Intersezioni, coerenze, intrecci tra i diversi regolamenti comunali relativi ai rifiuti urbani: cenni

di Alberto PIEROBON

pubblicato su osservatorioagromafie.it. Si ringraziano Autore ed Editore

Com’è noto, i regolamenti comunali afferenti ai rifiuti, al servizio pubblico degli stessi e quindi anche alla tariffa che li finanzia1, involgono diverse discipline (che vanno riguardate al di là degli «steccati» settoriali) e pure vari approcci e linguaggi non solamente giuridici, bensì opportunamente aperti ad altri aspetti, in particolare quelli organizzativi, comunicativi (interni ed esterni all’apparato comunale), economici, ecc.2.

Risulta altresì opportuno, come dire… «dosare», proporzionare, intersezionare e strutturare, nelle opportune «intensità» tutti questi elementi, orientandoli ai principali obiettivi che l’amministrazione titolare (sia essa l’Ente territoriale competente, d’ora in poi «ETC» o l’EGATO) individuerà ed indicherà, esplicitandoli in atti strategici e fondamentali e/o di indirizzo, da attuarsi – appunto, anche – nella regolamentazione de quibus.

Secondo la mia modesta esperienza, maturata in più contesti e Regioni, è qui auspicabile un approccio trasversale pur se in una metodica unitaria, direi più esattamente, «tagliata su misura» alle esigenze degli enti concedenti, considerando la concretezza del contesto e delle dinamiche che si agitano nella specifica situazione in cui versa l’apparato comunale (anche nei suoi rapporti con i gestori) nell’auspicabile dialettica con la società civile.

La questione non va sottovalutata nella tendenza che sto riscontrando in varie realtà, dove a condurre per mano le amministrazioni – già provate dall’alluvione di incombenze e dalla scarsità di organico o dalla mancanza di specializzazione in materie complesse tra le quali rientra l’ambiente e sue connessioni con i servizi pubblici locali – sono spesso i gestori, talvolta, come dire… «a braccetto» (a tacer d’altro) con i consulenti di cui si avvalgono (paradossalmente stante gli effetti a vantaggio altrui) i Comuni o gli altri enti committenti quivi coinvolti3.

In effetti, la consulenza potrebbe apprestare una documentazione «orientata» che si poggia anche su apparenti errori, improprietà e leggerezze di varia indole, comunque ingeneranti ambiguità e/o aprendo pertugi (delle viuzze strette e ombrose) interpretativi ridondanti nel rapporto, anche contrattuale, che si instaurerà col gestore o con i gestori del servizio pubblico dei rifiuti urbani.

Sono elementi che dovrebbero essere chiariti ex ante dagli enti titolari-committenti, nelle scelte fondamentali e negli atti di indirizzo, fuori da enunciazioni astratte come pure fuori da un empirismo senza esperienza.

Così, ad esempio, l’attività di predisporre o aggiornare o integrare in parte qua i regolamenti di gestione del servizio rifiuti urbani, come pure quello c.d. «tariffario», consente nel loro richiamo nella documentazione di gara, di assumere una rilevanza (diretta e indiretta) contrattuale, ovvero nella disciplina prestazionale del gestore e per l’utenza e comunità tutta.

In questo senso l’attività degli uffici e dei funzionari comunali, nella sinergica collaborazione con il diverso livello di governo che è quello «politico», assume una grande importanza e rilevanza agli effetti della buona (non dico «efficiente», come va di moda) amministrazione anche con riferimento al servizio di gestione dei rifiuti urbani4.

Del resto le attività svolte dagli organi comunali e dai soggetti affidatari rivestono aspetti non lievi di responsabilità, aventi effetti, come ho dianzi accennato, anche comunicativi (e non meramente giuridici) nei confronti di più soggetti, stakeholders compresi.

Soventemente ricorrono nella disciplina cui stiamo riferendoci, i seguenti regolamenti comunali (in particolare dall’art. 198, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ss.mm.ii., d’ora in poi «TUA»):

a) sul servizio di gestione dei rifiuti urbani;

b) sulla tariffa o provento finanziante il servizio pubblico;

c) sul centro di raccolta comunale (nelle varie denominazioni utilizzate o utilizzabili).

Peraltro si tratta di regolamenti che sono tra di essi ineludibilmente collegati (rectius, embricati).

In effetti, fuori dalla cosiddetta «geometria legale», sono le impostazioni ordinamentali, ossia le «fonti» ad aver determinato, nel tempo, la principale distinzione tra il regolamento tariffario e il regolamento di servizio5.

Solo per limitarsi ai «macro-aspetti», è sintomatico che il regolamento sul provento di finanziamento del servizio pubblico (tralasciamo qui la nota questione connessa al nomen juris utilizzato e al richiamo alle diverse nature, nonché alla sostanzialità – o meno – del provento) dapprima sia sorto dalle fonti sulla fiscalità locale, nell’aggrovigliamento di cui alle numerose leggi, soprattutto quelle finanziarie, ma anche quelle che vengono chiamate omnibus, di proroga, di bilancio, eccetera6.

Si tratta di disposizioni vieppiù condizionate dall’altrettanto agitata materia dei rifiuti, intesa non solamente quale derivante dal recepimento domestico (non sempre «perfetto», sic!) delle direttive europee o dall’imposizione dei regolamenti europei (mi limito a ricordare qui il regolamento sulle spedizioni transfrontaliere dei rifiuti, ma anche quello sulle sostanze organiche escluse dalla normativa rifiuti, ritagliando così meglio – nella lettura «a contrario» o effettuata, per dirla impropriamente, ma icasticamente, «al netto» – i rifiuti organici), dovendosi anche considerare orientamenti-osservazioni-rilievi dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), come pure gli insegnamenti giurisprudenziali europei e nazionali, nonché taluni aspetti discendenti dalla pianificazione (nazionale, regionale, bacinale, ecc.) e quelli dettati dalla legislazione regionale (ad es. sulla ecotassa di cui alla legge n. 549/1995 ss.mm.ii.), oltre che per il rinvio alla famosa regolazione tecnica, ecc.

Quel che ora interviene abbastanza… massicciamente nella disciplina interessata dai regolamenti comunali, nell’attribuzione di competenza voluta dal Parlamento7, sono le deliberazioni dell’Autorità nazionale di regolazione (ARERA) 8 che intervengono (anche surrettiziamente) sempre più estesamente in parte qua .

Pertanto, sganciandosi da una visione che possiamo chiamare – essendo essa invalsa e che raramente viene messa in discussione – «tradizionale», la quale nel tempo si è radicata (con buona ragione storica e normativa) anche culturalmente parlando, soprattutto negli enti titolari (ETC/EGATO), si potrebbe provocatoriamente ipotizzare qui una sorta di «testunificazione» degli apparentemente diversi testi regolamentari.

Questi regolamenti infatti rispondono perlopiù a due (seppur apparentemente diverse, eppur indissolubilmente connesse) discipline e «fonti» nel puzzle delle disposizioni di cui trattasi, che interessano i servizi pubblici (nel caso di interesse economico), la tariffa (nelle sue varie forme: TARI, tariffa puntuale, quella ibrida, ecc.), i rifiuti, i contratti pubblici e l’ordinamento degli enti locali anche negli aspetti organizzativi e così via.

Su questi temi che non rientrano nell’economia del presente scritto, mi sono già intrattenuto, in più sedi e momenti, in vari approfondimenti (trasfusi poi in articoli, commenti e volumi), talché mi permetto di rinviare ad essi.

Rimane, sempre esprimendoci sinteticamente evitando ulteriori «infarcimenti», la consapevolezza per la quale:

a) il regolamento tariffario dei rifiuti urbani, generalmente ha una struttura che può rivedersi allorquando intervengano elementi rilevanti nel provento e nella sua gestione amministrativa, sicuramente ciò accade per effetto dello jus superveniens (ad es. si ricordano le novità-modiche al comma 10 dell’art. 238 del TUA recate dall’art. 14 della l. 5 agosto 2022, n. 118 9 di cui alla riduzione della parte variabile della tariffa delle utenze non domestiche 10 che conferiscono, fuori dal regime di privativa, i loro rifiuti per il recupero/riciclaggio11) dalla disciplina ARERA incidente sulla regolamentazione (ad es. circa le nuove procedure del piano economico finanziario del gestione poi integrato dal Comune per l’approvazione e l’articolazione delle tariffe, ecc.), non senza considerare (come si è detto) le posizioni manifestate dall’AGCM, gli orientamenti giurisprudenziali che si sono nel frattempo formati, eccetera;

b) il regolamento del servizio dei rifiuti urbani che, per quanto si è brevemente osservato, è assolutamente embricato con quello tariffario, sia perché gli standards dei servizi, loro qualità e dimensionamento influiscono sui costi/ricavi e valutazioni della tariffa in parola (non solo come determinazione, ma pure nella articolazione tra le diverse utenze, categorie, come pure sulla ripartizione/redistribuzione tra la parte fissa e variabile della tariffa, ed altro ancora), sia perché (come accennato) l’ARERA richiama, non solo implicitamente, questi aspetti di servizio nella regolamentazione tariffaria, anzi del servizio pubblico locale riferito alla gestione integrata dei rifiuti urbani. E, il regolamento di servizio riguarda altresì il rapporto con il gestore (sia esso affidatario in seguito all’esito di procedure di evidenza pubblica che direttamente individuato nel rapporto dell’in house providing) occorrendo, in modo equilibrato adottare vari indicatori, parametri, forme di controllo e di monitoraggio che soddisfino anche gli adempimenti di cui alla disciplina dei contratti pubblici, come pure delle direttive dell’ANAC. Trattasi di aspetti organizzativi e processistici non tanto di architettura di cui alla disciplina sulla responsabilità da reato degli enti contenuta nel d.lgs. n. 231/2001 12 (che non si applica ai Comuni), quanto di una occasione offerta per intrattenersi sugli effetti speculari di siffatte impostazioni, poiché questi sistemi di «protezione» solitamente sono adottati dai soggetti gestori e dai grandi produttori di rifiuti, donde, appunto, l’interesse anche degli enti titolari del servizio – che sono obbligati alle attività di monitoraggio e di controllo, ecc. – negli eventuali loro «rimbalzi» gestionali;

c) il regolamento di gestione di un Centro di raccolta differenziata che è assolutamente «saldato» con il regolamento di servizio, poiché i servizi del gestore sono tra loro intersezionati e collegati in una sorta di «effetto convoglio» tra le diversi fasi e attività (vedasi, sintomaticamente, il rapporto tra le attività di raccolta, prelievo, consegna, deposito, trasporto, eccetera). Ne viene che il regolamento di servizio, coerentizzato logicamente a quello tariffario (e viceversa), può ben internalizzare quello relativo al Centro di raccolta, che riguarda una sorta di «impianto intermedio» collegato alle fasi seguenti (in particolare trasporto) e precedenti (ad es. nell’utilizzo della pesa per il controllo delle quantità raccolte nel giro ordinario del servizio e da trasportare in altri impianti), come pure potrebbe considerarsi a sé stante, e, comunque va collocato (coinvolgendo, volendo, dei soggetti diversi per la gestione del Centro e per lo svolgimento dei servizi di raccolta e trasporto) nel complessivo servizio del gestore (ovvero dei suoi compiti/adempimenti/ecc.). Anche qui, con riferimento alle utenze, in particolare quelle non domestiche (rilevanti, lo ripeto, sia per la tariffa, che per il servizio, che per il centro di raccolta), si potranno opportunamente modulare l’aspetto comunicativo, onde «pacificare», se non «anticipare» le aspettative che nutrono queste utenze che, solitamente, sono quelle che hanno più cassa di risonanza (soprattutto grazie alle associazioni di categoria, al lobbismo, al loro «peso» territoriale se non politico, ecc.) anche mediaticamente circa gli standard e la soddisfazione del servizio pubblico locale, i livelli tariffari applicati, l’accessibilità al Centro delle varie utenze (nel come, nel quando, nel quanto, a che costi, ecc.) e così via. E sono le medesime utenze che talvolta si lamentano o avviano contenziosi sulle questioni (di cui al regolamento tariffario, appunto collegato a quello di servizio) relativamente agli istituti delle «esclusioni», «riduzioni» (o «scontistica» che dir si voglia), «agevolazioni», eccetera, ciò non senza osservare che anche il Comune (e il gestore) ben possono beneficiare dell’intercetto di taluni flussi tipologici di rifiuti urbani, compatibili con le potenzialità organizzative e ricettive del servizio pubblico (sintomatico è la «capienza» in termini di spazio e temporali dei Centri che vanno collegati ai noti «bilanciamenti di massa» di cui alle varie attività della raccolta differenziata e dei trasporti dei rifiuti urbani), stabilendo quali siano qui gli obblighi degli utenti, le modalità del loro conferimento, gli effetti delle loro scelte, e così via.

Come ho già altrove approfondito, le novità areriane incidono notevolmente (seppur non mancando criticità, che sono state recentemente sollevate in più vicende e da più ricorrenti avanti alcuni T.A.R., in particolare il T.A.R. Lombardia) 13 sull’adeguamento dei regolamenti comunali, ma anche della pianificazione regionale e/o bacinale in materia di rifiuti.

Il più recente e rilevante intervento riguardante la tematica in parola, è costituito dal c.d. «testo unico per la regolazione della qualità del servizio di gestione dei rifiuti» meglio conosciuto con l’acronimo «TQRIF» allegato alla deliberazione ARERA n. 15/2022 del 18 gennaio 2022 con la quale vengono introdotti a carico dei Comuni più obblighi (sin dal 2023), relativamente alla qualità contrattuale e tecnica, minimi e omogenei per tutte le gestioni, assieme ad indicatori di qualità e standard di cui agli scenari contenuti nei quattro schemi regolatori individuati dall’ETC, che pongono dei livelli qualitativi effettivi di partenza da garantirsi agli utenti (si badi) nelle diverse gestioni in essere o da avviare.

L’ARERA cerca così di rendere più omogenei, raffrontabili e quindi anche comparabili i costi e i ricavi del servizio pubblico dei rifiuti cosiccome gestiti, inserendo un set degli obblighi di servizio che riguarda anche gli impianti «minimi», oltre a imporre i principali profili di qualità contrattuale e tecnica, nonché prevedendo standards generali di qualità differenziati, secondo un approccio asimmetrico (i famosi quattro schemi regolatori cit.). Questo approccio contempla anche gli oneri aggiuntivi necessari per l’adeguamento che vanno ricompresi nel piano economico finanziario, puranche (si attenziona) se non sono presenti nel contratto di servizio e/o nella carta di qualità del servizio medesimo.

Sempre l’ARERA con la deliberazione 21 febbraio 2023, n. 62/2023/R/rif ha avviato il procedimento per la definizione delle regole e delle procedure per l’aggiornamento biennale (2024-2025) delle predisposizioni tariffarie del servizio di gestione dei rifiuti urbani: il termine di conclusione dell’attività regolatoria e procedurale in parola scadrà il 31 luglio 2023, dopodiché è da attendersi una ulteriore disciplina cogente anche per i Comuni.

Tornando al TQRIF di cui alla delibera n. 15/2022, l’ARERA intende assicurare la compliance regolatoria, peraltro prevedendo delle sanzioni (art. 53.6 TQRIF) per il mancato rispetto degli standards generali nel periodo di due anni consecutivi per la loro applicazione (quindi dall’1 gennaio 2025) nonché per la violazione dei livelli minimi di qualità e degli obblighi diversi dagli standards14.

In proposito ritengo utile che si possa richiamare quanto viene congeniato dall’amministrazione comunale (giunta e apparato burocratico) sulla rivisitazione/rinnovo/progettazione/ecc. del servizio pubblico riferito anche alle fasi gestionali della raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, fermo restando una complessiva valutazione che può anche in sede regolamentare e/o di indirizzo effettuarsi, se opportunto declinandola caso per caso, circa le previsioni stabilite dalle fonti legislative anche rispetto a quelle che sono state (come visto) «delegate» dal legislatore all’ARERA. Ricordo che sono state recentemente opinate le competenze dell’ARERA che sarebbero largheggiate con riferimento alla materia complessiva del servizio pubblico locale, laddove queste competenze riguarderebbero la sola materia tariffaria. Più esattamente, per effetto dell’avvento del TQRIF, che riguarda aspetti correlati alla tariffa, come pure debordanti la stessa (e quindi nella critica di alcuni circa l’eccedentarietà degli interventi areriani), il regolamento sulla tariffa rifiuti urbani dovrebbe, ora, almeno valutare se adeguarsi, quantomeno con riferimento alla novella disciplina TQRIF ovvero:

- al termine e modalità di presentazione della dichiarazione TARI fissato a novanta giorni: ovvero della dichiarazione di inizio occupazione (impropriamente definita dall’art. 6 TQRIF come «attivazione del servizio») nonostante quanto dispongono i commi 684 e 685 della legge n. 147/2013 (che stabiliscono il termine del 30 giugno dell’anno successivo). Per la variazione/cessazione anche qui si riscontra nel TQRIF (art. 10) l’erroneo richiamo alla «cessazione del servizio», con gli effetti (nel caso di riduzione o aumento) di cui all’art. 11.3 TQRIF;

- all’obbligo della attivazione di un sito e di uno sportello on line ;

- all’obbligo di almeno un numero verde gratuito per i contribuenti (art. 20 TQRIF), oltre che attrezzandosi per rispondere alle informazioni e/o istruzioni da parte degli utenti (art. 22 TQRIF), alle segnalazioni di disservizio, alla prenotazione di servizi su chiamata, alla richiesta di riparazione delle attrezzature (es. contenitori) per la raccolta dei rifiuti, eccetera. Si tratta di servizi che vanno comunque monitorati e misurati nella qualità del servizio;

- all’obbligo di garantire almeno una modalità di pagamento gratuita (art. 24.1 TQRIF);

- all’assicurazione della rateazione (solitamente sono previste due scadenze exart. 1, comma 688 della legge n. 147/2013) in particolare se l’importo fatturato o richiesto supera del 30 per cento il valore medio del biennio precedente (art. 27.2 TQRIF);

- al termine per effettuare i rimborsi delle somme versate eccedentemente che è stato fissato in centoventi giorni lavorativi dalla richiesta ex art. 28.3 TQRIF (prima la legge n. 296/2006 all’art. 1 stabiliva il termine di centoottanta giorni dalla presentazione dell’istanza)15. La rettifica degli importi addebitati è prevista nell’art. 28.1 TQRIF: l’eventuale credito a favore dell’utente può venire accreditato d’ufficio quale compensazione sul primo documento utile, o accredito se l’importo è superiore a quanto richiesto;

- alla documentazione da presentarsi, entro il 31 dicembre di ogni anno, per l’avvio a recupero o riciclo dei rifiuti delle utenze non domestiche di cui al più volte cit. art. 238, comma 10 del TUA.

I prefati adeguamenti al TQRIF comportano, ognun se ne avvede, l’assunzione di costi (inseribili come vedremo nel MTR-2 alla voce «CQ») oltre al ricalibramento organizzativo del servizio pubblico anche nel rapporto tra l’ente titolare (sia esso il Comune o altro soggetto delegato: ETC, EGATO) e il gestore.

Non si può trascurare poi che l’ARERA è altresì intervenuta, sulla c.d. tassonomia impiantistica (impianti integrati, minimi, intermedi, aggiuntivi), pur traendo le sue mosse dalla regolazione tariffaria asimmetrica per i differenti servizi del trattamento dei rifiuti urbani, attraverso la promozione di meccanismi perequativi (nella promozione del rispetto gerarchico del recupero dei rifiuti urbani rispetto allo smaltimento) e delle azioni che sono state dalla medesima ARERA articolate sul grado di integrazione del soggetto incaricato della gestione dei rifiuti urbani, valutando il livello di efficacia circa l’eventuale esistenza di una pressione competitiva, onde contribuire alla migliore allocazione delle risorse, ciò con particolare riguardo al profilo infrastrutturale del settore e di promozione delle capacità del sistema, in corrispondenza alla corretta scala territoriale, sempre per la gestione integrata dei rifiuti urbani.

Le modifiche recate dall’art. 14 (servizi di gestione dei rifiuti) della cit. legge comunitaria n. 118/2022 al TUA, vanno correlate alle modifiche recentessimamente intervenute al medesimo TUA.

Mi limito qui a segnalare, tra altre, le seguenti:

- l’art. 182 bis sulla gestione in impianti anche (nell’ambito dell’autosufficienza) per lo smaltimento dei rifiuti urbani (giova rammentare che il principio di prossimità non è da considerarsi quale un automatismo, dovendo esso contestualizzarsi e riferirsi alle specificità del territorio e del servizio) 16 e dei rifiuti che potrebbero essere urbani o speciali derivanti dal loro trattamento in un ambito territoriale ottimale o ATO [comma 1, lett. a )]17;

- l’art. 182 ter sui rifiuti organici ove al comma 4 bis le utenze domestiche («UD») e le utenze non domestiche («UND») che conferiscono i loro rifiuti organici all’autocompostaggio o al compostaggio di comunità (nell’utilizzo del compost prodotto) beneficiano di una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani;

- l’art. 208 «autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti» nell’espungimento del comma 19 bis che applicava una riduzione tariffaria dovuta per la gestione dei rifiuti urbani 18 alle utenze non domestiche che effettuano il compostaggio aerobico individuale per residui costituiti da sostanze naturali non pericolose prodotti nell’ambito delle attività agricole e vivaistiche e alle UD che effettuano compostaggio aerobico individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino.

Se poi volgiamo, ancorché brevemente, lo sguardo ai p.c.d. «antidoti» inseriti nella riforma nella disciplina dei servizi pubblici locali, analizzando lo schema del d.p.r. avente ad oggetto (cfr. l’art. 1, comma 1) i Servizi di interesse economico generale («SIEG») di livello locale, a rete e non a rete, ove i rifiuti quivi rientrano, ed è qui che troviamo interessanti riferimenti e definizioni, ad esempio:

- art. 2, comma 1: sui «costi di riferimento» [lett. g)] 19 e sulle «tariffe» [lett. h)]20;

- art. 3, sui «princìpi generali» circa l’applicazione di tariffe orientate ai costi efficienti, ecc.;

- art. 7, commi 1-2: sui passaggi per la realizzazione del sistema, in più atti e indicatori;

- art. 8 sui regolamenti;

- art. 9: sulla industrializzazione dei servizi pubblici locali, riducendo i costi delle prestazioni per i cittadini e utenti, ovvero per la collettività21, al fine di ridurre l’indebitamento pubblico;

- art. 10, comma 3: sulla riaffacciantesi concezione soggettiva del servizio pubblico da parte degli enti locali22;

- art. 15: sullo «Affidamento mediante procedura di evidenza pubblica»: nella consapevolezza che è preferibile «ove possibile in relazione alle caratteristiche del servizio da erogare, il ricorso a concessioni di servizi rispetto ad appalti di servizi, in modo da assicurare l’effettivo trasferimento del rischio operativo in capo all’operatore»;

- art. 19: sulla rilevanza (si veda il MTR-2), tra altro, degli ammortamenti in rapporto alla durata degli investimenti;

- art. 26, comma 2: sulle «Tariffe», definite dagli «enti affidanti», secondo determinati criteri, i quali possono riguardare:

a) la correlazione tra costi efficienti e ricavi, finalizzata al raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario della gestione, previa definizione e quantificazione degli oneri di servizio pubblico e (appunto) degli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;

b) l’equilibrato rapporto tra finanziamenti raccolti e il capitale investito;

c) la valutazione dell’entità dei costi efficienti di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;

d) l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato;

- art. 26, commi 4-5: sugli enti affidanti che fissano le modalità di aggiornamento delle tariffe col metodo del «price-cap», da intendersi come limite massimo per la variazione di prezzo, pur potendosi prevedere altri metodi;

- art. 27: sulle modifiche e sugli aggiornamenti al rapporto col gestore (di cui al contratto di servizio «CS») che debbono seguire certune procedure;

- art. 30: sull’obbligo delle verifiche periodiche gestionali svolte tramite una ricognizione (inserita in una apposita relazione) della situazione e degli obblighi indicati nel CS, in modo analitico, tenendo conto anche degli atti e degli indicatori di cui agli artt. 7, 8 e 9, contestualmente agli incombenti di cui all’art. 20, d.lgs. n. 175/2016;

- art. 36: sulle sintomatiche abrogazioni e sulle ulteriori disposizioni di coordinamento recate dalla legge concorrenza 2021.

Vi sono ulteriori aspetti da valutarsi nell’adeguare il regolamento di servizio che riguarda, appunto, le modalità di gestione del servizio dei rifiuti urbani cui provvede il gestore (o i gestori) cosiccome individuato/i dal Comune (ovvero dall’ETC o dall’EGATO), nei vari modelli di gestione del servizio pubblico consentiti o costituiti (sostanzialmente: affidamento – in appalto o concessione – ad un soggetto terzo tramite gara ad evidenza pubblica; società mista nella doppia gara; affidamento in house providing ; azienda speciale). Ciò avviene grazie ad una precisa disciplina avente una valenza contrattuale, sin dalla predisponenda documentazione (capitolato speciale di appalto, contratto o convenzione di servizio, altro ancora), per cui tutti questi aspetti ben possono venire relazionati tra di loro, anche nei loro diversi approcci e linguaggi, rinviando a quello che potrebbe essere brevemente e semplificativamente chiamato «disciplinare tecnico-amministrativo», aggregando così la documentazione di gara (tecnica, economica, organizzativa, giuridica).

In buona sostanza, un regolamento di servizio si abbrivia richiamandosi alla competenza comunale ex art. 198 TUA, in particolare si veda il comma 2, ove:

«I Comuni concorrono a disciplinare la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei princìpi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità e in coerenza con i piani d’ambito (…), stabiliscono in particolare:

a) le misure per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;

b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani;

c) le modalità di conferimento della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;

d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all’art. 184, comma 2, lett. f);

e) le misure necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare;

f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento».

Ne viene che il regolamento de quo ben può disciplinare (o dettare una cornice, se non griglia, contenutistica ma pure di indirizzo) sulle attività svolte in parte qua dal Comune e quelle affidate al gestore o ai gestori del servizio pubblico di cui trattasi, secondo quello aggregato di atti amministrativi che abbiamo chiamato «disciplinare tecnico-amministrativo».

Lo stesso dicasi per quanto riguarda la gestione della differenziata, la sua dimensionalità e standards quali-quantitativi, modalità, attrezzature e il loro utilizzo, la collocazione ad es. dei contenitori o altro anche in zona non pubblica o all’interno degli spazi condominiali, e il loro conseguente svuotamento o ritiro da parte del servizio pubblico, la pesata dei rifiuti, la gestione dei vari flussi di rifiuti urbani (indifferenziati, organico, frazioni valorizzabili quali carta, plastica, vetro, materiali ferrosi, sanitari, cimiteriali, ecc.) compresi anche quelli pericolosi originati (in quantità modiche) dalle utenze domestiche (es. pile, batterie, medicinali e farmaci, olii vegetali, ecc.) e quelli considerati rifiuti urbani (e non speciali) nella similitudine di cui agli ex rifiuti assimilati.

Al contempo si potranno individuare anche i flussi dei rifiuti da frazione verde, quelli degli indumenti usati, oltre che dei rifiuti abbandonati, da spazzamento stradale e delle aree pubbliche, ecc.

Inoltre, si riguarderanno certe attività (oltre quelle implicate nella gestione dei suddetti flussi) quali la gestione dei rifiuti per i mercati, le fiere, le sagre ed altre manifestazioni pubbliche o considerate rilevanti ai fini pubblici.

A tal guisa si potranno individuare e avviare altri servizi oltre a quelli cosiddetti «base» aggiungendo i servizi a richiesta (sintomatico quello sulla raccolta della frazione vegetale e della raccolta dei rifiuti ingombranti, ecc.).

Nella gestione potrà prevedersi anche il Centro comunale di raccolta come pure eventuali mercatini del materiale usato o da riusare e così via, dimensionando (anche qui) la qualità e quantità del materiale conferibile da parte dell’utenza al Centro, secondo la potenzialità dell’impianto che deve soddisfare le esigenze come interpretate dall’amministrazione comunale, nel rispetto della complessiva normativa.

E così si dovranno stabilire gli obblighi degli utenti domestici e non con riferimento all’utilizzo (o meno) del prefato Centro, oltre ad altri aspetti che si intersecano con divieti imposti ai medesimi utenti (oltre che cittadini e terzi eventualmente autori di certuni comportamenti, quali l’abbandono dei rifiuti in aree pubbliche, ecc.) e la relativa loro responsabilità, nonché sanzionabilità, anche nei controlli e monitoraggi da condursi.

Il regolamento di servizio riferendosi agli aspetti di gestione e ai compiti del gestore, indica la mappatura e la latitudine di cui al concreto rapporto che verrà instaurato dall’amministrazione comunale col gestore sulla base di quanto è stato ideato e trasfuso nella documentazione di cui al già cit. «disciplinare tecnico-amministrativo». Sono scelte che vengono effettuate dal Comune (pur nelle strette maglie areriane) per il proprio servizio pubblico, e questo disciplinare richiamato nel regolamento costituirà un «rinvio mobile» talché la complessiva disciplina regolamentare potrà meglio evitare le strozzature, le ingessature, le disarmonie se non contraddizioni, come pure le necessità di aggiornamento, di cui soffrono spesso i regolamenti di servizio.

Al contempo sarà reso più trasparente, logico e coerente (anche sotto il profilo formale) questo «ponte» tra le scelte di indirizzo-fondamentali approvabili dal consesso consiliare col regolamento (o in altri atti di apice) e l’attuazione giuntale di cui alla concreta disciplina riguardante il servizio pubblico che passa – lo ripeto – per la documentazione di gara e quella contrattuale, alfine stipulata col gestore del servizio.

Ognun si avvede come questa complessiva disciplina (dei diversi regolamenti, del rinvio al disciplinare tecnico-amministrativo quale aggregato della documentazione di gara, il contratto di servizio o similare) assuma altresì una fortissima rilevanza anche nei confronti della utenza e della comunità cui si rivolge il servizio pubblico locale. Ma su questo sarà opportuno tornare prossimamente.

1 Sempre più… «colonizzata» dai numerosi provvedimenti dell’ARERA, citasi la deliberazione n. 443/2019 sul nuovo metodo tariffa rifiuti o MTR; la deliberazione n. 363/2021 sull’evoluzione del MTR in MTR-2, eccetera.

2 Sull’argomento mi riservo di intervenire in un apposito focus, toccandone gli aspetti sovente trascurati che sono anzitutto culturali e metodologici, i quali sono impliciti e si trascinano in tante formulazioni burocratiche e financo legislative.

3 In proposito si veda: Sull’abdicazione di taluni Comuni in materia di riprogettazione delle gare di appalto della raccolta e trasporto di rifiuti urbani , di prossima pubblicazione nella rivista Azienditalia .

4 In tal senso sia i funzionari degli ETC/EGATO, come pure la consulenza, dovrebbero svolgere, nella più volte richiamata attività propedeutica e della vera e propria progettazione/riprogettazione dei servizi di cui trattasi, quantomeno una sorta di due diligence che va poi estesa e correlata (in coerenza e logica) ai già detti regolamenti, oltre alla documentazione tecnica che disciplina la gara, ovvero il servizio come sarà gestito dall’affidatario relazionato al committente e con riferimento alla utenza e alla comunità di riferimento.

5 Per limitarsi alle prime osservazioni pubblicate «a fuoco» su taluni aspetti, sia concesso rimandare a: L’estuario unificante dei rifiuti urbani: servizi pubblici, privativa, tariffa , in Azienditalia, 6, 2021; Nuova disciplina rifiuti: recepimento, riforma o che? , in www.osservatorioagromafie.it ; Abrogazione «ope legis» dei rifiuti speciali assimilabili agli urbani. Prime riflessioni sulle conseguenze, in Rifiuti-Bollettino di informazione normativa , n. 288-289, 11-12, 2020; Rifiuti in periodo Covid-19: le contraddizioni che insegnano... (classificazioni, qualificazioni, servizi pubblici, proventi, etc.) , in L’Ufficio Tecnico, 9, 2020; Prospettive e vicoli ciechi nella nuova disciplina sui rifiuti , ivi, 1-2, 2021; Piccole confessioni dal d.l. 31 maggio 2021, n. 77 per i rifiuti urbani, servizi pubblici e tariffa , ivi, 7-8, 2021; Il programma nazionale di gestione dei rifiuti: dall’albero altissimo quale frutto? , in Azienditalia, 8, 2022; Dalla disciplina ARERA, dalle osservazioni AGCM e dalla giurisprudenza recente, alcune novità in tema di servizi pubblici, tariffe, rifiuti , in L’Ufficio Tecnico, 4, 2023.

6 In proposito si rinvia ai volumi sulla tariffa rifiuti, sulla governance e sulla gestione dei rifiuti urbani, sulle problematiche della pianificazione dei rifiuti di cui agli ebook pubblicati con la casa editrice Ipsoa-Wolters Kluwer di Milano, citasi: La tariffa puntuale rifiuti. Servizio rifiuti dalla tassa al corrispettivo , Milano, 2018; Rifiuti ed emergenza sanitaria: gestione finanziaria e riflessi sulla tariffazione (Rifiuti nel periodo coronavirus flussi degli urbani indifferenziati, dei sanitari, degli speciali, tutte le problematiche e le soluzioni) , Milano, giugno 2020; Governo e gestione dei rifiuti urbani: approcci, metodi, percorsi e soluzioni , Milano, 2022 ed altri in programmazione.

7 Si vedano gli artt. 1-2 della legge n. 481 del 1995 e l’art. 1, comma 527 della legge n. 205 del 2017.

8 Sull’argomento sia consentito rinviare ai numerosi approfondimenti e aggiornamenti, contenuti nelle riviste di settore Rifiuti-Bollettino ; L’Ufficio tecnico; Azienditalia come pure nelle pubblicazioni del Quotidiano della Pubblica Amministrazione ; Gazzettaentilocali; www.sservatorioagromafie.it, ecc.

9 È la «Legge annuale per il mercato e la concorrenza», nella previsione di cui al rilievo dell’AGCM manifestato nella AS1730 del 22 marzo 2021, e poi formalizzatasi nella nota prot. PAT/RFA001-0889961 del 23 dicembre 2022, Segnalazione ai sensi degli artt. 21 e 22, l. 10 ottobre 1990, n. 287 al Presidente del Consiglio dei ministri, avente per oggetto «Proposte di riforma concorrenziale ai fini della Legge annuale per il Mercato e la concorrenza anno 2021». Oltre a cambiare da cinque a due anni il termine di cui trattasi, è stata espunta la parte ove si fa «salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell’utenza non domestica, di riprendere l’erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale». La scelta in parola va comunicata al Comune, oppure al gestore del servizio in caso di tariffa corrispettiva. Quest’ultima previsione fa riflettere sulla errata concezione del legislatore che presuppone una diversità tra un appalto di servizio rifiuti non finanziato a tariffa corrispettiva e quello che invece lo è, portando, in buona sostanza, ad affermare (scombinando e confondendo anche tra gli istituti dell’appalto e della concessione, ed altri ancora) che solo nel caso di una tariffa a corrispettivo il gestore possa provvedere a modificare in parte qua i rapporti con l’utenza. Si tratta della solita questione (già disaminata in altre sedi) di cui al rapporto sinallagmatico (o meno: si attenziona il lettore sugli aspetti non commutativi, bensì aleatori, di rischio, di autonomia, ecc.) tra il gestore e l’ente concedente, come pure tra il servizio e il suo provento. Che poi si chiami il provento tassa, tributo, corrispettivo, ecc. qui ora non rileva, perché stiamo affrontando il concetto nella sua «relazionalità», anche pratica, con taluni istituti e forme adottabili nel rapporto tra l’ente titolare (concedente o appaltante o nella risalente teoria dell’organo indiretto del modello dell’azienda speciale) e il gestore, come pure tra il servizio pubblico locale e l’utenza (rectius, comunità territoriale di riferimento). Sulla tematica mi riservo di tornare diffusamente in un apposito scritto.

10 Giova ricordare che le riduzioni per il conferimento da parte delle utenze non domestiche dei propri rifiuti a soggetti terzi, fuori dal servizio pubblico locale sono contenute non solo nell’art. 238, comma 10, ma anche nell’art. 198, comma 2-bis, del TUA e nell’art. 1, comma 649, della l. 27 dicembre 2013, n. 147, oltre a specifiche disposizioni del TUA, soprattutto sui rifiuti organici e quelli di imballaggio nei riflessi delle modifiche ai servizi pubblici locali e alla tariffazione.

11 Si attenziona sul fatto che la riduzione della parte variabile della tariffa riguarda il materiale sia avviato al riciclo (art. 1, comma 649, legge n. 147) che al recupero (art. 198, comma 2 bise art. 238, comma 10 del TUA): il recupero è genus del riciclo che è species. Sia concesso rinviare a Perplessità nei chiarimenti Mite: rifiuto, servizio pubblico e tari , in Rifiuti-Bollettino, 6, 2020 e da ultimo vedasi: Ancora confusioni sulla applicazione della tariffa rifiuti per le utenze non domestiche (nota a Cass. Sez. Trib. 24 febbraio 2023, n. 57861) in www.osservatorioagromafie.it.

12 La riforma sugli eco-reati o eco-delitti di cui alla l. 22 maggio 2015, n. 68 ha introdotto nel codice penale il Titolo VI bis dedicato ai «Delitti contro l’ambiente» apportando altresì modifiche all’art. 25 undecies del cit. d.lgs. n. 231. La responsabilità da reato degli enti riguarda anche i reati ambientali.

13 Con la sentenza T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. I 24 febbraio 2023, n. 486 viene opinata la competenza circa la disciplina regolatoria posta in rapporto al «MTR-2» poiché sconfinante nella disciplina dei servizi pubblici locali ovvero fuori dalla competenza tariffaria. Gli interventi di ARERA inciderebbero, tra altro, sulla tutela della concorrenza e sul mercato fuori privativa dei rifiuti speciali, ovvero debordano - come detto - dalla disciplina tariffaria, assieme all’eventuale revisione tariffaria disposta dagli ETC o dagli EGATO, nonché alle (impreviste) circostanze straordinarie, le quali tutte portano a rivedere la tariffa attraverso il piano economico finanziario annuale e nel suo andamento pluriennale.

14 Nel MTR-2 esistono i costi «CQ» ossia i costi qualità relativi all’adeguamento ai nuovi standard e livelli minimi di qualità di cui ai provvedimenti ARERA.

15 Si vedano anche art. 27.1, lett. c) e art. 27.6 sugli interessi di dilazione applicabili o non. Cfr. l’art. 1, comma 165 della cit. legge n. 296/2006.

16 A maggior ragione oggi nelle recentissime novità costituzionali, sulle quali cfr. Le modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione: tra nobiltà di fini e pateracchi , in Comuni d’Italia, 2022, 1-3.

17 Incidono altresì sulle attività/perimetro del SPL e sulla tariffazione:

- l’art. 218 «definizioni», comma 1, lett. bb) precisando che il «ritiro» è «l’operazione di ripresa dei rifiuti di imballaggio primario o comunque conferiti al servizio pubblico, nonché dei RU di cui all’art. 183, comma 1, lett. b ter ), punto 2 (prima rifiuti speciali assimilati) gestita dagli operatori del servizio pubblico o simili. Il comma 1 bis il quale precisa che ai fini del Titolo II «Gestione degli imballaggi» si applicano altresì le definizioni del regime di responsabilità estesa del produttore («REP»);

- l’art. 220 «obiettivi di recupero e di riciclaggio», comma 2, ove l’ultimo periodo viene sostituito;

- l’art. 221 «obblighi dei produttori e degli utilizzatori», comma 1 «i produttori e utilizzatori sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi riferibili ai propri prodotti (...). Ai medesimi è attribuibile la responsabilità finanziaria o quella finanziaria-organizzativa della gestione del ciclo dei rifiuti», per il comma 4 si noti che gli utilizzatori possono conferire al servizio pubblico gli imballaggi usati secondari e terziari ed i rifiuti di imballaggio secondari e terziari (che da una lettura spicciola del TUA la stragrande maggioranza degli interpreti ritiene essere automaticamente esclusa dal regime di privativa) ovvero secondo le modalità di cui all’art. 198, comma 2 bis (vedasi oltre);

- l’art. 222 «raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione», per il comma 4 gli EGATO (...) o i Comuni garantiscono la gestione completa della raccolta differenziata relativa a tutte le categorie di rifiuti di cui all’art. 183, comma 1, lett. b ter), tramite specifici accordi di programma, da sottoscrivere con i sistemi di REP;

- l’art. 224 «Consorzio nazionale imballaggi» nei commi 4 e 8, quest’ultimo sul «contributo ambientale» del CONAI o «CAC» che viene determinato ai sensi dell’art. 237, comma 4, ovvero al netto degli introiti dalla vendita dei rifiuti e delle materie prime secondarie ottenute dai prodotti.

18 Sarebbe un fuor d’opera approfondire qui la (pur connessa, come si è visto) questione dell’estendimento quali-quantitativo dei rifiuti urbani che avviene con più disposizioni (nei criteri della similarità e dell’analogia, almeno per quanto riguarda i rifiuti ex assimilati), anche qui con riflessi sul SPL e sulla tariffa. Si vedano:

- l’art. 183, comma 1, b ter) dove al comma 6 bis si inseriscono tra i rifiuti urbani i rifiuti dalla pulizia del mare, laghi e fiumi (cfr. il comma 6 ter : accidentalmente pescati) e al comma 6 sexies i rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) non prodotti nell’ambito di attività di impresa (cfr. comma 6 quater);

- l’art. 184, comma 3, lett. a) ove sono rifiuti urbani (e non rifiuti speciali) quelli prodotti dalle imprese agricole (art. 2135 c.c.) dalle attività di agroturismo, fattorie didattiche, spacci aziendali, mentre per la lettera c) si hanno rifiuti urbani (e non rifiuti speciali) allorquando siano diversi da quelli prodotti nei locali non funzionalmente collegati alle attività produttive di rifiuti speciali, in particolare nelle mense, uffici, servizi, depositi o magazzini.

19 «Indicatori di costo, che stimano le risorse necessarie alla gestione del servizio secondo criteri di efficienza, o costi benchmark».

20 «Prezzi medi unitari dei servizi al netto delle imposte».

21 Quali misure per il coordinamento della finanza pubblica, attraverso azioni di efficientamento dei processi produttivi, ecc.

22 Pur conseguenti ad approfondimenti istruttori e non solo, dovendosi alfine provare l’idoneità «a garantire il soddisfacimento dei bisogni delle comunità locali», peraltro consentendo ai servizi non a rete, la gestione in economia o mediante aziende speciali ex art. 114 TUEL [art. 14, comma 1, lett. d)].