TAR CAMPANIA- NAPOLI- III SEZIONE ( Pres. DE MAIO, Rel. STORTO) 12.12.2007, n. 16200:
WWF ITALIA ( Avv.ti Balletta e Razzano) c.
REGIONE CAMPANIA (Avv. Auricchio), PROVINCIA DI AVELLINO (Avv. Pedicino
e Galietta), PROVINCIA DI BENEVENTO n.c., PROVINCIA DI CASERTA n.c,
PROVINCIA DI SALERNO (Avv.ti Casella, Cornetta, Tedesco), PROVINCIA DI
NAPOLI n.c.
Caccia e animali. Ambiti territoriali di caccia
Sull'illegittimità dell'accesso ad ATC extra residenza venatoria in assenza del preventivo consenso espresso e motivato dell'ATC ospitante
(Segnalata dall'Avv. M. Balletta)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione III, composto dai Signori:
Dott. Ugo De Maio Presidente
Dott. Vincenzo Cernese Giudice
Dott. Alfredo Storto Giudice relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1374 del 2006 proposto da
Associazione italiana per il World Wide Fund - WWF ITALIA - ONLUS, con sede in Roma, alla via Po, 25/c, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa, giusta mandato a margine del ricorso introduttivo, dagli Avv.ti Maurizio Balletta e Rosella Razzano, coi quali elettivamente domicilia in Napoli, presso la sede regionale del WWF Campania, alla via A. da Salerno n. 13
CONTRO
REGIONE CAMPANIA, in persona del Presidente della G.R. quale legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso notificato ed in virtù di decreto dirigenziale n. 475 del 7.11.2006, dall’Avv.to Colomba Auricchio dell’Avvocatura regionale con la quale elettivamente domicilia in Napoli, alla via S. Lucia, 81
E NEI CONFRONTI DI
PROVINCIA DI AVELLINO, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa, giusta procura generale alle liti per notar Romana Capaldo del 4.5.2007 ed in virtù di determina dirigenziale n. 5733 del 10.9.2007, dagli Avv.ti Carmen Pedicino e Gennaro Galietta, con domicilio eletto in Napoli, alla via S. Lucia, presso lo studio dell’Avv.to Giuseppe Penta
E DI
PROVINCIA DI BENEVENTO, in persona del Presidente p.t., non costituita
E DI
PROVINCIA DI CASERTA, in persona del Presidente p.t., non costituita
E DI
PROVINCIA DI SALERNO, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso notificato, dagli Avv.ti Angelo Casella, Ugo Cornetta e Francesco Tedesco coi quale elettivamente domicilia in Napoli, alla via Mariano d’Ayala, 14, presso lo studio dell’Avv.to Fulvio Ceglio
E DI
PROVINCIA DI NAPOLI, in persona del Presidente p.t., non costituita
PER L’ANNULLAMENTO
a) del decreto n. 15 dell’1.2.2006 del Dirigente della Giunta Regionale della Campania – Area Generale di Coordinamento Sviluppo Attività Settore Primario – Settore Foreste, Caccia e Pesca;
b) dell’Allegato 1 al decreto dirigenziale impugnato sub a), recante “Art. 30, comma 1, L.R. 29 dicembre 2005, n. 42: circolare esplicativa per l’attuazione – ver. 2” nella parte in cui detta disposizioni in materia di “Accesso ad altri ATC (art. 37, comma 2, della L.R. 8/96 come modificato dall’art. 30, comma 1, L.R. n. 24 del 29 dicembre 2005)”;
c) del verbale della seduta del 26.1.2006 del Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Regionale, non conosciuto, ma richiamato nell’atto impugnato sub b);
d) della nota del suddetto dirigente regionale prot. 2006.0096232, di trasmissione alle amministrazioni provinciali ed agli ATC della Campania degli atti impugnati sub a) e b);
nonché, per quanto possa occorrere,
e) del decreto dirigenziale n. 9 del 27.1.2006;
f) dell’allegato 1 al decreto dirigenziale impugnato sub e), nella parte in cui detta disposizioni in materia di “Accesso ad altri ATC”;
g) della nota di trasmissione prot. 0084490 del 27.1.2006;
h) di tutti gli atti ed i provvedimenti presupposti, connessi e conseguenti, anche se non richiamati e non conosciuti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e delle Province di Avellino e di Salerno;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell’udienza del 22 novembre 2007, il Giudice dott. Alfredo Storto;
Uditi gli Avvocati delle parti come da relativo verbale.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, notificato alla Regione Campania, alle Province di Avellino, Benevento e Salerno il 24 febbraio 2006 ed alla Provincia di Salerno il 27 febbraio 2006 e depositato il successivo 2 marzo, l’Associazione italiana per il WWF Italia – Onlus ha impugnato la determina dirigenziale, di approvazione del documento allegato, denominato “Art. 30, comma 1, L.R. 29 dicembre 2005, n. 42: circolare esplicativa per l’attuazione – ver. 2” nella parte in cui detta le regole di accesso dei cacciatori campani ad altri Ambiti Territoriali di Caccia (A.T.C.) della Regione per l’esercizio dell’attività venatoria della avi-fauna migratoria, e gli atti da questa presupposti.
Il ricorso censura violazione e falsa applicazione dell’art. 14 della legge n. 157 del 1992, eccesso di potere per violazione del principio del preventivo motivato assenso da parte dell’ATC ospitante, eccesso di potere per violazione del principio del divieto del nomadismo venatorio, eccesso di potere per violazione del principio del legame del cacciatore al territorio, eccesso di potere per sviamento, per mancata comparazione di interessi, violazione del giudicato di questo TAR (sent., Sez. I, n. 4693/2001), confermato dal Consiglio di Stato (sent., Sez. VI, n. 4972/2002) e dall’ulteriore giudicato di questo TAR (sent., Sez. III, n. 4616/2002), violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, violazione del preminente interesse alla protezione dell’ambiente di cui agli artt. 2, 9, 32 Cost., eccesso di potere per irrazionalità manifesta, in quanto, consentendo di esercitare la caccia all’avifauna migratoria, per venti giornate, fuori dal proprio ambito territoriale in assenza del previo consenso espresso dell’ATC ospitante e di ogni attività istruttoria in ordine al rispetto dell’indice di densità venatoria e solo dietro prenotazione telematica o a mezzo fax 24 ore prima, viola i principi stabiliti nella legge quadro sulla caccia che, invece, impone tali accorgimenti al fine di preservare la popolazione faunistica dei singoli ambiti; inoltre, in quanto, sempre alla stregua dei principi ricavabili dalla legge nazionale, non è consentito introdurre l’ammissione per silentium ad altro ATC, reintroducendo il nomadismo venatorio e consentendo, in potenza, una pressione venatoria insostenibile per la zona.
La ricorrente ha inoltre chiesto al Tribunale di sollevare questione di legittimità costituzionale della norma regionale attuata (art. 36, comma 2, l.r. n. 10 aprile 1996, n. 8, come sostituito dall’art. 30, comma 1, lettera a, della l.r. 29 dicembre 2005, n. 24), per violazione dell’art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione – che riserva allo Stato la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, in cui rientra la protezione della fauna selvatica e omeoterma – e dell’art. 117, comma 2, lettera s), Cost. in relazione alla norma interposta costituita dall’art. 14, commi 5 e 8, della legge n. 157 del 1992.
Si è costituita in giudizio la Regione Campania la quale ha dedotto l’infondatezza del ricorso sia per l’assenza di un concreto pericolo di sforamento dell’indice di densità venatoria che per l’esistenza, ad oggi, di un sistema regolamentare (D.P.G.R.C. n. 626 del 22 settembre 2003, richiamato dal decreto n. 15 del 2006) che impone già il previo assenso degli ATC.
Si sono altresì costituite in giudizio le Province di Avellino e Salerno chiedendo che il ricorso venisse respinto.
Nella Camera di Consiglio del 30 marzo 2006 il Tribunale ha respinto la domanda incidentale di sospensione per carenza di attualità del periculum.
All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminare all’esame delle censure devolute col ricorso in esame è la necessità di tratteggiare un breve quadro del sistema normativo di disciplina dell’attività venatoria.
1.1. L’art. 14 della legge quadro nazionale sulla caccia (legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”), rubricato “Gestione programmata della caccia”, dispone che «sulla base di norme regionali, ogni cacciatore, previa domanda all'amministrazione competente, ha diritto all'accesso in un ambito territoriale di caccia o in un comprensorio alpino compreso nella regione in cui risiede e può aver accesso ad altri ambiti o ad altri comprensori anche compresi in una diversa regione, previo consenso dei relativi organi di gestione» (comma 5); ed ancora, che «è facoltà degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, con delibera motivata, di ammettere nei rispettivi territori di competenza un numero di cacciatori superiore a quello fissato dal regolamento di attuazione, purché si siano accertate, anche mediante censimenti, modificazioni positive della popolazione faunistica e siano stabiliti con legge regionale i criteri di priorità per l'ammissibilità ai sensi del presente comma» (comma 8).
Come già chiarito da questo Tribunale (Sez. I, 23 ottobre 2001, n. 4639), con sentenza confermata dal Consiglio di Stato (Sez. VI, 27 settembre 2002, n. 4972) e ribadita anche dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 18 ottobre 2001, n. 3 (Sez. I, 17 dicembre 2004, n. 19387), tali previsioni contribuiscono a delineare il principio fondamentale del divieto del c.d. «nomadismo venatorio» in relazione al rispetto del criterio della densità venatoria minima per ogni Ambito Territoriale di Caccia (A.T.C.), costituita «dal rapporto fra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che praticano l’esercizio venatorio da appostamento fisso, ed il territorio agro-silvo-pastorale nazionale» (comma 3 dell’art. 14 cit.).
Si tratta, com’è evidente, di prescrizioni statali le quali – anche nel quadro successivo alla riforma del Titolo V della Costituzione – legittimamente «nel disciplinare le modalità di esercizio della caccia, fissano standard minimi e uniformi di tutela della fauna la cui determinazione appartiene in via esclusiva alla competenza del legislatore statale ex art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione» (cfr. Corte cost., sentt. n. 313 e n. 441 del 2006).
Quanto alla portata di tale disciplina, si ricava con certezza dalle norme sopra emarginate che l’accesso di un cacciatore ad un ambito territoriale diverso da quello di iscrizione è subordinato al consenso degli organi di gestione dell’A.T.C. ospitante e che tale consenso, per l’ipotesi di ammissione in soprannumero, deve essere reso con «delibera motivata», e cioè in forma espressa, previa apposita istruttoria in ordine all’aumento della popolazione faunistica e fissazione, con legge regionale, dei criteri di priorità dell’ammissione stessa.
Una corretta lettura di tali disposizioni porta dunque a negare che l’ammissione in soprannumero possa essere recata attraverso il modulo del silenzio-assenso (v. sul punto le già citate sentenze n. 4639 del 2001 e n. 4972 del 2002) il quale, non facendo emergere le ragioni del consenso derivanti in primo luogo dall’esito della necessaria istruttoria, di fatto non garantisce il legame del cacciatore al territorio, consentendo illegittimamente la violazione del fondamentale principio del rispetto della densità venatoria.
I principi fondamentali così evocati risultano peraltro confermati dalla pronuncia costituzionale 12 gennaio 2000, n. 4 la quale ha dichiarato l’illegittimità di una norma di legge siciliana che consentiva ai cacciatori «l’esercizio della caccia alla selvaggina migratoria, oltre che all’interno dell’ambito territoriale di caccia di residenza e di quelli prescelti anche negli altri ambiti della Regione senza obblighi di partecipazione economica»; con tale pronuncia, infatti, la Corte, lungi dall’ancorare l’illegittimità della disposizione alla mancata imposizione di oneri economici, la ha invece stigmatizzata perché, escludendo ogni previsione di contenimento dell’attività venatoria, «non garantisce minimamente quella equilibrata distribuzione dei cacciatori, nell’esercizio dell’attività venatoria, che costituisce uno degli obiettivi fondamentali della normativa in materia, alla stregua segnatamente dell’art. 14 della legge n. 157 del 1992».
In tal modo, il Giudice delle leggi ha significativamente chiarito che il principio del rispetto della densità venatoria riguarda anche l’esercizio della caccia ai migratori (e, dunque, a maggior ragione all’avifauna migratoria), che pertanto vanno considerati parte integrante della popolazione di ciascun A.T.C., con la conseguente necessità di effettuare un’apposita istruttoria ai fini dell’esplicita ammissione di cacciatori in soprannumero, secondo quanto disposto dall’art. 14, comma 8, della legge n. 157 del 1992.
1.2. Così fissati al livello statale gli standard minimi di tutela faunistica, occorre verificare la compatibilità della legislazione regionale in materia.
L’art. 36, comma 2, della legge regionale campana 10 aprile 1996, n. 8 (recante “Norme per la protezione della fauna selvatica ”), rubricato “Gestione programmata della caccia”, dispone con tre successive proposizioni – nel testo risultante dalle modifiche operate dall’art. 30, comma 1, lettera a), della legge regionale 29 dicembre 2005, n. 24 – che:
a) «ogni cacciatore residente anagraficamente in Campania, a seguito di domanda da inoltrare all'amministrazione provinciale competente, dal 1 febbraio al 31 marzo di ciascuno anno, ha diritto all'iscrizione come residenza venatoria in uno degli ambiti territoriali di caccia istituiti nella regione, previo consenso dei relativi organi di gestione ed il pagamento della quota di accesso»;
b) «ha diritto all'accesso a tutti gli ambiti territoriali di caccia della regione, per un numero non inferiore alle venti giornate, per l'esercizio alla caccia all'avi-fauna migratoria. Tale diritto è soggetto al pagamento di una quota non superiore ad 1/3 di quella dell'iscrizione all'ambito territoriale di caccia di residenza venatoria»;
c) «può avere accesso ad altri ambiti territoriali di caccia anche fuori regione previo consenso dei relativi organi di gestione».
Nessun dubbio sorge, all’evidenza, in ordine all’interpretazione delle proposizioni qui riassunte sub a) e b) quanto alla necessità del consenso da parte dei vari A.T.C. sia per l’iscrizione per residenza venatoria che per l’ammissione di cacciatori provenienti da altri ambiti regionali o esterni. Nondimeno, l’ossequio agli standard statali minimi sopra evidenziati impone di intendere tali previsioni nel senso che, per il rispetto della densità venatoria minima, ciascun ambito può ammettere cacciatori in soprannumero solo per consenso espresso e previo assolvimento degli oneri istruttori stabiliti dall’art. 14, comma 8, della legge quadro nazionale.
Può invece sorgere un dubbio in ordine all’effettiva portata della proposizione normativa qui riassunta sub b), la quale, ad una prima lettura, potrebbe essere letta nel senso di consentire senza limiti di accesso la caccia all’avifauna migratoria in tutti gli ambiti territoriali della Regione, per non meno di venti giorni, subordinandola al mero pagamento di 1/3 della quota di iscrizione stabilita per l’A.T.C. di provenienza.
Siffatta lettura indurrebbe a valutare la costituzionalità della disposizione, parametrandola all’art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione ed alla norma interposta costituita dall’art. 14, commi 5 e 8, della legge nazionale n. 157 del 1992, secondo quanto pure dedotto dal WWF Italia nella parte finale del ricorso.
A parere di questo Tribunale, è invece possibile sperimentare con successo il doveroso tentativo di interpretazione secondo Costituzione della norma in esame, osservando come essa, in definitiva, non contiene proposizioni in contrasto con la normativa nazionale, non legittimando certamente forme di silenzio-assenso per le ammissioni in soprannumero, né altrimenti prevedendo meccanismi autorizzativi alternativi rispetto a quello delineato dall’art. 14, commi 5 e 8. Né, d’altra parte, sembra possibile ricavare diverse conclusioni dalla lettera della disposizione, posto che l’uso dell’espressione «ha diritto» non sembra di per sé contraddire – al pari che per la proposizione qui riassunta sub a) nella quale la previsione è addirittura esplicita in tal senso – la necessità del consenso da parte dell’A.T.C. ospitante.
In una parola, la norma regionale in materia di caccia all’avifauna migratoria non contiene deroghe, esplicite o implicite, agli standard minimi imposti, anche per tale tipo di attività venatoria, dalla normativa nazionale in funzione del rispetto di un equilibrato rapporto tra il numero di tutti i cacciatori ammessi ed il territorio dell’ambito di caccia.
Pertanto, essa va correttamente letta nel senso che, oltre all’onere economico espressamente previsto, l’accesso dei cacciatori agli altri ambiti territoriali di caccia della Regione per l’esercizio dell’attività venatoria degli uccelli migratori, per un numero non inferiore a venti giornate, rimane sottoposto ai meccanismi autorizzativi previsti dalle più volte richiamate disposizioni nazionali, con la conseguenza che l’ammissione in soprannumero è possibile, di volta in volta, solo previa delibera motivata degli organi direttivi degli A.T.C., in esito ad apposita attività istruttoria circa l’incremento della popolazione faunistica e, in definitiva, del mantenimento dell’indice di densità di quel territorio.
D’altra parte, analogo percorso ermeneutico era già stato compiuto dalla Sezione I di questo Tribunale (sent. n. 4639/2001 cit.) con riguardo all’ormai abrogata previsione della caccia in reciprocità (art. 37, comma 7, l.r. n. 8 del 1996), disciplinata da una norma («i cacciatori residenti in Campania possono effettuare giornate di caccia, secondo il principio della reciprocità, in A.T.C. confinanti. Il numero di tali giornate non può essere superiore a 20») la quale, al pari di quella oggi in esame, se non replicava espressamente gli standard minimi stabiliti dalla legge quadro nazionale, sicuramente non ne disponeva la deroga, cosicché essa era stata correttamente intesa nel senso della soggezione ai principi dettati in ambito nazionale in punto di divieto del nomadismo venatorio e del legame del cacciatore al proprio territorio di residenza.
2. Delineato in tal modo il quadro normativo di riferimento, è possibile procedere alla verifica della legittimità dell’atto amministrativo oggi impugnato, costituito in primo luogo dal decreto dirigenziale n. 15 dell’1.2.2006 e dall’Allegato 1 recante “Art. 30, comma 1, L.R. 29 dicembre 2005, n. 42: circolare esplicativa per l’attuazione – ver. 2” nella parte in cui detta le regole di accesso dei cacciatori campani ad altri Ambiti Territoriali di Caccia (A.T.C.) della Regione per l’esercizio dell’attività venatoria della avi-fauna migratoria.
Nel dettaglio, tale allegato dispone (punto 4) che «a ciascun cacciatore residente Campania è consentito l’esercizio venatorio alla sola avi-fauna migratoria negli altri A.T.C. della Campania, per un numero totale di venti giornate ai sensi dell’art. 36, comma 2, della L.R. 8/96 come modificato dall’art. 30, comma 1, L.R. n. 24 del 29 dicembre 2005. Per l’esercizio di tale diritto dovrà essere versata alla Regione Campania una quota pari a 1/3 di quella di iscrizione all’ambito territoriale di caccia di residenza venatoria. Il numero massimo di cacciatori non iscritti in ciascun Ambito Territoriale di caccia per ogni giornata non potrà superare il 25% della disponibilità complessiva di iscrizioni».
In tal modo, dunque, la disciplina regolamentare dell’attività venatoria extra ambito all’avifauna migratoria, consente, nel limite del 25% della disponibilità di iscrizioni, accessi in soprannumero rispetto a quelli previsti per il singolo territorio considerato. Né assume contrario valore risolutivo della questione quanto dedotto dalla Regione circa l’esistenza di studi preliminari (comunque non versati in questo giudizio) che concluderebbero nel senso del non stravolgimento dell’indice di densità venatoria, assicurato dal riscontro effettuato in altre Regioni circa il fatto che anche nelle giornate di maggior afflusso la percentuale di cacciatori non sarebbe mai risultata superiore al 70% dei soggetti ammissibili.
Ed infatti, la legittimità della disposizione va misurata con riguardo al diverso parametro indicato dalla norma nazionale (art. 14, comma 8), non derogata dalla legge regionale, la quale mira ad assicurare l’equilibrata distribuzione dei cacciatori sul territorio stabilendo un preciso meccanismo di verifica della effettiva ricettività venatoria di ciascun territorio in un determinato momento storico, da versare in termini logico-motivatori in un provvedimento di autorizzazione espressa che tenga conto proprio degli esiti di tale istruttoria e che, nella specie, manca strutturalmente.
Dispone infatti il punto 22 dell’Allegato in esame che «con la richiesta di iscrizione per ottenere la residenza venatoria presso un A.T.C. della Campania è possibile chiedere l’autorizzazione all’esercizio della caccia all’avi-fauna migratoria negli altri A.T.C. della Campania per un numero di venti giornate. Tale diritto è subordinato al versamento alla Regione Campania (conto corrente n……) di una quota pari ad 1/3 di quella dell’iscrizione all’ambito territoriale di caccia di residenza venatoria. La Regione Campania, dopo la chiusura dell’annata venatoria, provvederà alla ripartizione delle risorse incassate agli A.T.C. in proporzione al numero delle giornate di caccia effettuate sul territorio di loro competenza e nel limite della disponibilità dello stanziamento delle risorse assegnate in bilancio. Per la prenotazione di ciascuna giornata i cacciatori potranno collegarsi telematicamente al sito www.reciprocit-campania.org e seguire le istruzioni riportate. In alternativa è possibile l’invio della prenotazione a mezzo fax all’A.T.C. in cui si effettuerà la giornata di caccia, con anticipo di almeno 24 ore e su uno specifico modello unificato, conservando la ricevuta e l’originale dell’istanza. Gli A.T.C. provvederanno alla introduzione dei dati di prenotazione nella procedura telematica ed alla conservazione dei fax per eventuali controlli e/o per i conteggi finali».
Il meccanismo di prenotazione così delineato, preceduto unicamente dall’astratta fissazione di un limite generale di ammissione in soprannumero, prescinde dunque da un espresso provvedimento di consenso dei singoli A.T.C. (peraltro, astrattamente surrogabile, secondo quanto stabilito da Corte cost. sent. n. 4 del 2000, ove consentito dalla legge regionale, anche da un provvedimento assessorile) che costituisca il punto di sintesi della necessaria attività istruttoria sopra richiamata, commisurata al mantenimento degli indici venatori di ciascun ambito territoriale.
Pertanto esso, improntato ad automaticità e ad immediatezza temporale (24 ore prima), oltre a rivelarsi poco funzionale rispetto a connaturate esigenze di effettivo controllo, preventivo e contestuale, dell’attività ammessa, non garantisce di per sé l’indice venatorio delle singole zone, finendo così per consentire la caccia in soprannumero secondo l’illegittimo modello del silenzio-assenso ed in assenza della necessaria rappresentazione della corrispondenza degli esiti istruttori in ordine all’incremento dell’avifauna migratoria col contenuto della delibera autorizzatoria.
Né vale a contraddire tale conclusione la replica della Regione, secondo cui il previo parere degli A.T.C. sarebbe garantito dal “Nuovo regolamento per la gestione degli Ambiti Territoriali di caccia (A.T.C.) (Legge Regionale 10 aprile 1996, n. 8)(con allegati)” emanato con D.G.C.R. n. 626 del 22 settembre 2003 e richiamato nella premessa del decreto n. 15 dell’1 febbraio 2006, oggetto dell’odierna impugnazione.
Infatti, i punti 3 e 4 dell’art. 8 di tale testo normativo all’evidenza disciplinano l’esercizio della caccia alla selvaggina migratoria «ai sensi dell’art. 37, comma 7 della L.R. 8/96» e, cioè, con riguardo all’istituto della reciprocità, disciplinato da quell’articolo di legge che tuttavia non è più vigente perché abrogato proprio dall’art. 30, comma 1, lettera b), della l.r. n. 24 del 2005.
I provvedimenti gravati risultano in definitiva illegittimi, nella parte in cui dettano disposizioni in materia di “Accesso ad altri ATC” (punto 22) per violazione dei principi del divieto del nomadismo venatorio e del rispetto della densità venatoria, in quanto non prevedono il preventivo motivato assenso dell’A.T.C. ospitante in soprannumero preceduto dalla debita istruttoria di cui all’art. 14, comma 8, della legge n. 157 del 1992; essi, pertanto, vanno annullati in parte qua.
3. La complessità del quadro normativo richiamato giustifica una integrale compensazione delle spese di lite tra le parti costituite, null’altro dovendosi disporre ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, tenuto conto che la ricorrente non ha versato il contributo unificato alla stregua di quanto disposto dall’art. 10, comma 1, del medesimo d.P.R.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Terza Sezione di Napoli, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe (R.G. n. 1374/2006), lo accoglie e, per l’effetto, pronuncia l’annullamento in parte qua dei provvedimenti con esso impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così è deciso nelle Camere di consiglio del 22 novembre e del 6 dicembre 2007.
Dott. Ugo De Maio Presidente
Dott. Alfredo Storto Giudice estensore