Strade private di uso pubblico e diritti soggettivi
(Commento critico a Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 5596 del 26/2/2013, depositata il 25/11/2013)

di Massimo GRISANTI

Con la decisione in commento, il Consiglio di Stato (Pres. Numerico, Est. Spagnoletti) prima stabilisce che una strada privata a fondo cieco può essere di uso pubblico, poi giudica corretto l’operato del Comune (di Macerata Campania) che ha autorizzato un privato proprietario di un fabbricato ivi prospettante ad aprire un nuovo varco per accedere sulla/dalla strada.

 

Dal corpo della sentenza non si evince se la strada privata è di comproprietà anche del fabbricato su cui sono stati aperti varchi.

 

Nell’ipotesi in cui non ricorre il caso sopra prospettato, è del tutto evidente che l’uso pubblico di una strada privata non legittima il Comune ad autorizzare a terzi l’apertura di varchi (costituzione di servitù) a favore delle proprietà laterali senza l’indefettibile consenso di tutti i proprietari della strada [cfr. Cassazione civile, Sez. II, n. 11747 del 20 maggio 2009: “… Conforme ai precedenti di questa Corte (Sez. 2^, 24 marzo 1993, n. 3525; Sez. 2^, 15 aprile 2004, n. 7156) è l'ulteriore statuizione della sentenza impugnata, secondo cui l'assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico non implica la facoltà dei proprietari frontisti di aprire accessi diretti dai loro fondi su detta strada privata, comportando ciò un'utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto dell'indicata servitù.”].

 

Ma in senso conforme alla Suprema Corte di Cassazione civile si è espresso, recentemente, pure lo stesso Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 2416 del 22/3/2013, depositata il 6/5/2013) affermando:

“… Ora, risulta in atti che sia sorta fra le parti private una controversia avente ad oggetto la delimitazione della consistenza dei reciproci diritti sulla strada in questione e che essa sia stata definita con sentenza del Tribunale civile dell’Aquila n. 202 del 2009, il quale si è espresso nei termini che seguono: “l’utilizzazione di una strada privata per il transito di veicoli da parte di una pluralità indeterminata di persone, se da un lato vale ad evidenziare l’assoggettamento del bene ad uso pubblico di passaggio, non può dall’altro legittimare il proprietario del fondo confinante all’apertura di accesso alla strada stessa, nemmeno in forza di concessione amministrativa, trattandosi di facoltà che esorbita dai limiti del predetto uso pubblico del bene privato e che correlativamente non può essere neppure oggetto di concessione, essendo a tal fine necessario un più ampio titolo di acquisto del bene rispetto al contenuto minimo qualificante del diritto “uso pubblico”; pertanto, “ [l’assoggettamento] ad uso pubblico della strada Ateleta (…) non poteva certamente legittimare la resistente, una volta acquistato il fondo confinante, ad aprire un accesso sulla strada stessa e ad esercitarvi il passaggio per accedere al proprio fondo; ciò a prescindere dalla presenza di concessione edilizia, che nulla vale a questi fini in mancanza di atti costitutivi di una servitù di passaggio”.

Ritiene il Collegio le conclusioni cui è pervenuto il giudice civile siano condivisibili e applicabili anche ai fini della definizione della presente controversia, nel cui ambito la questione relativa alla delimitazione dei diritti e degli obblighi delle parti private in lite viene in rilievo in quanto incide sulla legittimità degli atti abilitativi rilasciati dall’amministrazione comunale.

In particolare, la sentenza civile è condivisibile laddove ha osservato che la compressione delle prerogative del proprietario conseguenti all’assoggettamento del bene al pubblico passaggio non può spingersi (per evidente eterogeneità di ratio) sino ad ammettere l’adozione di atti abilitativi (nel caso di specie: il permesso di costruire) i quali comportino un’ulteriore forma di compressione volta al soddisfacimento di un interesse squisitamente privato ed individuale, quale l’accesso alla strada di uso pubblico.

Si osserva, d’altronde, che se si ammettesse che in sede di rilascio del permesso di costruire all’autorità amministrativa sia consentito costituire sull’area di un terzo un peso (nel caso si specie: l’obbligo di consentire il passaggio) indipendentemente dal consenso del proprietario, si giungerebbe ad ammettere un modo surrettizio di costituzione di una servitù sostanziale (quale quella che consente il passaggio attraverso e sul fondo del vicino) al di fuori dei tassativi modi di costituzione espressamente richiamati dall’articolo 1032 del Codice civile e in assenza della corresponsione dell’indennità dovuta ai sensi degli articoli 1032 e 1053 del medesimo Codice.

Si osserva, inoltre, che le conclusioni richiamate non sono in contrasto con i princìpi enucleati dalla sentenza di questo Consiglio di Stato, quinta sezione, 9 giugno 2008, n. 2864 (espressamente richiamata nell’atto di appello).

Si osserva al riguardo:

- che quella sentenza ha compendiato i princìpi giurisprudenziali in tema di presupposti e condizioni per l’assoggettamento all’uso pubblico di una strada privata, ma non ha trattato la questione (che qui viene in rilievo) relativa al se tale assoggettamento ad uso pubblico comporti altresì che l’amministrazione possa – in assenza o in contrasto con la volontà del proprietario – consentire un accesso ad uso esclusivamente privato sull’area;

- che, se per un verso è vero che la sentenza in parola ha affermato che l’assoggettamento ad uso pubblico di una strada privata comporta che questa diviene soggetta alla normale disciplina stradale “e la proprietà privata si riduce al fatto che l'area ritornerebbe nella piena disponibilità del proprietario quando cessasse la destinazione stradale”, per altro verso essa non ha affatto affermato che ciò comporti necessariamente la possibilità di adottare in modo legittimo atti di carattere abilitativo quale quello impugnato in primo grado. Anzi, se si portasse alle estreme conseguenze di sistema l’assunto dell’appellante, si giungerebbe alla conclusione (invero inammissibile) secondo cui, anche una volta venute meno le condizioni che hanno comportato l’assoggettamento ad uso pubblico della strada, non verrebbe meno l’impropria forma di servitù in tal modo costituita (lo si ripete: in assenza di una fonte legale o volontaria di costituzione ai sensi dell’articolo 1032 del Codice civile).”.

 

Ciò posto, è ragionevolmente possibile escludere che con la sentenza in commento il Consiglio di Stato abbia voluto mettere al riparo il Comune di Macerata Campania da ripetizioni (andando indietro di almeno 5 anni) di somme indebitamente percepite a titolo di “passo carrabile”, atteso che, come riconosciuto dal Supremo Consesso amministrativo, “la peculiare conformazione dell'assetto viario del Comune di Macerata Campana, (è) caratterizzato dalla presenza di assi viari su cui si aprono vicoli ciechi”, evidentemente presenti in gran numero sul territorio comunale?

 

E’ bene ricordare che il passo carrabile viene concesso dal proprietario della strada, giammai dal titolare di una servitù di uso.

 

Invero, così dispone l’art. 22 del D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285: “Senza la preventiva autorizzazione dell'ente proprietario della strada non possono essere stabiliti nuovi accessi e nuove diramazioni dalla strada ai fondi o fabbricati laterali, né nuovi innesti di strade soggette a uso pubblico o privato.”.

 

Peraltro, si fa notare che la norma non ammette la sanatoria di accessi e diramazioni, stantI:

  1. l’espressa qualificazione del carattere preventivo dell’autorizzazione;

  2. l’espressa delimitazione del campo d’azione dell’autorizzazione amministrativa alla fase di pianificazione (attesa l’utilizzazione del termine “stabiliti”).

 

 

Scritto il 06 dicembre 2013

 

N. 05596/2013REG.PROV.COLL.

N. 06362/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6362 del 2008, proposto da:

Raffaele Iannotta, rappresentato e difeso dall’avv. Pasquale Lista ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Tibullo n. 10, presso lo studio dell’avv. Michele Centrone, per mandato a margine dell’appello;

contro

Comune di Macerata Campania, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi M. D’Angiolella e presso lo studio di questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via M. Mercati n. 51, per mandato a margine dell’atto di costituzione;

nei confronti di

Pasquale Salzillo, controinteressato intimato, non costituito nel giudizio di primo grado e nel giudizio di appello;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione VIII, n. 5906 del 1° giugno 2007, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 5190/2006 proposto per l’annullamento della denuncia d’inizio attività n. 899 del 30 gennaio 2006, relativa all’apertura di tre varchi nel vicolo V di via Mazzini, della determinazione dirigenziale del 24 maggio 2006, che, in riscontro a esposti-diffide dell’interessato, significava l’appartenenza della strada al demanio comunale, dell’ordinanza dirigenziale n. 23 del 27 giugno 2006, recante conferma della validità della d.i.a. sul rilievo della natura di strada privata a uso pubblico, con compensazione delle spese del giudizio di primo grado.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2013 il Cons.

Leonardo Spagnoletti e udito l'avv. Aldo Starace, per delega dell'avv. Luigi

D'Angiolella, per il Comune di Macerata Campania appellato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.) Raffaele Iannotta, proprietario di immobile prospiciente vicolo V di via Mazzini in Macerata Campania, deducendo la natura privata della strada, con il ricorso in primo grado n.r. 5190/2006 ha impugnato la d.i.a. n. 899 del 30 gennaio 2006, presentata dal controinteressato Pasquale Salzillo per l’apertura di tre varchi sulla strada, e le successive determinazioni dirigenziali in epigrafe meglio specificate.

Il T.A.R. per la Campania,Sede di Napoli, Sezione VIII, con la sentenza n. 5906 del 1° giugno 2007 ha rigettato il ricorso, sul rilievo che il vico V di via Mazzini, sia per la peculiare conformazione urbanistica del comune (caratterizzato da assi viari in cui si aprono vicoli), sia per l’uso pubblico, ed in assenza di elementi di prova congruenti in senso contrario da parte dell’interessato, deve considerarsi strada privata di uso pubblico, a libero accesso e circolazione, servita da servizi pubblici comunali di acquedotto, illuminazione, spazzatura e raccolta dei rifiuti, onde legittimamente l’amministrazione comunale può assentire attività edilizie che non la sottraggano all’uso pubblico quale l’apertura di varchi ai sensi dell’art. 22 comma 3 lettera a) del d.P.R. n. 380/2001.

Con appello notificato il 7-15 luglio 2008 e depositato il 31 luglio 2008, Raffaele Iannotta ha impugnato la predetta sentenza, deducendo i seguenti motivi, di seguito riportati in sintesi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 e ss. D.P.R. n. 380/2001. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento, in relazione al mancato accertamento dell’inesistenza, nonché del carattere demaniale, dello stesso uso pubblico della strada, trattandosi di vicolo cieco destinato a servire solo le proprietà latistanti, e ad esse appartenenti, e non già a collegare strade pubbliche.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 e ss. D.P.R. n. 380/2001, in relazione alla presunzione di demanialità ex art. 22 comma 3 della legge n. 2248/1865, all. F, perché il principio di demanialità non può invocarsi se non per strade, anche vicinali, che colleghino due strade pubbliche, non anche per un vicolo cieco posto a servizio delle proprietà latistanti, privo di marciapiedi.

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 126/1958 e successive modificazioni e dell’art. 2 del d.lgs. n. 285/1992, non essendosi peraltro il T.A.R. dato conto di esaminare la censura afferente alla mancanza di atti o fatti giuridici idonei a trasferire la strada al demanio comunale.

4) Violazione e falsa applicazione delle norme a tutela della proprietà, dell’art. 42 Cost., dell’art. 832 c.c., avendo il Comune legittimato un uso particolare e speciale a favore del controinteressato di un bene privato.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Macerata Campania, con memoria difensiva depositata il 22 gennaio 2013, ha dedotto a sua volta l’infondatezza dell’appello; premessa la particolare conformazione viaria dell’abitato, caratterizzato dalla presenza di assi viari su cui si aprono vicoli ciechi, molteplici indici qualificano il vicolo V di via Mazzini (al pari di tutti gli altri vicoli dell’abitato) come strada privata di uso pubblico, quali il libero accesso di pedoni e veicoli, la presenza di opere urbanizzative comunali (acquedotto, fognatura, illuminazione pubbliche), la sua manutenzione, lo spazzamento e la raccolta dei rifiuti, nonché, e solo in via del tutto residuale, anche l’inserimento nello stradario comunale; ne consegue la piena legittimità dell’esercizio dei poteri autorizzativi edilizi ex art. 22 del d.P.R. n. 380/2001.

All’udienza pubblica del 26 febbraio 2013 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

2.) L'appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata.

Osserva il Collegio che, in effetti, una parte della giurisprudenza amministrativa di primo grado, invocata dall'appellante (TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 5 dicembre 2011, n. 1059, TAR Veneto, Sez. II, 24 gennaio 2008, n. 169, TRGA, Trento, 13 gennaio 2012, n. 15) ritiene che una strada a vicolo cieco, che non congiunga quindi due strade e non svolga funzione di collegamento a fini di circolazione di veicoli e pedoni, non possa essere qualificata come strada privata soggetta a uso pubblico.

E' peraltro, indubitabile, che la semplice inclusione nell’elenco delle strade comunali (o vicinali) non sia sufficiente a comprovarne la demanialità e nemmeno l’assoggettamento a uso pubblico (cfr. tra tante, Cons. Stato, Sez. V, 7 dicembre 2010, n. 8624).

Nel caso di specie, però, numerosi e plurimi indici fattuali denotano il regime giuridico del vicolo V di via Mazzini, quale strada privata assoggettata a uso pubblico.

In tal senso deve considerarsi, anzitutto, la peculiare conformazione dell'assetto viario del Comune di Macerata Campana, caratterizzato dalla presenza di assi viari su cui si aprono vicoli ciechi, e inoltre l'incontestata assenza di limitazioni all’accesso di pedoni e veicoli, la presenza di opere urbanizzative (servizi di acquedotto, fognatura, illuminazione), lo svolgimento anche per tale vicolo dei servizi comunali di spazzatura e raccolta rifiuti, l'incontestata assunzione a carico dell’amministrazione comunale dei lavori di manutenzione.

Tali elementi non sono stati contrastati da elementi di segno contrario, onde sussistono gli estremi che qualificano la presunzione di assoggettamento all'uso pubblico, in termini di gravità, precisione e concordanza dei convergenti indici fattuali, e quindi la correttezza dell’inquadramento del vicolo come strada privata di uso pubblico, evidenziati come necessari ai fini della qualificazione in chiave pubblicistica, anche ai fini dell’art. 2 del codice della strada (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 9 novembre 2009, n. 23705, che fa riferimento, tra l’altro, proprio “all'attività di manutenzione effettuata dall'ente, all'inclusione nella toponomastica cittadina con attribuzione di numerazione civica e, infine, alla mancanza di elementi validi a sostegno del contrario assunto sulla natura privata della strada medesima").

3,) In conclusione, l'appello deve essere rigettato,confermandosi la sentenza gravata.

4.) Sussistono, nondimeno, giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti anche le spese del giudizio d'appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) rigetta l'appello in epigrafe n.r. 6362/2008 e, per l'effetto, conferma la sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione VIII, n. 5906 del 1° giugno 2007.

Spese del giudizio d'appello compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Andrea Migliozzi, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25/11/2013