Cass.Sez. III n. 9579 del 28 febbraio 2013 (CC 17 gen 2013)
Pres.Teresi Est.Mulliri Ric.Longo
Rifiuti.Sequestro di cose soggette a confisca obbligatoria
In tema di sequestro di cose pertinenti al reato che ne renda obbligatoria la successiva confisca (nella specie, veicolo adoperato per il trasporto di rifiuti pericolosi senza autorizzazione), il terzo che invochi la restituzione delle cose sequestrate qualificandosi come proprietario o titolare di altro diritto reale è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa e, in particolare, oltre alla titolarità del diritto vantato, anche l'estraneità al reato e la buona fede, intesa come assenza di condizioni in grado di configurare a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell'uso illecito del bene
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 17/01/2013
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - SENTENZA
Dott. MULLIRI Guicla - rel. Consigliere - N. 100
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere - N. 26676/2012
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
Longo Federico, nato a Mesagne il 16.12.75;
Longo Massimo, nato a Brindisi il 22.5.48;
indagati D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256.
avverso la ordinanza del Tribunale per il Riesame di Brindisi del 12.4.12
Sentita la relazione del cons. Guicla Mulliri;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. FRATICELLI Mario che ha chiesto una declaratoria di inammissibilità del ricorso;
Vista la memoria depositata in data il 28.11.12.
RITENUTO IN FATTO
1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato - Con la decisione oggetto di ricorso, il Tribunale ha respinto la richiesta di riesame avanzata dai ricorrenti avverso il decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, disposto nei loro confronti in quanto, rispettivamente, proprietario (Longo Federico) ed utilizzatore (Longo Massimo) di un autocarro per soccorso stradale. La misura cautelare è stata disposta perché è stata ipotizzata la violazione del D.Lgs. n. 152 del 1996, art. 256 in quanto, sul predetto autocarro, era trasportata una autovettura Lancia Y priva di organo propulsore, degli pneumatici, del lunotto termico, dei fari anteriori e di un faro posteriore, considerato rifiuto pericoloso. Al contempo, l'autocarro risultava sprovvisto della necessaria iscrizione all'albo gestori ambientali.
2. Motivi del ricorso - Avverso tale decisione, gli indagati hanno proposto ricorso, tramite il difensore, deducendo:
1) erronea applicazione di legge (art. 606 c.p.p., lett. b) in rel. al D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, art. 3) perché l'autovettura Lancia non può essere considerata rifiuto in quanto provvista di targhe e di documenti. Diversamente opinando, si arriverebbe all'assurdo di considerare trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi anche quello di una vettura del tutto distrutta a causa di un incidente stradale;
2) vizio di motivazione (art. 606 c.p.p., lett. e)) in quanto è erronea l'asserzione che il bene trasportato dall'autocarro costituisse un rifiuto posto che il veicolo, seppure non marciante, era provvisto di targhe e documenti ed, a tale stregua, non è esatta neppure la citazione giurisprudenziale fatta di Tribunale (sez. n, (ord) 19.5.04, Francioso, rv. 230356) perché, in quel caso, il veicolo era privo di targhe;
3) mancanza di motivazione (art. 606 c.p.p., lett. e)) con riferimento alla posizione del proprietario. L'autocarro, infatti, era stato dato in comodato d'uso a Longo Massimo ma nulla si dice a proposito della buona fede del proprietario Longo Federico circa l'utilizzo del veicolo.
I ricorrenti concludono invocando l'annullamento della ordinanza impugnata. Con memoria depositata successivamente, i ricorrenti ribadiscono le proprie ragioni difensive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione - Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.
Come si evince dal tenore del provvedimento impugnato, le questioni qui svolte sono state già portate all'attenzione del Tribunale che vi ha dato replica puntuale e corretta sia sul piano giuridico che su quello logico.
Ed infatti, nella ordinanza impugnata, si ricorda che - anche prescindendo dalle iniziali dichiarazioni ammissive dell'autista e del proprietario - la natura di rifiuto del veicolo in questione non può essere messa in dubbio sulla sola base del dato formale che la carcassa della lancia fosse ancora dotata di targa.
Sul piano logico, sono insuperabili i rilievi di fatto dei giudici di merito circa lo stato di estremo degrado in cui si trovava la Lancia "(carcassa di autovettura priva di organo propulsore, inidonea a qualunque uso)" e sulle modalità di accertamento "(controllo davanti al cancello di centro di autodemolizione dove vengono ordinariamente eseguite le rottamazioni di veicoli)".
Si tratta di considerazioni del tutto conformi al normale senso di apprezzamento di siffatti contesti e, per di più, riesce veramente difficile spiegare il trasporto di una carcassa di auto, presso un centro di auto demolizione (dove appunto si stava sicuramente recando il veicolo oggetto di sequestro), per una finalità diversa dalla sua rottamazione.
L'argomento della esistenza della targa speso dai ricorrenti può essere agevolmente contrastato proprio osservando che, se è vero che la giurisprudenza di questa S.C. ha sempre sostenuto che costituisce rifiuto l'autovettura priva di targa è pur vero che non è necessariamente valido, a contrariis, il principio opposto secondo cui i mezzi dotati di targa non possano mai essere considerati rifiuti.
Del resto, il requisito della targa non è stato ritenuto "necessario" (per escludere o affermare) la natura di rifiuto di una autovettura dovendo piuttosto, la valutazione a riguardo, essere contestualizzata, proprio per non arrivare alle conclusioni paradossali ventilate dai ricorrenti di considerare reato anche il trasporto di una carcassa di veicolo incidentato. Per decidere quindi se la vettura in considerazione si possa considerare o meno rifiuto occorre, considerare una serie di elementi indicativi di una volontà di abbandono come, per l'appunto, e lo stato di totale abbandono del mezzo sì da rendere praticamente impossibile che esso possa continuare a svolgere la funzione che le è propria ovvero - come è nella specie - il fatto che, oltre ad essere il veicolo solo uno "scheletro" sia anche trasportata verso una autodemolizione (cfr. Cass. sez. 3 n. 6667/2011 rv. 251982).
Considerato, quindi, che l'attività di recupero e di trasporto dei veicoli destinati al disuso rientra in quella di gestione dei rifiuti e necessita dell'autorizzazione prevista dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 28 (sez. 3, (ord) 19.5.04, Franciosa, Rv. 230356), in mancanza della stessa, allo stato, la misura cautelare reale adottata è senz'altro giustificata quanto al fumus di reità.
Per quanto appena detto, risulta manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso che, sostanzialmente, ripete il medesimo argomento della esistenza di targhe e documenti già trattato prima. Per quel che attiene, infine, al terzo aspetto su cui si richiama l'attenzione, è appena il caso di far notare che dei distinguo in questa fase cautelare sono prematuri e legati ad accertamenti di fatto che non competono comunque a questa sede di legittimità. Ed infatti, è stato ricordato che il terzo che chieda la restituzione delle cose sequestrate qualificandosi come proprietario o titolare di altro diritto reale su di esse "è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa e quindi, in particolare, oltre alla titolarità del diritto vantato, anche l'estraneità al reato e la buona fede, intesa, quest'ultima, come assenza di condizioni che rendano profilarle a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell'uso illecito della cosa" (sez. 1, 13.6.01, cane, rv. 219753). La prova della eventuale buona fede di Longo Federico dovrà quindi essere fornita nel corso del giudizio.
Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p..
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2013