TAR Abruzzo (PE), Sez. I n. 403. del 3 ottobre 2012
Rifiuti. Illegittimità prescrizioni sproporzionate per impianto di trattamento meccanico biologico (TMB).
Sono illegittime le prescrizioni adottate dalla P.A. per un impianto di trattamento meccanico biologico (TMB) che per la loro rilevante onerosità sono destinate ad incidere in modo rilevante sull’attività svolta e sembrano sproporzionate in relazione al fine da raggiungere, specie ove si consideri che dall’attività istruttoria non emerge con evidenza che tali misure siano nella sostanza le uniche possibili. Infatti, il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa impone un’indagine c.d. “trifasica”, che passa attraverso l’accertamento della necessità della misura, della sua idoneità allo scopo da raggiungere e della stretta proporzionalità della misura applicata con il fine da raggiungere; per cui in applicazione di tale principio deve essere preferita “la misura più mite” che consenta di raggiungere lo scopo perseguito dalla norma. In altri termini, il principio di proporzionalità è principio di giustizia sostanziale, per cui il giudice amministrativo, pur non potendosi sostituire alle valutazioni dell’Amministrazione, può sempre verificare che la misura adottata sia sorretta da adeguata motivazione e si basi su fatti e circostanze particolarmente gravi, tali da indurre la stessa Amministrazione a considerarli incompatibili con la prosecuzione di un’attività in atto. Restano salve le ulteriori e meglio motivate prescrizioni che l’Amministrazione, in applicazione del principio di precauzione, riterrà di imporre per una corretta gestione dell’impianto. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00403/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00071/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 71 del 2012, proposto da:
Deco S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. Dante Fanì, con domicilio eletto presso il proprio difensore in Pescara, via Emilia,7;
contro
- Regione Abruzzo, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di L'Aquila, domiciliata in L'Aquila, via Buccio di Ranallo C/ S.Domenico;
- Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente (Arta) – Abruzzo, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
dell’atto 7 dicembre 2011, n. RA/253787, della Direzione Protezione Civile Ambiente, Servizio Gestione Rifiuti, della Regione Abruzzo, di rilascio del nulla osta per l’attivazione di una variante non sostanziale dell’impianto della ricorrente, ubicato in località “Casoni”, nelle parte con cui sono state imposte alcune prescrizioni; nonché degli atti presupposti e connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Abruzzo;
Viste le memorie difensive;
Vista l’ordinanza collegiale 22 marzo 2012, n. 56, con la quale è stata accolta la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 settembre 2012 il dott. Michele Eliantonio e uditi l'avv. Dante Fanì per la società ricorrente e l'avv. distrettuale dello stato Luigi Simeoli per la Regione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società Deco SpA riferisce di essere proprietaria di un impianto di trattamento meccanico biologico (TMB) di rifiuti solidi urbani indifferenziati, volto al loro recupero mediante produzione di combustibile solido secondario (CSS), sito in C.da Casoni di Chieti, autorizzato dalla Regione Abruzzo con autorizzazione integrata ambientale 22 ottobre 2009, n. 145/146.
Riferisce, altresì, di aver comunicato al Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo la propria volontà di procedere ad una variante non sostanziale delle procedure di trattamento dei rifiuti, consistente nell’installazione di una macchina “Press-Container”, per il carico sugli automezzi del CSS sfuso da inviare agli impianti di termovalorizzazione, e di una macchina per il confezionamento del CSS in balle rivestite da strati di film plastico al fine della loro spedizione verso gli impianti esteri di termovalorizzazione o coincinerimento. Ha prospettato al riguardo la necessità di un deposito temporaneo all’aperto del CSS sul piazzale esistente all’interno del perimetro recintato dell’impianto, al fine di costituire una riserva corrispondente alle capacità di carico delle navi impiegate per il trasporto, quantificata in mc. 3.000.
Con comunicazione del 7 dicembre 2011, n. RA/253787, la Regione Abruzzo, dopo aver acquisito i pareri della Provincia di Chieti, del Comitato di Coordinamento Regionale per la Valutazione d’Impatto Ambientale e dall’Agenzia per la Tutela dell’Ambiente (ARTA), ha rilasciato il richiesto nulla osta per l’attivazione della variante non sostanziale richiesta subordinandola al rispetto, tra l’altro, delle seguenti prescrizioni, indicate con i numeri 1 e 3:
- n. 1:“ entro n. 6 mesi dall’attivazione della variante in argomento, la cui data di avvio dovrà essere preventivamente comunicata allo scrivente Servizio, la Ditta dovrà trasmettere una proposta progettuale relativa alla realizzazione o individuazione di un capannone chiuso per il posizionamento delle balle ,filmate. Nelle more della realizzazione/individuazione del suddetto capannone la Ditta può effettuare il deposito esterno delle balle provvedendo alla loro copertura con teli impermeabili”;
- n. 3:“ considerato che il deposito esterno di balle di CSS può comportare il dilavamento di materiale da parte delle acque meteoriche con il rischio di contaminazione delle stesse con sostanze organiche e con solidi sospesi non sedimentabili, i trattamenti attualmente installati (disoleazione e sedimentazione) a monte dello scarico delle acque di prima pioggia non risultano idonei. Pertanto, in via cautelativa, le acque di prima pioggia non debbono essere scaricate”.
Con il ricorso in esame la società in parola è insorta dinanzi questo Tribunale avverso tale atto, nella parte in cui sono state imposte le predette prescrizioni.
Ha dedotto le seguenti censure:
1) Violazione degli artt. 183, 1° comma, lettera bb), e 208, 17° comma, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
La variante non sostanziale all’impianto di trattamento meccanico biologico di cui alla predetta A.I.A. riguardava i nuovi macchinari da installare, mentre il deposito temporaneo non era soggetto ad autorizzazione; trattandosi di materiale (combustibile solido secondario) classificato come rifiuto non pericoloso (CER 191210); la Deco SpA avrebbe potuto, pertanto, esercitare il suddetto deposito temporaneo nel rispetto delle disposizioni sub 2) e 3) della lettera bb) del citato art. 183, che sono state puntualmente rispettate, in quanto le operazioni di recupero del Css nel deposito temporaneo vengono effettuate con cadenza trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito. In ogni caso la verifica del rispetto delle disposizioni di cui alla predetta lettera bb) andava verificata nella fase del controllo, in quanto il deposito temporaneo è sottratto ad autorizzazione preventiva.
2) Eccesso di potere per motivazione contraddittoria ed insufficiente, per difetto di istruttoria, per travisamento ed erronea valutazione dei fatti e per violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità.
La prescrizione riguardante la realizzazione o l’individuazione di un capannone chiuso per il deposito temporaneo delle balle “filmate”, così come pure quella relativa al divieto di scarico delle acque di prima pioggia, appaiono insufficientemente motivate e prive del supporto di adeguata istruttoria. In ogni caso, proprio al fine di eliminare alla fonte ogni possibilità di dilavamento o di dispersione in ambiente del materiale, ne è stato previsto il confezionamento in balle ricoperte con almeno tre e fino a ben otto strati di materiale plastico, perfettamente idoneo a proteggerlo non soltanto dagli agenti atmosferici, ma anche dai maltrattamenti cui il materiale stesso può andare incontro durante il trasporto. Le suddette prescrizioni, inoltre, violano i principi di ragionevolezza e proporzionalità in relazione alle finalità da conseguire, ove si consideri che viene imposto di realizzare un nuovo capannone atto ad ospitare un quantitativo medio di 3.000 mc. e quello di avviare a trattamento esterno tutta l’acqua di prima pioggia ricadente sull’intera area dell’impianto (di circa 20.000 mq.), con oneri economici proibitivi, mentre avrebbero potuto imporsi misure alternative, quali la copertura delle balle con dei teli impermeabili.
Con ordinanza collegiale 22 marzo 2012, n. 56, questo Tribunale ha accolto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, onerando l’Amministrazione di “valutare la possibilità di imporre prescrizioni altrettanto efficaci ai fini della tutela della salute pubblica, ma meno onerose per la ditta ricorrente”.
Tali doglianze la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 12 luglio 2012.
La Regione Abruzzo si è costituita, depositando in giudizio, oltre a tutti gli atti del procedimento, anche una analitica relazione del Dirigente del Servizio Gestione Rifiuti in ordine alle censure dedotte.
L’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (ARTA) non si è costituita in giudizio.
Alla pubblica udienza del 27 settembre 2012 la causa è stata trattenuta a decisione.
DIRITTO
Con il ricorso in esame – come sopra esposto – sono state impugnate due specifiche prescrizioni imposte dalla Regione Abruzzo in sede di rilascio del nulla osta per l’attivazione della variante non sostanziale dell’impianto della ricorrente di trattamento meccanico biologico (TMB) di rifiuti solidi urbani indifferenziati, volto al loro recupero mediante produzione di combustibile solido secondario (CSS).
In particolare, è stata impugnata la prescrizione indicata con il n. 1, sopra diffusamente riportata nella esposizione in fatto, con la quale si è imposto alla ricorrente di realizzare un capannone chiuso per il posizionamento delle balle filmate e la prescrizione indicata con il n. 3, con la quale si è imposto di sottoporre a trattamento le “acque di prima pioggia”.
Il ricorso è fondato.
Carattere pregiudiziale ed assorbente rivestono in merito le censure dedotte con il secondo motivo di ricorso e con le quali la parte istante si è nella sostanza lamentata del fatto che:
a) tali prescrizioni che comportavano la realizzazione o l’individuazione di un capannone chiuso per il deposito temporaneo delle balle “filmate” ed il divieto di scarico delle acque di prima pioggia, erano insufficientemente motivate e prive del supporto di un’adeguata istruttoria;
b) tali prescrizioni violavano, inoltre, i principi di ragionevolezza e di proporzionalità in relazione alle finalità da conseguire, con oneri economici proibitivi, mentre avrebbero potuto imporsi misure alternative, quali la copertura delle balle con teli impermeabili.
In relazione a tali due distinti vizi che, ad avviso della ricorrente, inficiano l’atto impugnato va ricordato innanzi tutto che - come ha già avuto modo di evidenziare la giurisprudenza amministrativa (cfr., da ultimo, T.A.R. Trentino Alto Adige, sede Trento, 25 marzo 2010, n. 93, T.A.R. Toscana, sez. II, 31 agosto 2010, n. 5145, T.A.R. Liguria sez. II, 15 ottobre 2010, n. 9501, e T.A.R. Umbria, 10 novembre 2011, n. 360) - la immediata applicabilità alla materia in questione dei principi di precauzione e di proporzionalità impone che tutte le decisioni assunte dall’Autorità competente in materia debbano essere assistite da un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che tenga conto di un’attività istruttoria parimenti ineccepibile.
Inoltre, è stato anche chiarito che il principio di precauzione, pur preminente nel quadro della tutela della salute sugli interessi economici, deve trovare il proprio equilibrio nel contemperamento con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco.
Ciò detto e per passare all’esame del caso di specie, dall’esame degli atti sembra al Collegio che relativamente alle prescrizioni in parola l’attività istruttoria sia stata carente, così come ugualmente carente sembra l’apparato motivazionale posto a supporto della imposizione di tali prescrizioni. Dagli atti istruttori non si rileva, invero, che le misure imposte siano le uniche possibili per tutelare adeguatamente ed in modo soddisfacente la salute e l’ambiente.
Va, invero, al riguardo ricordato che - come è noto - il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa impone un’indagine c.d. “trifasica”, che passa attraverso l’accertamento della necessità della misura, della sua idoneità allo scopo da raggiungere e della stretta proporzionalità della misura applicata con il fine da raggiungere; per cui in applicazione di tale principio deve essere preferita “la misura più mite” che consenta di raggiungere lo scopo perseguito dalla norma. In altri termini, il principio di proporzionalità è principio di giustizia sostanziale, per cui il giudice amministrativo, pur non potendosi sostituire alle valutazioni dell’Amministrazione, può sempre verificare che la misura adottata sia sorretta da adeguata motivazione e si basi su fatti e circostanze particolarmente gravi, tali da indurre la stessa Amministrazione a considerarli incompatibili con la prosecuzione di un’attività in atto (cfr. sul punto, da ultimo, Cons. St., sez. IV, 4 aprile 2012, n. 1993).
Tale principio di proporzionalità, in definitiva, richiamando una valutazione che incide sulla misura dell’esercizio del potere, impone alla Pubblica Amministrazione di valutare attentamente le esigenze dei soggetti titolari di interessi coinvolti nella sua azione, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio per gli interessi stessi, ed è, al contempo, manifestazione del principio di ragionevolezza nel quale confluiscono i principi di uguaglianza, di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.
Ora, come già detto, sembra al Collegio che le prescrizioni adottate, che per la loro rilevante onerosità sono destinate ad incidere in modo rilevante sull’attività svolta dalla ricorrente, sembrano sproporzionate in relazione al fine da raggiungere, specie ove si consideri che dall’attività istruttoria non emerge con evidenza che tali misure siano nella sostanza le uniche possibili per una adeguata tutela dell’ambiente, non essendovi misure alternative.
Il ricorso in esame deve, pertanto, essere accolto per essere fondate le doglianze dedotte nei confronti delle predette prescrizioni contenute nell’atto impugnato, che, per l’effetto, debbono essere annullate; mentre restano, ovviamente, salve le ulteriori e meglio motivate prescrizioni che l’Amministrazione, in applicazione del principio di precauzione, riterrà di imporre per una corretta gestione dell’impianto.
La spese, come di regola, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, tenendo conto dei parametri e di quanto oggi disposto dal D.M. 20 luglio 2012, n. 140.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla nel senso specificato in motivazione le prescrizioni n. 1 e 3 contenute nell’atto 7 dicembre 2011, n. RA/253787, della Direzione Protezione Civile Ambiente, Servizio Gestione Rifiuti, della Regione Abruzzo.
Condanna la Regione Abruzzo al pagamento a favore della ricorrente delle spese e degli onorari di giudizio che liquida nella complessiva somma di € 2.500 (duemilacinquecento), oltre agli accessori di legge (IVA e CAP) ed al rimborso del contributo unico versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 27 settembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Michele Eliantonio, Presidente, Estensore
Dino Nazzaro, Consigliere
Ugo De Carlo, Primo Referendario
|
|
|
IL PRESIDENTE, ESTENSORE |
|
|
|
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)