La cessazione del rifiuto (eow) e le autorizzazioni ordinarie e semplificate. Ultime novita’ e orientamenti.

di Alberto PIEROBON

 

Recentemente l’Ordine Nazionale dei Chimici ha prodotto alla Commissione Europea una denuncia-ricorso, datata 28 ottobre 2014, “riguardante inadempimenti del diritto dell’Unione Europea” concernente la conversione del decreto legge 24 giugno 2014, n.91, nella Legge 11 agosto 2014, n.116 per aver inserito in sede di conversione (all’art. 13, comma 5, lett. b-bis del cit. decreto legge) alcune previsioni in tema di gestione, classificazione e attribuzione delle caratteristiche di pericolo ai rifiuti, poiché il prefato Ordine ha ritenuto che queste disposizioni siano contrastanti con la direttiva 2008/98/CE.

Nella denuncia-ricorso viene altresì segnalata, tra altro, anche la censura sulla novellata procedura semplificata in materia di End of Waste, d’ora in poi EoW 1(e sulla prassi applicativa di tali norme) in quanto, secondo la lettura fattane, essa sarebbe in violazione degli artt. 4 e 6 della cit. direttiva 2208/98/CE.

Infatti, l’art. 13, comma 4 del decreto legge n. 91/2014 ha introdotto (in sede di conversione in Legge n. 116/2014) all’art. 216 i nuovi commi: 8 quater, 8 quinquies, 8 sexies.

Queste ultime disposizioni “prevedono l’applicazione di procedure semplificate per il trattamento dei rifiuti che, a valle del trattamento stesso, cessano di essere tali (cd. End of Waste), qualora gli operatori rispettino le prescrizioni oggettive e soggettive previste dai regolamenti attuativi dell’art. 6, par.2 della direttiva 2008/98/CE (…); inoltre, le stesse norme impongono sui soggetti che già svolgono attività di recupero finalizzato ad ottenere un cd. End of Waste sulla base della normativa nazionale di adeguare entro un termine di sei mesi la propria attività alle prescrizioni imposte dai citati regolamenti attuativi”2.

Ma quel che è (per noi) più interessante è che, nel documento in parola, viene evidenziato come “A seguito dell’entrata in vigore di queste norme, si sta diffondendo una prassi applicativa ad esse relativa, in particolare concernente il comma 8-sexies dell’art. 216, tale per cui non potrebbero essere rilasciate nuove autorizzazioni per compiere attività di recupero finalizzate ad ottenere un cd. End of Waste per quelle categorie di rifiuti non espressamente contemplate né dai regolamenti UE già emanati in forza dell’art. 6 par.2, né dai Decreti Ministeriali adottati dall’Italia per individuare quando specifiche categorie di rifiuti cessino di essere tali (e segnatamente il D.M. 5.2.1998; il D.M. 161 del 12.6.2002 ed il D.M. 269 del 17.11.2005)”3.

“In altri termini, secondo la predetta prassi, non potrebbero essere rilasciate nuove autorizzazioni per attività di recupero finalizzate alla cessazione della qualifica di rifiuto per categorie di rifiuti non espressamente contemplate dai predetti regolamenti UE e norme nazionali”4.

A tal riguardo, sempre nella denuncia dell’Ordine viene indicata (e allegata), una nota direttoriale del Dipartimento Ambiente della Regione Veneto, prot. 409604/C101 in data 1 ottobre 20145, avente per oggetto “D.L. 24.06.2014, n.91 convertito con Legge 11.08.2014, n.116. Richiesta parere in merito all’applicazione dell’art. 184-ter del d.lgs. n.152/2006 e s.m.i.”6 segnalando come “anche altre amministrazioni nazionali stiano adottando posizioni analoghe”.

Tant’è che “L’applicazione delle norme nazionali nel senso sopra indicato, si pone, a nostro avviso, in contrasto con l’art.6 par.4 della direttiva 2008/98/CE a norma del quale “gli Stati membri possono decidere, caso per caso, se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale tenendo conto della giurisprudenza applicabile”. Sul punto, nelle proprie Guidance on the interpretation of the key provision of Directive 2008/98/EC, la Commissione ha chiarito che le decisioni degli Stati membri possono riguardare categorie di materiali o essere decisioni adottate caso per caso (“single-case decisions”) (pp. 24 e 25 delle Guidance)”7.

“Al contrario, la prassi applicativa qui in esame esclude la possibilità di adottare “single case decisionis” poiché con l’entrata in vigore di questa prassi la cessazione della qualifica di rifiuto è possibile solo per le categorie di rifiuti espressamente contemplate dai regolamenti UE oppure da specifici atti normativi nazionali”8.

Ora, la succitata nota regionale, muove dalla “opportunità di fornire alcuni chiarimenti” sulla nuova normativa “In modo da garantire un’univoca interpretazione a livello territoriale”.

In effetti “sembrerebbe ragionevole considerare il comma 8-sexies alla stregua di norma transitoria che dispone l’obbligo di adeguamento degli impianti esistenti, che effettuano operazioni di recupero di rifiuti”.

In particolare per quanto riguarda l’art. 9-bis del decreto legge n. 172, convertito dalla Legge n.210/20089, citato anche dall’art. 184-ter del d.lgs. n. 152/2006, “va detto che lo stesso, in relazione alle caratteristiche dei materiali sostanze e prodotti – nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale sui metodi di recupero dei rifiuti per ottenere materie, sostanze e prodotti secondari, previsto dall’art. 181-bis del d.lgs. n. 152/2006, articolo ad oggi abrogato – considera le metodiche ed i criteri di recupero dei rifiuti,conformi alle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 201 del d.lgs. n.152/2006 e s.m.i.”10.

Ragion per la quale la Regione Veneto ritiene (a nostro avviso giustamente) che siano fatte salve “le attività esistenti alla data di entrata in vigore della L. n.116/2014 sulla base di autorizzazioni rilasciate (anche nell’ambito di una autorizzazione integrata ambientale) – ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. n.152/2006 ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto per alcune tipologie di rifiuti, tenuto conto del fatto che, proprio in tal senso sembra deporre la lettera a) del comma 1 del medesimo art. 9-bis”.

Rimarrebbe però “preclusa, allo stato, la possibilità di rilasciare nuove autorizzazioni che non siano espressamente riconducibili ai Regolamenti comunitari, già emanati, al D.M. 05.02.1998, al D.M. 161 del 12.06.2002 ed al D.M. n.269 del 17.11.2005. Quanto detto soprattutto a causa della non puntuale attuazione dell’art.184-ter del D.Lgs. n. 152/2006 che, ad oggi, risulta carente di quei ‘criteri specifici’ da emanarsi con decreto ministeriale ai sensi e per gli effetti del comma 1 della medesima disposizione di legge”.

Con il predetto indirizzo la Regione si è quindi manifestata, chiedendo al Ministero (al Direttore Generale M.Pernice) “ove lo ritenga, di manifestare con cortese sollecitudine” il suo “eventuale diverso avviso”.

Proviamo, ora, a rendere meglio comprensibile (anche ai profani) quanto dianzi riportato nel labirinto (storico-sistematico) delle disposizioni intervenute sulla materia de qua.

Così, in seguito a recenti modifiche (di agosto 2014) sulle procedure autorizzatorie (semplificate ex art. 216) si è stabilito che le cosiddette procedure in “regime semplificato” debbano essere adeguate (come vedremo, entro 6 mesi) alla nuova disciplina comunitaria (rectius, Regolamenti11) e a quella nazionale (che dovrà però trovare attuazione con decreti ministeriali)12.

Si è similmente argomentato che tanto possa valere anche per le autorizzazioni ordinarie (art. 208).

Ma, ognun se ne avvede, la nuova norma riguarda (e si riferisce) alle sole autorizzazioni in regime semplificato, per cui il richiesto adeguamento (entro il termine dei sei mesi) non si applica (nel senso richiesto per le semplificate) alle autorizzazioni ordinarie.

Invece (e sicuramente) le autorizzazioni ordinarie dovranno adeguarsi in caso di emanazione di Regolamenti UE o in presenza di decreti ministeriali precisanti i criteri di cui all’art. 184-ter.

Nel frattempo, quindi, le attività di recupero finalizzate all’EOW potranno proseguire nella loro attività come già autorizzate (in ordinaria).

Giova ricordare che l'art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 21013 si riferisce alle materie, sostanze e prodotti secondari di cui all’art. 181-bis abrogato dal D.Lgs  3 dicembre 2010, n. 20514 (rectius, i materiali che cessano di essere rifiuti)15.

E’ pacifico che nelle more dell'adozione di uno o più decreti di cui all’art. 184-ter16, comma 2 si applichi non solo lo ius superveniens, ma pure continuino ad applicarsi le disposizioni ancora vigenti, tra le quali, il cit. art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge n. 172/2008, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 210/2008.

Ci pare quindi che - anche con l’introduzione dell’art. 184-ter - in mancanza di criteri comunitari e nazionali da adottarsi conformemente alle condizioni di cui all’art. 184-ter, comma 1, continuino ad applicarsi le disposizioni del D.M. 5 febbraio 1998 o del D.M. 12 giugno 2002, n. 161, ovvero le prescrizioni relative ai materiali che cessano di essere rifiuti, come anche quelle contenute nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208, 209 e 210 del codice ambientale.

Va rammentato che, in parziale attuazione dell’art. 184-ter, comma 2, è stato emanato il D.M. 14 febbraio 2013, n. 22 recante una disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS).

Ovviamente, trovano (comunque sia) indubbia, diretta, applicazione (anche per le procedure semplificate) i Regolamenti UE emanati in parte qua.

All’attuale17 essi sono:

 

  • il Regolamento (UE) n. 333/2011 del Consiglio del 31 marzo 2011 recante i criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;

  • il Regolamento (UE) n. 1179/2012 della Commissione del 10 dicembre 2012 recante i criteri che determinano quando i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;

  • il Regolamento (UE) n. 715/2013 della Commissione del 25 luglio 2013 recante i criteri che determinano quando i rottami di rame cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

D’altra parte, se così non fosse, non si spiegherebbe quanto prevede l’art. 184-ter, comma 3 (di successiva emanazione) ove si ripropone quanto già disciplinato per le materie, sostanze e prodotti secondari (vedasi l’abrogato art. 181-bis), ovvero che “nelle more dell'adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l'art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione18”.

A fortiori, il D.Lgs n. 205/2010 che ha disposto l’abrogazione dell’art. 181-bis e introdotto l’art. 184-ter ha voluto mantenere in vita il già citato art. 9-bis della Legge n. 210/200819.

Peraltro, anche la succitata circolare del Ministero Ambiente è stata richiamata, come disciplina applicabile sino al 31 dicembre 2010, proprio perché dal 2011 potevano (o dovevano?) essere emanate le norme ministeriali di cui al più volte citato art.184-ter comma 2.

Quindi, ripetiamo, al momento, per tutte le tipologie di rifiuti non oggetto di disciplina regolamentare comunitaria e per quelli non oggetto del decreto CSS (combustibili solidi secondari) resta in vigore, se e per quanto applicabile, la disciplina di cui al comma 3 dell’articolo 184-ter.

In particolare, continuano ad applicarsi le disposizioni previste nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 210 del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006 in relazione alle caratteristiche che devono avere le materie, sostanze e prodotti secondari,

Invece, gli enti e le imprese sottoposti/e al solo “regime semplificato” (non a quello ordinario) dovranno adeguare le proprie attività alle disposizioni di cui all’art.216, comma 8-quater o all'articolo 208, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei predetti regolamenti di cui al comma 8-quater (ex art. 216-sexies).

 

1 Prima (dalla direttiva 91/156/CEE modificativa della direttiva 75/442/CEE) si parlava di materie prime secondarie, che fuoriuscivano dalla disciplina dei rifiuti.

In pratica con la conclusione delle operazioni – quando non sono necessari ulteriori trattamenti - si ottenevano le materie prime secondarie da utilizzarsi, come surrogato delle materie prime o loro sostitutivo, per produrre altri beni o prodotti.

Ora si utilizza il termine End of Waste, cessazione del rifiuto. Del resto l’art.184-ter (cessazione della qualifica di rifiuto), al comma 5 conferma che “la disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto”.

Come è stato osservato (vedasi però quanto si dirà oltre sulle materie prime secondarie ab origine): “La distinzione tra sottoprodotti e materiali non più rifiuti risiede nella circostanza di fatto che le seconde derivano dal trattamento dei rifiuti, mentre i primi non lo sono fin dalla loro origine” P. DELL’ANNO, Disciplina della gestione dei rifiuti, in (a cura di P.DELL’ANNO-E.PICOZZA), Trattato di diritto dell’ambiente, vol.2°, Discipline ambientali di settore, Padova,2013, pag.193.

Sempre lo stesso Autore precisa che “La distinzione nei confronti dei sottoprodotti deriva dalla diversa origine, i sottoprodotti provenendo da un processo di produzione, mentre le materie prime seconde derivano da operazioni (complete) di recupero dei rifiuti” in Diritto dell’ambiente, Padova, 2014, pag.98.

Il recupero, lo ricordiamo, deve essere obiettivamente effettivo e prevalente (cfr. art. 3, comma 3, del D.M. 5 febbraio 1998 e l’art. 3, comma 2, del D.M. n. 161 del 2002), tanto che le MPS derivanti dal recupero sarebbero una sorta di rifiuti “depotenziati”che cessano di essere tali solo e quando vengono “destinati in modo effettivo ed oggettivo all’utilizzo nei cicli di consumo o di produzione” così P.FICCO, A. FOSSATI, M.C. COSTABILE, Ciclo e gestione dei rifiuti, in P. TOGNI e altri, Spunti critici in tema di diritto e gestione dell’ambiente, Milano, 2014, pagg.117-118.



2 Par. 37 della denuncia.



3 Par. 38 della denuncia.



4 Par. 39 della denuncia.



5 Peraltro non rinvenibile nel sito della Regione Veneto e difficilmente rintracciabile (anche con l’aiuto dell’URP), se non grazie alla collaborazione dell’Ordine Nazionale dei Chimici.



6 Erroneamente indicata nella denuncia (par. 40) come “circolare interpretativa emessa dalla Regione Veneto”.



7 Par.41 della denuncia.



8 Par. 42 della denuncia.



9 Da notare che trattasi delle “Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale”.



10 L’art. 181-bis è stato abrogato come l’art. 210 dall’art. 39, comma 3, del d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.



11 Che, come sappiamo, hanno efficacia diretta nel diritto interno, ossia valore e rango di legge nel nostro ordinamento: si veda, ex multis, E. RUSSO, L’interpretazione dei testi normativi comunitari, Milano,2008, pag.39 ss.



12Se i criteri EoW non vengono stabiliti a livello comunitario, gli Stati membri possono decidere caso per caso,se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale, tenendo conto della giurisprudenza applicabile, così “Le decisioni assunte dovranno essere comunicate alla Commissione in conformità della direttiva 98/34/CE” R. LARAIA, Le priorità nella politica di gestione dei rifiuti: gli indirizzi comunitari ed il contesto nazionale, in Italiadecide, Rapporto 2012-2013, Ciclo dei rifiuti: governare insieme ambiente, economia e territorio, Bologna,2013, pag.99.



13 Art. 9-bis. Altre misure urgenti di tutela ambientale.

1. Allo scopo di fronteggiare il fenomeno dell'illecito abbandono di rifiuti e di evitare l'espandersi dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti sul territorio nazionale, si applicano le seguenti disposizioni dirette a superare, nell'immediato, le difficoltà riscontrate dagli operatori del settore del recupero dei rifiuti nell'applicazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4:

a) fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 181-bis, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006,n. 152, le caratteristiche dei materiali di cui al citato comma 2 si considerano altresì conformi alle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 210 del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni, e del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;

b) fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'art. 195, comma 2, lettera s-bis), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli accordi e i contratti di programma in materia di rifiuti stipulati tra le amministrazioni pubbliche e i soggetti economici interessati o le associazioni di categoria rappresentative dei settori interessati prima della soppressione del comma 4 dell'articolo 181 del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, operata dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, continuano ad avere efficacia, con le semplificazioni ivi previste, anche in deroga alle disposizioni della parte IV del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni, purchè nel rispetto delle norme comunitarie”.

La lettera s-bis del comma 2 dell’art. 195 è stata abrogata dal D.Lgs. n. 205 del 2010.

Il testo originario della lettera s-bis è il seguente: “l'individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente decreto, di semplificazioni con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da adottarsi entro tre mesi dalla entrata in vigore della presente disciplina in materia di adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attività di istallazione e manutenzione presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente Decreto”.



14 Che ha disposto, con l'art. 12, comma 1, l'introduzione dell'art. 184-ter e con l'art. 39, comma 3, l'abrogazione dell'art. 181-bis espungendo dall’ambito definitorio dell’art. 183 le materie, sostanze e prodotti secondari.



15 E’ stato ben riassuntivamente osservato che “Attraverso il rinvio a tale norma emergenziale, la regolamentazione delle MPS ottenute in conformità all’autorizzazione ordinaria ex art. 208 rientra pertanto nuovamente all’interno del corpus del T.U.A., esattamente come in origine previsto dall’art.181, comma 6”, così M. BUSA’- A. CIMELLARO, Recupero dei rifiuti e procedure semplificate, Santarcangelo di Romagna, 2014, pag. 143.



16 Art. 184-ter. Cessazione della qualifica di rifiuto.

1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando e' stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto e' comunemente utilizzato per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.

2. L'operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto.
3. Nelle more dell'adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l'art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione.

4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo e' da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 120 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.

5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto”.

17

 Sono in fase di elaborazione i criteri per la carta, vetro, plastica, biodegradabili,etc.

18

 Con la quale si interpretavano il concetto delle materie prime secondarie ab origine, cioè di quei materiali, sostanze od oggetti che non abbisognavano di operazioni di trasformazione e che già presentino le caratteristiche di materie prime secondarie, etc., salvo che ricorra l’elemento soggettivo del concetto di rifiuto (il volersi disfare, il disfarsi, l’obbligo del disfarsi), in proposito si veda la (allora) formulazione dell’art. 181 del codice ambientale risalente a dopo il D.Lgs. n. 4/2008. Ecco che, a quel momento, era l’art. 181-bis che precisava le condizioni e gli elementi per aversi un “non rifiuto” (o sottoprodotto o materia prima secondaria), tant’è che il comma terzo rinviava alla disciplina tecnica (dei D.M.) sulle semplificate (come era avvenuto con la prima versione dell’art. 181, comma 6).

19

 E’ stato detto che “nulla si è fatto neppure con il correttivo 205 del 2010, dovendosi far riferimento ancora ai soli d.m. 5 febbraio 1998 e al d.m. 12 giugno 2002, n.161” anche se non è del tutto corretta la successiva affermazione per la quale “senza l’adozione dei decreti ministeriali è di fatto precluso alle imprese di avvalersi delle procedure semplificate” A. TORTORA, Le autorizzazioni ambientali per la gestione dei rifiuti, Napoli,2014, pag.120.