Trib. Distr. Riesame Venezia, Ord. 1372000 del 2102000 (ud. 2892000)
Pres.
Est. A RISI
« La violazione contemplata dall’art 733 C.P. in tema di danneggiamento del patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale può essere commessa anche da soggetti diversi dal proprietario del bene. E’ ammissibile l’applicazione della misura cautelare reale del sequestro preventivo dell’area interessata dall’intervento sul presupposto della confiscabilità della stessa”
Articolo 733 C.P., un caso pratico
di Luca
RAMACCI
La decisione del Tribunale di Venezia prende in esame, in modo sintetico ma efficace, un caso tipico di applicazione dell’articolo 733 C.P.
Nella vicenda considerata dal provvedimento in rassegna si è valutata l’ammissibilità del sequestro preventivo di un’area archeologica danneggiata a seguito di lavori di scavo del terreno, riconoscendo la configurabilità del reato anche nel caso in cui il soggetto attivo dello stesso sia persona diversa dal proprietario e valutando l’ammissibilità del sequestro in previsione della possibile confisca dell’area secondo quanto stabilito dall’articolo 733 C.P.
Ciò posto, appare opportuno richiamare brevemente le conclusioni della dottrina e della giurisprudenza circa i rapporti intercorrenti tra la disposizione in esame e le altre che regolano la materia ed alle quali si è fatto cenno in precedenza.
Va preliminarmente ricordato che con il D.L.vo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo Unico sui Beni Culturali) si è provveduto, secondo quanto stabilito dalla Legge 8 ottobre 1997 n. 352 (articolo 1 comma primo), alla riunione ed al coordinamento di tutte le disposizioni vigenti in materia di beni culturali ed ambientali allo scopo di creare un testo organico e sistematico, tenendo conto delle disposizioni già contemplate dalla legge 1 giugno 1939 n.1089 (per quanto riguarda le cose di interesse artistico e storico) e dalle leggi 29 giugno 1939 n.1497 e 8 agosto 1985 n.431 (per quanto attiene alla tutela del paesaggio) ivi comprese quelle costituenti l’impianto sanzionatorio anche se, per i limiti imposti dalla legge delega, le stesse hanno subito in definitiva una operazione di semplice “restyling” come è stato osservato dai primi commentatori[1].
Rispetto ai rapporti intercorrenti tra l’articolo 733 e le disposizioni in tema di beni culturali, occorre fare riferimento agli interventi della giurisprudenza effettuati sotto la vigenza della legge 108939.
Le conclusioni che sono state tratte non sono univoche.
Secondo un primo orientamento, infatti, si è ritenuto ammissibile il concorso tra le due ipotesi di reato sul presupposto che una (quella allora contemplata dalla legge 108939 ed ora dall’articolo 118 D.Lv. 49099) avesse natura di reato di condotta, mentre l’altra (articolo 733 C.P.) riguardava un reato di evento.
A tale proposito si osservava anche che la diversità tra le due violazioni atteneva non esclusivamente all’oggetto della tutela, ma anche alla specifica “funzione tutoria” loro assegnata dal legislatore, rilevando come la violazione codicistica riguardasse una generale tutela del patrimonio storico artistico e architettonico nazionale fondata sul contenuto dell’articolo 9 Cost., che viene in essere qualora si determini un effettivo nocumento al patrimonio suddetto, mentre la disposizione prevista dalla legge speciale sanziona comportamenti commissivi indipendentemente dal danno arrecato e sul presupposto che gli stessi siano stati posti in essere in assenza della prescritta autorizzazione[2].
L’ammissibilità del concorso formale tra le due violazioni veniva riconosciuta anche in decisioni successive[3].
In altre occasioni, al contrario, la possibilità del concorso formale è stata esclusa ritenendo l’articolo 733 quale ipotesi di reato di natura residuale rispetto a quelle previste dall’articolo 635 C.P. e dal D.Lv. 49099 (e, precedentemente, dalla legge 108939).
Come è stato infatti osservato anche recentemente dalla giurisprudenza, il reato in questione rappresenta un “presidio esterno” al sistema di tutela predisposto prima attraverso la legge 1089 ed ora dal nuovo T.U. in materia di beni culturali ed ambientali e costituisce un eccezione al reato comune di danneggiamento che non contempla l’ipotesi del fatto commesso dal soggetto proprietario della cosa danneggiata[4].
Alle stesse conclusioni si era giunti anche in precedenza per le medesime ragioni, ritenendo che il concorso formale tra le due violazioni fosse da escludersi in quanto la norma codicistica rimarrebbe assorbita da quella prevista dalla legge speciale[5].
Riguardo invece ai rapporti intercorrenti tra la violazione in esame e l’articolo 635 C.P. si è invece osservato che la contravvenzione viene applicata in tutte le ipotesi in cui il danneggiamento avvenga ad opera del proprietario, possessore o detentore del bene (consapevole del rilevante pregio), mentre sarà applicabile il delitto di danneggiamento nel caso in cui la condotta illecita sia stata posta in essere dal terzo estraneo. Ciò avviene, tuttavia, qualora il bene non sia stato “notificato” poiché, se così fosse, la tutela dello stesso sarebbe garantita dalle disposizioni contenute nella legge 1089[6].
Anche sull’esatto ambito di applicazione della disposizione in esame non vi è stato sempre accordo tra dottrina e giurisprudenza[7].
Come chiaramente indicato dal contenuto letterale della disposizione, la condotta presa in considerazione ha un ampio raggio d’azione comprendendo non soltanto la distruzione (intesa come completa eliminazione in senso materiale o funzionale) ed il deterioramento (comprendente ogni apprezzabile lesione del bene tutelato) ma anche ogni altra attività che abbia come risultato quello di arrecare nocumento ad un monumento o ad altra cosa di rilevante pregio[8].
Per quanto riguarda poi la individuazione dei beni oggetto di tutela, le definizioni contenute nell’articolo 733 C.P. portano ad escludere che come tali debbano essere considerati esclusivamente quelli sottoposti a vincolo.
In tal senso si è espressa la giurisprudenza rilevando che il reato in esame si configura anche quando la condotta illecita riguardi beni non vincolati, purché ricorra il requisito della oggettiva e generale notorietà del rilevante pregio e l’effettivo nocumento al patrimonio nazionale[9].
La condotta punibile può essere commissiva ed omissiva e, in tale ultima ipotesi, comprende anche la mancata adozione di cautele tendenti alla conservazione dell’integrità del bene.
E così la giurisprudenza[10] ha ricordato che l’articolo 733 C.P., nella parte precettiva, impone al soggetto attivo non solo l’obbligo di prevenire ed evitare ogni forma di danneggiamento, ma anche di fare quanto opportuno ai fini di una buona conservazione del bene, con la conseguenza che la violazione, avente caratteristiche di reato di danno a forma libera e permanente, può essere consumato o istantaneamente, attraverso il compimento di un singolo atto, oppure attraverso un comportamento continuo ripetuto nel tempo, attivo o inerte.
Da ciò consegue che l’articolo 733 C.P. risulta applicabile anche qualora il bene sia lasciato in condizioni di abbandono e, per tale motivo, esposto ad aggressioni umane, da fattori naturali o da elementi chimico-fisici.
Si è così riconosciuta la responsabilità per la contravvenzione in esame anche nel caso in cui il danneggiamento derivi da atti di vandalismo, insetti, agenti atmosferici, fattori inquinanti (e fatta salva la responsabilità penale in caso di inottemperanza a provvedimenti delle competenti autorità con i quali sia imposta l’esecuzione di interventi di conservazione e restauro del bene).
Come si è in precedenza accennato, sotto il profilo soggettivo l’articolo 733 C.P. viene ritenuto configurabile anche per colpa sempreché vi sia, da parte dell’agente, la consapevolezza del rilevante pregio della cosa[11].
Non altrettanto pacifica è risultata invece la individuazione del soggetto attivo del reato in quanto nonostante l’articolo 733 C.P. si rivolga a “chiunque”, contiene anche un riferimento alla “cosa propria” quando indica l’oggetto della tutela e ciò ha indotto a ritenere che la disposizione riguardasse esclusivamente il proprietario del bene danneggiato[12].
A fondamento di tale orientamento si ricordano il dato letterale della norma, la sua collocazione sistematica e la valenza ed attualità del contenuto delle precisazioni fornite nella relazione al codice penale.
Altrettanto rilevante, inoltre, viene ritenuta la possibilità di confisca prevista dal secondo comma dell’articolo 733 C.P., poiché tale misura appare compatibile esclusivamente con una lettura dell’articolo 733 che ne limiti l’ambito di applicazione al solo privato proprietario del bene danneggiato.
Un diverso orientamento legge la disposizione come diretta non solo al proprietario, ma anche al possessore o detentore del bene[13] o, anche, a chi del bene medesimo abbia comunque la disponibilità[14].
L’indirizzo meno restrittivo si fonda, oltre che sulle considerazioni precedentemente indicate, anche sul rilievo che una interpretazione estremamente restrittiva del termine “proprio” utilizzato dal legislatore determinerebbe una ingiustificata limitazione della tutela penale con riferimento “ ad una serie di beni pubblici che in quanto res communes omnium non possono definirsi stricto sensu “propri” di determinate persone fisiche preposte alla loro effettiva salvaguardia”[15].
Altri elementi a sostegno della validità della lettura estensiva dell’articolo 733 C.P. sono stati pure riscontrati nella previsione alternativa o differenziata dell’oggetto della tutela (“monumento o altra cosa propria”) e nella evidente finalità di tutela del patrimonio culturale nazionale[16].
Con riferimento, infine, alla previsione di confisca del bene danneggiato prevista dal secondo comma dell’articolo 733, la stessa, come si desume dal tenore della dispostone, ha natura facoltativa.
Sul punto la giurisprudenza (sempre con riferimento alle disposizioni della legge 108939) ha rilevato che l’applicazione della misura di sicurezza patrimoniale in questione non contrasta con il potere di riduzione in pristino che l’articolo 59 della legge 1089 attribuisce all’autorità amministrativa in quanto il riferimento è limitato alla violazione di determinate disposizioni contenute nella legge stessa[17].
Si è altresì precisato che la confisca può intervenire esclusivamente su cose di proprietà del privato e non anche su beni già appartenenti allo Stato per l’ovvia ragione che non può essere acquistata la proprietà di una cosa propria[18].
[1] TRICOMI “Tutela più efficace con il restyling delle pene” in Guida al Dir. 102000 pag. 31 e ss.
[2] Così Cass. Sez. II 1761988, Brasi in Giust. Pen. 1989, II pag.279
[3] V. ad es. Cass. Sez. III 2011997, De Donno ; Sez. III 1561998, Salogni in Riv. Pen. 71998 pag.674
[4] In tal senso si è pronunciata Cass. Sez. III 19 marzo 1999 (ud. 22 gennaio 1999) Crabolu in Cass. Pen. 92000 pag. 2256 con nota di C. LAZZARI “L’art.733 C.P., una norma priva di virtualità applicativa”
[5] Cass. Sez. II 2841989, Castellani
[6] Sul punto v. Cass. Sez. II 5 luglio 1989, Fantilli
[7] Per una sintetica ma completa indicazione delle diverse posizioni assunte da dottrina e giurisprudenza v. P. PALLADINO “Art. 733 c.p.: ancora in tema di soggetti attivi e di rapporti con altre norme” in Cass. Pen. 2000 pag. 54 e ss. e C. LAZZARI “L’art.733 C.P., una norma priva di virtualità applicativa” ibid. pag.2257 e ss.
[8] Sul punto v. RISTORI “Patrimonio archeologico, storico o artistico (offese al)” in Dig. Disc. Pen. 1995, vol. IX
[9] Cass. Sez. III 1241995 cit.. In dottrina v. RISTORI op. cit.
[10]
Cass. Sez. III 2161993 Cinelli
[11]
Così, ad es. Cass. Sez. III
sent.13034 del 10121980
[12]
V. ad es. Cass. Sez. III sent.
1521 del 1561998 in Cass. Pen. 2000 pag. 51 e ss.; Sez. II
4111993 in Cass. Pen., 1995 pag. 551; Sez. III 1971991; Sez. III
571989 in Cass. Pen. 1990, pag. 1124;
Sez. II sent. 1990 del 1721987 ed altre prec. conf. In dottrina
sull’argomento v. MACCARI “Brevi riflessioni in tema di soggetti
attivi della contravvenzione di cui all’art. 733 c.p.” in Giust. Pen.
1993, II , p. 516
[13]
Cass. Sez. II 661989 cit.
[14] Cass. Sez. III sent. 7701 del 1971991
[15] Cass. Sez. III 2161993, cit. Sulla responsabilità del pubblico amministratore non quale extraneus, ma quale compartecipe con il privato allo stesso titolo v. Cass. Sez. III 1241995, cit.
[16]
Così Cass. Sez. III
1241995, cit.
[17]
Cass. Sez. VI sent. 1086 del 23101976
[18]
Cass. Sez. II sent. 3093 del 2731979