Cass. Sez. III n. 10266 del 9 marzo 2007 (Ud. 26 gen. 2007)
Pres. Papa Est. Lombardi Ric. Fiorito
Rifiuti. Ordinanze contingibili e urgenti
L'applicazione delle disposizioni in tema di ordinanze contingibili ed urgenti non può effettuarsi tenendo conto, ai fini del computo del limite legislativo alla reiterabilità delle predette ordinanze, del numero di provvedimenti emessi da ciascun sindaco quale persona fisica in quanto tale interpretazione contrasta con la lettera della norma,che si riferisce ai sindaco quale organo di governo dell'ente locale e non alla persona fisica che di volta in volta ne assume l'incarico, e con lo spirito della disposizione, che mira a limitare la possibilità di aggirare le prescrizioni della normativa in materia di rifiuti anche da parte degli organi della pubblica amministrazione, facendo ricorso alla illimitata reiterazione dei provvedimenti derogatori.
Udienza pubblica del 26.01.2007
SENTENZA N. 283
REG. GENERALE n. 44107/2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
1. Dott. Enrico Papa Presidente
2. Dott. Pierluigi Onorato Consigliere
3. Dott. Ciro Petti Consigliere
4. Dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
5. Dott. Mario Gentile Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sui ricorsi proposti dall'Avv. Alvaro Storella, difensore di fiducia di Fiorito Luigi Nicola, n. a Ruffano l'11.7.1960, dall'Avv. Silvio Caroli, difensore di fiducia di Stefanelli Giuseppe, n. a Supersano il 19.7.1961, e da Cacciatore Vito, n. a Ruffano il 13.7.1956, ivi res. Via Torino n. 13, avverso la sentenza in data 22.4.2005 della Corte di Appello di Lecce, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Casarano, in data 4.3.2004, vennero condannati il Fiorito alla pena di mesi cinque di arresto ed 3.000,00 di ammenda, lo Stefanelli alla pena di mesi quattro di arresto ed € 2.000,00 di ammenda e il Cacciatore alla pena di mesi sette di arresto ed € 4.000,00 di ammenda, quali colpevoli dei reati di cui agli art. 51, commi 1 e 3, del D. L.vo n. 22/97 e 674 c.p..
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo Passacantando, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha confermato la pronuncia di colpevolezza di Fiorito Luigi Nicola, Stefanelli Giuseppe e Cacciatore Vito, in ordine ai reati di cui agli art. 51, commi 1 e 3, del D. L.vo n. 22/97 e 674 c.p., loro ascritti perché, il Fiorito in qualità di sindaco del Comune di Ruffano e lo Stefanelli di sindaco del Comune di Supersano, effettuavano lo smaltimento di rifiuti liquidi, costituiti dalle acque reflue provenienti dagli insediamenti abitativi dei rispettivi comuni, in un impianto di proprietà e gestito dal Cacciatore, cosi realizzando una discarica in assenza delle prescritte autorizzazioni.
Si rileva in sintesi dall'accertamento di fatto esposto nella sentenza che i Comuni di Ruffano e di Supersano, al fine di risolvere l'annoso problema del conferimento dei reflui urbani provenienti dai rispettivi insediamenti abitativi, determinato dall'assenza di impianti fognari, in attesa della realizzazione di un depuratore consortile, avevano stipulato in data 28.5.1999 con la ditta f.lli Cacciatore S.r.l. un contratto di affitto di un'area di proprietà di Cacciatore Vito, amministratore unico della predetta società, ubicata in territorio di Ruffano, sulla quale la stessa ditta avrebbe realizzato e gestito un impianto provvisorio per lo smaltimento dei predetti reflui.
Stradiotti Rocco, sindaco del Comune di Ruffano, nei confronti del quale è stata emessa pronuncia di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati ascrittigli, in data 28.5.1999 aveva disposto, con ordinanza contingibile ed urgente, l'attivazione del predetto impianto.
A tale provvedimento facevano seguito successive ordinanze di proroga emesse dello stesso sindaco Stradiotti e del suo successore, Fiorito Luigi Nicola, di cui l'ultima in data 21.2.2001.
In sede di verifica delle modalità di smaltimento dei predetti reflui, effettuata nel corso di un sopralluogo in data 24.2.2000 da parte dì organi di polizia giudiziaria, era emerso che le vasche destinate alla chiarificazione dei liquami non risultavano affatto idonee allo scopo e che i reflui venivano convogliati, senza essere sottoposti ad alcun processo di clorazione o di effettiva chiarificazione, ad un'area di spandimento, cosiddetto vespaio, che non riusciva ad assorbire tutto il liquame sparso, con conseguenti fenomeni di ruscellamento e di lagunaggio; che in aree adiacenti alle vasche erano stati rinvenuti anche fanghi abbandonati, risultati alle analisi inquinati, e la presenza di crateri, segno del versamento dei liquami, portati dalle autobotti, direttamente sul suolo.
Tanto rilevato in punto di fatto, la sentenza ha osservato in diritto, rigettando i corrispondenti motivi di gravame, che le citate ordinanze emesse dai sindaci del Comune di Ruffano non sono state adottate in presenza delle condizioni richieste dall'art. 13 del D. L.vo n. 22/97 per l'emanazione di provvedimenti contingibili ed urgenti, che dispongano il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti.
La sentenza ha inoltre rigettato i motivi di gravame degli appellanti Cacciatore e Stefanelli, che avevano rispettivamente dedotto il primo la legittimità del proprio operato, per avere agito in virtù di una formale convenzione ed autorizzazione rilasciata dall'autorità amministrativa, ed il secondo la propria estraneità alla gestione dell'impianto.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi gli imputati, che la denunciano con vari motivi di gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico mezzo di annullamento la difesa del Fiorito denuncia la violazione ed errata applicazione dell'art. 51, commi 1 e 3, del D. L.vo n. 22/97.
Si deduce che la fattispecie in esame è stata erroneamente inquadrata nell'ipotesi della discarica abusiva, trattandosi invece di un impianto di chiarificazione delle acque reflue, attivato solo successivamente alla emissione di un parere favorevole del SSN, dipartimento di prevenzione della AUSL di Maglie. Si deduce inoltre che il procedimento diretto alla attivazione dell'impianto era stato espletato prima che l'imputato assumesse la carica di sindaco, mentre il Fiorito si è limitato ad emettere le ordinanze di proroga della gestione dell'impianto, quale atto dovuto in ottemperanza alle prescrizioni delta stessa ASL. Si osserva ancora che l'accertamento della presenza di sostanze inquinanti è stata effettuato prima che il Fiorito assumesse la carica di sindaco, mentre non vi è una prova adeguata in ordine alla situazione fattuale esistente durante la permanenza dell'imputato nella predetta carica. Con riferimento alle ordinanze contingibili ed urgenti emesse dal Fiorito si deduce che il termine ultimo nel quale ne è consentita la reiterazione, ai sensi dell'art. 13 del D. L.vo n. 22/97, doveva farsi decorrere dal 20.4.2000, data della prima ordinanza emessa dallo imputato; che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, nel caso in esame non era possibile adottare soluzioni alternative per lo smaltimento dei reflui urbani e ci si duole, più in generale, della equiparazione, sul piano sanzionatorio, della posizione di soggetti che hanno avuto nella vicenda ruoli diversi.
A sua volta con un unico motivo di gravame lo Stefanelli denuncia la sentenza per violazione di legge.
Si deduce che i giudici di merito hanno erroneamente affermato la colpevolezza dell'imputato, malgrado l'esistenza di una delega di funzioni, con il conseguente effetto liberatorio per l'organo della pubblica amministrazione delegante in applicazione dei principi di diritto che regolano la materia.
Con il primo motivo di gravame il ricorrente Cacciatore denuncia la violazione ed errata applicazione degli art. 17 e 491 c.p.p..
Si osserva che ai sensi delle disposizioni citate le questioni concernenti la riunione dei procedimenti sono precluse se non sono proposte subito dopo che è stato compiuto l'accertamento della regolare costituzione delle parti.
Si deduce, quindi, che il giudice di primo grado ha disposto la riunione dei vari procedimenti instaurati per i fatti di cui alla contestazione solo all'udienza del 19.2.2004, ossia al termine dell'istruttoria dibattimentale, in violazione delle predette disposizioni del codice di rito con la conseguente nullità dell'ordinanza che ha disposto la riunione e degli atti consequenziali.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione dell'art. 51 del D. L.vo n. 22/97.
Si deduce che i giudici di merito hanno erroneamente inquadrato il fatto di cui alla contestazione nella fattispecie contravvenzionale prevista dalla disposizione citata, che commina sanzioni in materia di violazione delle disposizioni sui rifiuti, poiché l'impianto di cui si tratta aveva natura di impianto di chiarificazione e non di depurazione delle acque reflue e veniva gestito dall'imputato in base ad una convenzione stipulata con l'ente locale, nel rispetto dei requisiti prescritti dalla L. n. 319/1976 e dai Regolamenti regionali n. 1, 2 e 5 del 1998.
Con il terzo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell'art. 674 c.p..
Si deduce che nel caso in esame non poteva essere ravvisato il reato di cui alla disposizione citata in assenza di prove del superamento dei valori limite fissati dalla legge per le emissioni in atmosfera; che, in ogni caso, non poteva ritenersi sussistente la prova di detto reato sulla base di una sola testimonianza in contrasto con quanto attestato dalla ASL LE/2 di Maglie circa le buone condizioni di funzionalità dell'impianto e l'accertamento che "nella zona non si avvertono cattivi odori."
Con altro motivo si denuncia la violazione ed errata applicazione dell'art. 51, comma 3, del D. L.vo n. 22/97.
Il ricorrente censura il provvedimento di confisca dell'area sulla quale era stata ritenuta sussistente una discarica abusiva, osservando che autore del reato era un soggetto giuridico diverso dal proprietario della predetta area, in quanto non possono essere confuse le posizioni del Cacciatore, quale rappresentante legale della società F.lli Cacciatore S.r.l., in quanto tale responsabile del reato ascritto, e quella del medesimo soggetto quale persona fisica proprietaria dell'area.
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione degli art. 62 bis e 133 c.p..
Si deduce che la sentenza è carente di motivazione in punto di diniego delle attenuanti generiche e di trattamento sanzionatorio applicato all'imputato.
Con l'ultimo motivo infine si chiede, in subordine, dichiararsi la prescrizione dei reati ai sensi dell'art. 157 c.p..
I ricorsi non sono fondati.
Preliminarmente deve essere rilevato che tuttora non si è verificata la prescrizione dei reati ascritti agli imputati, essendo stata accertata dalla sentenza di primo grado, confermata in appello, la permanenza della commissione degli stessi fino al 2003, per effetto della reiterazione dei provvedimenti di proroga della gestione dei rifiuti liquidi di cui si tratta.
Tanto premesso, per ragioni di ordine logico deve essere anticipato l'esame della questione proposta in rito dal ricorrente Cacciatore.
L'eccezione di nullità formulata dal predetto ricorrente è manifestamente infondata.
La preclusione stabilita dall'art. 491, comma 1, c.p.p. riguarda, infatti, la possibilità per le parti di proporre la questione concernente la riunione dei procedimenti e le altre previste dalla norma, ma non la facoltà del giudice di disporla successivamente all'accertamento della costituzione delle parti.
In ogni caso, inoltre, non è prevista alcuna sanzione di nullità quale conseguenza della violazione da parte del giudice del limite temporale stabilito dalla disposizione citata.
Si palesa altresì pregiudiziale la questione proposta dal predetto imputato con il secondo motivo di ricorso, concernente l'applicabilità nel caso in esame della normativa di cui al D. L.vo n. 22/97.
Le acque reflue provenienti da civili abitazioni, non immesse nella pubblica fognatura, ma trasportate mediante autobotti in apposite vasche di raccolta, sono state qualificate esattamente dai giudici di merito quali rifiuti liquidi, ai sensi degli art. 6, comma 1 lett. a), del D. L.vo n. 22/97 e dell'art 8, comma 1 lett. e), del medesimo decreto legislativo, trattandosi di sostanze di cui ci si disfa o si è obbligati a disfarsi.
La normativa in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, infatti, disciplina esclusivamente lo smaltimento dei reflui nelle ipotesi dello scarico degli stessi diretto o mediante appositi corpi recettori nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque superficiali o sotterranee, mentre in ogni altro caso i reflui di qualsiasi tipo di attività e le sostanze liquide in genere non sono sottratte alle disposizioni in materia di rifiuti, ai sensi del citato art. 8, primo comma lett. e), del D. L.vo n. 22/97.
Esattamente, pertanto, i giudici di merito hanno ricondotto le attività di trasporto dei predetti reflui urbani nelle vasche predisposte dalla ditta di cui era titolare il Cacciatore ed il successivo smaltimento degli stessi mediante spandimento sul suolo, in assenza di una effettiva attività di depurazione, nelle fattispecie contravvenzionali di cui all'art. 51, comma 1 e 3, del D. L.vo n. 22/97 a carico dei sindaci che si sono succeduti nella carica presso il Comune di Ruffano e del sindaco di Supersano, nonché del predetto Cacciatore, per avere effettuato tali attività senza essere in possesso delle prescritte autorizzazioni.
Pertanto, a proposito della questione di diritto dedotta dal predetto appellante con riferimento alla esistenza di una convenzione con la pubblica amministrazione e della conformità del proprio operato alle previsioni del Regolamento della Regione Puglia 3.1.1989 n. 2, la sentenza impugnata ha esattamente rilevato che la convenzione stipulata con l'ente locale non esimeva l'imputato dall'obbligo di rispettare le prescrizioni di cui al D. L.vo n. 22/97 e che il citato regolamento regionale era stato emanato in applicazione dell'art. 4 lett. e) della L. 10.5.1976 n. 319, non più applicabile, trattandosi di normativa abrogata dall'art. 63 del D. L.vo n. 152/99.
Passando all'esame della censura formulata dal Fiorito circa la legittimità delle ordinanze contingibili ed urgenti emesse dallo stesso per provvedere al temporaneo smaltimento dei reflui urbani secondo le modalità già stabilite nei precedenti provvedimenti amministrativi oggetto di proroga, è senz'altro infondata l'osservazione del ricorrente, secondo la quale dovrebbe tenersi conto, ai fini del computo del limite legislativo alla reiterabilità delle predette ordinanze, del numero di provvedimenti emessi da ciascun sindaco quale persona fisica.
Si tratta con tutta evidenza di una interpretazione che contrasta con la lettera della norma, che si riferisce al sindaco quale organo di governo dell'ente locale e non alla persona fisica che di volta in volta ne assume l'incarico, e con lo spirito della disposizione, che mira a limitare la possibilità di aggirare le prescrizioni della normativa in materia di rifiuti anche da parte degli organi della pubblica amministrazione, facendo ricorso alla illimitata reiterazione dei provvedimenti derogatori.
Peraltro, in ogni caso, la sentenza impugnata ha rilevato che i provvedimenti emessi non potevano considerarsi rispondenti alle prescrizioni di cui all'art. 13 del D. L.vo n. 22/97, non sussistendo in particolare la impossibilità di provvedere altrimenti allo smaltimento dei predetti reflui urbani, sulla base dì una valutazione di fatto, desunta dalle stesse ordinanze emesse ed oggetto di adeguata motivazione, che non può essere contestata in sede di legittimità sulla base di considerazioni di merito di segno opposto a quello affermato nella sentenza impugnata.
Le ulteriori doglianze del Fiorito si palesano quali generiche censure della decisione di merito in punto di trattamento sanzionatorio, che peraltro la sentenza ha già rilevato essere stato applicato nel minimo edittale; censure non deducibili in sede di legittimità.
Quanto alla doglianza dello Stefarielli se ne palesa evidente l'infondatezza, indipendentemente dai riferimenti giurisprudenziali citati, considerato che il ricorrente fa riferimento all'esonero di responsabilità per l'organo preposto al vertice dell'amministrazione locale derivante dalla delega di funzioni effettuata in applicazione della L. n. 142 del 1990, mentre nel caso in esame la decisione di effettuare lo smaltimento dei reflui urbani mediante il conferimento alla ditta F.lli Cacciatore S.r.l. si palesa riconducibile, secondo l'accertamento di merito, proprio all'organo preposto al vertice dell'ente.
Peraltro, è stato precisato dal più recente indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte a proposito di una fattispecie analoga che: "In tema di gestione dei rifiuti, la prosecuzione dell'attività di gestione di discarica in difetto di autorizzazione successivamente alla scadenza della validità dell'ordinanza emessa dal sindaco ex art. 13 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, configura in capo a questi il reato di cui all'art. 51 del citato decreto n. 22 anche in presenza della attribuzione di compiti in materia al dirigente dell'ufficio tecnico comunale, attesa la distinzione tra compiti di gestione politica ed amministrativa nella organizzazione dell'ente e stante la riferibilità all'organo politico dei compiti di organizzazione generale e di predisposizione dei mezzi occorrenti al corretto funzionamento dei singoli settori di attività dell'ente." (sez. III, 200435700, Pinta, RV 229391; conf. sez. III, 200428674, Caracciolo, RV 229293)
E' ancora infondato il motivo di gravame con il quale l'imputato Cacciatore ha dedotto la insussistenza della fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 674 c.p..
La sentenza impugnata, invero, ha puntualmente rilevato che nel caso in esame è stato accertato in fatto la esistenza di cattivi odori, che superavano la soglia di normale tollerabilità, e in diritto che in materia non sussistono parametri normativi e strumenti di misurazione della intensità degli odori applicabili in altre ipotesi di immissioni in atmosfera, con la conseguente inconferenza dei generici rilievi afferenti al mancato superamento di non meglio precisati standard fissati dalla legge.
Anche la doglianza del Cacciatore, afferente alla confisca dell'area utilizzata quale discarica abusiva dei liquami, è infondata, poiché proprio la natura personale della responsabilità penale per la fattispecie di cui all'art. 51, comma 3, del D. L.vo n. 22/97 implica che il Cacciatore, quale persona fisica proprietaria della predetta area, non può essere considerato soggetto estraneo alla commissione del reato, del quale si è reso responsabile nello svolgimento della attività di amministratore della ditta Fili Cacciatore.
Le doglianze relative alla concessione delle attenuanti generiche ed alla misura della pena proposte sempre dal predetto ricorrente Cacciatore sono generiche, oltre che di merito.
Peraltro, la sentenza ha rilevato che a tutti gli imputati sono state concesse le attenuanti generiche e, in ogni caso, ha puntualmente motivato la misura della pena con il riferimento alla esistenza di precedenti penali a carico del predetto imputato.
E', infine, inammissibile la censura del Fiorito, con la quale si deduce che l'accertamento della polizia giudiziaria ed i prelievi sono stati effettuati prima che assumesse la funzione di sindaco. Si tratta, invero, della deduzione di una questione di fatto, inammissibile in sede di legittimità, e, in ogni caso, dallo stesso motivo di gravame si evince che i verbalizzanti sono stati sentiti sul permanere di una situazione di degrado ambientale anche in epoca successiva al sopraluogo di cui al verbale e ne hanno confermato l'esistenza, sicché in effetti con il motivo di ricorso viene contestata la valutazione sul punto da parte dei giudici di merito.
I ricorsi, pertanto, devono essere rigettati.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto delle impugnazioni segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 26.1.2007.
L' estensore Il presidente
Alfredo Maria Lombardi Enrico Papa