Nel caso in cui siano riscontrate violazioni delle prescrizioni dell’autorizzazione (nella specie relativa ad impianto di autodemolizione), al fine di configurare il reato di cui all’art. 51 dlvo 22/97 occorrono due preventive condizioni: che sia stata rivolta al gestore una diffida ad opera della regione circa la violazione delle prescrizioni (e quindi anche per ingiungere alla ditta di riportare l’attività nei termini della autorizzazione); che l’autorizzazione risulti sospesa dalla Regione.
REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUAVETERE -seconda sezione penale- ORDINANZAProc. Pen.11950/05 mod. 21 Nr. 268/05 T. riesame
Il Tribunale di Santa Maria Capuavetere riunito in camera di consiglio nelle persone dei magistrati: dott.ssa Luisa Toscano Presidente dott. Francesco Chiaromonte Giudice est. dott.Adolfo Di Zenzo Giudice
letta la richiesta di riesame avanzata dalla difesa di Iuliano Giuseppe con riferimento al sequestro del 27.10.05. letti gli atti del procedimento, debitamente trasmessi in copia,
OSSERVA
Il ricorso presentato nell’interesse degli indagati, pur essendo in parte fondato, non può comportare la restituzione del bene in sequestro. Al fine di comprendere le ragioni di tali conclusioni occorre effettuare una premessa in ordine alla esatta individuazione delle normative speciali applicabili a caso di specie avente per oggetto l’esercizio di una attività di autodemolizione. Invero, la materia de qua è stata disciplinata di recente con il Dlgs. 209/03, che ha avuto il dichiarato intento di risolvere i numerosi problemi interpretativi relativa alla diretta applicazione del decreto Ronchi, disciplinante -come noto- l’intera materia dei rifiuti. In particolare l’art. 6 del Dlgs del 2003 ha definitivamente chiarito che, la effettuazione di una attività del genere di quella in contestazione, oltre a dovere essere eseguita in impianti dotati di precise caratteristiche tecniche specificate nell’allegato I del medesimo decreto, deve essere svolta in conformità ai principi generali previsti dell’art. 2, comma 2 dlgs. 22/97. La norma in esame prosegue prevedendo precisi obblighi a cui deve attenersi il gestore di un impianto di autodemolizione (elencati al comma 2 alle lettere a,b,c ed e). Orbene, l’eventuale violazione degli obblighi suindicati risulta espressamente sanzionata penalmente dall’art. 13 comma 1. Inoltre, dal complesso normativo succitato, risulta altrettanto chiaro che tali attività debbano essere ordinariamente autorizzate ai sensi dell’art.27 e 28 del dlgs 22/97 (cfr. ad es. art. 3 ed art.6 dlgs 209/203). Ciò premesso, in linea con una condivisibile giusrisprudenza del Supremo Collegio, deve ritenersi che, nel caso in cui una attività di autodemolizione sia esercitata senza le suindicate autorizzazioni, sia configurabile il reato di cui all’art.51 dlvo 22/97. Piuttosto, il problema interpretativo particolarmente rilevante nel caso di specie attiene alla questione del se, in caso di esercizio di attività di autodemolizione in violazione delle prescrizioni imposte dalla autorizzazione, possa essere configurabile la violazione succitata. Invero, il Tribunale non ignora (e peraltro condivide), l’orientamento secondo cui -in casi consimili- per qualsivoglia attività di trattamento e/o smaltimento di rifiuti esercitata in violazione delle prescrizioni della autorizzazione, quest’ultima non debba essere considerata legittimante l’attività posta in essere nel suo complesso. Ciò non di meno, per quanto concerne la specifica materia delle autodemolizioni, tale percorso interpretativo non pare possibile stante la recente disposizione dell’art.6 comma 4 del dlvo 209/203 succitato che prevede testualmente: “Nel caso che, dopo l’avviamento dell’impianto di trattamento, la provincia competente per territorio accerta la non conformità dello stesso all’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art.27 del decreto legislativo n.22 del 1997 ovvero accerta il mancato rispetto delle condizioni e delle prescrizioni stabilite nel provvedimento di autorizzazione all’esercizio delle operazioni di trattamento, (…) la Regione competente per territorio, previa diffida sospende la autorizzazione per un periodo massimo di dodici mesi . La stessa autorizzazione è revocata qualora il titolare dell’impianto non provveda a conformarsi, entro il predetto termine, alle prescrizioni delle predette autorizzazioni. Come si vede, quindi, esplicitamente ed inequivocabilmente, il legislatore del 2003 ha inteso prevedere una speciale procedura per dare rilevanza penale ai comportamenti del gestore di impianto di demolizione che non rispetti le prescrizioni imposte dalla autorizzazione. E’ appena il caso di aggiungere che, come già previsto per il T.U. 152/99 in tema di acque, tale disposizione normativa non lascia spazio ad opzioni interpretative circa la immediata rilevanza penale di condotte esercitate in deroga alle condizioni imposte dalla autorizzazione. A rischio di sembrare ripetitivi, riassumendo, nel caso in cui siano riscontrate violazioni delle prescrizioni, al fine di configurare il reato di cui all’art. 51 dlvo 22/97 occorrono due preventive condizioni: · Che sia stata rivolta al gestore una diffida ad opera della regione circa la violazione delle prescrizioni (e quindi anche per ingiungere alla ditta di riportare l’attività nei termini della autorizzazione); · L’autorizzazione risulti sospesa dalla Regione. Ovviamente, in casi del genere, assumerebbe rilevanza penale esclusivamente la condotta del gestore che proseguisse l’attività dopo la sospensione della autorizzazione (e a fortiori dopo la revoca della stessa in caso di mancata regolarizzazione della attività nel termine di dodici mesi dalla sospensione). Su tali premesse in diritto, giova evidenziare che -dalla documentazione in atti- risulta che oggetto del sequestro impugnato è la porzione di terreno regolarmente utilizzata dallo Iuliano per l’esercizio della sua attività di demolizione (oltre a quella porzione attigua di terreno per cui era stata disposta autonoma misura cautelare reale) non essendo ricompresa nella autorizzazione in esame; ciò sulla base di svariati rilievi fattuali analiticamente riportati nella annotazione di servizio del commissariato di Marcianise ed i relativi allegati: 1. sull’area autorizzata insistevano 74 autovetture e 10 motocicli da rottamare nonostante nella autorizzazione rilasciata l’indagato fosse autorizzato a detenere solo un massimo di 50 vetture alla volta; 2. non risultavano affatto rispettate numerose prescrizioni tecniche imposte al gestore di un impianto di autodemolizioni dall’art. 6 comma 2 del dlvo 209/2003, analiticamente riportati nel verbale di contestazione del Commissariato di Marcianise del 5.10.2005). Orbene, appare anzitutto doveroso precisare che, per quanto concerne la prima delle violazioni contestate, non si ritiene che tale irregolarità gestionale possa essere utile ad integrare la violazione dell’art.51 dlvo 22/97. Invero, come ampiamente chiarito in premessa, in assenza di una regolare diffida ed un provvedimento di sospensione della autorizzazione ad opera della Regione Campania, non pare possibile ritenere sussistente –neanche in termini di fumus il reato suindicato. Per quanto riguarda, invece, il secondo gruppo di contestazioni, essendo gli obblighi non rispettati dallo Iuliano direttamente coperti da sanzione penale in base all’inequivoco disposto dell’art. 13 comma 1 dlvo 209/03, appare innegabile che siano sussistenti, nel caso di specie, sufficienti indizi di reità in ordine al reato ora citato. Tale rilievo, inoltre, consente certamente di affermare che, in mancanza di qualsivoglia elemento probatorio e/o indiziario che dimostri un adeguamento agli obbligi imposti dalla legge speciale, risulti attualmente sussistente il periculum in mora che giustifica la conservazione del vincolo reale.
Ptm
Il Tribunale nella suindicata composizione Conferma il provvedimento impugnato limitatamente al reato di cui all’art13 comma 1 dlvo. 209/2003. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese della presente procedura.
Santa Maria Capua Vetere 13.1.2006
Il Presidente I Giudici