Consiglio di Stato Sez. II n. 865 del 4 febbraio 2025
Rifiuti.Materiale da scavo

La tesi secondo cui il materiale impiegato nel ciclo produttivo di un’impresa deve essere qualificato come materia prima anche se scaturisce, quale elemento di risulta, dal ciclo produttivo di un’altra impresa, è smentito dal dato normativo. L’art. 185, comma 4, d.lgs 152/2006 prevede, in particolare, che “il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, co. 1, lettera a), 184 bis e 184 ter”. Sulla base della disposizione sopra citata, l’individuazione del regime giuridico del materiale da scavo presuppone la previa qualificazione del medesimo quale rifiuto, sottoprodotto o materiale che ha cessato di essere tale, secondo il seguente ordine: a) in via preliminare, occorre valutare se esso costituisca rifiuto ai sensi dell’art. 183, comma 1, lettera a), ossia se si tratti di materiale “di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi”; b) in caso di esito negativo dell’accertamento sub a), occorre valutare se costituisca un sottoprodotto ai sensi dell’art. 184 bis in quanto: b.1) è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale; b.2) è certo che sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; b.3) può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; b.4) l’ulteriore utilizzo è legale; c) ove siano soddisfatti i requisiti sub b) il materiale da scavo, ottenuto come sottoprodotto, può essere utilizzato per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché siano rispettate le condizioni stabilite dall’art. 186 ratione temporis vigente, le quali devono risultare da idoneo allegato al progetto dell’opera, sottoscritto dal progettista (art. 186 comma 4); d) se, invece, il materiale non soddisfa né le condizioni sub a) né quelle b), è possibile escluderne la qualità di rifiuto, sussistendo i presupposti indicati dall’art. 184 ter. In tal caso, potrà essere qualificato come materia prima ed essere reimpiegato senza necessità dell’allegazione di un progetto di riutilizzo.

Pubblicato il 04/02/2025

N. 00865/2025REG.PROV.COLL.

N. 05499/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5499 del 2021, proposto da Cave Spadea & C. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Scaparone e Alberto Cerutti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Montecrestese, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (sezione seconda) n. 830/2020, resa nel giudizio per l’annullamento del diniego di permesso di costruire in sanatoria e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 15 gennaio 2025 il Cons. Carmelina Addesso e uditi per l’appellante gli avvocati Paolo Scaparone e Alberto Cerutti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Cave Spadea & C. S.r.l. chiede la riforma della sentenza in epigrafe indicata che ha respinto il ricorso avverso il provvedimento del Comune di Montecrestese prot. n. 4109 del 30.7.2019 di diniego di permesso di costruire in sanatoria di un deposito temporaneo di inerti e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

2. La ditta appellante, che estrae e tratta materiale roccioso, era stata autorizzata, con permesso di costruire n. 65/2009 ed autorizzazione ambientale n. 25/2009, al deposito di inerti per la durata di diciotto mesi, successivamente prorogati, su un’area privata situata nel Comune di Montecrestese (VB), in località Gabbio, ricadente nella fascia di rispetto del fiume Toce.

2.1 All’interno del deposito l’interessata collocava materiali provenienti dalla propria attività di escavazione dell’alveo di corsi d’acqua (autorizzata dalla Regione) nonché materiale di risulta derivante dall’escavazione della galleria Paiesco, nell’ambito dei lavori sulla S.S. 337 della Valle Vigezzo.

2.2 Poiché a seguito di sopralluogo dei Carabinieri del 20.02.2019 veniva accertato il mantenimento del materiale oltre i termini previsti nei titoli abilitativi, la ditta presentava istanza di rilascio del permesso di costruire in sanatoria nonché di autorizzazione al ripristino dei luoghi mediante asportazione del materiale.

2.3 Con provvedimento prot. n. 4109 del 30 luglio 2019- preceduta dalla comunicazione dei motivi ostativi prot. n. 3940 del 17 luglio 2019- il Comune di Montecrestese respingeva l’istanza sulla base di due autonome ragioni, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggerlo: a) il materiale presente va qualificato come rifiuto ai sensi del d.lgs 152/2006 e non rientra nella disciplina del d.P.R. 380/2001, con conseguente impossibilità di applicare l’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del citato d.P.R.; b) la domanda di accertamento di conformità deve essere comunque preceduta dalla richiesta di accertamento della compatibilità paesaggistica; c) gli elaborati grafici allegati all’istanza di sanatoria- in particolare gli elaborati n. 3 e n. 4- riportano uno stato di fatto del deposito errato e fuorviante, in quanto lo stesso è indicato con dimensioni molto ridotte e con un’occupazione parziale di parte del terreno censiti al C.T. al foglio n. 75, mappale 27, mentre, in realtà, lo stesso è esteso a tutto il mappale in oggetto e occupa anche i terreni limitrofi, mappali 2 e 71 e, in parte, anche i mappali 74-1-24-25-51-52-78.

2.4 Il provvedimento veniva impugnato dalla ditta con ricorso al T.a.r. per il Piemonte che, con ordinanza n. 406/2019, ordinava al Comune, non costituito in giudizio “di provvedere ad un riesame dell’istanza esprimendosi nel merito della stessa”.

2.5. All’esito del disposto riesame, l’ente, con provvedimento n. 327 del 21.01.2020 (comunicato a mezzo pec il 22.01.2020), rigettava nuovamente l’istanza.

2.6. Il provvedimento sopra indicato veniva impugnato dalla ricorrente con motivi aggiunti.

3. Con sentenza n. 830/2020 il T.a.r. per il Piemonte: a) dichiarava improcedibile il ricorso introduttivo avverso l’originario diniego in quanto sostituito dal provvedimento di riesame del 22 gennaio 2020; b) respingeva i motivi aggiunti; c) nulla statuiva sulle spese di giudizio, stante la mancata costituzione del Comune intimato.

4. Con l’appello in trattazione la ditta Cave Spadea chiede la riforma della sentenza per i seguenti motivi:

I. ERRONEITÀ DEL PRIMO CAPO DELLA SENTENZA APPELLATA – IL MATERIALE INERTE DEPOSITATO DALLA SOCIETÀ NON È RIFIUTO – VIOLAZIONE DI LEGGE IN RELAZIONE AGLI ARTT. 3, 6 E 10 BIS L. 7.8.1990 N. 241, 36 D.P.R. 6.6.2001 N. 380, 183, 184 BIS, 185 E 186 D.LGS. 3.4.2006 N. 152.

II. ERRONEITÀ DEL SECONDO CAPO DELLA SENTENZA APPELLATA – GLI ELABORATI PROGETTUALI – VIOLAZIONE DI LEGGE IN RELAZIONE AGLI ARTT. 3, 6 E 10 BIS L. 7.8.1990 N. 241, 36 D.P.R. 6.6.2001 N. 380.

III. ERRONEITÀ DEL TERZO CAPO DELLA SENTENZA – LA DOMANDA DI SANATORIA NON È CONDIZIONATA ALLA REALIZZAZIONE DI NUOVE OPERE – VIOLAZIONE DI LEGGE IN RELAZIONE AGLI ARTT. 3, 6 E 10 BIS L. 7.8.1990 N. 241, 36 D.P.R. 6.6.2001 N. 380

IV. ERRONEITÀ DEL QUARTO CAPO DELLA SENTENZA APPELLATA – L’AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA – VIOLAZIONE DI LEGGE IN RELAZIONE AGLI ARTT. 3, 6 E 10 BIS L. 7.8.1990 N. 241, 36 D.P.R. 6.6.2001 N. 380

V. ERRONEITÀ DEL QUINTO CAPO DELLA SENTENZA APPELLATA – IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO – VIOLAZIONE DI LEGGE IN RELAZIONE AGLI ARTT. 3 E 6 L. 7.8.1990 N. 241.

5. Il Comune appellato non si è costituito in giudizio.

6. In vista dell’udienza di trattazione l’appellante ha depositato memoria, insistendo per l’accoglimento dell’appello.

7. All’udienza straordinaria del 15 gennaio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.

8. L’appello è infondato.

9. Con il primo motivo di appello la ricorrente deduce che, contrariamente a quanto sostenuto dal T.a.r., il materiale proveniente dall’escavazione della galleria, al pari di quello derivante dal disalveo del fiume, costituisce materia prima non assimilabile ad un rifiuto né a sottoprodotto poiché reperito per un utilizzo diretto nel ciclo produttivo della società. Del pari errata sarebbe la statuizione di non sanabilità del deposito in ragione della presenza di materiale (derivante dallo scavo della galleria) non autorizzato nel 2009, atteso che sia il permesso di costruire che l’autorizzazione paesaggistica hanno assentito un generico deposito di inerti.

10. Il motivo è infondato.

11. La tesi dell’appellante, secondo cui il materiale impiegato nel ciclo produttivo di un’impresa deve essere qualificato come materia prima anche se scaturisce, quale elemento di risulta, dal ciclo produttivo di un’altra impresa, è smentito dal dato normativo.

12. L’art. 185, comma 4, d.lgs 152/2006 prevede, in particolare, che “il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, co. 1, lettera a), 184 bis e 184 ter”.

13. Sulla base della disposizione sopra citata, l’individuazione del regime giuridico del materiale da scavo presuppone la previa qualificazione del medesimo quale rifiuto, sottoprodotto o materiale che ha cessato di essere tale, secondo il seguente ordine:

a) in via preliminare, occorre valutare se esso costituisca rifiuto ai sensi dell’art. 183, comma 1, lettera a), ossia se si tratti di materiale “di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi”;

b) in caso di esito negativo dell’accertamento sub a), occorre valutare se costituisca un sottoprodotto ai sensi dell’art. 184 bis in quanto: b.1) è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale; b.2) è certo che sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; b.3) può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; b.4) l’ulteriore utilizzo è legale;

c) ove siano soddisfatti i requisiti sub b) il materiale da scavo, ottenuto come sottoprodotto, può essere utilizzato per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché siano rispettate le condizioni stabilite dall’art. 186 ratione temporis vigente, le quali devono risultare da idoneo allegato al progetto dell’opera, sottoscritto dal progettista (art. 186 comma 4);

d) se, invece, il materiale non soddisfa né le condizioni sub a) né quelle b), è possibile escluderne la qualità di rifiuto, sussistendo i presupposti indicati dall’art. 184 ter. In tal caso, potrà essere qualificato come materia prima ed essere reimpiegato senza necessità dell’allegazione di un progetto di riutilizzo.

14. Nel caso di specie il materiale oggetto della richiesta di sanatoria proviene dai lavori di realizzazione di una galleria e l’appellante si è dichiarata disponibile a riceverlo dalla ditta esecutrice per poi impiegarlo nel proprio ciclo produttivo (lettera di ricezione del materiale: doc. 3 fascicolo primo grado): esso ha, quindi, natura di sottoprodotto.

15. La qualificazione come materia prima, sostenuta nell’appello, pretermette l’intero ciclo di vita del materiale, in contrasto con la definizione di sottoprodotto contenuta nell’art. 184 bis: costituisce, infatti, sottoprodotto il materiale che è originato da un processo di produzione e che verrà utilizzato in un altro processo di produzione, anche di un’impresa terza (cfr. supra sub b).

16. Diversamente da quanto opina l’appellante, la provenienza da un ciclo estrattivo gestito da una diversa impresa, che non ha come scopo la produzione di materiale da scavo ma la realizzazione di un’opera pubblica, costituisce un aspetto essenziale per la qualificazione come sottoprodotto.

17. Non è, pertanto, possibile alcuna assimilazione tra il materiale estratto dalla galleria, che è un sottoprodotto, e quello derivante dall’escavazione fluviale, che invece costituisce materia prima, poiché solo quest’ultimo è estratto con la finalità del successivo utilizzo nel ciclo produttivo dell’interessata, sulla base di un’apposita concessione regionale.

18. Per tale ragione, non è possibile assegnare alcun rilievo alla circostanza, valorizzata dall’appellante, che la concessione regionale prevedesse anche lavori manutentivi e opere di presa di impianto, ossia attività diverse e ulteriori rispetto a quella principale di estrazione (cfr. punto 1 della concessione regionale che prevede, oltre all’escavazione, anche la movimentazione di ulteriore materiale per i lavori in questione: doc. 2 deposito primo grado).

19. Poiché il materiale estratto dalla galleria costituisce un sottoprodotto dei lavori volti alla realizzazione dell’opera pubblica, la ditta appellante avrebbe dovuto munirsi del progetto per il suo riutilizzo ai sensi dell’art. 186 ratione temporis vigente (con cui si pongono in continuità gli attuali artt. 9 e 21 d.P.R. 120/2017 che prevedono la redazione di un “piano di utilizzo”, oltre che la presentazione di una dichiarazione sostitutiva circa la sussistenza delle condizioni per qualificare le terre e rocce da scavo come sottoprodotti), mai prodotto nell’ambito del procedimento volto al rilascio della sanatoria.

20. Sotto distinto e concorrente profilo, si osserva che il titolo edilizio e l’autorizzazione paesaggistica del 2009 avevano ad oggetto solo il materiale estratto dall’alveo fluviale e non anche quello derivante della galleria.

21. Dall’istanza di permesso di costruire e dalla documentazione allegata (relazione tecnica e Tav.1 della planimetria allegata al p.d.c. n. 65/2009) risulta, infatti, che oggetto della richiesta è la realizzazione di un deposito di materiali inerti provenienti da escavazione fluviale.

22. Il permesso di costruire è stato rilasciato- si legge nel provvedimento- per un deposito di materiali inerti “secondo il progetto presentato e allegato quale parte integrante del presente atto” e, quindi, unicamente per il materiale proveniente dall’escavazione fluviale.

23. Il motivo deve, quindi, essere respinto.

24. Con il secondo motivo di appello, la ditta Cave Spadea censura il capo della sentenza che ha ritenuto ostativa alla sanatoria anche l’eccepita erroneità di alcuni elaborati progettuali, che avrebbero dovuto essere modificati, senza dare rilievo all’intenzione manifestata dalla società di rettificare gli elaborati stessi, previo chiarimento del profilo inerente l’assimilazione degli inerti ai rifiuti.

25. Il motivo è infondato.

26. Nel preavviso di rigetto del 9.01.2020 (doc. 32 deposito primo grado ricorrente), richiamato nel provvedimento finale, è stato evidenziato che gli elaborati grafici allegati all’istanza recano uno stato di fatto errato e fuorviante poiché l’area occupata ammonta a circa mq. 8.500 (come accertato dal Comune e dai Carabinieri Forestali), mentre negli elaborati progettuali risulta rappresentato solo il 14 per cento della superficie reale. Gran parte dell’area occupata, inoltre, risulta abusiva già all’origine poiché sia il permesso di costruire n. 65/2009 sia l’autorizzazione paesaggistica n. 25/2009 hanno ad oggetto un deposito di 1500 mq (tavola 1 allegata al p.d.c. 65/2009).

27. Le circostanze sopra evidenziate, chiaramente illustrate nel preavviso di diniego e nel provvedimento finale, sono ostative alla sanatoria.

28. Non è condivisibile l’assunto difensivo secondo cui il Comune avrebbe dovuto prendere in considerazione la disponibilità, dichiarata dalla ditta in sede di controdeduzioni, a presentare l’ulteriore documentazione tecnica all’esito della valutazione positiva delle proprie osservazioni in ordine alla qualifica degli inerti come materie prime.

29. È evidente che il privato non può subordinare un’integrazione documentale all’accoglimento delle proprie osservazioni procedimentali, trattandosi di un onere che è tenuto ad assolvere prima di qualunque determinazione dell’ente, per la completezza dell’istruttoria.

30. Anche il secondo motivo deve, quindi, essere respinto.

31. Con il terzo, quarto e quinto motivo di appello, che possono essere esaminati congiuntamente, l’appellante ripropone il terzo, quarto e quinto motivo del ricorso per motivi aggiunti, con cui deduce che:

i) contrariamente a quanto affermato dal Comune, Cave Spadea non ha formulato un’istanza di sanatoria condizionata all’esecuzione di nuovi interventi edilizi, ma ha chiesto, da un lato, l’accertamento di conformità edilizia del deposito di materiale inerte già oggetto dei titoli abilitativi rilasciati nell’anno 2009 e, dall’altro lato, l’assenso alla completa rimozione dell’inerte e ripristino dell’area alle precedenti condizioni;

ii) la richiesta di sanatoria edilizia comprendeva anche quella di compatibilità paesaggistica;

iii) a decidere il riesame della pratica edilizia è stato il responsabile dell’ufficio tecnico in luogo del designato responsabile del procedimento.

32. Le censure, che si risolvono in una mera riproposizione di quelle di primo grado, sono infondate.

33. Il collegio condivide le statuizioni del giudice di primo grado, non oggetto di alcuna critica specifica ad opera dell’appellante, atteso che:

a) la qualificazione del materiale come rifiuto ne impone l’assoggettamento, anche quanto alla rimozione, alla disciplina del d.lgs 152/2006 e preclude il rilascio della sanatoria ex art. 36 d.P.R. 380/2001;

b) la circostanza che l’autorità competente per la sanatoria paesaggistica coincida con quella competente per la sanatoria edilizia non consente alcuna assimilazione e sovrapposizione di procedimenti e provvedimenti e non esonera il richiedente dall’onere di proporre, oltre all’istanza di sanatoria edilizia, anche quella di sanatoria paesaggistica, pacificamente necessaria nel caso di specie;

c) non emerge dagli atti, né la ricorrente ha provato, alcun vizio di incompetenza del responsabile dell’ufficio tecnico che ha sottoscritto il provvedimento, tanto più che, ai sensi dell’art. 6 l. 241/1990, esso può essere diverso dal responsabile del procedimento. Ciò in disparte l’ulteriore considerazione che la natura vincolata del diniego di sanatoria rendeva irrilevante l’asserita violazione dell’art. 6 l. 241/1990 in quanto non tradotta in un vizio di incompetenza.

34. In definitiva, il provvedimento impugnato si regge su plurime motivazioni -la natura di sottoprodotto del materiale, errata e fuorviante rappresentazione dello stato di fatto, occupazione di un’area superiore a quello oggetto dei titoli abilitativi del 2009 e per materiale diverso da quello con essi assentito, impossibilità di rilascio di una sanatoria condizionata, mancanza di sanatoria paesaggistica- ciascuna idonea di per sé a sostenerne la legittimità (cfr, ex multis, Cons. Stato, sez. II n. 5848 del 2024; sez. n. 4878 del 2024; v. in particolare il doc. 32 del fascicolo di primo grado).

35. L’appello deve, pertanto, essere respinto.

36. La mancata costituzione del Comune di Montecrestese esclude ogni statuizione sulle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2025, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:

Daniela Di Carlo, Presidente FF

Silvia Martino, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore

Annamaria Fasano, Consigliere

Roberto Michele Palmieri, Consigliere