Consiglio di Stato Sez. IV sent. 2635 del 15 maggio 2003
Discarica
RSU. Autorizzazione provvisoria alla gestione.
R
E P
U B B
L I
C A I
T A
L I
A N A
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha
pronunciato la seguente
D
E C I S I O N E
sul
ricorso in appello R.G. n. 2506 del 1987 (n. 726 del 1987 reg. sez)
proposto dalla Soc.
PRO.CHI. a r.l., in persona del suo legale rappresentante,
rappresentata e difesa dal
l'avv. Mastromarino Giuseppe ed
elettivamente domiciliata in Roma,
viale Giulio Cesare, n. 183 (c/o studio
legale Ursula Benincampi);
c
o n t r o
il
Comune di Latina
, in persona del Sindaco in carica,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Franco Gaetano Scoca e Francesco Catenacci
con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via G. Paisiello n. 55;
e
nei confronti
della
Regione Lazio ed Amministrazione
Provinciale di Latina, in persona del Presidente della Giunta Regionale in
carica, non costituite;
per
l'annullamento
della
sentenza n. 199 del 23 marzo 1987 resa inter
partes dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio , Sezione staccata
di Latina, sui ricorsi proposti dal medesimo comune di Latina ed iscritti nel
R.G. di quel Tribunale ai numeri 1 e 113 del 1984;
Visto il ricorso con
i relativi allegati;
Visto
l'atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale
dell’Amministrazione comunale di Latina
Viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Relatore
alla pubblica udienza del 14 gennaio 2003
il Consigliere Dedi Rulli; Nessuno
comparso per le parti;
Ritenuto in fatto e
considerato in diritto quanto segue:
F
A T T O
Il
Comune di Latina, con separati ricorsi, impugnava innanzi al Tribunale
Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione staccata di Latina:
-
con ricorso n. 1/84: la delibera della Giunta Regionale del Lazio n. 5225
del 27 settembre 1983, con la quale la Società controinteressata è stata
provvisoriamente autorizzata alla continuazione della discarica controllata dei
rifiuti solidi urbani del Comune stesso, nonché il provvedimento di diniego
implicito
di autorizzazione richiesta da quella
stessa Amministrazione;
-
con ricorso n. 113/84: il decreto del Presidente della Giunta Regionale
n. 2133 del 15 novembre 1983.
L’impugnativa
era affidata ai seguenti motivi di illegittimità:
a)
“Eccesso di potere. Difetto assoluto di istruttoria. Erroneità nei
presupposti. Violazione dei principi sanciti dal D.P.R. 10 settembre 1982, n.
915”, per vari profili, tutti sostanzialmente incentrati sulla circostanza che
la discarica per la quale è stata autorizzata la continuazione della gestione
copre oggi una superficie di ben 42 ha, di molto superiore a quella precedente
(di soli 5 ha), con la conseguenza che, trattandosi di una nuova autorizzazione,
sarebbe stata necessaria la verifica di tutte le condizioni idrogeologiche,
ambientali e di sicurezza, verifica alla quale avrebbero dovuto partecipare gli
organi sanitari ed il Comune sul cui territorio si svolge la predetta attività
e, nella specie, siffatta verifica è del tutto mancata;
b)
“Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del D.P.R. n. 915 del 1982”
per omessa indicazione, nel provvedimento autorizzativo, di tutte le indicazioni
prevista dalla norma stessa;
c)
“Violazione della medesima disposizione sotto diverso profilo” atteso che,
se la rilasciata autorizzazione consiste esclusivamente nella continuazione
della precedente gestione, la stessa deve essere espressamente limitata alla
superficie in precedenza interessata (di soli 5 ettari); in caso contrario la
Regione avrebbe dovuto accertare l’esistenza delle necessarie condizioni
idrogeologiche, ambientali e di sicurezza ed investire, per quanto di
competenza, il Comune di Latina e gli organi sanitari della U.S.L.
d)
“Illogicità manifesta” apparendo contrario al pubblico interesse affidare
il servizio di cui trattasi ad un privato in luogo dell’Amministrazione
comunale che pure ne aveva fatto richiesta.
Notificava,
successivamente, un motivo aggiunto deducendo la “Illogicità manifesta.
Violazione dei principi generali relativi sanciti dall’art. 34 dello Statuto
della Regione Lazio” per mancanza di una preventiva istruttoria e di un
sopralluogo, necessari per accertare le effettive condizioni dell’area
interessata dalla discarica rispetto alla quale avrebbe dovuto essere consultato
anche il Comune di Latina.
Con
il secondo ricorso veniva chiesto l’annullamento anche del Decreto del
Presidente della Giunta regionale attuativa della precedente delibera per
illegittimità derivata e per motivi di contenuto pressoché analogo a quelli
che viziano il provvedimento dell’organo collegiale regionale.
Il
Tribunale adito, previa riunione e disattese le eccezioni pregiudiziali
sollevate dalla Società Pro-Chi, ha accolto, in parte, i ricorsi ritenendo
fondato quel profilo di illegittimità con il quale si lamentava il mancato
intervento dell’Amministrazione comunale istituzionalmente preposta alla
tutela ed all’ordinato assetto del territorio.
Con
atto notificato in data 8 maggio 1997, propone appello la Società PRO.CHI. che,
con un unico complesso motivo di ricorso, deduce:
“Violazione
di legge (artt. 6 e sgg. del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915; artt. 1362 sg.
cod.civ.) - Eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà,
travisamento dei fatti.”
Dopo
aver precisato che la discarica contestata è in funzione da molti anni e non ha
mai dato occasione a contestazioni in merito ad inquinamenti e ad impatto
ambientale, precisa che l’autorizzazione contestata dal Comune di Latina si
inquadra tra le cd. autorizzazioni provvisorie previste dall’art. 31 del
D.P.R. 915 del 1982, che regola le ipotesi di attività preesistenti per le
quali non si può fare applicazione dell’art. 6 del decreto stesso che
disciplina, al contrario, le autorizzazioni definitive.
In
punto di fatto precisa che la Regione, in sede di istruttoria in ordine alla
richiesta della Società, aveva già interpellato il Comune per acquisire
elementi di valutazione, così che non è esatto affermare, come ha fatto il
giudice di primo grado, che sarebbe mancata quella fase procedimentale che
prevede l’intervento dell’Ente territoriale minore.
La
società PRO.CHI. conclude chiedendo l’accoglimento dell’appello e la totale
riforma della decisione impugnata.
Per
resistere al giudizio si è costituito il Comune di Latina, il quale ha
notificato, altresì, appello incidentale. Ribadisce, in particolare, come la
delibera regionale autorizzativa della discarica sarebbe carente sotto il
profilo dell’esatta delimitazione della stessa, elemento, questo, determinante
ai fini della individuazione dell’impianto e della sicurezza dell’area
stessa e dei luoghi limitrofi.
Sarebbe,
poi, mancata una accurata istruttoria sotto il profilo idrogeologico, ambientale
e di sicurezza, tanto più necessaria ove si consideri la maggiore estensione
dell’area interessata.
Ripropone,
infine, i motivi non esaminati o non correttamente valutati dal T.A.R.,
insistendo, in particolare, sulla violazione dell’art. 10 del citato decreto
per la parte in cui nella delibera autorizzativa non sono stati indicati i dati
previsti dalla norma.
Conclude,
quindi, per l’accoglimento dell’appello incidentale e per l’annullamento,
per quanto di ragione, della sentenza del
T.A.R.
Alla
pubblica udienza del 14 febbraio 2003, su concorde richiesta delle parti, la
controversia è stata spedita in decisione.
D
I R I T T O
1.
Con la decisione portata all’esame del Collegio, il Tribunale Amministrativo
Regionale del Lazio
, sezione staccata di Latina, ha
parzialmente accolto, dopo averne disposto la riunione, i due ricorsi proposti
dal Comune di Latina avverso gli atti del procedimento relativo
all’autorizzazione provvisoria all’esercizio di una discarica sita nel
territorio dello stesso Comune.
Il
giudice di primo grado, dopo aver estromesso dal giudizio la Regione Lazio per
irregolarità della sua costituzione, limitatamente al primo ricorso, e dopo
aver disatteso, in parte, le eccezioni pregiudiziali sollevate in quella sede
dalla Società intimata, ha ritenuto fondato quel profilo di illegittimità con
il quale il Comune lamentava la mancata audizione del Comune interessato, ai
sensi dell’art. 6 del D.P.R. 915 del 1982, sul rilievo che l’area
interessata era di gran lunga superiore a quella in precedenza sfruttata sì da
configurare una nuova discarica, per la cui attivazione sarebbe stato necessario
l’intervento del Comune istituzionalmente preposto alla tutela del territorio.
La
Società appellante contesta, in fatto ed in diritto, le argomentazioni e le
conclusioni alle quali è pervenuto il giudice di primo grado precisando, in
primo luogo, che la discarica in questione, peraltro già in esercizio, ha una
disponibilità di 42 ettari, di cui è utilizzata solo una superficie di 5
ettari a rotazione e, come tale, rientra pienamente nelle previsioni dell’art.
31 del decreto 915 del 1982 trattandosi di autorizzazione provvisoria che è atto
dovuto in presenza di una
attività preesistente, di una domanda tempestiva, di un piano ancora in fase di
realizzazione, del mancato rilascio dell’autorizzazione definitiva e del
rispetto delle prescrizioni tecnico-sanitarie, requisiti - questi - tutti
presenti nella fattispecie.
Appare
quindi erroneo pretendere, come vuole il T.A.R., di fare applicazione di una
disciplina dettata per una diversa ipotesi: quella dell’autorizzazione
definitiva.
Aggiunge,
ancora, che la Regione Lazio, fin dal 1983, era in contatto con il Comune di
Latina al quale aveva chiesto “informazioni” sulla discarica così che
erroneamente, nella decisione impugnata, si afferma che la mancata acquisizione
del parere comunale avrebbe viziato l’intera procedura autorizzativa.
2.
Il Collegio ritiene che la statuizione del Tribunale adito possa essere
confermata nelle sue conclusioni ancorché con una diversa motivazione.
Ai
fini della soluzione della controversia giova prendere le mosse dal quadro
normativo di riferimento, in particolare dal D.P.R. n. 915 del 10 settembre
1982, per verificarne l’ambito di incidenza sulle attività di smaltimento in
corso al momento della sua entrata in vigore.
Il
citato D.P.R. è stato emanato, sulla base della legge di delega al Governo del
9 febbraio 1982, n. 42, per dare attuazione alle direttive della Comunità
Economica Europea in materia di smaltimento di rifiuti di ogni genere: urbani,
speciali, tossici e nocivi.
Con
tale provvedimento legislativo delegato sono state, quindi, introdotte
nell'ordinamento italiano quelle norme che in sede comunitaria sono state
ritenute più adeguate alle speciali esigenze di una moderna società
industriale che produce innumerevoli quantità di beni durevoli e di consumo
determinando, nel contempo, e proprio per effetto dello sviluppo tecnico ed
economico, sempre maggiori quantità di rifiuti di ogni tipo.
Il
nuovo testo normativo detta la disciplina d'ordine generale perché l'attività
di smaltimento dei rifiuti, che è dichiarata di pubblico interesse in ogni sua
fase, venga svolta salvaguardando i valori primari della vita singola e
associata: salute, incolumità e sicurezza, nonché i valori fondamentali
dell'ambiente e del territorio; fissa e distribuisce le competenze tra gli enti
preposti: Stato, Regioni, Province e Comuni; stabilisce i criteri e predispone
gli strumenti giuridici per il controllo preventivo e successivo dell'attività
di smaltimento che è subordinata ad autorizzazione regionale in ogni sua fase;
regolamenta tutti gli altri aspetti della materia (non esclusi quelli di
carattere fiscale e sanzionatorio) ritenuti opportuni per il migliore
perseguimento delle finalità di legge.
E
non si trascura, peraltro, neppure l'esigenza di dettare disposizioni di
carattere transitorio, tenuto conto che l’attività di smaltimento di rifiuti
erano comunque in corso al momento della sua entrata in vigore, e che
l'applicazione di numerose regole e modalità della nuova disciplina era
subordinata alle determinazioni specifiche, integrative o di dettaglio, da
adottarsi dagli organi o enti a ciò deputati (Comitato interministeriale e
Regioni).
Su
tale specifico punto, che è quello che viene qui in rilievo, l'art. 31 del
citato D.P.R. prevede il rilascio di autorizzazioni, quanto meno provvisorie,
alle imprese già operanti nel settore, subordinatamente all'accertamento
dell'osservanza delle prescrizioni contenute nel decreto medesimo in quanto
immediatamente applicabili, e con efficacia limitata alla data di entrata in
vigore della normativa regionale di cui all’art. 6, lett. f).
3.
Ed è alla luce di questo quadro normativo di riferimento che deve essere
esaminata la fattispecie portata all’esame del Collegio.
Il
giudice di primo grado, a sostegno della statuizione di annullamento, ha
richiamato proprio quest’ultima disposizione, ritenendo che l’autorizzazione
rilasciata alla soc. PRO-CHI - tenuto conto della maggiore superficie
interessata - riguardasse una nuova discarica, diversa da quella in esercizio,
rispetto alla quale sarebbe stato necessario sentire il Comune nel cui
territorio l’attività andava ad inserirsi.
In
ordine a questo specifico profilo, deve essere condiviso il presupposto da cui
muovono le argomentazioni svolte dalla Società appellante a sostegno della
richiesta riforma della sentenza impugnata.
Osserva,
infatti, il Collegio che appare contraddittorio affermare, da una parte, che si
versa nella ipotesi di autorizzazione provvisoria di cui all’art. 31 del
decreto, e dall’altra fare applicazione delle disposizioni che regolano le
nuove discariche (in particolare l’art. 6, comma 1, let. b).
Dalla
documentazione versata in atti, risulta, altresì, che l’impianto di cui si
discute, aveva ed ha la disponibilità di un’area di 42 ettari, dei quali
vengono sfruttati a rotazione solo 5 ettari (da ricoprire una volta esauriti,
per poter passare ad un altro spazio della stessa superficie) essendo, così,
evidente che trattasi sempre della stessa attività (oggetto della precedente
autorizzazione) da svolgersi sulla medesima estensione del terreno, anche se non
nel medesimo contesto.
Per
tale profilo, e nei limiti che saranno in seguito precisati l’appello della
Soc.PRO-CHI merita accoglimento.
4.
Può, ora, essere esaminato l’appello incidentale proposto dal Comune di
Latina il quale denuncia, tra l’altro, la illegittimità della delibera
regionale di autorizzazione (n. 5225 del 27 settembre 1983) e del decreto del
Presidente della Giunta Regionale (n. 2133 del 15 novembre 1983) per violazione
dell’art. 10 del D.P.R. n. 915 del 1982, per la parte in cui mancano le
indicazioni ivi richieste, in particolare l’esatta delimitazione e
l’estensione della discarica, nonché i quantitativi massimi dei rifiuti che
in essa possono essere scaricati.
La
censura, assorbente rispetto agli ulteriori motivi, appare fondata e va
condivisa.
La
disposizione invocata è espressamente richiamata dal secondo comma dell’art.
31 del decreto il quale così statuisce: “….nel caso di discarica di cui
all’art. 10, la domanda deve
contenere i dati e le informative ivi prescritti.”, e cioè come si è
detto la delimitazione e la esatta ubicazione della discarica.
Sul
punto il giudice di primo grado si è limitato ad osservare che la delibera
regionale fa riferimento alla documentazione presentata dalla Società
richiedente nella quale sarebbero precisati i predetti elementi.
In
realtà, dalla documentazione depositata in atti siffatta affermazione non trova
completo riscontro; a parte la considerazione che è il provvedimento
autorizzatorio che deve contenere la esatta ubicazione e la delimitazione della
discarica, e non il semplice rinvio alla documentazione presentata, dall'esame
di questi emerge al contrario che il richiamo alla relazione tecnica depositata
dalla PRO-CHI, alla topografia, alla mappa catastale ed allo studio
idrogeologico del terreno non consentono di rinvenire i dati e gli
elementi indicati dalla norma, ed in particolare la delimitazione della
discarica ed i quantitativi massimi di rifiuti che possono essere
scaricati, atteso che, la mappa catastale alla quale fa riferimento la
decisione impugnata, fornisce solo l’ubicazione dell’area e non altro.
Gli
elementi nella specie carenti si presentavano tanto più necessari ove si
consideri che, nella
fase di passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento, la funzione degli organi
pubblici regionali, incaricati ora di sovrintendere alla materia, è quella di
accertare in concreto se le discariche in attività offrano quel grado di
sicurezza tale da consentirne la prosecuzione dell'attività nonché se
rispondano alle condizioni essenziali per poter essere adeguate ai canoni
fondamentali della nuova disciplina.
Se
gli impianti esistenti non offrono in concreto tali garanzie o non posseggono i
requisiti necessari non v'è altro da fare che impedirne la prosecuzione
dell'attività, negando l'autorizzazione provvisoria o revocando quella in un
primo tempo concessa.
4.
Per le ragioni fin qui svolte, l’appello della soc. PRO.CHI va accolto nel
senso della riforma della motivazione della decisione impugnata; va, altresì,
accolto l’appello incidentale del Comune di Latina e, per l’effetto, va
confermato con l’accoglimento del gravame proposto in primo grado e
l’annullamento dei provvedimenti oggetto di quel giudizio.
Sussistono
motivi per compensare, tra le parti, le spese e gli onorari del grado di
giudizio.
P.
Q. M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente
pronunciando, in ordine al ricorso in oggetto indicato in epigrafe, nonchè al
ricorso incidentale in appello, così provvede:
-
accoglie l’appello principale nei limiti precisati in motivazione;
-
accoglie l’appello incidentale e, per l’effetto, conferma, con diversa
motivazione, la decisione impugnata.
Compensa
tra le parti le spese e gli onorari della fase di giudizio.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma il 14 gennaio 2003
, in camera di
consiglio,
con l'intervento dei magistrati:
Stenio
RICCIO
Presidente
Costantino
SALVATORE
Consigliere
Dedi
RULLI
Consigliere, est.
Giuseppe
CARINCI
Consigliere
Vito
POLI
Consigliere