Ulteriori motivi di incostituzionalità della Legge Regionale 3 dicembre 2007, n. 31della Regione Autonoma Valle d’Aosta concernente la gestione dei rifiuti
di Luigi PRADELLA
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La Corte Costituzionale, con Sentenza 5 marzo 2009, n. 61, ha dichiarat l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 2, 3 e 6, della legge della Regione Valle d'Aosta 3 dicembre 2007, n. 31, con particolare riferimento alle modalità gestionali dei rifiuti inerti da scavo, nella specie costituiti da terra e rocce a seguito di ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 15 febbraio 2008 e depositato il successivo 25 febbraio.

Il ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri non ha riguardato gli articoli della prefata legge regionale citati in oggetto che, a giudizio dello scrivente, sono da considerarsi lesivi del dettato costituzionale, nei termini di seguito descritti; quanto sopra è suscettibile di creare notevoli difficoltà applicative alla polizia giudiziaria venificando, di fatto, l’applicazione di sanzioni penali previste dalla normativa quadro nazionale costituita dal decreto legislativo 3 aprile 2006.

L’Ufficio regionale Tutela dell’Ambiente ha, inoltre, emanato la circolare n. prot. 4692/TA del 23 aprile 2009 recante Applicazione dell’articolo 14 della legge regionale 6 dicembre 2007, n. 31 a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale n. 61/2009 – Gestione delle terre e rocce da scavo e dei materiali e dei rifiuti inerti da demolizione, le cui direttive costituiscono un ulteriore vulnus alla normativa quadro nazionale e, di conseguenza, ai principi costituzionali, con particolare riferimento al punto 2, lett. a) e b) della stessa.

 
Analisi della legge regionale 31/2007
 
Art. 13
 

Si riportano le definizioni introdotte dall’articolo 13, comma 1, lett. f), g) e h) della

L.R. 31/2007:

…omissis…

f) cantiere: il luogo in cui sono effettivamente eseguiti i lavori di demolizione e costruzione, comprese le costruzioni stradali, e l’insieme dei luoghi interessati dalla realizzazione delle opere e dei depositi a servizio del cantiere, ed espressamente individuati nei piani di sicurezza allegati al progetto approvato dall’autorità competente e nel piano operativo di sicurezza di cui al decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 (Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili). Il cantiere costituisce, inoltre, luogo di produzione dei rifiuti, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera i), del d.lgs. 152/2006;

g) area attrezzata di stoccaggio e di deposito: l’area o le aree recintate espressamente individuate nel piano di sicurezza e nel piano operativo di sicurezza, a servizio del cantiere, in cui sono assicurate le seguenti attività:

1) ricovero dei mezzi d’opera;
2) deposito dei materiali di costruzione;
3) stoccaggio dei materiali inerti da scavo;

4) stoccaggio dei materiali inerti da demolizione e costruzione, comprese le costruzioni stradali;

5) selezione, vagliatura, eventuale riduzione volumetrica dei materiali inerti da demolizione e costruzione, comprese le costruzioni stradali, destinati al riutilizzo diretto all’interno del cantiere;

6) deposito preliminare dei rifiuti non pericolosi che residuano dalle attività di riutilizzo diretto all’interno del cantiere e di tutte le altre tipologie di rifiuto risultanti dalle attività svolte;

h) spostamento dei materiali: la fase di eventuale trasferimento dei materiali inerti da scavo e dei materiali inerti da demolizione e costruzione, comprese le costruzioni stradali, dal luogo di esecuzione dei lavori all’area attrezzata di stoccaggio e di deposito, ai fini dell’effettuazione di una delle attività di cui alla lettera g). Tale fase non è soggetta alle disposizioni di cui al d.lgs. 152/2006;

Le disposizioni testé riportate ampliano inopinatamente il concetto di luogo di produzione dei rifiuti introducendo un’estensiva definizione di cantiere, peraltro non presente nella normativa quadro nazionale.

 

Il luogo di produzione dei rifiuti coincide, come da costante dottrina e giurisprudenza sia penale sia amministrativa, con l’area di cantiere e, comunque, con gli stretti confini dell’insediamento produttivo da cui ha origine la produzione di rifiuti; in effetti l’art. 183, comma 1, lett. i), D.lgs 152/2006 definisce il luogo di produzione dei rifiuti come uno o più edifici o stabilimenti o siti infrastrutturali collegati tra loro all’interno di un’area delimitata in cui si svolgono le attività di produzione dalle quali sono originati i rifiuti.

La normativa nazionale, soprattutto al fine di non gravare di eccessivi oneri le piccole e medie imprese, consente di far precedere le attività di gestione dei rifiuti dalla possibilità di realizzare un deposito temporaneo disciplinato dall’art. 183, comma 1, lett. m), D.lgs 152/2006; il deposito temporaneo di rifiuti, da realizzarsi nel luogo di produzione dei rifiuti come sopra definito dalla normativa quadro nazionale, costituisce pertanto un’attività preliminare alla gestione dei rifiuti che precede la raccolta, quest’ultima costituente la prima fase della gestione medesima; a conferma di quanto suesposto, si richiama la definizione di gestione dei rifiuti data dall’art. 183, comma 1, lett. d), D.lgs 152/2006 che recita: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche dopo la chiusura.

La ratio della norma quadro nazionale è quella di monitorare il flusso dei rifiuti, dalla produzione all’avvio alle operazioni di recupero e smaltimento, prevedendo la necessità, per chiunque trasporti rifiuti all’esterno del luogo di produzione dei medesimi, di dotarsi dell’apposito formulario di identificazione, prescritto dall’art. 193, D.lgs 152/2006.

L’unica eccezione contemplata dal D.lgs 152/2006 concernente i ristretti e rigorosi confini del luogo di produzione è contemplata dall’art. 230 del medesimo decreto legislativo che afferisce i soli Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture; per quest’ultima categoria di rifiuti, come riportato dall’art. 230, comma 1, D.lgs 152/2006, Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell'infrastruttura a rete e degli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l'attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d'opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento, valutazione da esperirsi entro i successivi sessanta giorni.

Il dettato normativo nazionale non consente ulteriori estensive interpretazioni: unicamente per i rifiuti derivanti dalla manutenzione di infrastrutture è possibile spostare, con una apposita finzione normativa, il luogo di produzione dei rifiuti dalla sua sede effettiva coincidente, si ribadisce, con la stretta area di cantiere o stabilimento produttivo; l’art. 230 D.lgs 152/2006, consente, di conseguenza, per in soli rifiuti provenienti dalla manutenzione di inftrastrutture di spostare i medesimi dall’area di cantiere ad un’area, appunto preventivamente individuata quale luogo di produzione, in assenza dell’apposito formulario di identificazione in una fase ancora preliminare alla gestione vera e propria del rifiuto che inizia, come sopra ricordato, dalla raccolta.

E’ consequenziale asserire che, nel caso il rifiuto prodotto non provenga da un’attività di manutenzione di infrastrutture, il deposito temporaneo di rifiuti prodotti da normali attività di costruzione e demolizione di normali manufatti edili e fabbricati possa essere realizzato unicamente nella stretta area di cantiere nei limiti ed alle condizioni fissate dall’art. 183, comma 1, D.lgs 152/2006.

 

L’art. 13, comma 1, lett. g), L.R. 31/2007 sancisce, in totale contrasto della normativa quadro nazionale, una sottrazione alle procedure di tracciabilità dei rifiuti garantite dal formulario di identificazione ex art. 193, D.lgs 152/2006 prescrivendo inopinatamente, nella definizione dello spostamento dei materiali, che tale fase non è soggetta alle disposizioni di cui al d.lgs. 152/2006.

L’art. 13, comma 1, lett. f), L.R. 31/2007, amplia la definizione di cantiere, da mero luogo di effettiva produzione dei rifiuti come in effetti dovrebbe coincidere (tranne il caso dei rifiuti provenienti dalla manutenzione delle infrastrutture testé esaminato), aggiungendo il concetto de l’insieme dei luoghi interessati dalla realizzazione delle opere e dei depositi a servizio del cantiere, ed espressamente individuati nei piani di sicurezza allegati al progetto approvato dall’autorità competente e nel piano operativo di sicurezza di cui al decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494.

Con la costruzione normativa in argomento, il legislatore locale amplia a dismisura il concetto di luogo di produzione, rendendo possibile il trasporto dei rifiuti provenienti dalle attività di costruzione e demolizione in un luogo, seppur preventivamente individuato, in luoghi diversi dal cantiere, collocabili a distanze indefinite e determinabili di volta in volta secondo la convenienza delle imprese, in assenza del prescritto formulario di identificazione e vanificando, di conseguenza, il sistema di tracciabilità del ciclo dei rifiuti previsto dalla normativa nazionale; inoltre, e ciò costituisce un aspetto ancor più grave, nel definire luogo di produzione un luogo estraneo al cantiere si legalizzano veri e propri stoccaggi di rifiuti, questi ultimi rientranti nell’attività di gestione dei rifiuti e soggetti alle autorizzazioni, iscrizioni e comunicazioni previste dal D.lgs 152/2006, sanzionati, in assenza delle medesime, dalla sanzione penale prevista dall’art. 256, comma 1, D.lgs 152/2006. L’art. 183, comma 1, lett. l), D.lgs 152/2006 definisce, infatti, le attività di stoccaggio come le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R13 dell’allegato C alla medesima parte quarta, attività che necessitano, per la loro realizzazione, delle autorizzazioni, iscrizioni e comunicazioni previste dal D.lgs 152/2006.

L’art. 13, comma 1, lett. g), L.R. 31/2007 accomuna aree di stoccaggio e di deposito in un’unica definizione mentre, come sopra evidenziato, esse esprimono concetti differenti nell’ambito della gestione dei rifiuti: il deposito temporaneo costituisce un’opzione preventiva alla gestione dei rifiuti ed è un’attività esplicabile nall’ambito della stretta area del cantiere o stabilimento produttivo in assenza di autorizzazioni e nel rispetto dei limiti e delle condizioni fissati dall’art. 183, comma 1, lett. m), D.lgs 152/2006; lo stoccaggio costituisce una vera e propria attività di gestione dei rifiuti, soggetta alle autorizzazioni, iscrizioni e comunicazioni previste dalla normativa quadro nazionale, individuabile nel recupero e nello smaltimento dei rifiuti che si realizza in aree estranee all’area di cantiere.

L’art. 13, comma 1, lett. g), numero 5), L.R. 31/2007, introduce un concetto invero estraneo rispetto alla normativa quadro nazionale, ammettendo l’esecuzione di attività di recupero direttamente nell’area di cantiere in assenza di qualsivoglia autorizzazione; nella specie tale articolo, definisce l’area attrezzata di stoccaggio e di deposito come l’area o le aree recintate espressamente individuate nel piano di sicurezza e nel piano operativo di sicurezza, a servizio del cantiere, in cui sono assicurate le seguenti attività:…omissis… selezione, vagliatura, eventuale riduzione volumetrica dei materiali inerti da demolizione e costruzione, comprese le costruzioni stradali, destinati al riutilizzo diretto all’interno del cantiere; orbene le attività di riduzione volumetrica sono inquadrabili nell’ambito delle attività di recupero R5 Riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche che necessitano delle autorizzazioni, iscrizioni e comunicazioni previste dalla legge quadro nazionale e non sono esperibili direttamente dal produttore dei rifiuti; ad esempio il DM 5 febbraio 1998 tuttora in vigore recante Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 prevede all’allegato 1, suballegato 1, punto 7.1.3 le seguenti attività di recupero, per quanto attiene ai rifiuti inerti provenienti da attività di costruzione e demolizione: messa in riserva di rifiuti inerti [R13] per la produzione di materie prime secondarie per l'edilizia, mediante fasi meccaniche e tecnologicamente interconnesse di macinazione, vagliatura, selezione granulometrica e separazione della frazione metallica e delle frazioni indesiderate per l'ottenimento di frazioni inerti di natura lapidea a granulometria idonea e selezionata, con eluato del test di cessione conforme a quanto previsto in allegato 3 al presente decreto [R5].

La realizzazione delle suddette attività di recupero, sfornite di ogni disciplina autorizzatoria da parte della L.R. 31/2007 nella regione Valle d’Aosta, in assenza delle dovute autorizzazioni, iscrizioni e comunicazioni previste dal D.lgs 152/2006 comporta, nel restante territorio nazionale, l’applicazione delle sanzioni penali previste dall’art. 256, comma 1 del medesimo decreto legislativo.

 
Art. 15
 

L’art. 15, comma 1, della legge regionale 3 dicembre 2007, n. 31, testualmente recita:

1. Al fine di ridurre la quantità di rifiuti da smaltire in discarica, devono essere avviate tutte le iniziative volte a favorire, in via prioritaria, il riutilizzo diretto all’interno dei cantieri dei materiali inerti da demolizione e costruzione, comprese le costruzioni stradali, come definiti dall’articolo 13, comma 1, lettera b). Lo smaltimento dei rifiuti costituisce operazione residuale rispetto al riutilizzo.

 

La legge regionale in parola non specifica quali iniziative debbano essere intraprese al fine di favorire, in via prioritaria, il riutilizzo diretto all’interno dei cantieri dei materiali inerti da demolizione e costruzione; la lettura combinata degli articoli 13, 15 e 16 della L.R. 31/2007 fa emergere come, in ogni caso, il modus operandi adottato comporti l’esclusione da qualsivoglia provvedimento autorizzativo delle aree di stoccaggio esterne al cantiere, anche per i lavori non inerenti la manutenzione di infrastrutture consentendo, come sopra richiamato, lo svolgimento di operazioni di recupero quali la vagliatura e l’eventuale riduzione volumetrica in assenza di qualsivoglia iscrizione, autorizzazione o comunicazione previste dalla norma quadro nazionale; non vengono menzionati, in ogni caso, accordi di programma atti a semplificare eventualmente gli adempimenti burocratici per le imprese nel solco del rispetto comunque da assicurarsi alle disposizioni del D.lgs 152/2006.

 
Art. 16
 

L’art. 16 della legge regionale 3 dicembre 2009, n. 31, prescrive quanto segue:

1. A decorrere dal 1° gennaio 2008, tutti i progetti riferiti ad opere pubbliche o private per i quali è previsto il rilascio di un titolo abilitativo edilizio o la presentazione della dichiarazione di inizio attività devono indicare il bilancio di produzione dei materiali inerti da scavo e dei materiali inerti da demolizione e costruzione, comprese le costruzioni stradali, che si presume siano prodotti per l’esecuzione dei lavori cui il progetto si riferisce, e della produzione di eventuali rifiuti.

2. I progetti devono riportare: a) la stima delle quantità dei materiali inerti da scavo e dei materiali da demolizione e costruzione, comprese le costruzioni stradali, da riutilizzarsi all’interno del cantiere, le eventuali operazioni di selezione, vagliatura e riduzione volumetrica previste per rendere compatibili tali materiali con i lavori da realizzare, e le modalità di reimpiego;

b) la stima delle quantità di rifiuti inerti che residuano dalle operazioni di reimpiego o di altre tipologie di rifiuto non riutilizzabili all’interno del cantiere, da avviare al recupero o allo smaltimento;

c) le destinazioni finali dei materiali non riutilizzati nel cantiere e dei rifiuti da avviare al recupero o allo smaltimento finale.

3. I rifiuti inerti eventualmente non riutilizzabili direttamente all’interno del cantiere devono essere conferiti, in via prioritaria, a centri di riciclaggio autorizzati ai sensi degli articoli 208 e 216 del d.lgs. 152/2006.

4. I progetti devono contenere l’indicazione puntuale del cantiere in cui è prevista l’esecuzione delle opere e delle aree di stoccaggio e deposito in cui effettuare le attività di cui all’articolo 13, comma 1, lettera g).

5. Con deliberazione della Giunta regionale, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le modalità e le prescrizioni tecniche da rispettare per la gestione all’interno dei cantieri dei materiali inerti da scavo, dei materiali da demolizione e costruzione, comprese le costruzioni stradali, soggetti al riutilizzo diretto, e dei rifiuti inerti che residuano dalle operazioni di reimpiego.

6. L’omessa indicazione nei progetti dei dati di cui al presente articolo ne impedisce l’approvazione da parte delle autorità competenti.

7. Copia della comunicazione di inizio delle attività di cantiere deve essere trasmessa, a cura dell’impresa esecutrice delle opere, al Comune interessato e alla stazione forestale competente.

8. Il mancato rispetto degli obblighi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 comporta l’assoggettamento dei materiali inerti da demolizione e costruzione alle disposizioni di cui al d.lgs. 152/2006. Alle stesse disposizioni sono assoggettati i materiali inerti da demolizione e costruzione che non siano effettivamente e oggettivamente riutilizzati direttamente nel cantiere in cui sono stati prodotti, nel periodo di validità del titolo abilitativo edilizio.

 

Le disposizioni testé riportate presentano ampi profili di incostituzionalità oltreché indubbie contraddizioni; ad esempio il comma 3 sottopone alle disposizioni del D.lgs 152/2006 I rifiuti inerti eventualmente non riutilizzabili direttamente all’interno del cantiere che dovranno essere conferiti a fantomatici centri di riciclaggio autorizzati ai sensi degli articoli 208 e 216 del d.lgs. 152/2006: è evidente il contrasto con le restanti disposizioni della stessa legge regionale in cui si ritengono esenti da qualsivoglia autorizzazione della P.A. le aree di stoccaggio realizzate dalle ditta all’esterno delle aree di cantiere.

L’articolo in esame, inoltre, esclude l’applicazione della normativa quadro nazionale con la presentazione del bilancio di produzione dei materiali inerti da scavo e dei materiali inerti da demolizione e costruzione, comprese le costruzioni stradali, che si presume siano prodotti per l’esecuzione dei lavori cui il progetto si riferisce, e della produzione di eventuali rifiuti. Questa disposizione abbassa gli standard di tutela ambientale predisposti dal D.lgs 152/2006 in cui, della prefata documentazione, non si fa, in ogni caso, menzione alcuna.

 
Conclusioni
 

In ragione di quanto sopra si ritiene che gli articoli 13, comma 1, lett. f), g) e h), 15, comma 1, e 16, della legge regionale 3 dicembre 2007, n. 31 contrastino con i seguenti articoli della Costituzione della Repubblica Italiana:

a) art. 117, secondo comma, lettera s);
b) art. 117, secondo comma, lettera l);
c) artt. 25 e 117, primo comma;
 

Quanto sopra in quanto la L.R. 31/2007 introduce standards di tutela dell’ambiente, materia di esclusiva competenza statale, minori di quelli stabiliti dalla normativa quadro nazionale costituita dal D.lgs 152/2006. La disciplina dei rifiuti sembrerebbe appartenente alla materia, concorrente fra Stato e Regioni, del governo del territorio, ma la disciplina dei rifiuti, in realtà, si colloca nell’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema come ribadito dalla consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale.

Si riporta il contenuto integrale dell’Articolo 3 bis, D.lgs 152/2006 recante Principi sulla produzione del diritto ambientale:

1. I principi posti dal presente articolo e dagli articoliseguenti costituiscono i principi generali in tema di tutela dell’ambiente, adottati in attuazionedegli articoli 2,3,9, 32, 41, 42 e 44, 117 commi 1 e 3 della Costituzione e nel rispetto del Trattatodell’Unione europea.

2. I principi previsti dalla presente Parte Prima costituiscono regole generali della materia ambientale nell’adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell’emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente.

3. I principi ambientali possono essere modificati o eliminati soltanto mediante espressa previsione di successive leggi della Repubblica italiana, purché sia comunque sempre garantito il corretto recepimento del diritto europeo.

 

La Corte costituzionale ha legittimato le Regioni a legiferare per perseguire finalità di tutela dell’ambiente, con l’unico limite di non prevedere standard inferiori rispetto a quelli stabiliti a livello statale, consentendo anzi, salvo eccezioni (in considerazione degli altri interessi da ponderare) e in conformità del principio di “maggior livello di tutela” previsto dall’art. 174 del Trattato dell’Unione Europea, di legiferare a tutela dell’ambiente introducendo standard più rigorosi di quelli sanciti a livello statale.

E’ evidente, infatti, che un allargamento degli standards di tutela fissati della normativa quadro nazionale sui rifiuti costituita dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ad opera del legislatore regionale, non possa assolutamente considerarsi rispettosa del principio di “maggior livello di tutela”; anzi, all’opposto tale allargamento è in contrasto con gli standard minimi di tutela che costituisce un limite alla disciplina per le Regioni le quali, come osservato, non possono assolutamente peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato.

Le disposizioni impartite dall’Ufficio regionale Tutela dell’Ambiente con la nota n. prot. 4692/TA del 23 aprile 2009 inviate a tutte le associazioni di categoria, alle Autorità comunali, agli operatori economici, agli enti locali sono, in aggiunta al vulnus della tutela ambientale provocato dalle disposizioni della L.R. 31/2007, tali da ingenerare nei destinatari false rappresentazioni della normativa quadro nazionale vigente, indicendo i medesimi a violare le norme di legge sottoponendoli al rischio di essere soggetti, per la violazione della medesima, alle sanzioni penali previste dal D.lgs 152/2006.