Ci risiamo: per la Cassazione anche un trasporto occasionale di rifiuti è punibile penalmente.

di Vincenzo PAONE

 

Su questo sito è stata data notizia della recente Cass. Sez. III n. 48015 del 20 novembre 2014, Ud 4 novembre 2014, Guadagno (http://lexambiente.it/rifiuti/155-cassazione-penale155/11095-rifiutitrasporto-illecito-ed-effettuazione-di-un-singolo-trasporto.html) che, affrontando un caso in cui era stato contestato il reato di cui all'art. 6 lett. d), l. 210/2008, ha ribadito che questo reato, così come l'omologo reato contravvenzionale previsto dall'art. 256, 1° comma, dlg. n. 152, «costituisce reato istantaneo per la cui integrazione è sufficiente un unico trasporto abusivo di rifiuti» e perciò non è richiesta alcuna continuatività/stabilità di sorta.

La sentenza aggiunge che non si è mai dubitato del fatto che la contravvenzione di cui all'art. 256, 1° comma, abbia natura di reato istantaneo e solo eventualmente abituale. Ciò è vero: infatti, la Cassazione finora ha costantemente (e tralaticiamente) sostenuto che il reato si configura anche in presenza di una condotta occasionale. Ma questo fatto non è un buon motivo per rifarsi acriticamente alla giurisprudenza tradizionale, soprattutto quando sulla stessa tematica la Corte suprema, con la sentenza 10 giugno 2014-6 ottobre 2014, n. 41352, Parpaiola (http://lexambiente.it/rifiuti/179-dottrina179/11024-2014-10-26-17-21-45.html), si è espressa affermando il seguente principio di diritto:

«il soggetto privato, non titolare di una impresa e non titolare di un ente, che abbandoni in modo incontrollato un proprio rifiuto, e che a tal fine lo trasporti occasionalmente nel luogo ove lo stesso verrà abbandonato, risponderà solo dell'illecito amministrativo di cui all'art. 255 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per l'abbandono e non anche del reato di trasporto abusivo di cui all'art. 256, 1° comma, in quanto la condotta di trasporto si esaurisce nella fase meramente preparatoria e preliminare rispetto alla condotta finale e principale di abbandono».

Come si vede, si tratta di affermazione – peraltro del tutto condivisibile – che stride radicalmente con la tesi ribadita nella sentenza in commento.

Il problema è che, al di là delle considerazioni che tra breve esporremo, in base a quanto emerge dalla narrazione del fatto, la vicenda concreta rientrava a pieno titolo nell’ipotesi di reato contestata e cioè la lett. d) dell’art. 6 l. 210: infatti, all’imputato si addebitava di avere effettuato attività di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti non pericolosi (trenta sacchi di spazzatura solida urbana di grandi e medie dimensioni, cartoni e plastica).

Nel proposto ricorso per cassazione il ricorrente sosteneva la tesi che la normativa n. 210 non intende colpire il singolo individuo che raccoglie i propri rifiuti domestici e li getta negli appositi contenitori situati in aree a ciò destinate (e se così fosse, avrebbe ragione a dolersi della condanna), ma poi ammetteva che «l'attività da lui posta in essere, del tutto occasionale, consisteva nel fornire un servizio ai condomini dello stabile gettando i loro rifiuti negli appositi cassonetti e nel rispetto degli orari, sicché non è idonea ad integrare il reato».

Ora è evidente che, per come è stata illustrata dallo stesso ricorrente, la condotta non poteva definirsi occasionale, ma integrava proprio quella nozione di effettuazione di attività di raccolta e trasporto di rifiuti punita dalla norma di che trattasi.

Ciò posto, qualche perplessità la motivazione la solleva perché la Corte non solo non si misura con il precedente citato poc’anzi (n. 41352, Parpaiola), ma non esamina neppure un altro profilo da cui si poteva partire per approfondire il ragionamento.

Infatti, l’art. 6 ha ripreso la formulazione dell’art. 255 e 256 d.leg. n. 152/2006:

  • lett. a): abbandono, scarico o deposito di rifiuti speciali, pericolosi o ingombranti presso siti non autorizzati: la condotta può essere commessa da "chiunque" (corrisponde all’ipotesi dell’art. 255);

  • lett. b): le stesse condotte di cui alla lett. a): se commesse dai titolari di imprese e dai responsabili di enti sono punite più gravemente (corrisponde all’ipotesi del 2° comma dell’art. 256);

  • lett. d): effettuazione di attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza dell'autorizzazione, iscrizione o comunicazione prescritte dalla normativa vigente: la condotta può essere commessa da "chiunque" (corrisponde all’ipotesi del 1° comma dell’art. 256).

Dato che non si scorgono elementi per opinare che il legislatore della l. n. 210/2008, oltre a congegnare un meccanismo sanzionatorio differenziato rispetto a quello ordinario, abbia inteso modificare anche i requisiti sostanziali delle fattispecie di cui al d.leg. n. 152/2006, si deve ritenere che la lett. a) del 1° comma dell’art. 6 punisca il soggetto che, all’infuori di un qualsiasi collegamento con un’impresa, occasionalmente abbandoni rifiuti in ambiente.

Confrontando però la previsione della lett. a) con quella della lett. d) dell’art. 6, ci si accorge che nella «attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento» può rientrare anche l’abbandono, lo scarico o il deposito previsto dalla lett. a).

La cosa si complica alla luce del fatto che la legge impiega, nella descrizione di entrambe le fattispecie, il pronome «chiunque».

Per evitare lo svuotamento della fattispecie di cui alla lett. a), conseguente al necessario assorbimento nella più grave ipotesi prevista dalla lett. d) dell’art. 6, occorre perciò individuare il campo applicativo di ciascuna di esse.

In questa prospettiva, un primo criterio che permette di definire la sfera di applicazione delle due disposizioni è quello del «parametro» temporale del fatto, nel senso che, se siamo in presenza di un abbandono di rifiuti episodico/occasionale, ricorre la lett. a), mentre, se ci si trova in presenza di una serie ripetuta di atti di abbandono, si applica la lett. d) dell’art. 6.

In questa direzione, un primo spunto interessante si ricava da due decisioni della Corte suprema.

Nella prima (Cass. 17 gennaio 2012, Granata), gli imputati avevano rilevato che la nozione di «attività» prevista dall’art. 256, 1° comma, richiede un'attività professionale con un minimo di stabilità e di organizzazione incompatibile con una condotta occasionale ed estemporanea quale si asseriva essere quella commessa dagli imputati. La Cassazione ha osservato, da un lato, che con il termine attività deve intendersi «ogni condotta che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità» e, dall’altro lato, che la norma non richiede ulteriori requisiti, quali la professionalità della condotta.

Nella seconda sentenza (Cass. 2 maggio 2013, n. 37357, De Salve) si è detto che l'art. 256 prevede al primo ed al secondo comma due distinte ipotesi di reato: nel primo caso, non è sufficiente, ai fini della rilevanza penale, il mero abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, che può essere anche occasionale, occorrendo invece una attività, necessariamente organizzata, di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio o intermediazione di rifiuti; altrimenti si versa in un'ipotesi di illecito amministrativo. Nel secondo caso, è sufficiente l'abbandono o il deposito in modo incontrollato di rifiuti: quest'ultima condotta implica, però, un'attività di impresa, mentre la condotta del primo comma può essere posta in essere da chiunque.

Da ultimo, Cass. 24 giugno 2014-9 luglio 2014, n. 29992, PM in proc. Lazzaro (http://lexambiente.it/rifiuti/155-cassazione-penale155/10670-rifiuti-natura-del-reato-di-illecita-gestione-e-trasporto-in-forma-ambulante.html) ha sostenuto che la condotta sanzionata dall'art. 256, 1° comma, d.leg. n. 152/06 è riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità.

Leggendo questa decisione insieme a Cass. Parpaiola, si giunge così alla conclusione che la contravvenzione dell’art. 256 non integra un reato comune (in quanto può essere commesso solo da soggetti titolari di un’impresa, svolta anche di fatto e in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria) e non integra un reato istantaneo (in quanto non basta un trasporto occasionale, soprattutto se effettuato da un privato non titolare di impresa, per commettere il reato).

In conclusione, si può dunque ribadire che la condotta sanzionata tanto nella lett. d) dell’art. 6 che nel 1° comma dell’art. 256 non può che consistere in un’attività continuativa e sistematica, e comunque non connotata da occasionalità, posta in essere da soggetti che svolgono le attività tipiche della gestione di rifiuti, in via primaria o in modo accessorio o consequenziale rispetto all'esercizio di un'attività imprenditoriale diversa.

Questa conclusione non ci pare messa in crisi dal motivo addotto nella sentenza Guadagno quale riprova della infondatezza della tesi sostenuta dal ricorrente.

Si è detto infatti che se il legislatore, con riguardo al reato di cui all'art. 260 d.lgs. n. 152 del 2006, ha testualmente previsto una condotta di trasporto accompagnata da "mezzi e attività continuative organizzate", vuol dire che solo in tal caso ne discenderebbe l’irrilevanza penale di una condotta caratterizzata da occasionalità.

Questo argomento è certamente suggestivo, ma non ci pare risolutivo perché dà per scontato il principio che è invece oggetto di dimostrazione e cioè che la contravvenzione di cui all’art. 256 d.lgs. n. 152/2006 (come il delitto di cui all’art. 6, lett. d), l. n. 210/2008) si perfezioni anche con una condotta isolata/occasionale.

Va infine notato che la stessa sentenza osserva che «Sarebbe, del resto, incongruo che, proprio in sede di approvazione di una normativa volta a reprimere, nei territori di cui si è detto, a fronte di una situazione emergenziale, in maniera più severa rispetto alla disciplina ordinaria, le condotte di gestione dei rifiuti, pericolosi e non, il legislatore avesse poi richiesto un requisito di stabilità e continuatività della condotta, non previsto in sede di regolamentazione "ordinaria", che finirebbe, per una singolare "eterogenesi dei fini", per rendere la norma applicabile con minor frequenza».

Al riguardo, va invece osservato che la normativa emergenziale rispetta appieno le intenzioni perché la legge punisce penalmente (e severamente) tanto la condotta isolata tenuta da privati che non rivestono la qualifica di titolare di impresa quanto la condotta organizzata o comunque continuativa realizzata da soggetti che si muovono in questo settore quali titolari di un'attività imprenditoriale (primaria o secondaria).