Cass. Sez. IIIn. 2478 del 17 gennaio 2008 (ud. 9 ott. 2007
Pres.Lupo Est. Mancini Ric. Gissi e altro
Rifiuti. Delega di funzioni

Organi di governo locale - Delega di funzioni ai dirigenti amministrativi dei comuni - Permanenza dei compiti di controllo in capo al sindaco - Sussistenza - Fattispecie.

In tema di smaltimento dei rifiuti, se è pur vero che il vigente ordinamento degli enti locali, di cui all\'art. 107 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni, prevede la delega ai dirigenti amministrativi dell\'ente di autonomi poteri organizzativi, permane comunque in capo al sindaco, quale figura politicamente ed amministrativamente apicale del comune, il dovere di controllo sul corretto esercizio delle attività autorizzate. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto il sindaco responsabile dell\'omessa manutenzione di tratto fognario originante sversamento di reflui sul suolo).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 09/10/2007
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 02339
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - N. 048048/2006
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) GISSI CARMINE, N. IL 19/01/1953;
avverso SENTENZA del 31/05/2006 TRIB. SEZ. DIST. di TRINITAPOLI;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. MANCINI FRANCO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. De Nunzio Vladimiro, che ha concluso per l\'annullamento con rinvio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Gissi Carmine è stato condannato dal Tribunale di Foggia sede distaccata di Trinitapoli alla pena di Euro 2.000,00 di ammenda per il reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. a), (escludendo quindi che si trattasse dei rifiuti pericolosi di cui al capo di imputazione) perché nella sua veste di sindaco di San Ferdinando di Puglia consentiva, omettendo di disporre una corretta attività di manutenzione, che i reflui fuoriusciti dal tronco di fognatura a monte dell\'impianto di depurazione invadessero ed impregnassero suolo e sottosuolo circostanti.
Con la stessa sentenza l\'imputato è stato condannato al risarcimento del danno nonché alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla costituita parte civile.
Il processo era partito dalla denuncia del proprietario di un vigneto invaso dai liquami di fogna.
Nel momento in cui gli agenti di polizia giudiziaria attivati dal P.M. hanno proceduto alla ispezione dei luoghi il terreno era asciutto.
Gli sversamenti, peraltro, erano emersi in particolare dalla deposizione della parte civile.
Avverso la sentenza l\'imputato ha proposto personalmente ricorso per Cassazione denunziando:
errata configurazione giuridica della contestata condotta trattandosi nella specie del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 2 e non del D.Lgs. n. 22 del 1997, di cui al capo di imputazione;
vizio motivazionale laddove l\'allagamento dei terreni viene attribuito al malfunzionamento del depuratore mentre la responsabilità del sindaco è collegata alla cattiva manutenzione del collettore;
i testi hanno riferito del regolare funzionamento e della regolare tenuta del collettore in questione;
l\'amministrazione comunale era subito intervenuta dopo la segnalazione dell\'inconveniente e comunque l\'ordinamento degli enti locali non prevede una responsabilità del sindaco in materia.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Quanto invero al primo motivo si osserva che il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 14, comma 1, vietava - questo provvedimento legislativo è stato successivamente abrogato dal D.Lgs. n. 152 del 2006 - "l\'abbandono ed il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo" e che il successivo art. 51, comma 2, sanziona con la pena alternativa dell\'arresto o dell\'ammenda - se si tratta di rifiuti non pericolosi come nel caso in esame - tale condotta se posta in essere da titolari di imprese o, come nella specie, da titolari di enti. Come si vede il fatto vuoi nella materialità della condotta - sversamento al suolo di rifiuti allo stato liquido - e vuoi per la qualità del soggetto cui il fatto è attribuito può e dunque deve essere sussunto in pieno sotto la previsione normativa costituita dal combinato disposto del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 14, comma 1 (e non comma 2 come invece erroneamente indicato nel capo di imputazione) e art. 51, comma 2.
Non è pertanto condivisibile la tesi sostenuta (per vero in modo meramente assertivo, con il ritenuto conforto di due massime di questa Suprema Corte che tuttavia non si attagliano al caso in esame dal momento che la prima in ordine cronologico, la n. 20679 del 2004, occupandosi dei reflui della lavorazione del vetro conclude per l\'applicabilità alla specie della disciplina dei rifiuti mentre l\'altra, la n. 16274 del 2005, tratta di un caso assolutamente di specie, inidoneo come tale ad esprimere un orientamento di carattere generale) nel ricorso in forza della quale la disciplina applicabile alla fattispecie sarebbe quella contenuta nel D.Lgs. n. 152 del 1999 avente ad oggetto la tutela delle acque dall\'inquinamento. Anche la doglianza concernente la imprecisa ed incerta (nell\'ottica del ricorrente) individuazione della condotta colpevole dell\'imputato non è condivisibile posto che non è esatto che il ragionamento del giudicante oscillerebbe fra l\'addebito della cattiva manutenzione del collettore e quello del malfunzionamento del depuratore. In realtà nella impugnata sentenza, premesso che gravava sul comune di San Ferdinando la responsabilità della manutenzione del tratto fognario in cui si verificò l\'incidente che ne occupa, è ben vero che si afferma (ma quasi incidenter tantum) che "l\'impianto di depurazione non era idoneo" ma poi in concreto l\'attenzione si concentra e la causa dell\'incidente stesso viene individuata in una non "corretta manutenzione ed ispezione del collettore" precisandosi che "se la griglia fosse stata pulita non sarebbero passati attraverso la stessa dei materiali solidi non consentiti" e conseguentemente non si sarebbe verificato il blocco delle pompe di aspirazione, con la conseguenza ulteriore della tracimazione dei tombini e l\'invasione da parte dei liquami di fogna del terreno circostante.
Quanto poi alla effettività della esondazione dei liquami - di cui si occupa il terzo motivo del ricorso - a tale conclusione il giudicante è pervenuto sulla base delle dichiarazioni della parte civile, ritenute attendibili e non smentite dal fatto che l\'ispezione dei luoghi operata dopo la presentazione della querela non accertò l\'allagamento in atto del terreno della stessa parte civile. La verifica tuttavia - si nota nella sentenza - avvenne diversi mesi dopo la presentazione della querela quando il terreno aveva ormai avuto tutto il tempo di asciugarsi. Peraltro il ragionamento sul punto del Tribunale prosegue osservando che alcuni mesi prima in effetti tale allagamento era stato osservato ed anche questo particolare valeva a conferire alla denuncia della parte offesa il crisma dell\'attendibilità.
In definitiva dunque può osservarsi che la valutazione, indubbiamente di merito, svolta sul punto dalla sentenza appare congruamente argomentata e non si presta conseguentemente ad essere censurata in questa sede di legittimità.
Quanto alla personale responsabilità dell\'imputato nella sua veste di sindaco del comune - di cui tratta l\'ultimo dei motivi del ricorso - è ben vero che il vigente ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 107, e successive modificazioni) prevede la delega di autonomi poteri organizzativi ai dirigenti amministrativi dell\'ente ma ciò non esclude comunque il dovere di controllo in capo alla figura politicamente ed amministrativamente apicale del comune (in tal senso Cass. Sez. 3, n. 28674 del 2004 Rv. 229293). Peraltro nella specie il ricorrente omette di indicare l\'organo amministrativo dell\'ente delegato all\'esercizio del potere di controllo di cui nella specie si tratta nonché l\'atto organizzativo in cui tale individuazione sarebbe stata operata nonché il contenuto, l\'ampiezza e le risorse caratterizzanti l\'esplicito conferimento dal sindaco ad uffici dipendenti di funzioni e potere. In siffatta situazione la doglianza in questione rimane meramente assertiva e non può essere condivisa.
Alla stregua delle considerazioni che precedono le censure mosse nei confronti della impugnata sentenza non possono trovare accoglimento. Il rigetto del ricorso, infine, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 ottobre 2007. Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2008