a quelle ordinarie, purché idonee a garantire che l'attività di gestione dei rifiuti risponda a "criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica" come stabilito dall’art. 178 del D.lgs. n. 152/2006.
13.1. Non è condivisibile, inoltre, il rilievo secondo il quale il previsto periodo di efficacia dell’ordinanza (sei mesi) sia eccessivamente lungo, atteso che è lo stesso articolo 191 a prevedere al comma 1 che le ordinanze contingibili ed urgenti “hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi”. Nella specie, peraltro, tale termine è in linea con i tempi tecnici necessari all’espletamento di una nuova procedura di gara per l’individuazione del nuovo operatore.
14. È invece meritevole di positivo apprezzamento la censura con cui la società ricorrente contesta la legittimità dell’ordinanza contingibile ed urgente nella parte in cui, oltre ad ordinare la prosecuzione del servizio, impone unilateralmente le condizioni economiche di tale prosecuzione rinviando tout court agli accordi contrattuali che, alla luce di quanto sopra rilevato (v. § 12.1.), non erano più validi ed efficaci.
In forza dello strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente, invero, l'ente può solo imporre al privato l'erogazione delle prestazioni nonostante la scadenza del contratto stipulato tra le parti, anche in assenza del consenso da parte dell'impresa a prorogarne spontaneamente gli effetti, ma non può certo imporre alla società un corrispettivo per l'espletamento di quel servizio e tantomeno può farlo rinviando ad accordi contrattuali sulla cui vigenza ed efficacia vi è contesa tra le parti.
Invero, diversamente opinandosi, si consentirebbe all'Amministrazione di sacrificare la libera iniziativa economica privata a beneficio del proprio esclusivo interesse di risparmio di spesa, con violazione dei principi desumibili dall'art. 41 Cost. (cfr. in tal senso, C.d.S, V, 2.12.2002 n. 6624).
In altri termini, nella materia in esame, occorre trovare un bilanciamento tra le esigenze pubblicistiche connesse alla necessità di prosecuzione del servizio e quelle private all'ottenimento del giusto prezzo, obiettivo necessario per garantire il rispetto del principio di proporzionalità tra le prestazioni, di matrice comunitaria, operante anche nell'ordinamento interno in forza del richiamo ai principi di diritto europeo sancito dall'art. 1 l. n. 241/90 e del più generale principio di ragionevolezza stabilito nell'art. 97 della Costituzione, quale corollario dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.
La giurisprudenza amministrativa risulta invero consolidata nel senso che “il provvedimento contingibile ed urgente non può giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall'Amministrazione al privato; all'obbligo di proseguire nell'espletamento del servizio si ricollega un'esigenza di giusto compenso per il destinatario del provvedimento” (Consiglio di Stato, Sezione V, 2 dicembre 2002, n. 6624).
In una vicenda del tutto analoga, è stato osservato che la situazione di necessità e urgenza non giustifica la definizione in via autoritativa e definitiva dell'importo dei canoni da corrispondere al gestore, poiché «il profilo economico del rapporto in alcun modo può essere attratto dai presupposti di contingibilità e urgenza, posti a fondamento dell'ordinanza» (Consiglio di Stato, Sezione V, 31 marzo 2011, n. 1969).
15. La domanda di annullamento del provvedimento impugnato con il ricorso principale deve, pertanto, essere accolta nei termini sopra indicati, ossia nella parte in cui stabilisce le condizioni economiche del servizio mediante rinvio ai pregressi, e non più efficaci, accordi contrattuali.
16. Accertata in questa sede l'illegittimità dell'imposizione coatta del canone, ogni questione sulla sua corretta determinazione appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di controversia concernente "indennità, canoni e altri corrispettivi" in materia di pubblici servizi (art. 133, comma 1, lett. c), cod. proc. amm.
Il Collegio ritiene, invero, non condivisibili le argomentazioni del ricorrente in merito al rilevato difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda volta a conseguire il giusto corrispettivo del servizio espletato (punto n. 3 del ricorso principale).
Va osservato in proposito che parte ricorrente ha formulato sia con il ricorso introduttivo che con il ricorso per motivi aggiunti, oltre alla domanda di annullamento dell’ordinanza contingibile ed urgente, domanda di determinazione del “giusto prezzo d’appalto” in relazione al servizio svolto in regime di ordinanza (pag. 9 del ricorso introduttivo e pag. 11 del ricorso per motivi aggiunti) e, in via subordinata, domanda di risarcimento dei danni.
In relazione alla domanda di determinazione del giusto corrispettivo ha, altresì, chiesto in via istruttoria la nomina di un CTU o di un verificatore.
Ritiene il Collegio che, in relazione alla suddetta domanda, la giurisdizione non spetti al giudice amministrativo ma al giudice ordinario trattandosi di controversia avente ad oggetto il pagamento di maggiori corrispettivi dovuti per lo svolgimento del servizio in questione.
Contrariamente a quanto affermato dalla società ricorrente, invero, deve escludersi che la domanda in esame sia riconducibile all'esercizio di un pubblico potere, con la conseguenza che, pur a voler invocare nella presente controversia la sussistenza dell'ipotesi di giurisdizione esclusiva di cui alla lettera p del comma 1 dell'art. 133 c.p.a. in materia di gestione del ciclo di rifiuti ovvero quello di cui alla lettera q) della medesima disposizione (controversie aventi ad oggetto i provvedimenti sindacali contingibili e urgenti in materia di igiene pubblica e dell'abitato), non sembra potersi dubitare, nella specie, della non inerenza della controversia sui corrispettivi al potere pubblico esercitato.
Come già rilevato con ordinanza collegiale n. 368/2019, deve altresì condividersi l’orientamento secondo il quale, essendo la pretesa di fondo azionata dalla società ricorrente, sul piano sostanziale, volta a conseguire il corrispettivo per il servizio effettivamente svolto in esecuzione della contestata ordinanza, la posizione giuridica soggettiva che fa capo alla stessa non può che essere qualificata di diritto soggettivo (TAR Palermo, sentenza n. 1269 del 7 maggio 2019).
La domanda volta a conseguire il giusto corrispettivo esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo ed è pertanto inammissibile.
17. La società ricorrente ha inoltre proposto, in via subordinata, domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla esecuzione dell’ordinanza contingibile ed urgente.
Tale domanda non può essere accolta.
La responsabilità della PA per lesione di interessi legittimi deve essere ricondotta, relativamente all'identificazione dei suoi elementi costituitivi, nell'alveo proprio dell'art. 2043 c.c.
Conseguentemente, ai fini della risarcibilità del danno, è necessaria la verifica della sussistenza dei presupposti di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante) e oggettivo (ingiustizia del danno, nesso causale, prova del pregiudizio subito), richiesti dal sopra richiamato articolo 2043 c.c.
La riconducibilità della pretesa risarcitoria allo schema generale dell’art. 2043 c.c., comporta l’applicazione rigorosa del principio dell’onere della prova in capo al danneggiato che deve, quindi, provare la sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell’illecito, con l’avvertenza che, nell’azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo, sancito in generale dall’art. 2697, comma 1 c.c., opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento.
“Nel giudizio risarcitorio che si svolge davanti al giudice amministrativo, nel rispetto del principio generale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697 c.c. (secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda) e 63, co. 1 e 64, co. 1, c.p.a. (secondo cui l’onere della prova grava sulle parti che devono fornire i relativi elementi di fatto di cui hanno la piena disponibilità), non può avere ingresso il c.d. metodo acquisitivo tipico del processo impugnatorio; pertanto, il ricorrente che chiede il risarcimento del danno da cattivo (o omesso) esercizio della funzione pubblica, deve fornire la prova dei fatti base costitutivi della domanda” (Cons. Stato, Sez. IV, 22 ottobre 2015, n. 4823).
Nel caso di specie, la società ricorrente ha dedotto che il corrispettivo stabilito dal contratto d’appalto (corrispondente all’offerta dalla stessa presentata in sede di procedura di gara) era già divenuto antieconomico a causa di una serie di eventi verificatisi durante la sua esecuzione (la cessazione anticipata del contratto d’appalto sottoscritto con il Comune di Rosarno e l’incendio che nel giugno del 2016 ha costretto la società a sostituire 9 mezzi).
Tanto premesso ha chiesto a titolo risarcitorio un corrispettivo aggiuntivo “per riportare il costo dell’espletamento del servizio ad equità e rimuneratività”.
Non risulta, pertanto, dimostrata la sussistenza del nesso di causalità né dei danni subiti in esecuzione del provvedimento impugnato.
Con riferimento al primo aspetto, invero, lo stesso ricorrente riconduce l’antieconomicità del corrispettivo ad eventi verificatisi ben prima dell’adozione dell’ordinanza qui impugnata e, peraltro, neanche imputabili al Comune di San Giorgio Morgeto.
Non risulta, altresì, provato il danno subito a causa del provvedimento illegittimo, da individuarsi in quel pregiudizio derivante dalla sua esecuzione che allo stato non risulta dedotto né dimostrato, non potendo lo stesso coincidere sic et simpliciter con la determinazione del giusto corrispettivo per i servizi svolti, sottratta, peraltro, come già chiarito, alla giurisdizione del giudice amministrativo.
18. Passando all’esame del ricorso per motivi aggiunti, essendo già stato chiarito che, per effetto dell’ammissione al concordato preventivo con cessione di beni, la società ricorrente non poteva considerarsi “vincolata all’adempimento contrattuale almeno fino al 15/01/2019”, ritiene il Collegio che la domanda di annullamento ivi proposta sia fondata e da accogliere.
Deve evidenziarsi, infatti, che “le ordinanze contingibili ed urgenti debbano considerarsi come atti dal contenuto atipico che le Amministrazioni possono adottare nel caso di situazioni eccezionali, anche derogando alle fonti primarie dell’ordinamento, pur dovendosi necessariamente inscrivere nei limiti della Costituzione, dei principi generali dell’ordinamento, nonché della normativa comunitaria di principio.Come è noto, i caratteri della contingibilità e dell’urgenza stanno ad indicare che tali tipi di provvedimenti possono essere congruamente posti in essere nei soli casi di eventi imprevedibili, eccezionali, straordinari e nell’imminenza di un pericolo.
Inoltre, avendo il carattere di provvedimenti extra ordinem, le citate ordinanze si imporrebbero in tutti quei casi in cui gli ordinari mezzi predisposti dall’ordinamento non risultassero attivabili o efficaci. Da questo punto di vista, il potere di ordinanza, si estrinseca nella possibilità da parte del Sindaco di far fronte ad emergenze per le quali non è possibile intervenire mediante provvedimenti tipici o attraverso le procedure ordinarie previste normativamente, così da ravvisare in esso un potere idoneo a colmare le possibili lacune dell’ordinamento giuridico in fatto o, più raramente, in diritto.
Le ordinanze de qua sono altresì subordinate al “principio di proporzionalità”, dovendosi ritenere le stesse illegittime in tutte le ipotesi in cui l’Amministrazione procedente avrebbe potuto raggiungere gli stessi risultati con misure ordinarie diverse e con un minore sacrificio degli interessi coinvolti. Lo stesso Consiglio di Stato ha affermato che il rispetto del principio di proporzionalità si traduce nel potere di sacrificare anche degli interessi giuridicamente protetti, entro ragionevoli limiti temporali ed oggettivi e con il rispetto di rigorose garanzie sostanziali e formali (cfr. Cons. Stato, sent. n. 4812/2008)” (TAR Bari, sez. I, sentenza n. 990 del 5 luglio 2018).
È stato ritenuto, pertanto, illegittimo il ricorso da parte del Sindaco al potere di ordinanza contingibile ed urgente quando il provvedimento, in relazione al suo scopo, rivesta il carattere della continuità e stabilità degli effetti, eccedendo le finalità della disciplina dell’urgenza del momento ed essendo destinato a regolare stabilmente una situazione o un assetto di interessi consolidato (cfr. T.A.R. Lombardia, ord. n. 717/2008; T.A.R. Campania, sent. n. 2216/2006).
Nel caso di specie, se con l’ordinanza contingibile ed urgente n. 1 dell’11 maggio 2018, legittimamente il Sindaco del Comune di San Giorgio Morgeto ha inteso far fronte ad una situazione eccezionale e straordinaria, lo stesso non può dirsi della successiva ordinanza n. 10 del 23 novembre 2018 con la quale ha reiterato l’ordine di proseguire il servizio per ulteriori 6 mesi attribuendo allo strumento straordinario quel carattere di stabilità e continuità ad esso del tutto estraneo, sull’erroneo presupposto secondo il quale “la Camassambiente spa è vincolata all’adempimento contrattuale almeno fino al 15/01/2019”.
Non è condivisibile, inoltre, quanto affermato dal difensore dell’Amministrazione comunale in merito ad una pretesa difficoltà (peraltro non dimostrata) ad individuare il nuovo operatore in ragione del fatto che dall’1 gennaio 2019 gli ATO sono subentrati alla Regione nella gestione e concessione degli impianti di trattamento rifiuti. Il Comune, infatti, avrebbe potuto e dovuto anticipare i presumibili ritardi dovuti al subentro dell’ATO - stante peraltro la loro prevedibilità - indicendo medio tempore la gara di cui sopra, facilitando, laddove possibile, un ricambio concorrenziale sul servizio da svolgersi ed evitando una ripetizione strumentale delle ordinanze contingibili ed urgenti quale quella inveratasi nel caso di specie (TAR Bari, sez. I, sentenza n. 990/2018).
19. La domanda di annullamento del provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti deve, pertanto, essere accolta.
In considerazione di quanto rilevato sub § 11va dichiarata, invece, inammissibile per difetto di giurisdizione la domanda avente ad oggetto la determinazione dell’equo corrispettivo.
La domanda di risarcimento del danno deve essere infine rigettata per le motivazioni di cui al § 17 cui sin rinvia, tenuto conto del fatto che la domanda proposta con i motivi aggiunti è del tutto sovrapponibile a quella già proposta con il ricorso principale.
20. Conclusivamente:
1) per quanto attiene alla domanda di annullamento del provvedimento impugnato:
- il ricorso principale deve essere accolto nei limiti sopra indicati e per l’effetto l’ordinanza contingibile ed urgente n. 1 dell’11 maggio 2018 deve essere annullata nella parte in cui impone unilateralmente le condizioni economiche del servizio rinviando tout court agli accordi contrattuali non più in vigore;
- il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto e, per l’effetto, va annullata l’ordinanza contingibile ed urgente n. 10 del 23 novembre 2018;
2) per quanto attiene alla domanda volta a conseguire il corrispettivo, sia il ricorso principale che il ricorso per motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario;
3) per quanto attiene alla domanda risarcitoria sia il ricorso principale che il ricorso per motivi aggiunti devono essere rigettati.
La parziale reciproca soccombenza costituisce idoneo presupposto per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- accoglie in parte il ricorso principale e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 1/2018 nei limiti di cui in motivazione; in parte lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione e, per il resto, lo rigetta;
- accoglie in parte il ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 10/2018; in parte lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione e, per il resto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nelle camere di consiglio dei giorni 8 maggio 2019, 28 maggio 2019, 11 giugno 2019, con l'intervento dei magistrati:
Caterina Criscenti, Presidente
Agata Gabriella Caudullo, Referendario, Estensore
Andrea De Col, Referendario