Cass. Sez. III n. 40252 del 7 ottobre 2015 (Ud 19 dic 2014)
Pres. Teresi Est. Aceto Ric. Cutroneo ed altro
Rifiuti.Terre e rocce da scavo e deroga alla normativa generale
L'esclusione dall'applicazione della disciplina sui rifiuti per le terre e rocce da scavo è subordinata alla prova positiva, gravante sull'imputato, della loro riutilizzazione secondo un progetto ambientalmente compatibile, mentre compete al pubblico ministero fornire la prova della circostanza d'esclusione della deroga, ovvero dell'esistenza di una concentrazione di inquinanti superiore ai massimi consentiti
RITENUTO IN FATTO
1. I sigg.ri C.M. e S.C. ricorrono, con separati atti, per l'annullamento della sentenza del 27/03/2014 della Corte di appello di Genova che ha confermato la condanna alla pena di sei mesi di arresto ed Euro 5.000,00 di ammenda loro inflitta il 18/03/2013 dal Tribunale di Sanremo per il reato di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 259, comma 1, perchè, quale amministratore unico e legale rappresentante della società S.P. COSTRUZIONI S.r.l.
lo S., di dipendente della società il C., avevano introdotto nel territorio dello Stato, un carico di rifiuti speciali pericolosi (terre e rocce da scavo contenenti arsenico oltre i limiti consentiti) trasportati a bordo di un autocarro di proprietà della società, condotto dal C., e destinati a smaltimento in assenza di formulario di identificazione, della prescritta autorizzazione e notifica alle autorità competenti, dell'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali. In tal modo effettuavano una spedizione transfrontaliera di rifiuti costituenti traffico illecito. Fatto indicato come commesso in (OMISSIS).
2. Con unico motivo di ricorso il C. eccepisce, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), l'omessa motivazione circa il primo motivo di appello con il quale aveva contestato la natura di rifiuto del materiale rinvenuto sull'autocarro da lui condotto che, deduce, era destinato a dei lavori di ristrutturazione in corso presso l'abitazione dello S. e comunque l'assenza di consapevolezza di tale natura, essendo convinto, appunto, che il materiale avesse tale destinazione.
3. Con due motivi lo S. eccepisce, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), omessa motivazione in ordine al beneficio della sospensione condizionale della pena, richiesto in sede di appello (primo motivo), e contraddittorietà della motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche (secondo motivo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. E' fondato il solo primo motivo di ricorso dello S.; sono palesemente infondati l'altro motivo e il ricorso del C..
5. Come già ampiamente spiegato dai Giudici della fase di merito, all'epoca del fatto il riutilizzo, quali sottoprodotti, delle terre e rocce da scavo doveva avvenire esclusivamente in base alle condizioni e secondo le procedure descritte dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 186, in assenza delle quali esse erano (e ancor oggi sono, ancorchè in base a diversa disciplina) senz'altro sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti.
Fermo restando che la presenza di arsenico in misura superiore ai limiti consentiti esclude il riutilizzo come sottoprodotti delle rocce e terre da scavo (il che già di per sè costituisce profilo assorbente che rende superfluo l'esame del ricorso), va in ogni caso ribadito - per restare nell'alveo dell'eccezione sollevata dal C. - che, secondo quanto costantemente insegnato da questa Corte Suprema, l'esclusione dall'applicazione della disciplina sui rifiuti per le terre e rocce da scavo è subordinata alla prova positiva, gravante sull'imputato, della loro riutilizzazione secondo un progetto ambientalmente compatibile, mentre compete al pubblico ministero fornire la prova della circostanza d'esclusione della deroga, ovvero dell'esistenza di una concentrazione di inquinanti superiore ai massimi consentiti (Sez. 3, n. 37280 del 12/06/2008, Picchioni, Rv. 241087; cfr. anche Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504; Sez. 3, n. 35138 del 18/06/2009, Bastone, Rv. 244784).
Non è perciò sufficiente la generica deduzione difensiva della destinazione delle rocce alla realizzazione di un'opera privata.
6. Quanto alla mancata concessione delle circostanze generiche, genericamente invocate in sede di appello e motivata dalla Corte territoriale sulla considerazione dell'assenza di elementi positivi cui ancorarle (non specificamente dedotti in sede di impugnazione), osserva questa Suprema Corte che si tratta di giudizio corretto che fa buon governo dei principi espressi in materia da questa Corte di legittimità secondo cui in tema di attenuanti generiche, posto che la ragion d'essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all'obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l'affermata insussistenza. Al contrario, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l'esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, Rv. 192381; nonchè Sez. 5, 7562 del 17/01/2013, La Selva, Rv. 254716).
7. E' invece fondata la doglianza relativa alla totale mancanza di motivazione in ordine al beneficio della sospensione condizionale della pena, richiesto con i motivi di appello ma sulla quale la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi.
Poichè non emergono, "ictu oculi", ragioni ostative all'applicazione del beneficio la sentenza deve essere annullata, limitatamente al beneficio della sospensione condizionale della pena chiesta dallo S., con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Genova.
Nel resto il suo ricorso deve essere respinto.
8. alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dal C. consegue, ex art. 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7.13 giugno 2000, n. 186) l'onore delle spese del procedimento nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di C.M. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000.00 in favore della Cassa delle ammende.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di S.C., limitatamente al beneficio della sospensione condizionale della pena, con rinvio ad altra Sezione della corte d'appello di Genova.
Rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2014.