Trib. Civile Modena  Sez. I sent. 1430 del  6 settembre 2004
Inquinamento elettromagnetico. Risarcimento del danno (interruzione gravidanza e deprezzamento immobile) ammissibilità.
CON MOTIVAZIONE

Si ringrazia N. Girardi per la segnalazione


Motivi della decisione.

 1. In estrema sintesi, parte attrice lamenta che dall'elettrodotto posizionato sopra la
propria abitazione provengono immissioni elettromagnetiche nocive; ha, quindi, chiesto
l'emissione dei provvedimenti necessari per la cessazione delle immissioni stesse o
quantomeno per la loro riduzione entro i limiti della tollerabilità; inoltre, ha chiesto il
risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, da liquidarsi in separato
giudizio; ha, pertanto, richiamato le norme di cui agli artt. 844 e 2043 e segg. c.c.

2. La giurisprudenza di merito ha affrontato da lungo tempo la materia delle immissioni
nocive per la salute e vi sono state numerose pronunce pretorili e di Tribunale che hanno
concesso, ad esempio, l'inibitoria di immissioni ai sensi dell'art. 700 c.p.c., a tutela del
diritto alla salute dei proprietari o dei titolari di un diritto di godimento su fondi
contigui a fonti di immissioni ai sensi dell'art. 844 c.p.c. (cfr. Pret. Monza 15 giugno
1976; Pret. Vigevano 6 aprile 1978 e 22 marzo 1985; Pret. Thiene 13 ottobre 1984, Pret.
Verona 29 giugno 1984, Pret. Castrovillari 16 febbraio 1991; Pret. Milano, 18 febbraio 1993,
in Arch. locazioni, 1994, 391).

Già in queste pronunce era presente il riconoscimento di un'autonoma azione inibitoria a
tutela del diritto alla salute inteso quale diritto della personalità fondato sull'art. 32
Cost. e, quindi, l'esperibilità dell'azione inibitoria come rimedio preventivo generale a
tutela di tutti i diritti assoluti. Anche la Corte di Cassazione è giunta da tempo al
riconoscimento del diritto alla salute come diritto tutelabile in via immediata ad
iniziativa degli interessati ed autonomamente (cfr. Cass. 9 marzo 1979, n. 1463; 6 ottobre
1979, n. 5172; 30 luglio 1984, n. 4523; 11 febbraio 1985, n. 1130) prima che la Corte
Costituzionale con la sentenza n. 184 del 14 luglio 1986 tracciasse le linee maestre
dell'inquadramento costituzionale della materia, e successivamente l'indirizzo non è più
stato abbandonato. La giurisprudenza si è particolarmente sviluppata in riferimento alle
immissioni sonore, per le quali si sono raggiunti già da tempo alcuni risultati più o meno
unanimemente riconosciuti ed utilizzati dal diritto vivente.

Diverso è stato il percorso giurisprudenziale di tutela delle immissioni elettromagnetiche,
per le incertezze scientifiche della materia di specie.

3. Tuttavia, la giurisprudenza ha raggiunto alcune acquisizioni comuni all'intero campo
della tutela dalle immissioni nocive. In particolare, è stato osservato che il bene salute
deve ritenersi comprensivo non solo dell'incolumità fisica ma anche del benessere psichico
dell'individuo e di tutto ciò che vale a costituire la "qualità" stessa della vita, intesa
come esaustiva realizzazione della persona umana nella totalità e globalità delle sue
manifestazioni e dei suoi valori.

Inoltre, l'evoluzione delle conoscenze scientifiche consente il continuo aggiornamento
dell'ambito di operatività dell'art. 844 c.c., che, pertanto, oggi non va riferito
esclusivamente alle immissioni immediatamente avvertibili su un piano "organolettico", con i
cinque sensi dell'essere umano, ma comprende anche quelle immissioni che, seppur non
percepibili come sopra indicato, ma scientificamente note e strumentalmente rilevabili, sono
idonee comunque, anche solo in prospettiva (purché reale, e non solo putativa), in termini
di semplice rischio e non già di vulnus, ad influire in modo lesivo sull'organismo umano
(cfr., ad es., Trib. Como, 30 novembre 2001, in Giur. mer., 2002, 1270). Ad esempio, non
potrebbe disconoscersi la potenzialità nociva di un'esposizione rilevante ad emissioni di
elementi radioattivi, seppur percepibili soltanto in via strumentale, essendo questo
fenomeno ormai entrato, in certa misura, nell'ambito del comune patrimonio di conoscenze;
per altre categorie di immissioni occorre, ovviamente, un ausilio scientifico. In termini
giuridici, comunque, quanto sopra si traduce nel rilievo che le immissioni di onde
elettromagnetiche rientrano nel campo di applicabilità dell'art. 844 c.c. in quanto il
concetto di "simili propagazioni" non può essere ristretto alle sole immissioni
immediatamente avvertibili dall'essere umano con i cinque sensi.

4. Le immissioni intollerabili di onde (siano esse sonore o d'altra natura) portano
all'attenzione il fenomeno immissivo non già per le lesioni organiche che possano, in
ipotesi, provocare immediatamente nell'organismo umano, ma proprio per la capacità di talune
immissioni di alterare l'equilibrio della persona, intesa come tale nella sua interezza e
nella complessità delle dinamiche proprie di un organismo biologico, cioè come soggetto teso
a realizzare, come d'ordinario, le sue funzioni psichiche, ed ad espletare le attività
rispondenti all'esercizio delle sue qualità soggettive e sociali, fino ad apprestare tutela
anche alla lesione di beni come la serenità personale dell'individuo, ossia all'alterazione
del benessere psico-fisico, dei normali ritmi di vita che si riflettono sulla tranquillità
personale del soggetto danneggiato.

Le immissioni intollerabili di onde, inoltre, pongono il problema degli effetti a lunga
scadenza (o latenza) per l'organismo umano, e portano in primo piano la rilevanza della
distinzione tra "integrità fisica dell'individuo" ed una nozione più estesa del bene
"salute", comprendente il benessere psichico, la qualità della vita, anche di relazione, ed
i valori della persona, beni la cui lesione può integrare danno illecito, ed alla sua
salute, anche in assenza di lesioni immediatamente obiettivabili.

Come già rilevato, qui viene in rilievo una nozione di danno biologico che prescinde dalla
effettiva sussistenza di menomazioni organiche dell'integrità psicofisica della persona
umana e riguarda, invece, la compromissione della salute nel lato senso sopra indicato; in
sintesi, comprensivo di tutte le potenzialità dell'integrità psicofisica, del normale
esercizio, cioè, delle qualità del soggetto, tanto che l'intollerabilità delle immissioni
che abbiano un effetto accertato sull'organismo umano nei sensi sopra indicati, non può che
considerarsi una fattispecie produttiva del danno alla salute.

5. Occorre, quindi, verificare la ricorrenza nel caso di specie dei requisiti indispensabili
per l'accoglimento della domanda.

Quanto al pericolo di danno alla salute occorre, anzitutto, esaminare il concetto di
"normale tollerabilità" dell'immissione.

La Corte di Cassazione in alcune occasioni (cfr. ad es. Cass., Sez. II, 6 gennaio 1978, n.
38) ha affermato che la valutazione della normale tollerabilità va fatta secondo indici
oggettivi.

Ove poi, come nel caso di specie, l'entità delle immissioni muti nell'arco della giornata,
la valutazione andrà condotta con riferimento sia agli effetti complessivi dell'esposizione,
in relazione alla durata della stessa, che in riferimento alle potenzialità lesive dei
valori massimi di intensità, per quanto di breve durata.

Ciò posto, deve, quindi, stabilirsi se può fondatamente ritenersi che l'immissione in
questione sia intollerabile, ad a tal fine occorre individuare un limite oltre il quale
l'immissione assume tale connotazione.

6. Nel far ciò va, in primo luogo, ribadito il criterio ermeneutico e di giudizio ormai
consolidato in giurisprudenza (si veda in particolare la giurisprudenza penale in tema di
inquinamenti, in particolare idrici, e quella civile in tema di immissioni sonore) secondo
cui l'emanazione di standards normativi (nella specie, cfr. il D.P.C.M. 23 aprile 2002, 100
microtesla, e D.P.C.M. 8 luglio 2003, 10 microtesla come soglia di attenzione) pone un
limite di "accettabilità" dell'immissione che deve indubbiamente essere tenuto presente
nella valutazione concreta della tollerabilità delle immissioni agli effetti dell'art. 844
c.c., ma che l'atto normativo, in tal caso, non può precludere una valutazione in concreto
di intollerabilità, atteso anche che l'integrità della persona ed il bene primario della
salute non possono essere valutati in termini esclusivamente fisici e materialmente
constatabili in modo universale e differenziato. D'altra parte un diritto primario della
personalità non può, comunque, essere inciso negativamente da una disposizione normativa
secondaria, d'ordine regolamentare; inoltre, nel caso di specie, detta normativa persegue
finalità di carattere pubblico ed opera nei rapporti fra i privati e la P.A., essendo
destinata a fissare "i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di
qualità, le tecniche di misurazione e rilevamento dell'inquinamento elettromagnetico e i
parametri per la previsione di fasce di rispetto per gli elettrodotti" (cfr. art. 4, comma 2,
lett. a) della legge n. 36/01), e perciò le disposizioni in essa contenute né escludono
l'applicabilità dell'art. 844 c.c. nei rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini,
né limitano la portata degli artt. 2043 e ss. c.c.

In particolare, si ritiene che anche i limiti previsti dal D.P.C.M. 8 luglio 2003 non
possano modificare il quadro giuridico di cui agli artt. 844 c.c. e 2043 c.c., direttamente
riconducibili all'art. 32 Cost., per cui il superamento della soglia di intollerabilità è da
accertarsi in concreto ad opera del giudice, in relazione ad un determinato effetto
immissivo. Pertanto, non determinano nemmeno alcuna cessazione della materia del contendere,
come sostenuto da parte convenuta.

L'orientamento espresso, peraltro, è, come già accennato, conforme ad un consolidato
orientamento in materia di inquinamento idrico, per il quale è stato a suo tempo chiarito
che l'osservanza dei limiti di cui alle normative pubblicistiche di tutela delle acque non
vale ad escludere, di per sé, il giudizio circa l'intollerabilità ed illiceità della
immissioni inquinanti (Cass., SS.UU., 18 luglio 86, n. 4633; per la materia della
tollerabilità delle immissioni rumorose nei rapporti tra privati si veda, ad es., Cass.,
Sez. III, 3 febbraio 1999, n. 915 e Cass., Sez. II, 18 luglio 2001, n. 5697).

7. Premesso quanto sopra, la giurisprudenza di merito e di legittimità non hanno ancora
individuato in modo definitivo un limite obiettivo oltre il quale ritenere eccedenti la
normale tollerabilità le immissioni elettromagnetiche; un precedente di merito
particolarmente pertinente al caso di specie è, comunque, quello del Tribunale di Como,
citato dalle parti, secondo cui le immissioni di onde elettromagnetiche prodotte da un
elettrodotto sono intollerabili ai sensi dell'art. 844 c.c. quando superano il parametro di
0,3-0,4 microtesla di campo magnetico (Trib. Como, 30 novembre 2001 e 22 gennaio 2002, in
Giur. merito, 2002, 1270), sicché la rilevazione di campi elettromagnetici originati da
elettrodotti di intensità superiori a quelle indicate (precisamente, 0,3 microtesla),
giustifica l'intervento dell'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 844 c.c., volto ad
ordinare le misure tecnicamente idonee per la riconduzione del rischio a livelli di
normalità.

Detta pronuncia integra certamente un utile punto di confronto e di riferimento. La
questione, comunque, è stata oggetto di specifico approfondimento da parte dei consulenti
tecnici nominati, che hanno rimesso al giudice istruttore un elaborato di solide basi
scientifiche, di grandi rigore logico ed obiettività, e di indubbio spessore tecnico, con il
complessivo risultato di fornire un ausilio scientifico che merita piena adesione ed
affidamento, non superato dalle controdeduzioni tecniche di parte. Significativa, come si
vedrà, è la conclusione a cui si perviene quanto alla soglia di pericolosità in microtesla,
sostanzialmente omogenea a quella indicata nel precedente del Tribunale di Como sopra
menzionato.

Ai consulenti era stato posto il seguente quesito:

"Accertino i consulenti tecnici, esaminati gli atti ed i documenti di causa, effettuati i
rilievi che ritengano necessari ed opportuni, esperite tutte le indagini necessarie anche
presso pubblici uffici eseguito sopralluogo se necessario e posta in essere ogni altra
attività di indagine ritenuta utile, tenuto conto degli standards normativi vigenti:

1. se, tenuto conto della distanza tra l'elettrodotto in oggetto e le abitazioni degli
attori, il livello di esposizione a campo elettromagnetico generato dal passaggio di energia
sia capace di creare pregiudizio alla salute degli stessi, specificando, per quanto
possibile, in che misura e in relazione a quali conseguenze;

2. se del caso, illustrino e specifichino le differenze di pericolo per la salute in
relazione all'età delle persone, distinguendo tra adulti e bambini e, in particolare, la
fase prenatale;

3. se il predetto livello di esposizione a campo elettromagnetico abbia avuto, in
considerazione anche della durata ed intensità della esposizione, efficacia causale in
relazione agli episodi abortivi relativi alla persona dell'attrice Lorenza Zini;

4. in caso di accertamento di pericolo per la salute, quali siano le precauzioni e gli
interventi idonei ad eliminare, al di là di ogni ragionevole dubbio in considerazione delle
attuali conoscenze, i rischi per la salute in riferimento al tipo di impianto in oggetto".

8. La consulenza si compone, anzitutto, di un'ampia parte introduttiva che, pur costituendo
un riassunto delle conoscenze scientifiche attuali in materia in campo internazionale,
consiste in un'ampia disamina della letteratura specialistica, considerato che il numero di
lavori pubblicati sull'argomento è "largamente superiore al migliaio". La consulenza,
anzitutto, dà doverosamente e consapevolmente atto dell'assenza, allo stato attuale delle
conoscenze, di conclusioni indiscutibili nella presente materia nell'ambito scientifico,
rilevando che: ("allo stato attuale delle conoscenze esistono ancora dei significativi
margini di incertezza riguardo alla capacità dei campi elettrici, magnetici o
elettromagnetici di indurre effetti avversi nell'uomo (intesi come alterazioni significative
dello stato di salute) in seguito ad esposizioni croniche ai bassi livelli di campo (ovvero
quelli a cui in normali situazioni è esposta la popolazione generale ed anche, nella sua
grande maggioranza, la popolazione lavorativa; Gobba et al, 2000; 2000b), anche se
l'orientamento attuale prevalente è quello favorevole ad una maggiore cautela, in quanto
stanno progressivamente prendendo consistenza le indicazioni su alcuni possibili effetti").
Quindi, procede, con metodo assolutamente condivisibile, a: "riportare le conclusioni di
recenti rassegne della letteratura scientifica condotte da autorevoli gruppi di esperti
quali lo Standing Committee on Epidemiology dell'ICNIRP (ICNIRP, 2001) o l'Advisory Group on
Non-ionising Radiation del National Radiological Protection Board britannico, coordinato da
Richard Doll (NRPB, 2001a), ed alcuni studi epidemiologici pubblicati successivamente alla
stesura di tali testi; vengono inoltre riportate le posizioni ufficiali recentemente assunte
da alcune e prestigiose istituzioni, quale la Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)".

Dapprima la consulenza esamina gli effetti cancerogeni su adulti e bambini, confermando, in
sintesi, la classificazione (della IARC) dell'esposizione a campi magnetici E.L.F. come
"possibile cancerogeno", con effetti accertati, in particolare, per la popolazione infantile
per quanto riguarda una specifica forma tumorale, ovvero la leucemia infantile.

Secondo la consulenza i dati epidemiologici permettono anche di ipotizzare che tale rischio
non sia genericamente insito nella esposizione ambientale, indipendentemente dal livello di
campo, ma sia sostanzialmente limitato alla popolazione infantile con esposizioni maggiori
di 0.3-0.4 ¼ T (corrispondente ad una quota relativamente limitata della popolazione
generale, inferiore all'1%).

Inoltre, sempre in base ai dati epidemiologici, è anche possibile stimare la entità
presumibile del rischio di sviluppare leucemia infantile connesso con la esposizione a
livelli di campo magnetico superiori a 0.4 ¼T: il Rischio Relativo associato a tale
esposizione è di 2 (Intervallo di Confidenza 1.24-3.13), pertanto si può concludere che un
bimbo che vive in un ambiente tale da indurre livelli ponderati di campo superiori a 0.4 ¼T
ha un rischio doppio di leucemia infantile rispetto ad un bambino che vive in un ambiente
caratterizzato da una esposizione inferiore (ovvero la grande maggioranza della popolazione
nel nostro paese).

Quindi, la consulenza esamina gli effetti sulla gravidanza, con specifico riferimento alle
relazioni fra esposizione in gravidanza a campi magnetici e aborto spontaneo, rilevando che
alcuni lavori scientifici "corroborano l'ipotesi di una relazione fra campo magnetico E.L.F. e
rischio di aborto spontaneo, e più in particolare tra il massimo valore del campo magnetico
nelle 24 ore ed il rischio, mentre indeboliscono l'ipotesi di una relazione col valore medio
del campo"., e che, quindi, pur non essendo ancora possibile formulare un vero e proprio
giudizio in termini di nesso causale tra esposizione a campi magnetici E.L.F. ed abortività,
"tuttavia i dati certamente rafforzano l'ipotesi di una possibile relazione, e giustificano
la necessità di una adeguata attenzione a questo problema".

Su questo punto occorre precisare che, quando la consulenza afferma che non si può ancora
formulare un giudizio in termini di nesso di causalità, significa che non è stata affermata
la certezza scientifica del nesso causale, come effetto indiscutibilmente acclarato, secondo
una successione fattuale invariabile. In termini di causalità giuridica, peraltro, com'è
noto, il concetto a cui fare riferimento non è la causalità scientifica ma la causalità
logica, che tiene conto anche della possibilità, e di un apprezzabile grado di possibilità,
e degli altri elementi del convincimento.

Successivamente, la consulenza esamina gli effetti neurocomportamentali, le patologie
neurodegenerative e le patologie psichiatriche. Questa parte dell'elaborato è
particolarmente interessante ai fini sopra menzionati ai punti 3. e 4., in quanto vi si
segnala che "l'esposizione a campi elettromagnetici di intensità compatibile con quelli
generati da linee ed installazioni elettriche è stata messa in relazione con la comparsa di
diversi effetti a livello neurocomportamentale" in diversi studi; cioè, in altri termini,
che i campi E.L.F. possono essere percepiti dall'uomo anche al di fuori di una esperienza
sensoriale classica, e che, pur non essendovi conclusioni definitive su questi effetti,
l'insieme di fenomeni oggetto di approfondimento è, di per sé, significativo: si va dai
sintomi depressivi alla cefalea, da alterazioni neurocomportamentali e psichiatriche a
problemi di memoria, da un'incidenza su alcune patologie neurovegetative (principalmente
sclerosi laterale amiotrofica e malattia di Alzheimer) ad un'accresciuta frequenza di
suicidi. Viene poi fornita una significativa tabella dei disturbi lamentati dalle persone
che riferiscono "ipersensibilità ai campi elettromagnetici" (e che riguardano principalmente
i sistemi nervoso e cardiovascolare e l'apparato cutaneo), che viene qui riportata.


Å CASI SONO STATI SEGNALATI IN NUMEROSI PAESI EUROPEI, INCLUSA L'ITALIA, NEGLI STATI UNITI
ED IN ALCUNI PAESI ASIATICI;
Å i SINTOMI VENGONO RIFERITI ALLA VICINANZA CON LINEE ELETTRICHE, VARIE APPARECCHIATURE
ELETTRICHE, APPARATI PER LE TRASMISSIONI, ECC.;
Å nON SEMBRA AVERE PARTICOLARI PREDILEZIONI DI ETÀ; PIÙ SPESSO SONO INTERESSATE PERSONE DI
SESSO FEMMINILE, CON GRADO DI ISTRUZIONE MEDIO-ALTA, E CON UNA BUONA ATTENZIONE ALLE PROPRIE
CONDIZIONI DI SALUTE;
Å i SINTOMI LAMENTATI PIÙ DI FREQUENTE RISULTANO ESSERE:
1. ASTENIA ANCHE INTENSA, APATIA, DIFFICOLTÀ NELL'ELABORAZIONE DEL PENSIERO;
2. DISTURBI DEL SONNO O DEL RITMO SONNO-VEGLIA;
3. ASTENIA MUSCOLARE, SPECIE ALLE GAMBE;
4. DISESTESIE DI VARIO TIPO, TALVOLTA NON BEN DEFINIBILI, SPECIE ALLE ESTREMITÀ;
5. MIALGIE AGLI ARTI;
6. DOLORE NON LOCALIZZATO OPPURE CONTEMPORANEAMENTE PRESENTE IN VARIE LOCALIZZAZIONI, DI
TIPO PUNTORIO OPPURE GRAVATIVO, O BRUCIORE, O NON BEN DEFINITO;
7. DISTURBI CUTANEI TIPO ERITEMA, TENSIONE CUTANEA, PRURITO, SENSAZIONE DI CALORE O
BRUCIORE; TALVOLTA (MOLTO RARAMENTE) ANCHE PAPULE O PUSTOLE;
8. IRRITABILITÀ, PERDITA DELLA MEMORIA, ANSIETÀ, INSTABILITÀ DELL'UMORE;
9. NAUSEA;
10. TACHICARDIA O PALPITAZIONI;
11. CEFALEA, VERTIGINI;
12. ALTERAZIONI DELLA TERMOREGOLAZIONE, SPESSO CON SUDORAZIONI PROFUSE;
13. VARI ALTRI.
Å IL TIPO DI SINTOMI LAMENTATI, LA FREQUENZA E LA INTENSITÀ SONO MOLTO VARIABILI DA CASO A
CASO;
Å nELLO STESSO CASO L'INTENSITÀ DEI SINTOMI PUò VARIARE NEL TEMPO;
Å iN UNA PROPORZIONE VARIABILE, MA SIGNIFICATIVA, DI CASI ESISTE UN PEGGIORAMENTO NEL TEMPO;
Å iN UN CERTO NUMERO DI CASI, IN UN SECONDO MOMENTO È STATO POSSIBILE DIMOSTRARE LA PRESENZA
DI ALTRE PATOLOGIE MEDICHE IN GRADO DI SPIEGARE I SINTOMI.


9. La consulenza si compone, poi, di una seconda parte nella quale viene esaminato il caso
di specie. A tal fine va ricordato, anzitutto, che livelli di campo elettrico e magnetico a
50 Hz all'interno e nel giardino circostante l'abitazione della Famiglia Zini, posta in Via
Battezzate a Corlo di Formigine (MO), sono stati oggetto di misurazione una prima volta da
parte dell'Arpa dell'Emilia Romagna, Sezione provinciale di Modena, il 19 febbraio 1998, ed
una seconda volta da parte di una società privata (Contatto S.n.c. di Sassuolo, MO), che ha
effettuato una serie di rilievi nel maggio 2001. Inoltre, al fine di acquisire ulteriori e
più dettagliati dati sulla esposizione a campo magnetico nell'abitazione della Fam. Zini e
nel giardino circostante, i consulenti hanno richiesto all'Enel il carico medio ed il range
del carico della linea Rubiera-Ponte Fossa nel periodo di interesse (1997-2002). I dati
acquisiti sono stati allegati alla relazione.

Le misurazioni sono state effettuate, quindi, con diverse metodologie, in più occasioni ed
in diverse ore della giornata, nonché in diverse zone della proprietà oggetto di causa, e
cioè sia in casa (primo piano, presso la parte divisoria tra gli appartamenti dei Sigg. Zini
Lorenza e Giorgio, e piano terra, nella camera da letto Sig.ra Zini Lorenza) che all'esterno
della casa (sui terrazzi ad il giardino).

Secondo i consulenti, dall'esame comparato di tutti questi dati "in ogni caso è degno di
rilievo il fatto che in ambedue le misurazioni il campo magnetico è risultato da circa 0.5
¼T in su in tutte le misurazioni effettuate ed in tutti i punti campionati". In ragione di
ciò la consulenza rileva che:

1.6-2.2 ¼T circa nel giardino.

1.3-1.7 ¼T circa nella camera da letto della Sig.ra Zini.

Di seguito, la consulenza prosegue con le seguenti considerazioni: "Preme osservare come,
tenendo in considerazione la variabilità del carico della linea nel corso dell'anno, questi
valori siano nel complesso ben compatibili con quelli massimali di 1.1 ¼T, effettivamente
misurati da Contatto s.n.c. nella rilevazione protratta effettuata nella Camera del bambino.

In ragione della sostanziale compatibilità dei risultati riportati nelle relazioni, non si è
ritenuto che ulteriori misurazioni potessero apportare a significative variazioni dei dati,
e non si è pertanto ritenuto necessario procedere ad ulteriori rilevazioni.

Sembra anche importante far rilevare come, nelle condizioni di esposizione peggiore (I
piano, terrazzo Sig. Giogio Zini) i livelli massimi stimabili siano da 2.7 a 3.5 ¼T circa".

Questi dati portano la consulenza ad affermare quanto segue: "Le misurazioni effettuate sia
dall'ARPA che da Contatto s.n.c. dimostrano livelli di esposizione a campo magnetico ELF
molto vicine o superiori a 0.5 ¼T in tutte le posizioni campionate. È pertanto da ritenersi
che, almeno durante il giorno, le persone che vivono nell'abitazione in esame abbiano una
esposizione intorno o superiori a tale valore.

I valori massimi di campo magnetico ELF nelle medesime posizioni possono essere stimati da
1.3 a 3.5 ¼T circa, in funzione della posizione".

10. La consulenza prosegue con l'esame della situazione medica dell'attrice Zini Lorenza,
soggetta a pregressa poliabortività spontanea. I passaggi significativi, all'esito di
un'ampia disamina della documentazione medica, degli esiti della visita e delle altre
risultanze sulla salute dell'attrice, sono i seguenti:

anzitutto è accertata l'assenza di fattori in grado di impedire in modo assoluto il corretto
svolgimento di una gravidanza.

"pertanto, anche nel caso fosse stata dimostrata la eventuale presenza di un ipotetico
fattore noto in grado di correlarsi con un aumentato rischio di poliabortività, tale fattore
non sarebbe stato in grado, da solo, di impedire il corretto svolgimento di una gravidanza a
termine. Il ruolo giocato da tale ipotetico fattore non sarebbe, pertanto, causale ma
eventualmente solo di concausa";

"per quanto riguarda il possibile ruolo svolto dalla esposizione al campo elettrico e
magnetico indotto dall'elettrodotto, va osservato che le rilevazioni condotte dimostrano,
almeno per il campo magnetico, livelli massimi di esposizione nell'abitazione della Sig.ra
Zini sono stimabili in 1.6-2.2 ¼T circa nel giardino e 1.3-1.7 ¼T circa nella camera da
letto al I piano.

(Omissis).  Per livelli massimi di campo magnetico analoghi a quelli rilevati
nell'abitazione della Sig.ra Lorenza Zini, in due recentissimi studi epidemiologici ben
condotti (Li et al, 2002; Lee et al, 2002) è stato osservato un significativo aumento del
rischio di aborto (RR: 1.8, Li et al, 2002; O.R.: 1.4, Lee et al. 2002).

Va inoltre aggiunto che, almeno in uno dei due studi (Lee et al., 2002), è stato dimostrato
che il rischio relativo era più elevato fra le donne che avevano avuto ripetute perdite
fetali o ridotta fertilità. Una eventuale poliabortività pre-esistente, pertanto,
sembrerebbe costituire una condizione di maggiore "suscettibilità" nei confronti
dell'effetto avverso sulla gravidanza dovuto al campo magnetico indotto dalla corrente
elettrica".

"infine, non può neppure essere ignorato possibile ruolo negativo sul corretto svolgimento
della gravidanza dovuto allo stress (Neugebauer et al, 1996, O'Hare and Creed 1995; Wasser,
1999; Wergeland and Strand 1998) indotto nella Sig.ra Zini dalla preoccupazione correlata
alla presenza dell'elettrodotto. Una misurazione del livello attuale di stress nella Sig.ra
Zini non è certamente in grado di fornire una stima attendibile dello stress presente nel
1997 e nel 2000 (cioè nei periodi durante i quali la Sig.ra Zini ha presentato gli episodi
abortivi), però la presenza di una situazione stressante connessa con la preoccupazione
dovuta alla presenza dell'elettrodotto è desumibile da quanto riferito in corso di visita,
così come risulta dall'Anamnesi Patologica Remota.

Sulla base delle considerazioni precedenti è pertanto evidente che, se da un lato non si può
dimostrare oltre ogni dubbio il ruolo causale svolto dalla presenza dell'elettrodotto
sovrastante l'abitazione della Sig.ra Zini nella patogenesi degli episodi abortivi della
Sig.ra Zini stessa, d'altra parte esistono certamente le condizioni perché tale elettrodotto
possa aver giocato un significativo ruolo avverso sulla normale conduzione della gravidanza.
Per converso, non vi sono, invece, dimostrazioni certe di altre cause".

In breve, dunque, in base ai dati riferiti dalla consulenza, si può stimare l'entità del
rischio di aborto spontaneo in funzione della esposizione massima a campo magnetico ELF: per
valori massimi di campo compresi tra 1.4 e 2.3 ¼T l'O.R. è di 1.4, mentre diventa 1.9 per
valori massimi tra 2.3 e 3.5 ¼T, e 2.3 per valori superiori a 3.5 ¼T.

11. A conclusione del loro lavoro i consulenti formulano le seguenti risposte ai quesiti.

Al primo quesito:

Inoltre, anche per l'aborto spontaneo esistono indicazioni epidemiologiche di un aumento di
rischio in relazione ad esposizioni elevate a campi magnetici ELF, anche se il grado di
certezza è da considerarsi certamente inferiore rispetto alla leucemia infantile. In
funzione dei livelli massimi di campo magnetico stimabili nell'abitazione della Famiglia
Zini e nel terreno circostante, sulla base dei dati dello studio di Lee et al. (2002)
l'aumento del rischio di aborto, espresso come Odds Ratio, sarebbe presumibilmente compreso
tra 1.4 e 1.9.

Non sembrano invece esistere, attualmente, sufficienti evidenze per quanto riguarda un
aumento di rischio di altre patologie.

Al secondo quesito.

Al terzo quesito.

Il livello di esposizione massima stimato era tra quelli per i quali un aumento del rischio
è stato segnalato;

in base ad alcune indicazioni epidemiologiche, una eventuale poliabortività pre-esistente
sembrerebbe costituire una condizione di maggiore "suscettibilità" nei confronti del
possibile effetto avverso sulla gravidanza dovuto al campo magnetico indotto dalla corrente
elettrica;

la esposizione della Sig.ra Zini è avvenuta durante tutti gli episodi di gravidanza conclusi
con l'aborto, e si è protratta per tutto il periodo dal concepimento fino all'evento
abortivo;

non può essere completamente ignorato un possibile ruolo giocato dalla situazione stressante
connessa con la presenza dell'elettrodotto;

non vi sono evidenze, nella Sig.ra Zini, di altri fattori di rischio noti per episodi di
abortività.

Al quarto quesito.

Anche al fine di tenere conto di eventuali condizioni di ipersuscettibilità individuale, il
limite di esposizione andrebbe fissato al livello più basso possibile rispetto a quello che
si è dimostrato in grado di indurre effetti avversi.

Tale riduzione della esposizione può essere ottenuta con misure tecniche di vario tipo
quali, ad esempio, un allontanamento dei cavi, ovvero una riduzione del carico della linea.
Peraltro una puntuale presentazione e discussione delle misure attuabili esula dalle
competenze dei C.T.U..

12. Alla luce delle circostanze e considerazioni che precedono, la situazione concreta
oggetto del presente giudizio è apprezzabile in tutta la sua obiettiva evidenza e la sua
indiscutibile gravità.

L'esposizione a campi magnetici documentati nell'abitazione degli attori e nel terreno
circostante è compatibile con un aumento del rischio di leucemia infantile, giacché sono
molto vicine o superiori a 0.5 ¼T, laddove un'esposizione a 0.4 ¼T comporta un raddoppio del
rischio di leucemia infantile, ciò che, normalmente, si riscontra solo nell'uno per cento
della popolazione infantile.

Nel caso di specie, l'attrice ha due bambini, per i quali, pertanto, la permanenza
nell'abitazione oggetto di causa li espone al rischio indicato.

L'esposizione a campi magnetici documentati nell'abitazione degli attori e nel terreno
circostante è, inoltre, compatibile con un aumento del rischio di aborto, da configurarsi
come concausa di ulteriori fattori predisponesti.

Nel caso di specie l'attrice Zini è stata soggetta a ripetuti episodi abortivi, iniziati in
concomitanza con l'insediamento nell'abitazione posta sotto l'elettrodotto. Il giudizio di
efficacia concausale specifica è, poi, formulabile, nel caso di specie, sulla base anche di
ulteriori elementi di convincimento, e precisamente i seguenti dati obiettivi:

le due gravidanze portate a termine sono state condotte dall'attrice allontanandosi
dall'abitazione in questione e recandosi presso la madre;

la consulenza non ha riscontrato nella Sig.ra Zini altri fattori di rischio noti per episodi
di abortività;

il livello di esposizione massima stimato era tra quelli per i quali un aumento del rischio
è stato segnalato;

la esposizione della Sig.ra Zini è avvenuta durante tutti gli episodi di gravidanza conclusi
con l'aborto, e si è protratta per tutto il periodo dal concepimento fino all'evento
abortivo.

Il giudizio è suffragato, altresì, da due considerazioni ricavabili dalla consulenza,
secondo cui una poliabortività pre-esistente costituisce, di per sé, una condizione a sua
volta predisponente aumentando la suscettibilità nei confronti del possibile effetto avverso
sulla gravidanza dovuto al campo magnetico indotto dalla corrente elettrica, e la stessa
consapevolezza della situazione, e della presenza dell'elettrodotto, integra una situazione
stressante, anch'essa di per sé incidente sul rischio di interruzione della gravidanza.

Alla stregua delle esposte considerazioni è, quindi, possibile ipotizzare seriamente la
sussistenza di un nesso causale tra gli episodi abortivi lamentati dalla convenuta e
l'esposizione ai campi magnetici documentati.

Più in generale, può affermarsi che in base alle risultanze di causa, nel caso di campi
elettromagnetici, secondo la migliore scienza ed esperienza del momento storico, un danno
alla salute sia conseguenza certa o altamente probabile del superamento della soglia di 0,4
microtesla. Inoltre, le immissioni di onde elettromagnetiche prodotte da un elettrodotto
sono da ritenere nocive per la salute (e, quindi, intollerabili ai sensi dell'art. 844 c.c.)
quando superano il parametro di 0,2 microtesla di campo magnetico (dato che a 0,4 ¼ T inizia
la fascia di danno), e il livello massimo di esposizione il parametro di 1,4 ¼ T, per i
rischi che comportano per la salute umana, con particolare riferimento a bambini ed adulti
in gravidanza.

Conforta le esposte conclusioni la circostanza che almeno la normativa regionale in materia
di elettrodotti sia adeguata alle posizioni scientifiche più recenti. Infatti la legge della
Regione Emilia-Romagna n. 30 del 31 ottobre 2000 prescrive, per gli impianti di nuova
costruzione, il rispetto del valore di 0,2 ¼T nei luoghi a permanenza prolungata di persone.
È vero che la normativa non è direttamente applicabile, per l'esposta ragione, al caso di
specie, ma l'indicazione di un simile obiettivo di qualità (conforme in sostanza a quelli
scandinavi) è dotata di indiscutibile efficacia sul piano logico, in quanto è evidente che
la soglia indicata in base alla normativa più evoluta per gli impianti di nuova costruzione
è enormemente inferiore a quella statale, ed è compresa nei limiti stabiliti dalla
consulenza tecnica d'ufficio nel presente giudizio; mentre è, altresì, evidente che
l'organismo umano non distingue, nel subirne gli effetti, tra elettrodotto di nuova
costruzione o preesistente.

13. Considerata, dunque, la natura delle attività descritte, e l'origine delle immissioni
provenienti dall'elettrodotto; considerata, altresì, la destinazione ad abitazione degli
immobili di parte attrice, e le condizioni personali degli stessi residenti, nonché
considerata la natura degli effetti delle immissioni descritti, in particolare, nella
espletata consulenza tecnica d'ufficio e consistenti nella causazione di un campo magnetico
da circa 0.5 microtesla in su, per tutto l'arco della giornata, e con punte comprese tra 1.3
e 2.2 microtesla, a seconda dei luoghi; la natura e la consistenza delle emissioni nel caso
in esame appare rilevante e senza dubbio al di sopra dei limiti della normale tollerabilità.

Nel caso di specie, poi, più che di intollerabilità (che rimanda ad un criterio di
contemperamento di interessi fondiari proprio dell'art. 844 c.c.), si deve parlare di
nocività, e si deve inquadrare la fattispecie nelle immissioni nocive per la salute, cioè
quelle integranti lesione o rischio obiettivo per il diritto soggettivo assoluto di salute.
In proposito, infatti, occorre distinguere le azioni inibitorie propriamente fondate
sull'art. 844 c.c., sullo schema dell'azione negatoria di natura reale a tutela della
proprietà, e l'azione a tutela del diritto assoluto di salute, ai sensi degli artt.
2043-2058 c.c.; a rigore si tratta di due azioni ontologicamente distinte (oltre che
cumulabili), perché nella seconda nessun contemperamento è consentito per il rischio di
pregiudizio di diritti assoluti della persona, con il risultato che le immissioni nocive per
la salute debbono essere eliminate tout court.

La Corte di Cassazione fa rientrare l'azione del proprietario del fondo danneggiato per
conseguire l'eliminazione delle cause di immissioni tra le azioni negatorie, di natura
reale, a tutela della proprietà; comunque, in presenza di immissioni nocive per la salute,
perviene al medesimo risultato, di accertare in via definitiva l'illegittimità delle
immissioni e di ottenere il compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili
per farle cessare, salvo pur sempre il cumulo con l'azione per la responsabilità aquiliana
prevista dall'art. 2043 c.c., nonché con la domanda di risarcimento del danno in forma
specifica ai sensi dell'art. 2058 c.c. (Cass., S.U., 15 ottobre 1998, n. 10186).

Nel caso concreto, come si è visto, occorre tutelare il diritto di salute degli attori come
organismi adulti e, specificamente, la capacità di procreare dell'attrice Lorenza Zini,
intesa come capacità di portare validamente a termine una gravidanza, in quanto le sue
attuali condizioni personali le consentono di esplicare ancora questa facoltà; ed occorre
altresì tutelare il diritto di salute degli attori sotto il duplice profilo della salute dei
due bambini facenti parte della famiglia (esposti al rischio specifico di raddoppio di
leucemia infantile) e, in senso più ampio, sotto il profilo della serenità personale e
familiare degli attori, turbata non solo a livello fisico (in caso di sviluppo di patologie)
ma anche a livello psicologico, dagli effetti stressanti, per gli attori, della accertata
esposizione a rischio dei bambini stessi.

Il caso di specie, quindi, impone di ordinare una forma di utilizzo dell'impianto, ovvero
l'adozione di misure tecnicamente idonee, per raggiungere l'obiettivo concreto di ricondurre
il rischio a livelli di normalità, cioè, in sostanza, per l'eliminazione del rischio.

14. Verificata la fondatezza delle domande di parte attrice, resta da stabilire quale
contenuto debba avere il provvedimento di cui al punto 13.

Al fine di realizzare gli effetti inibitori necessari nel caso di specie, si ritiene
opportuno inibire al convenuto di provocare nella proprietà degli attori un campo magnetico
del valore pari o superiore a 0,2 microtesla; questo è l'obiettivo finale; le modalità
concrete con le quali il convenuto dovrà provvedere a realizzare detto obiettivo, sono in
astratto molteplici, in quanto il convenuto potrà provvedere a disattivare la linea
sostituendola completamente, ovvero potrà procedere ad interrarla per una porzione idonea al
predetto scopo, ovvero ancora ad apporre idonee schermature (fattispecie che, peraltro,
appare poco verosimile e praticabile, sotto profili sia tecnici che urbanistici), ovvero
pure potrà procedere ad innalzare i piloni in modo da alzare complessivamente il tratto di
linea (e la campata) in misura tale da ottenere il predetto scopo; altri accorgimenti
appaiono forse possibili ed utili, da individuarsi da parte del convenuto destinatario
dell'ordine di inibitoria (come anche  ipotesi forse non conveniente sul piano commerciale
 utilizzare la linea con minore intensità, tale cioè da non indurre un campo magnetico
nocivo); fermo restando che, in sede di esecuzione del predente provvedimento, in caso di
inottemperanza o di ottemperanza inidonea o elusiva da parte del convenuto, potrà essere
adottata la misura estrema dell'inibizione all'esercizio della linea nella zona in
questione, e il servizio all'utenza dovrà essere garantito altrimenti. In ogni caso la
modalità richiesta da parte attrice appare adeguata e va accolta, anche se suscettibile di
realizzazione tecnica con modalità alternative nei termini sopra espressi, purché idonei.

Ai predetti fini e con le sopra espresse precisazioni, nel dispositivo si ritiene
sufficiente ed idonea l'inibizione di qualunque attività (con particolare riferimento alla
conduzione di elettrodotto) che provochi nell'intera proprietà degli attori un campo
magnetico del valore pari o superiore a 0,2 microtesla e il livello massimo di esposizione a
valori superiori a 1.4 ¼T, mediante spostamento altrove della linea attualmente in essere.

15. Quanto ai profili risarcitori, per la ricorrenza della lesione della salute, deve
anzitutto premettersi che nel caso di specie è accertato che diritto alla salute non è solo
minacciato ma è stato leso in occasione degli episodi abortivi.

Nel caso concreto la fattispecie può essere inquadrata nella responsabilità del custode per
i danni cagionati da cose in custodia, stabilita dall'art. 2051 c.c., che prevede un sistema
di responsabilità presuntivo, in cui la esclusione di responsabilità discende dalla prova
del caso fortuito.

Detta responsabilità viene ricollegata, in giurisprudenza, ai danni intrinseci al dinamismo
connaturale alla cosa medesima o prodottisi per l'insorgenza in questa di un processo
dannoso ancorché provocato da agenti esterni (Cass. civ., Sez. III, 26 febbraio 1994, n.
1947); detta norma, pertanto, non richiede necessariamente che la cosa sia suscettibile di
produrre danni per sua natura, cioè per suo intrinseco potere, in quanto anche in relazione
alle cose prive di un dinamismo proprio sussiste il dovere di custodia e controllo,
allorquando il fortuito ed il fatto dell'uomo possono prevedibilmente intervenire, come
causa esclusiva o come concausa, nel processo obiettivo di produzione dell'evento dannoso,
eccitando lo sviluppo di un agente, di un elemento o di un carattere che conferiscono alla
cosa l'idoneità al nocumento (Cass. 9 giugno 1983, n. 3971; Cass. 23 ottobre 1990, n. 10277;
Cass., Sez. III, 26 maggio 1993, n. 5925, in tema di infiltrazioni di acqua), e la cosa, per
guasto od altre cause accidentali, sfugge al controllo del custode; la presunzione di
responsabilità che vi è connessa può, inoltre, essere vinta solo dalla prova del caso
fortuito, evento che non si sia potuto prevedibilmente evitare e che sia stato da solo la
causa dell'evento dannoso.

Viceversa, ai fini dell'accertamento della responsabilità, per il danneggiato è sufficiente
fornire la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, nonché
dell'esistenza di un effettivo potere fisico su di essa da parte del custode, sul quale
incombe il dovere di vigilare onde evitare che produca danni a terzi (cfr., tra le varie,
Cass., Sez. II, 22 febbraio 1999, n. 1477 in tema di infiltrazioni d'acqua).

16. In ordine alla nozione di caso fortuito, inoltre, va rilevato che esso viene per
costante e conforme giurisprudenza inteso nel senso più ampio, comprensivo del fatto del
terzo e della colpa del danneggiato (Cass. 22 maggio 1982, n. 3134; Cass. n. 10277/1990,
cit.; Cass., Sez. III, 3 dicembre 2002, n. 17152; Cass., Sez. II, 22 luglio 2002, n. 10686);
dunque, mentre incombe al danneggiato l'onere di provare gli elementi sui quali si basa la
responsabilità presunta iuris tantum del custode, quest'ultimo, ai fini della prova
liberatoria, ha l'onere di indicare e provare la causa del danno estranea alla sua sfera di
azione (caso fortuito, fatto del terzo, colpa del danneggiato, dotati di impulso causale
autonomo: cfr. Cass. 20 gennaio 1981, n. 481), rimanendo a suo carico la causa ignota (Cass.
14 marzo 1983, n. 1897; Cass. civ., 25 novembre 1988, n. 6340; Cass., Sez. lav., 16
settembre 1998, n. 9247).

Dunque, l'art. 2051 c.c. non esonera il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale
fra cosa in custodia e danno, ma tale prova si esaurisce nella dimostrazione che l'evento si
è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva,
posseduta od assunta dalla cosa  considerata nella sua globalità e non nelle singole parti
specificamente pericolose  senza doversi provare anche l'esclusione, nel concreto
determinismo dell'evento, di impulsi causali autonomi ed estranei alla sfera di controllo
propria del custode e, quindi, per lui inevitabili (Cass., Sez. II, 22 luglio 1987, n. 6407;
Cass., Sez. III, 6 agosto 1997, n. 7276; Cass., Sez. III, 13 febbraio 2002, n. 2075).

17. Nel caso di specie, i presupposti della responsabilità in capo al convenuto sono
positivamente sostenibili. Il piano della riconducibilità causale è già stato esaminato al
punto 12: da quanto ivi espresso, discende, infatti, che nella presente vicenda è
ipotizzabile il nesso causale tra la cosa oggetto di conservazione e conduzione (attività
che, se pure non comporta un controllo costante ed effettivo, non esime da responsabilità
nel caso di immissioni verso la proprietà altrui, se non viene fornita idonea prova
liberatoria) ed è, pertanto, nel caso di specie indiscutibile la necessaria e sufficiente
"riconducibilità del danno alla cosa".

Tuttavia, non era questa la sede per fornire, da parte convenuta, la prova liberatoria dalla
responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c. (incentrata sul caso fortuito e l'intervento
esclusivo di estranei nella determinazione degli effetti della cosa). Peraltro, la
conduzione della linea elettrica è sempre rimasta, in modo indiscusso, in capo al convenuto.

D'altra parte la giurisprudenza recente ha focalizzato i termini precisi degli schemi
applicativi della norma in questione, ribadendo che "la responsabilità per i danni cagionati
da una cosa in custodia ex art. 2051 c.c. si fonda non su un comportamento od un'attività
del custode, ma su una relazione intercorrente tra questi e la cosa dannosa e, poiché il
limite della responsabilità risiede nell'intervento di un fattore, il caso fortuito, che
attiene non ad un comportamento del responsabile ma alle modalità di causazione del danno,
si deve ritenere che, in tema di ripartizione dell'onere della prova, all'attore compete
provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il
convenuto, per liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera
soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può
essere anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del
fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità" (Cass., Sez. III, 20 luglio
2002, n. 10641); questo in quanto, appunto, poiché la responsabilità per danni cagionati da
cose in custodia ha natura oggettiva "tanto la condotta del custode relativa
all'inosservanza di prescrizioni di sicurezza, quanto la condotta colposa del danneggiato,
vanno considerate esclusivamente ai fini della sussistenza del nesso causale e della
ricorrenza del fortuito" (Cass., Sez. III, 15 gennaio 2003, n. 472). Dunque, perché detta
responsabilità oggettiva possa configurarsi in concreto, "è sufficiente che sussista il
nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi la condotta del
custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza; il nesso di causalità deve essere
escluso quando il danno sia ascrivibile al caso fortuito" (Cass. n. 472/03, cit.).

18. Quanto, in particolare, alla prova liberatoria, all'obbligo di custodia viene conferita
consistente pregnanza anche in riferimento alla vigilanza su beni che per le caratteristiche
di estensione e modalità di uso possono comportare difficoltà concrete di vigilanza e
custodia: in proposito, peraltro, occorre distinguere la nota vicenda giurisprudenziale
relativa al c.d. trabocchetto nelle strade pubbliche, le quali sono, effettivamente, oggetto
di una utilizzazione generale e diretta da parte di terzi (vicenda in cui, peraltro, si
perviene ugualmente ad affermare la responsabilità del gestore della strada a determinate
condizioni), da fattispecie ad essa non propriamente assimilabili, come la gestione di linee
elettriche ad alta tensione, nelle quali l'impianto, per quanto di vasta estensione, è, in
realtà, nell'esclusiva disponibilità e sotto l'esclusivo controllo del custode: infatti, ad
esempio, in passato in un'occasione si è affermata la responsabilità dell'Enel per danni
cagionati in conseguenza della caduta di un fulmine su di un trefolo e sulla fune di guardia
di una linea elettrica ad alta tensione, osservando che si trattava di oggetti in uso
esclusivo dell'ente per la gestione della linea (Cass., Sez. III, 15 gennaio 1996, n. 265).

Nel caso di specie, peraltro, si assume che il danno non derivi dall'intervento di un
elemento esterno alla cosa o alla sua custodia, ma dalla capacità intrinsecamente dannose
della cosa, ove gestita in concreto in maniera da indurre un campo magnetico della portata
sopra indicata.

In questo modo non si afferma che l'esercizio di elettrodotto sia attività pericolosa ai
sensi dell'art. 2050 c.c., in quanto in base allo stato delle conoscenze al momento
dell'introduzione del giudizio questa affermazione non era consentita (anche se, in caso di
definitiva conferma delle conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio nell'ambito
scientifico, si dovrebbe probabilmente affermare la natura di attività pericolosa per la
gestione di un impianto capace di indurre un campo magnetico superiore a 0,2 microtesla), ma
si applica la norma di cui all'art. 2051 c.c., che appunto disciplina la gestione delle cose
solo eventualmente pericolose.

Infine, nel caso di specie non può neppure parlarsi di una palese e certa esclusione, totale
o parziale, della responsabilità del custode per effetto della condotta dello stesso
danneggiato, sotto il profilo della volontaria esposizione a rischio: tutta la condotta
antecedente al giudizio ed anche la stessa iniziativa processuale, sia in sede cautelare che
di merito, denota proprio l'evidente intenzione di sottrarsi agli effetti dei campi
magnetici temuti. Né può essere ritenuta condotta colposa quella di avere acquistato
l'immobile e di avervi instaurato la propria abitazione ad elettrodotto già installato:
detta condotta costituisce esclusivamente esercizio di legittime facoltà di esplicazione
dell'autonomia privata e del diritto di proprietà e, se da un lato è palese che essa non può
subire simili limitazioni, d'altro lato non può nemmeno essere oggetto di valutazione
negativa ai sensi dell'art. 1227 c.c., in quanto ciò costituirebbe una reintroduzione
surrettizia di un criterio di contemperamento degli interessi contrapposti, simile a quello
di cui all'art. 844 c.c., in una fattispecie nella quale, come sopra già stabilito al punto
9, non è consentito alcun bilanciamento, per la minaccia a diritti assoluti della persona.

19. Sul fatto che il procurato aborto costituisca fatto in ipotesi generatore  sotto un
profilo oggettivo  di danno alla salute e di danno non patrimoniale, oltre che  ove
ricorrano i presupposti  di danno morale subiettivo, non sussistono dubbi.

L'evento in questione non incide solo sulla sfera biologica della persona umana, ma incide
anche, deteriorandola, sulla stessa qualità della vita, comportando per il soggetto
alterazione del suo equilibrio psicofisico. Ne consegue che il danno che ne deriva è
suscettibile soltanto in parte di essere valutato in termini economici e soltanto per
equivalente; e che, nel caso specifico, l'evento è di per sé nocivo alla salute per ciò che
comporta l'interruzione della gravidanza, ed è lesivo nei confronti della salute psichica,
come menomazione dell'aspettativa di maternità (soprattutto ove determinatosi in misura
superiore al rischio  peraltro naturalmente esistente  di eventi spontanei); per
l'accertamento della lesione del diritto alla salute non è, quindi, necessaria alcuna
ulteriore prova del danno psicologico subito (che servirebbe, in ipotesi, solo a dimostrare
un ulteriore titolo di danno, ove a livello psichico si fosse sovrapposta una
patologizzazione nell'elaborazione dell'evento, tale da determinare conseguenze fisiche
obiettivabili; il che nel caso di specie non è nemmeno allegato da parte attrice).

Quanto al danno non patrimoniale e non alla salute, secondo la ricostruzione evoluta,
espressa dalla giurisprudenza di legittimità del 2003 avallata dalla Corte Costituzionale
con sent. n. 233/2003, il danno non patrimoniale va inteso come categoria ampia, all'interno
della quale il danno morale subiettivo va distinto dagli altri pregiudizi, diversi ed
ulteriori, che conseguono alla lesione di un interesse costituzionalmente protetto della
persona, anche indipendentemente dalla ricorrenza degli estremi di reato (Cass., Sez. III,
31 maggio 2003, nn. 8827 ed 8828).

Questo danno non patrimoniale conseguente alla ingiusta lesione di un interesse
costituzionalmente protetto inerente la persona non è soggetto, ai fini della risarcibilità,
al limite della riserva di legge correlata all'art. 185 c.p. e non presuppone la qualifica
di illecito come reato (Cass. nn. 8827/03 e 8828/03 cit.).

In proposito, nello stesso 2003 si è anche chiarita anche la risarcibilità del vero e
proprio danno morale subiettivo, che spetta alla vittima di un illecito quand'anche la colpa
dell'offensore non sia stata accertata in concreto, ma sia stata presunta in base ad una
presunzione legale (nella specie, art. 2051 c.c.); ciò in quanto il mancato positivo
accertamento della colpa dell'autore del danno non osta alla risarcibilità del danno non
patrimoniale ex art. 2059 c.c. e 185 c.p., se essa responsabilità, come nel caso di cui
all'art. 2051 c.c., debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se,
ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato (Cass., Sez. III, 12 maggio
2003, n. 7281).

Nell'ottica, dunque, di questa seconda lettura, costituzionalmente orientata, degli artt.
2043 e 2059 c.c., nel caso di specie non sussistono dubbi sulla possibilità di pervenire
alla risarcibilità dell'illecita lesione degli interessi non patrimoniali della persona,
anche nell'assenza degli estremi di reato, come nel caso di specie.

Tornando al danno patrimoniale, anche il richiesto danno per deprezzamento economico della
proprietà degli attori è in ipotesi configurabile; si tratta di una fattispecie di danno
patrimoniale emergente per la diminuzione di valore dell'immobile che subisce le immissioni,
specificamente connessa alla menomazione delle possibilità di godimento (Cass., Sez. Un., 10
dicembre 1984, n. 6476; Sez. un., 16 luglio 1983, n. 4889.

20. Tutti i menzionati aspetti risarcitori, peraltro, nella presente sede si arrestano al
livello di accertamento dei presupposti per una condanna generica, per espressa richiesta di
parte attrice, che ha chiesto fin dall'atto introduttivo di procedere a liquidazione in
separato giudizio civile. Quindi non si versa nell'ipotesi di cui all'art. 278 c.p.c., in
cui occorre proseguire il giudizio con ordinanza, ma, sul punto, nella presente sede va
emanata una sentenza definitiva, di esclusivo accertamento e condanna generica, restando
impregiudicata, nella successiva sede processuale, ogni ulteriore decisione.

In giurisprudenza si precisa, infatti, che la condanna generica al risarcimento del danno
postula, quale presupposto necessario e sufficiente della pronuncia, l'accertamento di un
fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose, restando impregiudicato quello,
riservato al giudice della liquidazione, dell'esistenza e dell'entità del danno, senza che
ciò comporti alcuna violazione del giudicato sull'an debeatur. Tale principio trova
applicazione non solo nella ipotesi  specificamente prevista dall'art. 278 c.p.c.  in cui,
risultando accertata la sussistenza di un diritto, ma essendo controversa la quantità della
prestazione dovuta, il giudice, su istanza di parte, si limiti a pronunciare, con sentenza,
non definitiva, la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il
processo prosegua per la liquidazione; ma altresì nel caso in cui l'attore proponga ab
origine domanda limitata alla sola condanna generica, riservando a separato giudizio la
richiesta di determinazione della prestazione dovuta (Cass., Sez. I, 22 novembre 2000, n.
15066).

L'affermazione, poi, che la pronuncia di condanna generica al risarcimento del danno per
fatto illecito integra un accertamento di potenziale idoneità lesiva di quel fatto, e non
anche l'accertamento del fatto effettivo, la cui prova è riservata alla fase successiva, è
pacifica e consolidata in giurisprudenza (Cass., Sez. III, 18 giugno 2003, n. 9709; Sez.
III, 16 maggio 2003, n. 7637); dunque, ai fini della condanna generica al risarcimento del
danno, sia essa oggetto di autonomo giudizio, ovvero di quello che prosegue per la
determinazione del quantum, è sufficiente l'esistenza potenziale del danno  in base ad un
accertamento anche di probabilità o di verosimiglianza  che dovrà poi essere determinato, o
anche escluso dal giudice della liquidazione (Cass., Sez. lav., 17 aprile 2003, n. 6190). In
ogni caso, infatti, la condanna generica al risarcimento dei danni, sia essa oggetto di
autonomo giudizio, ovvero di quello che prosegue per la determinazione del quantum,
presuppone soltanto l'accertamento di un fatto potenzialmente dannoso, mentre la prova
dell'esistenza in concreto del danno, della sua reale entità e del rapporto di causalità è
riservata alla fase successiva di determinazione e di liquidazione (Cass., Sez. III, 2
maggio 2002, n. 6257).

21. Nei termini sopra espressi in motivazione, le domande di parte attrice sono risultate
fondate e vanno accolte.

Le spese del presente giudizio, ivi compresa la fase cautelare, seguono la soccombenza e si
liquidano come in dispositivo. (Omissis).