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Consiglio di Stato Sez. V sent. n. 323 dell'8 febbraio 2005

Rifiuti - Bonifica siti inquinati

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REPUBBLICA ITALIANA N. 323/05 REG.DEC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 5209 REG.RIC.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 1999

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 5209 del 1999 proposto dall’avv. Giovanni Procaccini, in giudizio di persona ed elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere dei Mellini n. 10, presso lo studio dell’avv. Giovanni Ozzo,

contro

il Comune di Urbino, non costituito in giudizio,

per la riforma

della sentenza n. 452 in data 16 aprile 1999 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Vista la memoria prodotta dall’appellante a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il cons. Corrado Allegretta;

Udito alla pubblica udienza del 26 marzo 2004 l’avv. Zicavo, su delega dell’avv. Procaccini;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante, l’avv. Giovanni Procaccini, contro l’ordinanza 16 ottobre 1993 n. 1470, con la quale il Sindaco di Urbino gli ordinava di provvedere alla rimozione dei rifiuti depositati su terreno di sua proprietà ed alla bonifica dell’area.

L’appellante censura la sentenza deducendo, in sostanza, la fondatezza del ricorso di primo grado e l’illegittimità dell’ordinanza con esso impugnata, sulla base dei motivi di doglianza ivi dedotti.

Il Comune appellato non si è costituito in giudizio.

All’udienza pubblica del 26 marzo 2004, sentito il difensore presente, il Collegio si è riservata la decisione.

DIRITTO

La controversia ha per oggetto l’ordinanza sindacale con cui è stato ordinato al ricorrente, in quanto proprietario di un’area interessata dal deposito abusivo di rifiuti, di provvedere, ai sensi dell’art. 9 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, alla rimozione dei rifiuti ed alla bonifica dell’area.

L’appello è fondato in relazione all’assorbente censura di violazione e falsa applicazione della disposizione ora citata, sotto il particolare profilo della non configurabilità di un’ipotesi di responsabilità oggettiva del proprietario del terreno e dell’omessa valutazione della responsabilità del ricorrente.

La disposizione di cui al menzionato art. 9, nei suoi primi due commi, dispone: “È vietato l'abbandono, lo scarico o il deposito incontrollato dei rifiuti in aree pubbliche e private soggette ad uso pubblico” e “In caso d'inadempienza, il sindaco, allorché sussistano motivi sanitari, igienici od ambientali, dispone con ordinanza, previa fissazione di un termine per provvedere, lo sgombero di dette aree in danno dei soggetti obbligati”.

Essa, ormai non più in vigore, è stata sostituita dall’art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, nel cui terzo comma l’inclusione, a titolo di responsabilità solidale, del proprietario dell'area tra i “soggetti obbligati” al ripristino dello stato dei luoghi è espressamente condizionata all’imputabilità a lui, a titolo di dolo o colpa, della violazione del divieto di abbandono.

In proposito, peraltro, non può non osservarsi che, con siffatta nuova formulazione, della norma è stata soltanto conformata alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza prevalente in ordine all’individuazione dei “soggetti obbligati”.

L’orientamento giurisprudenziale assolutamente maggioritario, dal quale il Collegio non ritiene di doversi discostare, infatti, era nel senso che, secondo il disposto dell’art. 9 citato, l'ordine di smaltimento dei rifiuti non potesse essere rivolto al proprietario come tale, se non in quanto egli potesse ritenersi “obbligato” a causa di un comportamento - anche omissivo - di corresponsabilità con l'autore dell'abbandono illecito dei rifiuti”. E questo in considerazione della natura dell'ordine di smaltimento, configurato quale sanzione avente carattere ripristinatorio, che presuppone l'accertamento della responsabilità da illecito in capo al destinatario.

Nel caso di specie, invece, il ripristino dei luoghi viene posto a carico del ricorrente esclusivamente per avere il Sindaco “accertato … che l’area occupata dai suddetti rifiuti … risulta” catastalmente a lui “intestata …” e, pertanto, solo in considerazione della sua qualità di proprietario, senza la necessaria indicazione di suoi comportamenti, quanto meno colposi, causalmente collegati all’evento dannoso che gli si ordina di riparare, ovvero senza che risulti lo svolgimento di alcuna valida attività istruttoria tesa ad accertarne la responsabilità dell’illecito.

L’appello va, pertanto, accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso proposto in primo grado deve essere accolto ed annullata l’ordinanza sindacale che ne forma oggetto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso proposto in primo grado ed annulla l’ordinanza sindacale con esso impugnata.

Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 26 marzo 2004 con l'intervento dei Signori:

Raffaele Iannotta Presidente

Raffaele Carboni Consigliere

Corrado Allegretta Consigliere rel. est.

Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere

Paolo Buonvino Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Corrado Allegretta f.to Raffaele Iannotta

IL SEGRETARIO

f.to Rosi Graziano

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 8 febbraio 2005

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL DIRIGENTE

f.to Antonio Natale