Cass. Sez. III n. 3634 del 1 febbraio 2011 (Cc. 15 dic. 2010)
Pres. Ferrua Est. Gazzara Ric. PM in proc. Zanello ed altro
Rifiuti. Funzionari ARPA e responsabilità per illecita gestione
Il funzionario ARPA, in quanto pubblico ufficiale preposto al controllo e alla vigilanza ambientale che venga a conoscenza della esistenza di rifiuti interrati e partecipi alle operazioni di rimozione, assume una posizione di garanzia in relazione alle sue condotte omissive
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill. mi Signori:
- dott. Giuliana Ferrua Presidente
- dott. Renato Grillo Consigliere
- dott. Guicla Mulliri Consigliere
- dott. Luigi Marini Consigliere
- dott. Santi Gazzara Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- Sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Udine
- Avverso la ordinanza, resa dalla Corte di Appello di Trieste, in data 23/4/2010 nel procedimento a carico di Zanello Antonella, nata a Latisana il 7/5/63, e Plazzotta Marta, nata a Tarvisio il 12/6/51
- Visti gli atti, la ordinanza ed il ricorso
- Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Santi Gazzara;
- Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore Generale, dott. Vito D'Ambrosio, che ha concluso per l'annullamento con rinvio
- Udito il difensore della Zannello e della Plazzotta, avv. Nereo Battello, che ha concluso per il rigetto
osserva
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Trieste, pronunciandosi sull'appello avanzato dal p.m., sede, avverso la ordinanza del Gip presso il medesimo Tribunale, resa il 10/3/2010, con cui veniva rigettata la richiesta di applicazione di misura interdittiva nei confronti di Zanello Antonella e Plazzotta Marta, con provvedimento del 23/4/2010, ha respinto il gravame.
Il p.m. aveva chiesto la sospensione temporanea dal pubblico ufficio per le predette Zanello e Plazzotta, dipendenti dell'A.R.P.A., in quanto queste erano indagate nel procedimento penale n. 7805/09, a carico di Manias Marcello + 12, per i reati di gestione illecita di rifiuti, ex art. 256, nonché ex art. 260, d.Lvo n.152/09.
La contestazione sollevata dal p.m. era formulata nei seguenti termini: "art. 40, co. 2, c.p., 260, d.Lvo n. 152/06, perché la dirigente Plazzotta Marta e il funzionario Zanello Antonella, consapevoli della esistenza dei rifiuti ospedalieri sul sito da bonificare, sia perché portate a conoscenza della esistenza di tali rifiuti telefonicamente e tramite comunicazione scritta all'ASS n. 5, sia per averne constatata la presenza in sito e sulla base di documentazione fotografica, non procedevano ad alcun controllo sostanziale sulle operazioni di rimozione e smaltimento del rifiuto, di tal ché non impedivano che lo stesso fosse gestito come semplice terra, consentendone il conferimento con il codice errato in discarica non autorizzata".
Propone ricorso per cassazione il p.m., con i seguenti motivi:
- ha errato il Tribunale nel ritenere non individuata la norma di copertura in grado di costituire l'obbligo giuridico a carico delle indagate, la cui inosservanza avrebbe concretizzato la responsabilità contestata alle due funzionarie. Ritenere, infatti, come fa il giudice di merito, che il pubblico ufficiale, preposto al controllo e alla vigilanza ambientale, reso edotto della esistenza di rifiuti interrati e che partecipi alle operazioni di rimozione, non assuma una posizione di garanzia in relazione alle sue condotte omissive significa negare la causa del potere esercitato;
- manifesta illogicità e contraddittorietà delle argomentazioni svolte nella ordinanza impugnata allorché si afferma che anche laddove si individuasse una norma di copertura in grado di legittimare una contestazione ex art. 40 cpv c.p. in capo alle prevenute, non si riuscirebbe a dimostrare la sussistenza dell'elemento soggettivo doloso;
- carenza di motivazione circa la assenza di esigenze cautelari in capo, quanto meno, alla Plazzotta, considerando che la medesima attualmente riveste il ruolo di direttore del dipartimento provinciale Friuli Venezia Giulia di Udine e come tale rappresenta il soggetto più influente nelle scelte di politica operativa dell'ARPA di Udine, tutt'ora impegnata in siti contaminati anche di interesse nazionale.
La difesa delle indagate ha inoltrato in atti memoria nella quale evidenzia la infondatezza dei motivi di ricorso e ne chiede il rigetto.
RILEVATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Rilevasi che l'A.R.P.A., come evidenziato dallo stesso Tribunale, è un ente di diritto pubblico, preposto all'esercizio delle funzioni e delle attività tecniche per la vigilanza e il controllo ambientale, delle attività di ricerca e di supporto tecnico-scientifico, nonché alla erogazione di prestazioni analitiche di rilievo sia ambientale che sanitario.
Ne consegue che ritenere, come fa il decidente, che il pubblico ufficiale preposto al controllo e alla vigilanza ambientale, che venga a conoscenza della esistenza di rifiuti interrati e partecipi alle operazioni di rimozione, non assuma una posizione di garanzia, in relazione alle sue condotte omissive poiché il d.Lvo n. 152/06 non prevede specificamente che si debba interessare della tipologia e dello smaltimento del rifiuto, si palesa errato, in quanto, peraltro, così ragionando si va a negare la causa del potere esercitato.
Va rilevato che tra i compiti fondamentali posti in capo alle Regioni (e alle Province), secondo quanto previsto dall'art. 196 del citato d.L.vo n.152/06, rientra la predisposizione dei piani regionali di gestione dei rifiuti, con esercizio, tra le altre, di funzioni attinenti al controllo periodico su tutte le attività di gestione, intermediazione e commercio dei rifiuti predetti, compreso "l'accertamento delle violazioni delle disposizioni in materia".
Orbene, per l'esercizio delle funzioni de quibus le Regioni e le Province si avvalgono del supporto dell'A.R.P.A., per cui, l'affermazione del giudice di merito, secondo la quale non sarebbe ravvisabile nella specie la esistenza di una norma di copertura in grado di legittimare una contestazione ex art. 40 cpv c.p. nei confronti delle prevenute non risulta corretto.
Il p.m. ricorrente rileva la sussistenza in capo alle indagate della ipotesi di responsabilità penale, in quanto esse non hanno eseguito o non hanno fatto eseguire il controllo che avevano l'obbligo giuridico di operare, pur avendo avuto contezza dell'attività illecita posta in essere dal Manias e dagli altri coindagati.
Questo Collegio ritiene di dovere annullare con rinvio la ordinanza impugnata, affinché il giudice ad quern riesamini la questione, nell'ottica di quanto evidenziato.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla la ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Trieste.
Così deciso in Roma il 15/12/2010.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 1 Feb. 2011