Il compendio motivazionale propedeutico all’affidamento in house: l’ipotesi del servizio di gestione dei rifiuti urbani
(Nota alla sentenza Consiglio di Stato, Sez. IV, 22/10/2021 n. 7093)
di Giampiero GAUDIOSI
nota: il testo della sentenza commentata è in calce al presente articolo
SOMMARIO: 1. Spunti introduttivi: il contributo della regolamentazione flessibile approntata dall’ANAC; 2. L’istituto dell’ in house providing nel panorama normativo italiano: il paradigma di una perdurante anomalia ordinamentale; 3. Il quadro normativo di riferimento: limiti e parametri dell’onere motivazionale; 4. Sulla non eccezionalità degli affidamenti in house , dalla “libertà di fonte eurounitaria” di autorganizzazione delle PP.AA. agli interventi normativi per il rilancio degli investimenti pubblici; 5. La struttura binaria della c.d. “motivazione rafforzata” ex art. 192 del Codice; 6. Segue : convenienza economica dell’offerta e benchmark di riferimento; 7. Segue : La valutazione dei benefici per la collettività della forma gestoria prescelta; 8. Peculiarità tecniche e organizzative dell’istituto nell’ambito dei servizi di gestione integrata dei rifiuti 9. Segue : Consiglio di Stato, Sez. IV, 22/10/2021 n. 7093 sulla legittimità dell’affidamento interorganico del servizio di igiene ambientale, in ipotesi di omessa adozione del PEF e di mancata previsione dei CAM
1. Spunti introduttivi: il contributo della regolamentazione flessibile approntata dall’ANAC
A proposito di affidamenti diretti in regìme di delegazione interorganica, è d’uopo dedicare un breve “cappello introduttivo” all’istituto, di guisa che possano rendersi pienamente intellegibili – in tutta la loro portata e linearità – le trame argomentative e gli spunti di recente offerti dai TAR e dal Consiglio di Stato nonché, più in generale, da tutti gli stakeholders che hanno contribuito ad implementare il dibattito nella materia de qua.
A tal proposito e per quanto concernente in special modo le soluzioni interpretative “coniabili” in vista dello scopo ultimo di definire, una volta per tutte, le migliori chiavi di lettura del testo contenuto all’art. 192, comma 2, del codice dei contratti pubblici (d’ora innanzi, il Codice), rivestono peculiare interesse le attività avviate dall’ANAC per l’adozione di Linee Guida ai sensi dell’art. 213, comma 2, del Codice 1.
Le suddette Linee Guida recano difatti indicazioni di carattere pratico 2, utili alle Stazioni Appaltanti ogniqualvolta le stesse intendano derogare ai principi sottesi all’evidenza pubblica, prediligendo all’esternalizzazione la c.d. gestione in house, scilicet l’«autoproduzione» dei servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza.
Alla stregua di ciò e coerentemente con la logica sottesa all’impiego degli strumenti c.d. di regolamentazione flessibile, l’Autorità si prefigge non soltanto di orientare l’azione degli enti interessati verso comportamenti conformi alla normativa vigente, ma anche di garantirne l’uniformità favorendo la diffusione di best-practises.
In sede di espletamento dei compiti cui è preposta, l’ANAC ha così provveduto a predisporre uno schema di atto di regolazione, che compendia, integrandoli, i risultati delle osservazioni pervenute nell’ambito della consultazione pubblica avviata dalla medesima Autorità. Il documento in questione – già acquisiti i pareri di ART, ARERA e AGCM – era stato dunque rimesso3 al parere ulteriore dei giudici di Palazzo Spada ai fini dell’approvazione della versione definitiva. Il Consiglio di Stato, Sez. consultiva per gli atti normativi, Adunanza di Sezione del 28 settembre 2021 4 ha tuttavia sospeso la pronuncia del parere nelle more degli approfondimenti istruttori5, rilevata la forte “sismicità” dell’odierno contesto giuridico e istituzionale, soprattutto sotto la spinta urgente dello sviluppo e dell’attuazione del PNRR 6.
2. L’istituto dell’ in house providing nel panorama normativo italiano: il paradigma di una perdurante anomalia ordinamentale
Su un piano strettamente definitorio, l’istituto dell’ in house providing (lett. gestione in proprio) evoca un modello di organizzazione e gestione dei servizi pubblici di derivazione unionale che, per sua natura, è sintesi di precetti tutelati in pari modo dall’ordinamento europeo, conciliando il principio del confronto concorrenziale con quello di autoorganizzazione amministrativa. La trasposizione di siffatta modalità di esplicazione delle commesse o incarichi pubblici nell’ordinamento italiano è venuta concretizzandosi a margine della singolare scelta del legislatore nazionale di adoperare, dapprima nel contesto del D.lgs. n. 175/2016 ( Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) e dappoi all’interno del Codice, la locuzione composita “società in house”. Tramite l’anzidetta formulazione, costruita su una sinestesia, il Legislatore nazionale ha associato – nel contesto di un’unica immagine descrittiva – termini appartenenti a sfere diverse. Il riferimento, strenuamente criticato dai più, è apparso improvvido in quanto oltre a non trovare rispondenza nel dettato normativo europeo e ingenerare confusione tra la specialità della figura soggettiva beneficiaria e la specialità della procedura di affidamento, reca con sé il rischio di “appesantire” la scena del panorama societario nazionale inserendovi uno speciale tipo giuridico di figura soggettiva che solleva non poche preoccupazioni in termini di conseguenze qualificatorie e di annesso regime giuridico7. Il rilievo, non del tutto scevro da implicazioni pratiche, ha indotto gli stessi giudici di Piazza Cavour a raffigurare iconicamente il fenomeno, mettendone in luce i caratteri che ne fanno una vera e propria anomalia ordinamentale 8.
3. Il quadro normativo di riferimento: limiti e parametri dell’onere motivazionale
Trascendendo gli aspetti legati alla natura giuridica delle società in discorso, già ampiamente discussi da innumerevoli Autori, ciò cui preme dedicare in questa sede una più opportuna ed attenta disamina investe i connotati e l’estensione della parte motiva e dunque, inevitabilmente, del sotteso processo valutativo condotto dall’Amministrazione in funzione della decisione di espletare i relativi compiti d’interesse pubblico avvalendosi di proprie risorse interne (i.e., per l’appunto, le società in house), anziché ricorrere ad operatori economici esterni.
Com’è intuibile, la scelta di una Stazione Appaltante di operare in deroga al generale obbligo di indire una gara pubblica e di rivolgersi a un soggetto esterno che, pur se formalmente distinto, sia sostanzialmente riconducibile a una sorta di “appendice organizzativa” 9 dell’Amministrazione, potrebbe aprire “vistose crepe” lungo uno degli architravi portanti su cui si eregge l’intero edificio di norme congegnate all’interno del sistema europeo e, in primis, dei Trattati Istitutivi dell’Unione. Attesa la possibilità che si creino asimmetrie in grado di distorcere il contraddittorio paritario nel quale si sostanzia la concorrenza e onde assicurare pertanto il rispetto dei principi di trasparenza, proporzionalità, parità di trattamento e non discriminazione tra gli operatori, la legittimità del ricorso al modello di gestione in house di servizi pubblici soggiace ad un insieme di limiti e di presupposti che fungono da benchmarks della liceità della procedura. Congiuntamente ai requisiti 10 comunemente noti nei termini di «controllo analogo»11 e di «attività prevalente» 12, ambedue costituenti principi cardine in materia di in house providing e per la cui trattazione si rimanda ad altre e più opportune sedi 13, nel riferirsi all’onere motivazionale aggravato che incombe sull’amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore, per quanto qui di interesse, il paradigma normativo a livello nazionale è rintracciabile all’interno del Codice.
Precisamente, il riferimento è al già citato art. 192 14, che riveste natura integrativa quanto alle condizioni per il legittimo ricorso all’affidamento in house rispetto all’art. 12, Dir. n. 2014/24/UE, definendo i caratteri dell’attività istruttoria prodromica alla enucleazione delle ragioni a supporto del mancato ricorso al mercato da parte della SA e i cui esiti confluiscono nel provvedimento con cui si dispone l’affidamento del servizio all’organismo in house. Fuori dal dettato del Codice, limitatamente ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, il referente normativo è rappresentato dall’art. 34, comma 20, D.L. n. 179/2012 15 a mente del quale « l'affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione 16, pubblicata sul sito internet dell'ente affidante ». L’omissione ovvero anche soltanto l’inesatto adempimento degli obblighi cristallizzati dalle succitate norme – nelle forme della lacunosità, carenza o insufficienza della motivazione addotta – possono condurre ad una dichiarazione di illegittimità dell’affidamento oltre a integrare una tra le ipotesi di responsabilità contabile e amministrativa del responsabile del procedimento.
4. Sulla non eccezionalità degli affidamenti in house , dalla “libertà di fonte eurounitaria” di autorganizzazione delle PP.AA. agli interventi normativi per il rilancio degli investimenti pubblici
Prima di addivenire alla compiuta definizione degli elementi che – in linea con la più recente lettura offerta dalla giurisprudenza amministrativa e con le esigenze manifestate, nella prassi operativa, dalle SA – dovrebbero contraddistinguere l’attività istruttoria che le Amministrazioni hanno l’obbligo di realizzare ai sensi e per gli effetti delle norme ut supra precisate, mette conto esplicitare quanto già ormai chiarito da tempo nel contesto euro-unitario. Ai nostri scopi è utile premettere difatti che, dall’angolo visuale della giurisprudenza unionale, al ricordato principio di “libera amministrazione delle autorità pubbliche” 17 conseguirebbe, quale ineludibile corollario, la sostanziale equivalenza dei modelli di affidamento delle commesse: su base di gara ovvero altrimenti secondo il modulo tipico dell’in house providing.
Orbene, la vigenza del principio di autodeterminazione per i soggetti pubblici, considerato immanente all’ordinamento unionale e postulante la completa libertà degli stessi di organizzare come meglio stimano i servizi pubblici di rispettivo interesse, è sembrata in certo modo entrare “in rotta di collisione” con la normativa nazionale 18. In particolare, i fautori della tesi in questione hanno ritenuto che l’incompatibilità derivasse dal fatto che il Codice, sotto le spoglie dell’art. 192 e dell’inspessimento degli oneri motivazionali, avrebbe fatto mostra della (presunta) volontà del Legislatore di relegare ad un ruolo subvalente il modello gestorio incentrato sul soggetto in house, accordando allo stesso una valenza sussidiaria. Per dirla in altre parole, il sospetto di illegittimità costituzionale traeva spunto dalla « presunzione di preferibilità» delle procedure ad evidenza pubblica rispetto al modulo in house. Tuttavia, a onor del vero, i dubbi de quibus sono andati presto dissipati per mano dei giudici costituzionali.
In occasione di un recente arresto 19, riecheggiando gli spunti logico argomentativi offerti da una coeva pronuncia dei giudici lussemburghesi, la Corte costituzionale ha giudicato non fondata la questione di legittimità. Il Collegio ha ritenuto infatti potessero escludersi tanto la prospettata violazione del divieto di gold plating, sotto il profilo del vizio di delega, quanto la violazione dei principi comunitari 20.
Non da ultimo, va ricordato con forza che allo stato attuale costituisce un punto fermo nel contesto della giurisprudenza amministrativa l’assunto che fa leva sulla non eccezionalità dell’affidamento in house. Invero, deve ritenersi perfettamente acquisita ed operante anche nella sfera domestica l’idea secondo cui l’in house providing costituisca una delle ordinarie forme organizzative di conferimento della titolarità del servizio, la cui individuazione in concreto è rimessa alle amministrazioni sulla base di un mero giudizio di opportunità e convenienza economica 21. Malgrado la persistenza di indirizzi di senso contrario 22, la surriferita inversione di tendenza interpretativa pare ora aver trovato “nuovo vigore”, forte anche delle modifiche normative sopraggiunte per effetto del secondo decreto semplificazioni (D.L. n. 77/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 108/2021). Il Decreto, inspirandosi all’esigenza di « accelerare l’attuazione degli investimenti pubblici, in particolare di quelli previsti dal PNRR e dai cicli di programmazione nazionale e dell’Unione europea 2014-2020 e 2021-2027 », nel solco della c.d. “legislazione Covid-19”, all’art. 10 23 introduce una disposizione ad hoc valevole ad ampliare l’area di ricorribilità all’in house providing, legittimando le amministrazioni interessate ad avvalersi del « supporto tecnico-operativo di società in house qualificate ai sensi dell’articolo 38 (5) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ».
5. La struttura binaria della c.d. “motivazione rafforzata” ex art. 192 del Codice
Per comodità espositiva si è ritenuto opportuno inquadrare il contesto normativo di riferimento. Date siffatte premesse, l’intento di chi scrive è quello di scrutinare in concreto i tasselli di cui consta e sulla base dei quali prende forma il processo valutativo rimesso alle stazioni appaltanti prima di scendere nel dettaglio del settore dei rifiuti. Come intuibile a primo acchito, già soltanto accedendo al tenore letterale della norma, l’obbligo motivazionale è pensato come avente una struttura composita e declinabile su due piani tra loro interconnessi. Previamente si chiede alle Amministrazioni una valutazione che intreccia prettamente gli aspetti economici riferibili alla congruità dell’offerta. Nel contempo però l’istruttoria – i cui esiti ricadono sull’individuazione del modello di affidamento più opportuno da adottare – non può arrestarsi all’analisi della sola convenienza economica. All’opposto, tra le ragioni giustificative del mancato ricorso al mercato devono annoverarsi altresì elementi di socialità, dovendo la stazione appaltante rendere conto dei maggiori benefici per la collettività della forma gestoria prescelta, operando un raffronto comparativo rispetto agli obiettivi che, diversamente, sarebbero stati perseguibili mediante l’outsourcing.
Mutuando la dicotomia adoperata in proposito dalla Corte dei Conti 24, la valutazione ex art. 192, comma 2, è la risultante della combinazione tra una componente «quantitativa» 25 e di altra dal carattere più tipicamente «qualitativo» 26. In questo modo, il soggetto appaltante, nella persona del RUP ex art. 31 del Codice o in mancanza del Responsabile del procedimento amministrativo nominato ai sensi della l. 241/90 27, è chiamato a individuare una scala di priorità tra tutte le esigenze ritenute meritevoli di tutela, tanto economiche quanto sociali, purché le stesse vengano esaminate separatamente 28.
6. Segue : convenienza economica dell’offerta e benchmark di riferimento
Sul versante della congruità economica dell’offerta promanante dall’organismo in house, è imprescindibile che la relazione del committente 29 – riferentesi all’oggetto e al valore della prestazione – combini al dato “statico” inerente ai costi del servizio un elemento intrinsecamente più dinamico. Quest’ultimo impone all’ente affidante di enucleare all’interno della motivazione quantitativo-economica le concrete modalità di svolgimento del servizio, raffrontandole con le risultanze di esperienze pregresse in termini di efficienza ed efficacia. La disponibilità di consimili informazioni – acquisite dalla SA mediante opportune ricerche di mercato – congiuntamente alla conoscenza di un coacervo di elementi che investono, tra gli altri, le specifiche condizioni in cui versa il mercato di riferimento 30; le caratteristiche dell’affidamento e la natura del servizio da erogare 31; il grado di incertezza e di variabilità del contesto economico e ambientale, confluisce all’interno dei c.d. “costi di transazione”, utili alla PA per rendere conto dei vantaggi che l’opzione interorganica sarebbe in grado di offrire nel caso concreto in termini di risparmio di tempo e di risorse economiche rispetto al ricorso al mercato.
Orbene, l’anzidetta valutazione di efficienza ed economicità – cristallizzata nelle forme del piano economico-finanziario all’uopo predisposto dall’Ente ed asseverato da un istituto di credito, da una società di servizi iscritta all’albo degli intermediari finanziari ex art. 106 TUB o da una società di revisione ex art. 1 l. 1966/1939 – si sviluppa su un duplice livello. Il PEF contiene difatti tanto la proiezione del rapporto costi/ricavi e finanziamenti/investimento lungo il periodo di durata dell’affidamento quanto una particolareggiata illustrazione dell’assetto economico-patrimoniale della società 32. Com’è logico, il test di vantaggiosità della scelta a favore dell’affidamento in house, perché quest’ultimo possa dirsi “economicamente congruo” rispetto alle alternative forme gestionali (concessione-appalto, società mista con doppia gara) abbisogna di una minima comparazione idonea a paragonare le performances dell’in house provider con quelle dell’impresa media del settore, gestita in modo efficiente. Utili benchmark sarebbero rintracciabili mediante richiamo ai costi standard definiti dalle Autorità di settore, ai prezzi di riferimento elaborati dall’ANAC ovvero ancora agli elenchi di prezzi definiti mediante prezzari ufficiali, ai prezzi medi di aggiudicazione risultanti da gare per affidamenti identici o analoghi 33. Resta inteso, ad ogni buon conto, che il soggetto affidatario, pur se trattasi di azienda in house, deve garantire dei minimi quanti-qualitativi (inderogabili). Sempre sul lato della convenienza economica 34, tanto in ossequio alle disposizioni subprimarie di cui agli artt. 81 e 97 35 Cost. che su base delle più specifiche previsioni normative che sovrintendono alla gestione economica delle PP.AA. 36, è fuor d’ogni logica infatti che l’ente pubblico socio così come i rappresentanti degli organi societari possano indirizzare o governare la società con prescrizioni antieconomiche contrastanti rispetto all’interesse societario.
7. Segue : La valutazione dei benefici per la collettività della forma gestoria prescelta
Come anticipato, la scelta strategica dell’affidamento in house necessita di venir “setacciata” anche sotto il profilo della c.d. “convenienza sociale”. In termini pratici, il sintagma si traduce nella volontà del Legislatore, quale desumibile dal citato art. 192.2, di accludere alla motivazione resa dalla Stazione Appaltante una parte che rechi evidenza dei benefici per la collettività conseguibili mediante il ricorso all’operazione interna, mercé l’evidenziazione degli obiettivi prefissati che giustificano tale scelta ed il raffronto tra questi e le finalità altrimenti perseguibili mediante ricorso al mercato. Detti benefici sono scrutinati non soltanto premiando le esigenze di economicità ma, prosegue la norma, prendendo anche a riferimento « gli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza…e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche ».
Premesso che ad ogni modo trattasi di un’analisi in concreto, tale da richiedere uno studio caso per caso, sulla base dei dati comparabili 37, come suggerito dall’Anac nello schema di linee guida qui oggetto di esame, tra i benefici valutabili ricadrebbero i c.d. effetti di rete, suscettibili di determinare vantaggi crescenti in ragione dell’aumento del numero di utenti del servizio o dell’utilizzo di sistemi omogenei e interconnessi. Sempre ai fini della valutazione circa l’efficienza e la qualità della prestazione offerta rilevano la mostrata adattabilità del servizio alle esigenze del territorio come pure l’impiego di attività innovative in grado di favorire, tra le altre cose, la partecipazione del cittadino, attraverso l’accesso alle informazioni e la presentazione di reclami e/o osservazioni.
8. Peculiarità tecniche e organizzative dell’istituto nell’ambito dei servizi di gestione integrata dei rifiuti
Scendendo nel dettaglio dei settori regolati e, per quanto qui rileva, nell’ambito della gestione dei rifiuti – settore particolarmente condizionato da una perdurante crisi oltreché da un elevato tasso di “tecnicizzazione” – la competenza alla preliminare scelta del modello di gestione fa capo al livello comunale. Con l’obiettivo di consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio 38, i Comuni tendono alla gestione associata del ciclo rifiuti costituendosi in ATO (Ambiti territoriali ottimali) 39. Gli enti locali ricadenti in ciascun ATO hanno l’obbligo di aderire al corrispondente EGATO, ente di governo che rappresenta l’unico soggetto all’interno del quale vengono esercitate le funzioni di organizzazione dei servizi, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all’utenza, di affidamento e controllo della gestione.
Nell’odierno contesto nazionale, la centralità istituzionale dei Comuni e la prevalenza di modelli organizzativi costruiti per ambiti territoriali pluricomunali fa sì che inevitabilmente nella gestione del servizio risultino coinvolti una pluralità di enti e che, di riflesso, il “controllo congiunto” rappresenti la forma prevalente di controllo esercitato sulle società in house. Entrando nel merito del settore in questione, mette conto osservare che le prefate considerazioni devono necessariamente fare i conti con una serie di aspetti che riguardano strettamente la materia dei rifiuti. Tra questi rientrano ad esempio la previsione di vincoli particolarmente stringenti connessi al contenimento della movimentazione dei rifiuti urbani (RU) e della loro gestione secondo i principi di autosufficienza, prossimità e specializzazione così come anche l’obiettivo del conseguimento di dimensioni gestionali condizionate da «parametri fisici, demografici, tecnici e [da, ndr] ripartizioni politico-amministrative» 40. Orbene, in questo contesto, l’evidenziazione dei vantaggi economico-qualitativi della prestazione 41, da esplicitare nel corpo della relazione di cui al citato art. 34, passa attraverso un insieme di fattori inerenti alle condizioni di erogazione del servizio. Costituisce, volendo fare un esempio, elemento di indubbio favore per la scelta di internalizzare il servizio la circostanza che il costo medio per abitante sia apparsa in linea con quello praticato in altre realtà territoriali da Servizi Comunali. Ancora, i vantaggi dell’operazione interna possono essere avvalorati mediante richiamo ad aspetti denotativi della adattabilità del servizio alle rinnovate esigenze di quel particolare territorio comunale.
Sempre a questo proposito e senza pretese di esaustività alcuna, in un recente caso pratico, il Consiglio di Stato ha ritenuto assolto l’onere motivazionale imposto al Comune per l’affidamento in house del servizio di gestione ambientale ex art. 192, co. 2, avendo quest’ultimo svolto un’approfondita disamina comparativa. Nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che la congruità della relazione fosse resa palese dal riferimento a dati positivamente valutabili nei termini in cui suscettivi di produrre benefici tanto in ragione della convenienza economica dell’operazione quanto in termini di vantaggi per la collettività, concernendo «l’ attivazione di nuove forme di raccolta puntuale dei rifiuti o nuovi servizi di igiene ambientale senza la necessità di una nuova procedura concorsuale, la possibilità di attivare tutti i servizi complementari al servizio principale che la società offre gratuitamente o con costi predefiniti; l’eliminazione dei costi, diretti ed indiretti » o ancora la previsione di elementi innovativi, quali « attività di consulenza tecnica; servizi informatici; organizzazione di eventi formativi; attività di studio e progettazione della tariffa puntuale; attività di ricerca di mercato per la cessione dei rifiuti recuperabili »42. Ciò tanto più in quanto il Comune affidante si è avvalso di benchmark che il giudice amministrativo ha valutato attendibili, per via « dei riferimenti operati e della comparazione effettuata con altri Enti con caratteristiche di omogeneità territoriale e geografica »43.
9. Segue : Consiglio di Stato, Sez. IV, 22/10/2021 n. 7093 sulla legittimità dell’affidamento interorganico del servizio di igiene ambientale, in ipotesi di omessa adozione del PEF e di mancata previsione dei CAM
Con l’occasione dell’emarginata pronuncia, la IV Sezione – traendo abbrivio dalla censura formulata dalla ricorrente e facente leva sulla mancata adozione del piano economico-finanziario asseverato, di cui all’art. 3-bis, comma 1- bis, d.l. 13 agosto 2011, n. 138 – ha avuto modo di tornare a far luce su un altro rilevante aspetto 44, chiarendo che l’adozione del PEF è imposta solamente agli « enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali per lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete » e che, pertanto, nelle ipotesi summenzionate, non costituisce condizione di legittimità dell’affidamento diretto.
Nel contempo, il Collegio giudica destituita di qualsivoglia fondamento giuridico la censura relativa alla mancata previsione dei CAM (criteri ambientali minimi) e della c.d. “clausola sociale” nella documentazione di gara, non ravvisando gli asseriti profili di illegittimità derivata dalla incostituzionalità dell’art. 34, D.Lgs n. 50/2016 né tantomeno il contrasto della norma in questione con i principi eurounitari, sub specie, di parità di trattamento tra gli operatori del mercato. Sul primo aspetto, vero è che il correttivo al Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 19 aprile 2017, n. 56) ha previsto, come noto, un vero e proprio obbligo generale delle amministrazioni di concludere contratti “verdi” o, comunque, di usare lo strumento contrattuale in modo strategico. Se la previsione de qua impone di fatto una rilettura dell’art. 30 del Codice, di talché la prevalenza delle esigenze di « tutela della salute e dell’ambiente [nonché di] promozione dello sviluppo sostenibile » sul criterio di economicità si muove oggi nell’ottica del “dovere” 45, va altresì rimarcato che – come correttamente chiosa il Consiglio di Stato - l’obbligo di inserire i CAM vige unicamente con riferimento alla sfera delle procedure di evidenza pubblica che sottendono situazioni ontologicamente non comparabili con l’affidamento in house. Il giudice amministrativo ricorda, ancora una volta, che la procedura di in house providing « sconta il diverso e peculiare criterio applicativo contenuto nell’art. 192, comma 2, del Codice dei contratti, sotto il profilo specifico e caratterizzante della “motivazione rafforzata” – non richiesta nell’ipotesi di scelta al mercato concorrenziale »46. L’obbligatorietà dell’inserimento di tali clausole nella documentazione di gara muove dal fatto che le stesse «rappresentano un costo per l’operatore di mercato» e, come tale, « al momento della progettazione di una procedura ad evidenza pubblica, è giusto venga debitamente considerato dalla stazione appaltante nella determinazione dell’importo a base di gara »47. A proposito dell’asserita violazione del diritto eurounitario da parte della norma contenuta all’art. 34, tornando su un tema già ampiamente dibattuto supra, il Collegio si rifà ad una serie di decisioni rese dai giudici di Lussemburgo 48, dalle quali può evincersi chiaramente che la libertà di autorganizzazione, di derivazione comunitaria, non osta ad una normativa interna che subordini l’affidamento in house alla dimostrazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all’operazione interna.
1 Recanti « Indicazioni in materia di affidamenti in house di contratti aventi ad oggetto lavori, servizi o forniture disponibili sul mercato in regime di concorrenza ai sensi dell’art. 192, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i. ». A corredo del testo dello schema delle cennate linee guida si veda anche la Relazione AIR.
2 Seppur, si ricordi, né vincolanti né tantomeno aventi natura normativa.
3 Vedasi in proposito la nota n. I.0029920 del 14 settembre 2021 del Presidente dell’ANAC.
4 Parere del Consiglio di Stato n. 1614/2021.
5 Posticipando ogni eventuale giudizio ad un momento successivo al produrci degli impatti normativi che potranno generare gli interventi strumentali all’attuazione del PNRR, oltreché in attesa di acquisire eventualmente anche «l’avviso sulle prossime prospettive de iure condendo del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi ».
6 Ad avviso della Sezione Consultiva è verosimile che la recente riforma possa modificare « ulteriormente, e in tempi ravvicinati, le prassi amministrative che ci si propone di cambiare con lo schema in oggetto (ndr, di linee guida presentato dall’ANAC) , rinvenendo magari ancora un altro, diverso punto di equilibrio tra le esigenze di speditezza, celerità, efficienza ed efficacia operativa delle pubbliche amministrazioni nella realizzazione degli investimenti pubblici e le esigenze di promozione del mercato e della concorrenza, nonché di garanzia della trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa » (punto 6).
7 Sull’argomento, si veda G. CAIA, Le società in house : persone giuridiche private sottoposte a peculiare vigilanza e tutela amministrativa in Giurisprudenza Commerciale, III, 2020, pp. 457 ss. L’A. in particolare – premessi brevi cenni tesi ad enfatizzare le suggestioni interpretative occasionate dalla formulazione – offre una interessante analisi dei dati sistematici e ordinamentali che inducono a propendere a favore della natura civilistica delle società de quibus e lucidamente osserva che « se il contratto che sorge da un affidamento in house presenta la stessa natura di quello che consegue all’aggiudicazione sulla base di una procedura di gara ad evidenza pubblica » e pertanto se tale procedura non muta la natura del rapporto giuridico che ne consegue «…neppure essa può influire sulla natura del soggetto beneficiario dell’aggiudicazione » (cfr. p. 464).
8 Il riferimento è chiaramente alle note Sezioni Unite nr. 26283 del 2013. Nell’occasione, il Supremo Consesso evidenziò come gran parte delle preoccupazioni, non relegabili all’interno della sfera meramente descrittiva del fenomeno, traessero abbrivio dalla constatazione in base a cui risulta oltremodo difficile pensare di poter « conciliare con la configurazione della società di capitali, intesa quale persona giuridica autonoma e distinta dai soggetti che in essa agiscono e per il cui tramite essa stessa agisce…la totale assenza di un potere decisionale suo proprio, in conseguenza del totale assoggettamento dei suoi organi al potere gerarchico dell'ente pubblico titolare della partecipazione sociale » (punto 4.3).
9 La paternità dell’espressione è attribuibile a R. GAROFOLI. Per maggiori approfondimenti in merito si rimanda a R. GAROFOLI e G. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, XIII Ed., 2020, Nel diritto, pp. 212 ss.
10 La cui attuale conformazione trova risaputamente i propri natali nella nota sentenza Teckal pronunciata dalla CGUE, Sez. V, il 18 novembre 1999, nella causa C-107/98, che ha contribuito in modo significativo a delineare gli esatti contorni dell’istituto.
11 Elemento strutturale del rapporto in house e condizione postulante il controllo societario totalitario (« effettivo, strutturale e funzionale», cfr. CGUE, Sez. III, 29 novembre 2012, Econord, C-182/11 e C-183/11) del soggetto pubblico sull’affidatario, necessaria ma di per sé sola non bastevole a giustificare l’affidamento diretto occorrendo anche un’influenza determinante da parte del socio pubblico sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti. Sempre sul controllo analogo, la richiamata Cass., SS.UU., n. 26283/2013, ha rimarcato infatti che « quel che rileva è che l’ente pubblico partecipante abbia statutariamente il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative della società in house , i cui organi amministrativi vengono pertanto a trovarsi in posizione di vera e propria subordinazione gerarchica ». Rispetto a quest’ultima statuizione, è andato ben oltre il Consiglio di Stato che ha ben chiarito trattarsi di situazione ontologicamente differente dal concetto di controllo così come fotografato dal codice civile, all’art. 2359 (si v., inter alia, Cons. Stato, Ad. Plen., 3 marzo 2008, n. 1; Cons. Stato, sez. V, 28 luglio 2015, n. 3716).
12 Che, a sua volta, costituisce invece l’elemento funzionale del rapporto in house.
14 Ad ogni modo, il dettato codicistico va coordinato con le previsioni del citato D.lgs. n. 175/2016, in particolare con gli artt. 4 ( Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche ) e 16 (contenete la disciplina propria delle società in house ).
15 Convertito in legge n. 221/2012
16 Redatta secondo le indicazioni previste nel Vademecum e nello schema-tipo elaborati dal MISE e allegata alla delibera di indirizzo dell’organo esecutivo.
17 Che nel diritto europeo è stato codificato tramite l’art. 14 TFUE e relativo Protocollo n. 26, e ancor più efficacemente scolpito all’art. 2, par. 1, direttiva 2014/23/UE, per le concessioni all’art. 1, par. 4, direttiva 2014/24/UE, per i settori ordinari e art. 1, par. 4, direttiva 2014/25/UE, per i settori speciali.
18 Come noto, la norma è stata tacciata tanto di incostituzionalità (a causa dell’asserita violazione del divieto del c.d. gold plating previsto dall’art. 1 comma 1, lettera a), della legge delega n. 11 del 2016, termine che rimanda al divieto, in sede di recepimento di direttive europee, di prevedere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive medesime) quanto di incompatibilità con il diritto euro-unitario, stante il principio di autodeterminazione fissato dall’art. 2 Dir. 26 febbraio 2014, n. 2014/23/UE. In proposito, si rimanda al contenuto delle tre ordinanze “sorelle” (nn. 138, 293 e 296) del 2019, con cui la V Sezione del Consiglio di Stato ha investito, in via pregiudiziale, la CGUE, interrogando i giudici di Lussemburgo in merito all’interpretazione della norma cennata e alla relativa compatibilità con il diritto europeo.
19 Cfr. C.Cost., sent. del 27 maggio 2020, n. 100.
20 A sostegno, la Corte Costituzionale si è fatta assertrice dell’argomento secondo cui « la specificazione introdotta dal legislatore delegato è riconducibile all’esercizio dei normali margini di discrezionalità ad esso spettanti nell’attuazione del criterio di delega, ne rispetta la ratio ed è coerente con il quadro normativo di riferimento» (punto 10).
21 Sul punto, si vedano concordemente Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762; Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257; Id., 18 luglio 2017, n. 3554; Id., n. 4030 del 18 agosto 2017.
22 Sul rapporto regola-eccezione fra affidamento a terzi e affidamento in house è utile rinviare, anche se meno recente, agli indirizzi cui fa cenno la pronuncia della Corte cost. datata 20 marzo 2013, n. 46 in Giur. cost., 2013, p. 759.
23 Rubricato “ Misure per accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici ”.
24 Già tempo addietro e risalente, precisamente, a poco tempo dopo all’entrata in vigore del Codice del 2016. Al riguardo, Cfr. con il documento per l’audizione, dinanzi alla VIII Commissione (“Lavori Pubblici”) del Senato della Repubblica, della Corte dei Conti nell’ambito della “ attività conoscitiva sull’applicazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 ”, p. 9.
25 “verifica dei costi”.
26 “ caratteristiche del servizio e ragioni dell’affidamento in house ”.
27 In caso di affidamenti che richiedano complesse valutazioni di congruità od aventi ad oggetto prestazioni di rilevante valore economico è possibile avvalersi della struttura di supporto al RUP ovvero di esperti interni o esterni all’amministrazione.
28 Documento per l’audizione al Senato della Corte dei Conti, cit.
29 Pubblicata sul sito internet dell’ente affidante.
30 Relativamente al grado di concorrenza e al numero di potenziali competitori.
31 In termini di pervasività del rapporto tra affidante e affidatari.
32 Di grande supporto nel compendiare efficacemente le modalità attraverso cui vanno assolti gli oneri motivazionali propedeutici all’affidamento in discorso appare il contributo redatto a cura di I. CAVALLINI, E. RIVOLA, M. ORSETTI, Gli oneri motivazionali sulla convenienza per l’affidamento in house alla luce del PNRR (e dopo la bocciatura delle Linee Guida Anac da parte del Consiglio di Stato) in Azienditalia 2021, n. 12, pp. 1979 e ss. soffermandosi prevalentemente sulla valutazione economica « quale colonna portante dei requisiti motivazionali».
33 Come pure degli standard di riferimento della società Consip S.p.A. e delle centrali di committenza regionali. A questo proposito, sottolinea l’ANAC (cfr. Schema di Linee Guida, cit., p. 6, punti 5.2, 5.3), le informazioni utili sono acquisibili consultando anche il Portale Open Data dell’Autorità, accessibile al link https://dati.anticorruzione.it/superset/dashboard/appalti/ da cui risultano le gare bandite in territori limitrofi per le medesime prestazioni.
34 I termini della presente riflessione traggono ancora una volta spunto da G. CAIA, Op. cit., p. 470.
35 Che hanno dato accesso nella Carta Costituzionale al principio del pareggio di bilancio pubblico.
36 Ci si riferisce al TUEL (D.lgs. n. 267/2000) e in special modo all’art. 114 che uniforma i criteri di gestione delle aziende speciali ai criteri di efficacia, efficienza ed economicità nonché agli obblighi dell’equilibrio economico e del pareggio finanziario (v. comma 4), ciò valendo a fortiori per le società partecipare, seppure in house.
37 Così Cons. di St., sez. V, 16 novembre 2018, n. 6456.
38 Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138, che detta la disciplina generale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali di interesse economico generale a rete.
39 Ciascuno dei quali deve avere dimensioni almeno provinciali; viceversa, estensioni inferiori devono essere giustificate in base ai principi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza e a criteri di differenziazione territoriale e socio-economica.
40 Cfr. art. 200 T.U. ambiente (D. Lgs. n. 152/2006).
41 Si concentra sugli aspetti singolari e concreti A. PIEROBON, Affidamento in house di un servizio pubblico di gestione dei rifiuti nella sua valutazione di convenienza in Azienditalia n. 12, 2021, operando quella che l’A. ha definito una vera e propria ricostruzione “archeologico-indiziaria”, « non limitandosi alle mere (se non comode) comparazioni dei costi rilevati (!) dai gestori, con i costi standard, medi efficienti », sul presupposto che va ad ogni modo evitata in questi casi una mera e semplice ratifica dell’affidamento ad un’azienda in house « per il solo fatto che questa scelta inizialmente derivava da una decisione pubblica, assunta spesso nelle (peraltro erronee) posizioni manichee tra pubblico o privato intese quali una sorta di semplicistico aut-aut» e che, pertanto, si rende necessario scendere « nel sottostante sistema documentale e contabile, se del caso procedendo anche per indizi ».
42 Sul punto, affronta il tema della legittimità dell’affidamento diretto del servizio di gestione ambientale alla società in house del Comune, il Cons. di St., sez. IV, del 22 ottobre 2021, n. 3969, punto 24.4.
43 Ibidem , punto 24.4.
44 Questione di cui era già stato investito un precedente Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 6469/2020.
45 In questo senso, v. F. DE LEONARDIS, L’uso strategico della contrattazione pubblica: tra GPP e obbligatorietà dei CAM in Rivista Quadrimestrale Di Diritto Dell’ambiente, 2020, III, pp. 63 e 64.
46 Cons. di St., sez. IV, cit. n. 3969, punto 28.2.
47 Ibidem.
48 Corte di giustizia, nona sezione, ordinanza 6 febbraio 2020, in cause da C-89/19 a C-91/19, Rieco spa; Corte di giustizia, quarta sezione, sentenza 3 ottobre 2019, in causa C-285/18, Irgita; CGUE, decisione 6 febbraio 2020).
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Pubblicato il 22/10/2021
N. 07093/2021REG.PROV.COLL.
N. 03969/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3969 del 2021, proposto da
Servizi Comunali S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Aldo Coppetti, Andrea Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Manzi in Roma, via Alberico II, n. 33;
contro
Aprica S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Vivani, Elisabetta Sordini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di Coccaglio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Bezzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) n. 00280/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Aprica S.p.A., Comune di Coccaglio e Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 settembre 2021 il Consigliere Giuseppe Rotondo, uditi per le parti gli avvocati Aldo Coppetti e Claudio Vivani, vista l'istanza di passaggio in decisione depositata dall'avvocato Domenico Bezzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.La società “Servizi Comunali S.p.A.” - società ad intero capitale pubblico avente per oggetto la gestione di servizi pubblici degli enti locali soci, con particolare riguardo a quelli di raccolta dei rifiuti e di igiene urbana - chiede “l’annullamento e riforma” della sentenza, 23 marzo 2021, n. 280, con la quale il TAR Lombardia, Brescia, sez. I, ha accolto il ricorso proposto da “Aprica S.p.A.” avverso gli atti di “Affidamento del servizio di igiene ambientale” alla medesima società appellante (Servizi Comunali S.p.A. con sede in Sarnico) e, per l’effetto, annullato la deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Coccaglio n. 40/2020, nella sola parte in cui dispone l’affidamento alla società Servizi Comunali S.p.A. del servizio di gestione ambientale, nonché dichiarata l’inefficacia della convenzione sottoscritta dal Comune di Coccaglio con la società Servizi Comunali S.p.A. in esecuzione degli atti annullati.
2. Il Comune di Coccaglie, con deliberazione della Giunta Comunale n. 132, del 22 ottobre 2020, ha approvato l’ “atto di indirizzo politico-amministrativo in ordine all’eventuale affidamento in house del servizio di igiene ambientale”; con deliberazione della Giunta Comunale n. 153, del 24 novembre 2020, ha approvato la relazione illustrativa delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti per la forma di affidamento prescelta (ex art. 34, comma 20, del d.l. 179/2012); con deliberazione del Consiglio Comunale n. 39, del 20 dicembre 2019, ha provveduto alla revisione straordinaria delle società partecipate; deliberazione del Consiglio Comunale di Coccaglio n. 40 dell’11 dicembre 2020, ha aderito alla società “Servizi Comunali S.p.A.”, con sede in Sarnico (BG), mediante sottoscrizione di azioni, approvato lo Statuto e affidato alla società medesima il servizio di igiene ambientale dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2030.
3. Tutti gli atti venivano impugnati dalla società APRICA s.p.a., unitamente, “per quanto occorrere possa”, della “delibera ANAC di iscrizione nell’elenco ex articolo 192 D.Lgs. n. 50/2016 dell’affidamento in house a Servizi Comunali S.p.A. e relativa domanda (n. 548 prot. n. 0020540 del 5 marzo 2018)”, nonché delle “eventuali domanda e conseguente delibera relative all’iscrizione del Comune di Coccaglio e alla variazione della relativa iscrizione all’Elenco ex articolo 192 D.lgs. n. 50/2016, a seguito dell’acquisizione della partecipazione da parte del Comune medesimo.
4. La ricorrente deduceva tre motivi di gravame, così compendiati.
4.1. Assenza del controllo analogo congiunto da parte del Comune di Coccaglio nei confronti di servizi comunali:
4.1.1. Violazione dell’art. 2, comma 1, lett. c) e d), del d. lgs. 175/2016 e dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. 50/2016; violazione degli artt. 5, 7, 8, 9 e 16 del d. lgs. 175/2016; violazione dell’art. 3 della l. 241/1990; eccesso di potere per erroneità ed assenza dei presupposti di diritto; carenza di istruttoria. erroneità e carenza di motivazione, violazione dell’art. 192 del d. lgs. 50/2016.
4.1.2. Censure.
a) Il controllo analogo congiunto, secondo l’Amministrazione comunale, sarebbe garantito dall’esistenza e dalla partecipazione della stessa al Comitato previsto dall’art. 9 dello Statuto, il cui funzionamento sarebbe disciplinato da un Regolamento che risulta allegato alla deliberazione di affidamento. Sennonché, detto Comitato non sarebbe un organo tipico del Libro V del codice civile, svolgerebbe una efficacia solo convenzionale sull’operatività della società, sarebbe in contrasto con la giurisprudenza comunitaria che ha da tempo ammesso che “il controllo analogo possa essere esercitato in forma congiunta (sentenza 13 novembre 2008 nella causa C-324/07 Coditel Brabant SA) solo attraverso appositi strumenti con cui i soci possono realizzare un’interferenza in maniera penetrante nella gestione della società”.
b) Difetterebbe l’esercizio “congiunto” dell’“influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata”, anche e soprattutto con riguardo al concreto svolgimento del servizio.
c) Il Comune di Coccaglio sarebbe titolare di una partecipazione infinitesimale, senza alcuna possibilità di interferire sulle modalità organizzative e gestionali del servizio decise dagli amministratori della società, né attraverso i poteri del Comitato né attraverso l’Organo amministrativo, nel quale non potrà avere un proprio rappresentante, e neppure attraverso i poteri dell’Assemblea, e non potrebbe incidere effettivamente neanche sulla nomina dell’organo amministrativo, in quanto la rosa dei candidati fra cui viene scelto detto organo viene votata a maggioranza numerica, senza alcun “correttivo” per la tutela delle minoranze.
d) Lo statuto di Servizi Comunali non prevedrebbe:
- in capo al Comitato, alcun potere realmente incisivo sulla gestione dei servizi e non contempla alcun rimedio né riconosce alcun potere di intervento al Comitato che non condivida gli atti assunti dal CdA; - in capo ai singoli soci, alcuna facoltà di impartire al Consiglio di Amministrazione, anche mediante i Comitati, direttive ed indirizzi relativamente alle decisioni sulla organizzazione e gestione del servizio affidato e che, in ogni caso, abbiano attinenza al proprio territorio di riferimento; - in capo ai singoli soci, alcuna facoltà di impedire con il proprio dissenso l’adozione dei predetti atti; - alcun quorum costitutivo o deliberativo rafforzato, ovverosia determinato in una percentuale del capitale sociale che sia sufficientemente elevata da permettere ai singoli piccoli azionisti di essere incisivi, almeno in forma associata ad un novero ragionevole di altri enti che ne condividano gli interessi; - alcuna modalità di esercizio del voto di nomina dell’organo amministrativo tale da garantire un’adeguata rappresentanza, anche a mezzo di candidati condivisi, a tutti i soci; ad esempio, mediante un meccanismo di voto di lista, simile a quello utilizzato nelle società quotate, o altra modalità, del tutto assenti.
e) Le esigue prerogative attribuite al Comitato dallo statuto di Servizi Comunali e la totale assenza di poteri riconosciuti ai soci (ed in particolare a quelli di minoranza) renderebbero, pertanto, inesistente il controllo analogo sulla società e sul proprio servizio da parte del Comune di Coccaglio.
Tutto ciò, in contrasto con quanto espressamente prescritto dall’art. 5, comma 5, lettera a), del D.Lgs. 50/2016.
4.2. Assenza dei presupposti per l’affidamento in house a servizi comunali.
4.2.1. Violazione ed errata applicazione dell’art. 34, comma 20, del d.l. 179/2012, convertito in l. 221/2012, dell’art. 192, comma 2, del d. lgs. 50/2016 nonché dell’art. 5 del d.lgs. 175/2016, eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione. carenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità manifesta e contraddittorietà.
4.2.2. Violazione ed errata applicazione dell’art. 34, comma 20, del d.l. 179/2012 convertito in l. 221/2012, nonché dell’art. 192, comma 2, del d. lgs. 50/2016, eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione. carenza dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità e contraddittorietà sotto altro profilo.
4.2.3. Censure.
a) l’affidamento in parola si fonderebbe su una istruttoria gravemente carente, in quanto non solo non sarebbero state vagliate con attenzione le condizioni del servizio ed economiche proposte dalla controinteressata, bensì non sarebbe stata neanche effettuata un’indagine di mercato né una comparazione con riferimenti realmente alternativi ed attuali, né sarebbe stato avviato un percorso istruttorio per dimostrato il “fallimento” del mercato; b) le condizioni economiche e gestionali proposte da Servizi Comunali sarebbero, in realtà, peggiorative rispetto a quelle finora praticate dal precedente gestore “La Bi.Co due” e, più in generale, a quelle che si potrebbero ottenere dal mercato, non solo sotto il profilo economico ma anche contrattuale; c) non sarebbe stata valutata la sostenibilità economica e finanziaria del modello in house, anche tenuto conto della necessità manifestata dal Comune di “prevedere: nuovi investimenti per l’utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale; la realizzazione di impianti innovativi finalizzati alla differenziazione spinta dei rifiuti riducendo le quantità destinate alla termovalorizzazione a favore del recupero delle materie prime seconde”.
4.3. Violazione dell’art. 5 del d. lgs. 175/2016 e dell’art. 3-bis
d.l. 138/2011, eccesso di potere per carenza di istruttoria e di
motivazione, carenza dei presupposti di fatto e di diritto.
4.3.1. l’Amministrazione, al fine di acquisire una partecipazione in una società pubblica, deve preventivamente valutare la convenienza economica e la sostenibilità finanziaria di tale scelta. Nel caso di specie, l’evoluzione e la sostenibilità economico-finanziarie del servizio risulterebbero assolutamente incerte in quanto gli investimenti, non risultano “puntualmente previsti e valutati né nel Disciplinare, né in un piano economico-finanziario, che mancherebbe totalmente.
4.4. Sotto il profilo qualitativo, l’offerta di Servizi Comunali presenterebbe profili di inadeguatezza rispetto alle condizioni che si possono ottenere mediante gara, in quanto:
- “non sono previsti obiettivi di miglioramento continuo del servizio con impegni vincolanti per il gestore, come avviene solitamente negli appalti”;
- “non è previsto che Servizi Comunali utilizzi mezzi ed attrezzature efficienti sotto il profilo ambientale: al riguardo, si evidenzia che la deliberazione n. 40/2020 valorizza la necessità di effettuare nuovi investimenti per l’utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale e di realizzare impianti innovativi finalizzati alla differenziazione spinta dei rifiuti: tuttavia, tali obiettivi non trovano alcun riscontro nel Disciplinare”;
- “non è previsto che Servizi Comunali rispetti i CAM del settore, che invece sarebbero obbligatori per gli operatori economici, inclusi gli in house provider, come “reso evidente dal disposto dell’art. 34 del D. Lgs. 50/2016”; a “ritenere diversamente, si prospetterebbe una disparità di trattamento del tutto ingiustificata fra affidamenti ad operatori privati e pubblici di mercato e invece operatori in house con un grave travisamento delle finalità ambientali e di sviluppo sostenibile di cui i CAM costituiscono indefettibile strumento, con conseguente grave dubbio di illegittimità costituzionale dell’art. 34 medesimo, in relazione al quale si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale, e di violazione del diritto euro-unitario”;
- non è prevista l’applicazione di clausole sociali a carico di Servizi Comunali: anche in questo caso, se si dovesse interpretare la normativa vigente nel senso di non ritenere gli in house provider tenuti al rispetto di tali clausole, si prospetterebbe una disparità di trattamento del tutto ingiustificata fra affidamenti ad operatori, con conseguente grave dubbio di illegittimità costituzionale dell’art. 50 D.Lgs. 50/16 (ove fosse limitabile la sua efficacia) e dell’art. 19 comma 2 D.Lgs. 175/16 (ove dovesse impedire l’applicazione dell’art. 50), in relazione ai quali si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale”.
4.5. L’offerta di Servizi Comunali sarebbe, pertanto, caratterizzata da una forte aleatorietà ed incertezza a danno dell’Amministrazione e tutte le asserite ragioni di convenienza, sia economica che sotto il profilo della flessibilità e del controllo dell’attività gestionale del servizio da parte del Comune, non troverebbero riscontro nella realtà.
5.Si costituivano in giudizio il Comune di Coccaglio, l’ANAC e la società Servizi Comunali S.p.A. chiedendo la reiezione del ricorso.
6. L’ANAC eccepiva, altresì, l’inammissibilità del ricorso proposto avverso la propria deliberazione di iscrizione del Comune di Coccaglio all’elenco di cui all’articolo 192 D.Lgs. n. 50/2016, stante la sua (asserita) natura non provvedimentale.
7. La controinteressata eccepiva altrettanta inammissibilità del ricorso, in relazione sia alla deliberazione di “mero indirizzo” della Giunta comunale di Coccaglio n. 132/2020, sia al terzo motivo di ricorso per ritenuta genericità.
8. Il T.a.r., con l’impugnata sentenza n. 280 del 23 marzo 2021, riteneva:
- infondata l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione della deliberazione giuntale n. 132/2020 e della deliberazione ANAC n. 884/2019, qualificando tali atti endoprocedimentali (o autonomi nel caso della delibera ANAC);
- infondata l’eccezione di inammissibilità per genericità del terzo motivo di ricorso, dichiarandolo comunque inammissibile per carenza di interesse;
- fondato il primo motivo, limitatamente alla ravvisata insussistenza del potere di influire in maniera determinante sugli obiettivi strategici della società in house, esclusa la fondatezza della doglianza riguardo alla nomina degli organi decisionali della società in house;
- fondato il secondo motivo, rilevando che il Comune avrebbe fallito l’onere motivazionale imposto ex art. 192, c. 2, d. lgs. n. 50/2016, non avendo dimostrato né il fallimento del mercato rilevante, né l’esistenza di benefici per la collettività derivanti dall’affidamento in house, sia per non essere stata svolta “una indagine di mercato sugli operatori condotta facendo riferimento a contesti paragonabili”, sia perché non sarebbero state dimostrate condizioni economiche migliori rispetto a quelle ritraibili dal mercato;
- infondata la domanda di declaratoria di inefficacia dell’atto di acquisto delle azioni, ex articolo 8, comma 2, D.Lgs. n. 175/2016, non essendo stata annullata la deliberazione consiliare n. 40/2020 nella parte in cui autorizza detto acquisto;
per l’effetto,
-annullava la deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Coccaglio n. 40/2020, nella sola parte in cui dispone l’affidamento alla società Servizi Comunali S.p.A. del servizio di gestione ambientale, e gli atti presupposti in epigrafe indicati;
-dichiarava l’inefficacia della convenzione sottoscritta dal Comune di Coccaglio con la società Servizi Comunali S.p.A. in esecuzione degli atti annullati.
9. Appella la società Servizi Comunali, che articola 3 autonomi, complessi mezzi con cui contesta tutti i capi sfavorevoli della sentenza.
9.1. Come seguono i motivi di doglianza.
a). Erroneità della sentenza impugnata quanto alla reiezione dell’eccezione di irricevibilità ed inammissibilità del ricorso avverso la deliberazione della Giunta comunale n. 132/2020 e la deliberazione ANAC n. 884 del 25 settembre 2019. Error in judicando e contraddittorietà.
aa) Erroneamente il Tar non ha accolto l’eccezione di inammissibilità e irricevibilità: quanto alla deliberazione della Giunta n. 132/2020, l’impugnazione sarebbe tardiva e, comunque, inammissibile per carenza di interesse ad agire nei confronti di entrambi gli atti indicati in rubrica: delle due l’una: o si tratta di atto lesivo e allora essa doveva essere gravata nel termine ex art. 120 c.p.a. con conseguente irricevibilità del ricorso, oppure si tratta di atto ex se privo di lesività ed allora il ricorso è, in parte qua, inammissibile per carenza di interesse; quanto alla delibera ANAC, n. 884 del 25 settembre 2019, si tratterebbe di atto del tutto avulso dall’affidamento impugnato, posto che, al momento dell’adozione di tale atto, il Comune di Coccaglio non era nemmeno socio di Servizi Comunali.
b) Error in procedendo ed error in iudicando quanto all’accoglimento del primo motivo di ricorso avversario (“Assenza del controllo analogo congiunto da parte del Comune di Coccaglio nei confronti di Servizi Comunali.
bb) Erroneamente il TAR Brescia ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso sul presupposto che il Comune non avrebbe il potere “di influire in maniera determinante sugli obiettivi strategici della società partecipata”, con ciò incorrendo nel mal governo delle norme indicate in rubrica e dei principi enucleati dalla giurisprudenza amministrativa e comunitaria.
c) Error in procedendo ed error in iudicando quanto all’accoglimento del secondo motivo di ricorso avversario (assenza dei presupposti per l’affidamento in house a Servizi Comunali).
cc) Erroneamente il Tar ha ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso, sul presupposto che il Comune avrebbe fallito l’onere motivazionale imposto ex art. 192, c. 2, d.lgs. n. 50/2016, per non aver dimostrato né il “fallimento del mercato”, né l’esistenza di benefici per la collettività derivanti dall’affidamento in house. Il giudice di primo grado non avrebbe fatto buon governo dei principi inerenti l’assolvimento dell’onere motivazionale ex art. 192, c. 2, d.lgs. n. 50/2016, sia perché, incorrendo “in palesi errori di fatto e vizi logici” avrebbe trascurato l’approfondita disamina comparativa sulla congruità economica ed economicità dell’offerta di Servizi Comunali esposta in dettaglio nella relazione, eccedendo i limiti propri del sindacato giurisdizionale sulle decisioni discrezionali della p.a., quale è la scelta del modulo organizzativo dei servizi pubblici.
10. Si sono costituiti ANAC, Aprica s.p.a., Comune di Coccaglio.
11. La controinteressata Aprica s.p.a. (ricorrente in primo grado) ripropone le domande non esaminate dal giudice in primo grado ai sensi dell’art. 101, comma 2, cpa., segnatamente quelle inerenti la “mancata previsione dei CAM”, la “mancata previsione della clausola sociale” e relative questioni di costituzionalità ed eurounitarie.
12. Le parti hanno depositato memorie difensive, conclusive e di replica.
13. All’udienza del 23 settembre 2021, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
14. Il contenzioso verte sull’affidamento “in house” alla società Servizi Comunali S.p.A. del servizio di gestione ambientale del Comune di Coccogno.
15. Il Tar ha ritenuto illegittimo l’affidamento (rectius, la scelta del sistema “in house”) perché risulterebbe impedito all’Ente locale di avere rappresentanti nel C.d.A. della società, di incidere in maniera penetrante sull’attività dello stesso C.d.A., di incidere, sia in senso positivo che attraverso poteri inibitori, sulla gestione e organizzazione del proprio servizio; nonché, perché il Comune non avrebbe dimostrato né il fallimento del ricorso al mercato rilevante, né l’esistenza di benefici per la collettività derivanti dalla scelta effettuata.
16. L’appello, proposto dalla Servizi Comunale s.p.a. (affidataria “in house”), è fondato.
17. La fondatezza consente di prescindere dalle eccezioni di inammissibilità e irricevibilità proposte nel ricorso di primo grado, riprese in appello sub primo motivo di gravame (sopra punto 9.1.aa).
18. Il Collegio ritiene che, nei limiti in cui è consentito il sindacato esogeno sulla discrezionalità tecnica esercitata dall’Amministrazione. con gli avversati atti (segnatamente, la deliberazione n. 40/2020 e la Relazione) sia stata sufficientemente motivata, alla stregua della ampia istruttoria e motivazione posta a corredo della scelta di ricorrere all’in house ed alle soluzioni societarie per garantire il controllo analogo, la scelta di fare ricorso a tale forma di gestione avuto riguardo alla congruità dell’offerta ricevuta, sostenibilità finanziaria, convenienza economica, qualità ed efficienza del servizio nonché delle ragioni del mancato ricorso al mercato e dei benefici alla collettività.
19. Il Tar ha ritenuto fondata la censura relativa alla insussistenza del potere del Comune di influire in maniera determinante sugli obiettivi strategici della società partecipata.
19.1. Il giudice di primo grado, dopo avere ricordato che il “controllo analogo consiste «in una forma di eterodirezione della società, tale per cui i poteri di governance non appartengono agli organi amministrativi, ma al socio pubblico controllante che si impone a questi ultimi con le proprie decisioni» (così C.d.S., Sez. V, sentenza n. 6460/2020)”, muovendo dall’esame dell’articolo 9, comma 4, dello Statuto della società Servizi Comunali S.p.A., ha ravvisato “sia l’assenza nel caso in esame di un potere del Comitato Unitario per il controllo analogo di vincolare l’organo amministrativo alle proprie decisioni inerenti le scelte strategiche principali, sia l’assenza di un potere del singolo Comune affidante di opporsi alle decisioni del Consiglio d’Amministrazione che abbiano immediate ricadute sul proprio territorio”.
19.2. L’appellante ha censurato la sentenza sotto un primo ordine di profili censori sopra indicati al punto 9.1.bb. (Assenza dei presupposti per l’affidamento “in house” a Servizi Comunali).
19.3. La Sezione ritiene che il Tar non abbia fatto buon governo delle fonti amministrative che regolano e disciplinano il controllo analogo sull’attività dii “Servizi Comunali s.p.a.”.
19.4. Giova premettere che, il controllo analogo consiste in una “influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata” (art. 2 (Definizioni), comma 1, lett. c) d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica).
L’affidamento diretto ad una società in house è consentito, in particolare, a condizione che la società non sia terza rispetto all’ente affidante ma una sua articolazione. Tra socio pubblico controllante e società v’è, infatti, una relazione interorganica e non intersoggettiva. E’ necessario che tale relazione intercorra tra soci affidanti e società, non anche tra la società e altri suoi soci (non affidanti o non ancora affidanti), rispetto ai quali la società sarebbe effettivamente terza (Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza 6 febbraio 2020 cause C-89/19 e C-91/19).
La Corte di Giustizia (sin da Corte di Giustizia delle Comunità europee 18 novembre 1999 nella causa C-107/98 Teckal) ammette che, in caso di società partecipata da più enti pubblici, il controllo analogo possa essere esercitato in forma congiunta (sentenza 13 novembre 2008 nella causa C-324/07 Coditel Brabant SA) e che, inadeguati a tal fine i poteri a disposizione dei soci secondo il diritto comune, sia necessario dotare i soci di appositi strumenti che ne consentano l’interferenza in maniera penetrante nella gestione della società.
Sennonché, l’art. 11, comma 9, lett. d) d.lgs. n. 175 del 2016 ha introdotto il divieto per gli statuti delle società a controllo pubblico di “istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società”. Ciò potrebbe lasciar supporre che sia precluso ai soci pubblici di istituire organi speciali per esercitare il controllo congiunto sulla società in house.
Alla questione ha dato risposta questo Consiglio che, con le sentenze sentenza 30 aprile 2018, n. 2599 e 16 luglio 2020, n. 8028., ha escluso che vi sia divieto di istituire organi speciali; in sintesi, e rinviando alle ampie motivazioni sottese alle citate decisioni, queste le ragioni: (i) il divieto è previsto in relazione alle “società a controllo pubblico” disciplinate appunto dall’art. 11, e non è ripetuto nell’art. 16 dedicato proprio alle società in house, la cui disciplina appare, pertanto, speciale e derogatoria; (ii) rispetto alle società a controllo pubblico, per le quali, l’art. 2, comma 1, lett. m) d.lgs. n. 175 del 2016 richiede che il controllo si esplichi nelle forme dell’art. 2359 cod. civ., le società in house sono sottoposte a quella forma particolare di controllo pubblico che è costituita dal controllo analogo (come chiaramente precisato dall’art. 2, comma 1, lett. o) d.lgs. n. 175 del 2016).
19.5. Nel caso di specie, il controllo analogo è, appunto, affidato ad un Comitato Unitario, la cui previsione è legittima per quanto sopra argomentato.
19.6. Vengono, pertanto, all’evidenza l’art. 9 dello Statuo di “Servizi Comunali s.p.a.” nonché il “Regolamento di funzionamento del Comitato Unitario per l’esercizio del controllo analogo”, approvato dal Comitato Unitario per il Controllo Analogo nella sua seduta del 6 dicembre 2017.
19.7. Nell’ordine dei presupposti inveranti, nella fattispecie, il legittimo esercizio dei poteri di controllo, rilevano i seguenti elementi fattuali e sintomatici:
- i Comuni affidanti devono essere in grado di esercitare un controllo analogo a quello sui propri servizi, in ragione delle prerogative loro riconosciute dallo statuto, sia con riguardo al potere interdittivo sull’assemblea dei soci, sia in relazione all’obbligo di anteporre alle decisioni più importanti la richiesta di un parere conforme, espresso da un comitato formato dagli stessi Comuni soci affidanti (art. 1, comma 1, Regolamento);
- il "controllo analogo", inteso nei sensi della "dottrina Teckal", richiede che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e si eserciti deliberando a maggioranza da parte dei singoli enti pubblici affidanti (art. 1, comma 2, regolamento);
- l’esistenza di strumenti giuridici (di diritto pubblico o di diritto privato) idonei a garantire che ciascun ente, insieme a tutti gli altri azionisti affidanti della società in house, sia effettivamente in grado di controllare ed orientare l’attività della società controllata (art. 1, comma 3, regolamento);
- il Comitato è formato da un rappresentante per ogni socio direttamente o indirettamente affidante (art. 3, comma 1, Regolamento);
- ogni membro del Comitato dispone di uguale diritto di voto, indipendentemente dalla quota di capitale rappresentata (art. 4, comma2, regolamento);
- il Comitato svolge le funzioni che gli sono attribuite dall’art.9, commi 4a, 4b,4c dello Statuto;
inoltre, il Comitato (art. 5, Regolamento):
- propone all’Assemblea la composizione numerica dell’organo amministrativo;
- propone all’Assemblea, nel rispetto delle norme sulla inconferibilità e sulle incompatibilità, una rosa di candidati a formare l’organo amministrativo stesso, fino a due in caso di Amministratore Unico; fino a sei in caso di C.d.A. composto da tre Consiglieri; fino a dieci in caso di C.d.A. composto da cinque Consiglieri;
- esprime parere sulla proposta che il Collegio Sindacale, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgsl. 39/2010, presenta all’Assemblea per il conferimento dell’incarico di revisione legale;
- propone all’Assemblea, nel rispetto delle norme su ineleggibilità e incompatibilità, una rosa di candidati alla nomina dei componenti del Collegio Sindacale;
- approva preliminarmente i regolamenti da adottarsi da parte dell’organo Amministrativo;
- a ciascun membro sono riconosciuti poteri inibitori, volti a disinnescare iniziative o decisioni contrastanti con gli interessi dell’ente locale direttamente interessato al servizio, nonché, la possibilità di recedere dal contratto di affidamento in house per l’ipotesi in cui vengano assunte dal Comitato stesso decisioni incidenti sul servizio svolto in favore del singolo socio e sulle quali questi abbia manifestato al Comitato il proprio dissenso motivato da reiterati disservizi segnalati alla Società senza adeguata risposta.
20. Il Collegio ritiene tali organi validi strumenti di esercizio del controllo analogo congiunto sulla società in house da parte dei soci pubblici.
20.1. E invero:
-le disposizioni statutarie e regolamentari sulla composizione, il funzionamento e i poteri degli organi societari, ed in particolare del Comitato unitario per il controllo analogo, del Comitato tecnico di controllo e dell’Assemblea sociale, consentono l’effettivo esercizio del controllo analogo congiunto ai Comuni affidanti;
-il Regolamento, già approvato dagli organi societari, ne completa la disciplina;
- i poteri deliberativi dell’assemblea dei soci sono fortemente limitati dalle prerogative del Comitato, mediante i quali è esercitato il controllo analogo;
- risulta coerente con tale assetto la scelta di tener fermo l’ordinario principio della deliberazione a maggioranza azionaria in sede assembleare;
- la previsione che attribuisce al Comitato, cui partecipano tutti i Comuni affidanti con proprio rappresentate, di proporre (id est, designare) i membri dell’assemblea, del consiglio di amministrazione, del collegio sindacale nonché l’amministratore unico (oltre che il revisore contabile) dà piena attuazione alla prescrizione di cui all’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, che pone quale prima condizione per l’esercizio del controllo analogo congiunto, la presenza di rappresentanti delle amministrazioni aggiudicatrici all’interno degli organi decisionali della società.
- i poteri inibitori (id est, di veto) e la possibilità di recedere dal contratto di affidamento in house, per il caso in cui venissero assunte iniziative o decisioni contrastanti con gli interessi dell’ente locale direttamente interessato al servizio, consentono, di fatto, al Comitato di deliberare in senso contrario all’atto del Consiglio di amministrazione e di attivare, eventualmente, le regole di responsabilità degli amministratori (art. 14-bis dello Statuto);
- la previsione di un Comitato tecnico, individuato dal Comitato per il controllo analogo, cui delegare alcune delle funzioni spettanti al Comitato, completa in maniera adeguata il novero dei poteri di ingerenza riconosciuti al socio pubblico.
Le prefate considerazioni non possono essere superate dalla circostanza che la partecipazione azionaria del Comune sarebbe minimale.
La Sezione non ignora che Consiglio di Stato ha sottolineato come una partecipazione “pulviscolare” sia in principio inidonea a consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di incidere effettivamente sulle decisioni strategiche della società, cioè di realizzare una reale interferenza sul conseguimento del c.d. fine pubblico di impresa in presenza di interessi potenzialmente contrastanti.
Tuttavia, lo stesso Consiglio ha. al contempo, chiarito che i soci pubblici ben possono sopperire a detta debolezza stipulando patti parasociali al fine di realizzare un coordinamento tra loro, in modo da assicurare il “loro controllo sulle decisioni più rilevanti riguardanti la vita e l’attività della società partecipata” (cfr Cons. St., sez. V, 23 gennaio 2019, n. 578).
Nel caso di specie la possibilità di esercizio, in modo coordinato e concordato del controllo analogo congiunto sulla società deriva dalla disciplina applicativa del controllo analogo che intercorre tra gli enti partecipanti e che rinviene dal “Regolamento di funzionamento del controllo analogo”.
Per cui, in difetto di una prova contraria, la mera prospettazione del carattere “pulviscolare” della partecipazione non è in grado di incidere sulla tenuta e validità del modello in house concretamente adoperato.
22. Va, pertanto, accolto, il secondo motivo di appello (sopra, punto 9.1.b/bb).
23. Il Tar ha ritenuto fondato anche il secondo motivo, rilevando che il Comune avrebbe fallito l’onere motivazionale imposto ex art. 192, c. 2, d. lgs. n. 50/2016, non avendo dimostrato né il fallimento del mercato rilevante, né l’esistenza di benefici per la collettività derivanti dall’affidamento in house, sia per non essere stata svolta “una indagine di mercato sugli operatori condotta facendo riferimento a contesti paragonabili”, sia perché non sarebbero state dimostrate condizioni economiche migliori rispetto a quelle ritraibili dal mercato.
24. L’appellante censura la decisione articolando i motivi di cui al punto 9.1.c/cc.
24.1. In primo luogo, il Collegio deve rilevare che le censure articolate dalla società Aprica s.p.a. nel ricorso introduttivo del giudizio, supportate da una relazione di parte, in realtà e per una parte (laddove contestano l’esercizio della funzione sotto il profilo sintomatico dell’eccesso di potere), oltre a palesarsi generiche, si sostanziano in una indebita sovrapposizione della propria, soggettiva valutazione a quella di merito svolta dal Comune (di ciò verrà dato più avanti conto).
Di contro, il Comune ha sottoposto la divisata scelta a una approfondita istruttoria e congruente motivazione che, nei limiti del sindacato (esogeno alla funzione) consentito al giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnica, s’appalesa immune dai rubricati vizi.
24.2. L’art. 192, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 prescrive che: “Ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuato preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
A sua volta l’art. 34, comma 20, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 conv. in l. 17 dicembre 2012, n. 221 prevede che: “Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste”.
24.3. La Corte di Giustizia, nella sentenza 6 febbraio 2020 cause C-89/19 e C-91/19, precisato che la direttiva 2014/14 riconosce il principio della libera organizzazione della prestazione dei servizi, per il quale le autorità nazionali possono decidere liberamente quale sia il modo migliore per gestire la prestazione dei servizi al fine di garantire un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, così come la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici (par. 36 che richiama la sentenza 3 ottobre 2019 causa C-285/18 Irgita), aggiunge che tale libertà non è, però, illimitata, in quanto va esercitata nel rispetto delle regole fondamentali del TFUE - Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e, in particolare, della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (oltre che dei principi che ne derivano come la parità di trattamento, il divieto di discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, par. 37).
La conclusione cui giunge la Corte è, dunque, che gli Stati membri sono autorizzati a subordinare la conclusione di una “operazione interna” per la prestazione di un servizio (tra cui, appunto, l’affidamento in house) “… in ogni caso, alla dimostrazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività specificatamente connessi al ricorso all’operazione interna”.
24.4. I vantaggi dell’operazione interna e la congruità economica dell’offerta di Servizi Comunali risultano, in atti, avvalorati:
- da una attività di “confronto puntuale” sull’incremento del costo del lavoro;
- dal confronto comparativo tra il costo complessivo offerto da Servizi Comunali e quello del gestore uscente;
- dalla verifica circa il costo unitario, riscontrato più conveniente di quello registrato nei plurimi “benchmark” presi a riferimento (la relazione descrive e comprova, sul piano statistico, che il ricorso al mercato imporrebbe un incremento rispetto ai corrispettivi attualmente in corso);
- “benchmark” che possono ragionevolmente ritenersi attendibili in ragione dei riferimenti operati e della comparazione effettuata con altri Enti con caratteristiche di omogeneità territoriale e geografica;
- dai plurimi “benchmark” presi a riferimento, che danno conto di una indagine di mercato rivolta a comparare la proposta della società in house con (appunto) un benchmark di riferimento, risultante dalle condizioni praticate da altre società in house operanti nel territorio limitrofo (Cons. Stato, sez. III, 3 marzo 2020, n. 1564);
-dalla relazione ex art. 34, da cui si evince che il costo medio per abitante è in linea con quello praticato nelle altre realtà territoriali da Servizi Comunali;
- dalla evidenziazione dei vantaggi economici derivanti dalla possibilità di adattare in ogni momento le condizioni di erogazione del servizio alle mutate esigenze del Comune (id est, attivazione di nuove forme di raccolta puntuale dei rifiuti o nuovi servizi di igiene ambientale senza la necessità di una nuova procedura concorsuale, possibilità di attivare tutti i servizi complementari al servizio principale che la società offre gratuitamente o con costi predefiniti; eliminazione dei costi, diretti ed indiretti);
- dalla previsione di elementi innovativi indicati nel corpo della Relazione, quali: attività di consulenza tecnica; servizi informatici; organizzazione di eventi formativi; attività di studio e progettazione della tariffa puntuale; attività di ricerca di mercato per la cessione dei rifiuti recuperabili; tutti rilevanti sotto il profilo della dimostrata convenienza economico-qualitativa del servizio affidato “in house”;
24.5. Dalla Relazione ex art. 34, D.L. 179/2012, si evincono, dunque, le ragioni della scelta dell’”in house”, che il Comune ha basato su un fattore non soltanto quantitativo (prezzo inferiore) bensì anche, e nello specifico, qualitativo (di economicità e di vantaggi per la collettività), in linea con quanto previsto dagli artt. 5 e 34, comma 20, D.Lgs n. 175 del 2016 (T.U. delle società pubbliche) nonché dall’art.192, co.2, D.lgs n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici).
25. Risulta per questa via dimostrata la convenienza economica dell’affidamento in house del servizio.
26. Va soggiunto, al riguardo, che la relazione prodotta in primo grado dalla odierna controinteressata s’appalesa vieppiù inammissibile laddove tende di sostituire proprie metodologie di calcolo a quelle seguite dall’amministrazione, per dimostrare la convenienza economica dell’operazione e i vantaggi per la collettività; laddove il metodo utilizzato dal Comune appare, invece, non irragionevole né affetto da travisamento dei fatti (in buona sostanza, mentre il Comune ha utilizzato plurimi “benchmark” presi a riferimento, la controinteressata indica come modello alternativo il costo del servizio per come precedentemente gestito dalla stessa).
27. E’, altresì, destituita di giuridico fondamento la censura di Aprica (dedotta nel ricorso di primo grado) relativa alla mancata adozione del piano economico-finanziario asseverato, di cui all’art. 3-bis, comma 1- bis, d.l. 13 agosto 2011, n. 138.
27.1. Questo Consiglio ha già avuto modo di chiarire che la sua adozione è imposta ai soli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali per lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete. Essa, pertanto, non è condizioni per l’affidamento in house del servizio che un Comune debba rispettare e dal cui mancato rispetto possa derivare l’illegittimità dell’affidamento diretto (cfr Cons.St., sez. V, sent. n. 6469/2020).
28. L’odierna controinteressata Aprica ha, poi riproposto, con memoria di costituzione, le censure relative alla “mancata previsione dei CAM” e della clausola sociale”, ravvisando in ciò profili di illegittimità derivata dalla incostituzionalità dell’art. 34, D.Lgs n. 50/2016 e di contrasto con i principi eurounitari, a cagione della asseirta disparità di trattamento tra operatori del mercato che ne rinverrebbe dalla sua applicazione all’ “in house”.
28.1. Le censure sono manifestamente infondate, da qui, l’assenza di profili di non manifesta infondatezza per la sottoposizione al vaglio di costituzionalità dell’art. 34, D. Lgs n. 50 del 2016.
28.2. Il Collegio osserva che i criteri ambientali minimi (CAM) afferiscono a livelli di regolazione minimi che, tuttavia, non rispondono a un principio di diritto comunitario, il quale, come è noto, vincola gli Stati membri all’attuazione delle direttive, lasciandoli liberi di scegliere la forma e i mezzi ritenuti più opportuni per raggiungere i risultati prefissati.
L’obbligo dei CAM intende, infatti, garantire che la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili.
L’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi risponde, dunque, alla valorizzazione della qualità ambientale e al rispetto dei criteri sociali nonché alla all’esigenza della Pubblica amministrazione di razionalizzare i propri consumi, riducendone ove possibile la spesa, ciò tenendo conto delle indicazioni della Commissione Europea.
Nel nostro ordinamento, i CAM sono stati introdotti con l’art. 18 della Legge 28 dicembre 2015 n. 221 e, successivamente, con l’art. 34, D.Lgs n. 50 del 2016, recante “Criteri di sostenibilità energetica e ambientale”.
Le suddette norme – espressione della libertà dell’ordinamento nazionale di scegliere la forma e i mezzi ritenuti più opportuni per raggiungere i risultati prefissati - hanno stabilito che le stazioni appaltanti. nell’acquisto di beni, lavori e servizi rientranti nelle categorie individuate dal PAN GPP, sono obbligate ad inserire nei bandi - a prescindere dal valore dell’importo - le specifiche tecniche e le clausole contrattuali individuate dai CAM.
Sotto questo profilo, il Collegio non ravvede profili di manifesta irragionevolezza della norma contenuta nell’art. 34 del D.Lgs n. 50/2016, laddove essa prevede l’obbligo di inserire i CAM (soltanto) nelle procedure di evidenza pubblica, ciò in quanto dette clausole contrattuali rappresentano un costo per l’operatore di mercato che, al momento della progettazione di una procedura ad evidenza pubblica, è giusto venga debitamente considerato dalla stazione appaltante nella determinazione dell’importo a base di gara (v. Cons. St., sentenza n. 8088 del 27 novembre 2019).
Situazione, questa, ontologicamente non comprabile con l’affidamento in house, la cui procedura sconta il diverso e peculiare criterio applicativo contenuto nell’art. 192, comma 2, del Codice dei contratti, sotto il profilo specifico e caratterizzante della “motivazione rafforzata” – non richiesta nell’ipotesi di scelta al mercato concorrenziale - e sulla cui legittimità si è già pronunciata la Corte costituzionale con sentenza n. 100 del 2020 riscontrandola conforme allo Statuto
29. La norma in esame neppure viola il diritto eurounitario.
29.1. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha ribadito che dal principio di libera autorganizzazione delle autorità pubbliche (di cui al quinto considerando della direttiva 2014/24/UE e all’art. 2, paragrafo 1, della direttiva 2014/23 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione) discende la «libertà degli Stati membri di scegliere il modo di prestazione di servizi mediante il quale le amministrazioni aggiudicatrici provvederanno alle proprie esigenze» e, conseguentemente, quel principio «li autorizza a subordinare la conclusione di un’operazione interna all’impossibilità di indire una gara d’appalto e, in ogni caso, alla dimostrazione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all’operazione interna» (Corte di giustizia, nona sezione, ordinanza 6 febbraio 2020, in cause da C-89/19 a C-91/19, Rieco spa, resa su rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato, sezione quinta, con ordinanze 7 gennaio 2019, n. 138 e 14 gennaio 2019, n. 293 e n. 296; nello stesso senso, Corte di giustizia, quarta sezione, sentenza 3 ottobre 2019, in causa C-285/18, Irgita); con ciò, mostrando di valorizzare soprattutto l’aspetto connesso ai “vantaggi per la collettività” nel fare ricorso all’affidamento in house, mercè l’evidenziazione delle ragioni e finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato (v. anche Corte cost. n. 100/2020).
29.2. Nello stesso senso, anche C.G.U.E., con la decisione 6 febbraio 2020 Direttiva 2014/24/UE, ha chiarito che la libertà di autorganizzazione salvaguardata dalla Direttiva 2014/24/UE non osta ad una normativa interna che subordini l’affidamento in house alla “dimostrazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all’operazione interna”.
29.3. Ad ogni modo e comunque, va annotato che, dalla documentazione versata in atti, è possibile evincere come il Comune – ai fini della qualità del servizio (riconducibile al più ampio criterio ambientale – abbia tenuto conto: (i) della adattabilità del servizio, anche in corso d’opera, alle esigenze del territorio con costi verificabili e sotto controllo; (ii) della “massima trasparenza nell’attività di smaltimento dei rifiuti soggetti a puntuale evidenza di costi e ricavi della cessione delle frazioni commercializzabili”; (iii) delle attività innovative assicurate da Servizi Comunali, tra cui la “consulenza tecnica ed amministrativa in materia ambientale, la fornitura di servizi online, la disponibilità di un sito internet dedicato interattivo, la messa a disposizione di un sistema informativo per il cittadino tramite “App”, l’accesso on-line al controllo satellitare degli automezzi, l’organizzazione di eventi di informazione e sensibilizzazione ambientale nelle scuole, lo studio e la progettazione della tariffa puntuale, la ricerca di mercato per la più conveniente cessione dei rifiuti recuperabili, la redazione di calendario annuale delle raccolte domiciliari, la completa gestione amministrativa delle pratiche ambientali, la possibilità di attivare servizi complementari a prezzi prestabiliti”.
La questione pregiudiziale difetta, altresì, di interesse poiché l’obbligo dei CAM e clausole sociali d’impone, a tutto concedere, ai soci pubblici delle società controllate al fine di fissare i relativi obiettivi specifici e controllarne il raggiungimento, anche nell’ottica dell’osservanza degli oneri contrattuali.
29.4. Nessun profilo lesivo della concorrenza, pertanto, si coglie nella fattispecie, tenuto conto della scelta operata dal Legislatore nazionale con l’art. 34 citato.
30. Dalle argomentazioni sin qui esposte ne discende la fondatezza dell’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il rigetto del ricorso di primo grado.
31. La complessità della causa è giusto motivo per disporre la compensazione delle spese relative al doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie; per l’effetto, in riforma della sentenza 23 marzo 2021, n. 280, resa dal TAR Lombardia, Brescia, respinge il ricorso proposto da APRICA s.p.a., n.r.g. 36/2021.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2021 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli, Presidente
Daniela Di Carlo, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Consigliere