Presidente: Vitalone C. Estensore: Franco A. Relatore: Franco A. Imputato: Arcidiaco. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib. lib. Messina, 31 Marzo 2005)
INDAGINI PRELIMINARI - ATTIVITÀ DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA - SEQUESTRO - IN GENERE - Sequestro d'iniziativa della polizia giudiziaria - Obbligo di avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia ex art. 114 disp. att. cod. proc. pen. - Sussistenza - Violazione - Nullità fatta valere dinanzi al tribunale del riesame - Ammissibilità - Ragioni.
La nullità del sequestro derivante dall'inosservanza dell'art 114 disp. att. cod. proc. pen., che impone alla polizia giudiziaria di avvertire l'indagato che ha possibilità di farsi assistere dal difensore prima di procedere al compimento dell'atto, dev'essere tempestivamente dedotta con la richiesta di riesame.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi
Magistrati: Camera di consiglio
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 25/10/2005
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 1133
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere - N. 17587/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Arcidiaco Bruno Rosario Maria, nato a Piratino l'8.12.1963;
avverso l'ordinanza emessa il 31 marzo 2005 dal tribunale di Messina,
quale Giudice del riesame;
udita nella udienza in Camera di consiglio del 25 ottobre 2005 la
relazione fatta dal Consigliere Dott. Franco Amedeo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Izzo Gioacchino che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito il difensore avv. Occhiuto Carmelo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con decreto del 9 marzo 2005 il Giudice per le indagini preliminari
del tribunale di Patti dispose il sequestro preventivo - dopo che era
stato annullato un precedente sequestro probatorio - di un disco
rigido, di 22 CD Rom e di un decodificatore satellitare in danno di
Arcidiaco Bruno in relazione ai reati di cui alla L. 22 aprile 1941, n.
633, art. 171 bis, ter ed octies.
Con ordinanza del 31 marzo 2005 il tribunale del riesame di Messina
respinse l'istanza di riesame proposta osservando: a) che l'eccezione
di nullità del sequestro per omesso avviso all'indagato
della facoltà di farsi assistere da un difensore era stata
tardivamente eccepita con il ricorso per riesame; b) che sussisteva il
fumus dei reati ipo-tizzati perché all'interno del disco
rigido e dei CD Rom erano stati rinvenuti file m formato Divx e Mp3
relativi ad opere coperte da diritto di autore, mentre era
"presumibile" che nel decodificatore satellitare fossero contenuti film
registrati da canali televisivi; c) che era individuabile una
detenzione a fine di lucro, perché i beni si trovavano in un
negozio dove si esercitava il commercio al dettaglio di prodotti
informatici, sicché poteva presumersi che la destinazione
dei programmi e dei film duplicati fosse riconducibile
all'attività commerciale; d) che sussisteva l'esigenza
cautelare di impedire ulteriori duplicazioni e commercializzazioni.
2. L'indagato propone ricorso per Cassazione deducendo:
a) violazione dell'art. 125 c.p.p., comma 3, e omessa motivazione.
Lamenta che nel decreto di sequestro preventivo manca qualsiasi
riferimento ad un concreto ed attuale pericolo del protrarsi delle
conseguenze del reato ipotizzato. Invero, il semplice ed apodittico
inciso "che potrebbe continuare ad utilizzarli indebitamente e
illecitamente" non fornisce alcuna spiegazione della funzione
preventiva del sequestro, ma si risolve in una tautologica clausola di
stile. Il tribunale del riesame ha erroneamente omesso di rilevare
questo totale difetto di motivazione e non ha provveduto ad integrarla.
b) violazione dell'art. 297 c.p.c., comma 1, e art. 649 cod. proc.
pen.; ne bis in idem cautelare sostanziale. Osserva che nella specie si
era in presenza di un giudicato cautelare - per la coincidenza
oggettiva e soggettiva dei due provvedimenti - a seguito della
ordinanza del tribunale del riesame di Messina del 3 marzo 2005, che
aveva annullato la convalida del sequestro probatorio. Su questa
eccezione l'ordinanza impugnata non ha fornito alcuna motivazione
essendosi limitata a richiamare - per di più impropriamente
- una massima di questa Corte. Il tribunale del riesame, infatti, era
stato richiamato ad esaminare gli stessi elementi che erano
già stati ritenuti insufficienti o insussistenti dalla
precedente ordinanza di annullamento.
c) violazione dell'art. 365 cod. proc. pen. e art. 114 disp. att. cod.
proc. pen.; nullità ex art. 179 c.p.p., comma 1. Ricorda che
aveva tempestivamente eccepito la nullità del sequestro
preventivo per omessa assistenza del difensore di fiducia ed omesso
avvertimento del diritto all'assistenza del difensore. Nella specie
infatti il sequestro è nullo per violazione del diritto di
difesa in quanto i militari della guardia di finanza, che agivano su
richiesta del pubblico ministero procedente, non avvertirono il
difensore di fiducia ne' avvisarono l'indagato della facoltà
di farsi assistere dal difensore di fiducia ne' gli nominarono un
difensore d'ufficio. d) violazione della L. 22 aprile 1941, n. 633,
art. 171, modificato dal D.L. 31 gennaio 2005, convertito nella L. 31
marzo 2005, che ha sostituito, nel testo della L. 22 aprile 1941, n.
633, art. 171 ter, le parole "per trame profitto" con le parole "a fini
di lucro". Il legislatore ha quindi voluto punire con la reclusione e
la multa coloro che abusivamente duplicano e riproducono i supporti in
questione a fine di lucro. Nel caso di specie i beni sequestrati erano
destinati ad uso meramente personale e non riconducibili ad alcuna
attività commerciale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il terzo, ed assorbente, motivo è fondato.
Ed infatti - anche a prescindere dalla circostanza che si trattava di
sequestro eseguito dalla polizia giudiziaria per delega del pubblico
ministero, a sua volta delegato dal Giudice per le indagini
preliminari, ed anche a non voler ritenere applicabili le disposizioni
di cui all'artt. 365 c.p.p., e art. 370 c.p.p., comma 2, - non
può disconoscersi quanto meno l'obbligo della polizia
giudiziaria che eseguiva il sequestro di avvertire la persona
sottoposta alle indagini, se presente, della facoltà di
farsi assistere dal difensore di fiducia, in applicazione dell'art. 114
disp. att. cod. proc. pen..
Nel caso di specie risulta dal verbale di sequestro eseguito in data 14
marzo 2005 che l'indagato era presente alla esecuzione del sequestro
stesso ma l'autorità operante non lo avvertì, per
quel che qui conta, della facoltà di farsi assistere dal
difensore di fiducia (così come non gli chiese se era
assistito da un difensore di fiducia e non gli nominò un
difensore d'ufficio).
Ne consegue la nullità del sequestro per violazione del
diritto di difesa.
2. Tale nullità, del resto, è stata riconosciuta
dall'ordinanza impugnata la quale ha respinto la relativa eccezione non
perché fosse infondata ma perché l'ha ritenuta
tardiva, in quanto presentata con l'istanza di riesame
anziché al momento del compimento del sequestro o
immediatamente dopo.
Questa conclusione non può però essere condivisa
ponendosi in contrasto con l'interpretazione che appare preferibile - e
che questa Corte ha già in passato più volte
seguito e che ritiene di dover confermare - secondo la quale deve
considerarsi comunque tempestiva l'eccezione di nullità del
sequestro per mancato avviso all'indagato presente della
facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia che sia
stata sollevata con l'istanza di riesame (cfr., fra le altre, Sez. 3^,
12 luglio 2005, Rubino; Sez. 5^, 2 aprile 2003, Annibaldi, m. 224.775;
Sez. 4^, 26 luglio 2002, Mascalzoni, m. 222.195; Sez. 4^, 2 giugno
2000, Griggio, m. 216.866; Sez. 5^, 7 luglio 1999, Dolce, m. 214.466;
Sez. 6^, 9 dicembre 1993, Severini, m. 198.240; v. anche Sez. 1^, 6
giugno 1997, Pata, m. 207.858 e Sez. 1^, 21 maggio 2004, Defina, m.
228.509).
3.1. Va invero ricordato che, secondo un primo e maggioritario
orientamento, la violazione dell'obbligo di avvisare l'indagato di
farsi assistere nelle operazioni di sequestro da un difensore di
fiducia determina una nullità a regime intermedio, la quale,
essendo pertinente alla fase delle indagini preliminari, è
sanata se non eccepita tempestivamente entro il giudizio di primo grado
(Sez. 5^, 2 aprile 2003, Annibaldi, m. 224.775; Sez. 4^, 26 luglio
2002, Mascalzoni, m. 222.195; Sez. 4^, 2 giugno 2000, Griggio, m.
216.866;
Sez. 5^, 7 luglio 1999, Dolce, m. 214.466).
Seguendo questo orientamento deve quindi ritenersi senz'altro
tempestiva l'eccezione di nullità sollevata con la richiesta
di riesame.
3.2. Secondo un diverso orientamento, invece, in presenza della
nullità in esame dovrebbe trovare applicazione il primo
periodo dell'art. 182 cod. proc. pen., comma 2, secondo cui, quando la
parte vi assiste, la nullità deve essere eccepita prima del
suo compimento ovvero, se ciò non è possibile,
immediatamente dopo (Sez. 1^, 30 giugno 1992, Ritrecina, m. 191.920)
Questo orientamento, peraltro, si suddivide a sua volta in due diverse
opzioni interpretative, e precisamente:
- secondo una prima interpretazione, con l'espressione "immediatamente
dopo" il legislatore si è riferito al primo atto difensivo
immediatamente successivo al sequestro (Sez. 6^, 9 dicembre 1993,
Severini, m. 198.240), anche se alcune decisioni precisano (ma in
relazione ad atti diversi dal sequestro) che non potrebbe considerarsi
tempestiva un'eccezione quando il primo atto successivo con cui sia
stata sollevata avvenga a distanza di parecchio tempo dal compimento
dell'atto nullo (Sez. 1^, 6 giugno 1997, Pata, m. 207.858, in un caso
di nullità di un rilievo sulla persona, eccepita dopo
parecchio tempo nel corso dell'interrogatorio dell'indagato; cfr. anche
Sez. 1^, 21 maggio 2004, Defina, m. 228.509). Seguendo questa soluzione
esegetica, pertanto, deve ritenersi sicuramente tempestiva l'eccezione
di nullità del sequestro sollevata con l'istanza di riesame
poiché questa è il primo atto del procedimento
immediatamente successivo ed inoltre deve intervenire entro un termine
brevissimo.
- secondo una diversa interpretazione, invece, poiché la
nullità è sanata, ai sensi dell'art. 182 c.p.p.,
comma 2, se non dedotta prima del compimento dell'atto o immediatamente
dopo, dovrebbe escludersi che la nullità possa essere
dedotta con la richiesta di riesame e, comunque, che il termine per la
sua deduzione possa essere posto in relazione alla necessaria
effettuazione di un successivo atto cui intervenga la stessa parte o il
difensore, ben potendo l'eccezione avere luogo anche al di fuori
dell'espletamento di specifici atti, mediante memorie o richieste che,
ai sensi dell'art. 121 cod. proc. pen., possono essere inoltrate in
ogni stato e grado del procedimento (Sez. 4^, 25 settembre 2003,
Giannandrea, m. 227.303; Sez. 3^, 7 novembre 2002, Agliolo, m. 223.777;
Sez. 6^, 10 novembre 1992, Godina, m. 193.451; v. anche Sez. 3^, 28
settembre 2004, Pellizzer, m. 229.894).
4. Il Collegio ritiene che l'opzione interpretativa più
conforme al dettato legislativo ed al principio fondamentale posto
dall'art. 24 Cost. sia quella secondo cui l'eccezione di
nullità è tempestiva se proposta con l'istanza di
riesame, e ciò per le seguenti considerazioni.
4.1. Presupposto per la applicazione della disposizione di cui all'art.
182 c.p.p., comma 2, primo periodo - secondo cui la nullità
di un atto deve essere eccepita, quando la parte vi assista, prima del
suo compimento ovvero, se ciò non sia possibile,
immediatamente dopo - è ovviamente la circostanza che la
parte che assiste all'atto nullo sia in grado di eccepirne la
nullità, ossia che possa presumersi che essa ne sia o debba
esserne o sia in grado di esserne a conoscenza.
Analogamente, deve ritenersi che presupposto della decadenza dal
diritto di eccepire la nullità dopo il compimento dell'atto
è che sia provato che l'indagato sia venuto, o abbia avuto
la possibilità di venire, a conoscenza della
nullità, e che sia stato quindi posto in grado di eccepirla.
4.2. Nella fattispecie in esame, però, la nullità
del sequestro deriva dal fatto che la polizia giudiziaria non ha
avvertito l'indagato, presente all'atto, della facoltà di
farsi assistere dal difensore di fiducia (o non gli ha chiesto se era
assistito da difensore di fiducia o non gli ha nominato un difensore
d'ufficio). Ma in questo caso non può, per definizione,
presumersi che l'indagato presente conosca o sia in grado di conoscere
la nullità. E difatti, se il legislatore impone alla polizia
giudiziaria l'obbligo di avvertirlo della facoltà di farsi
assistere da un difensore, ciò significa che per il
legislatore sussiste una presunzione assoluta che l'indagato non sia e
non debba essere a conoscenza di questa facoltà e quindi, a
maggior ragione, che non sia a conoscenza di un obbligo, previsto a
pena di nullità, di avvisarlo della facoltà
stessa. Sarebbe pertanto illogico ritenere che l'indagato possa e debba
eccepire la nullità del sequestro prima del suo compimento
proprio quando la nullità deriva dal fatto che non
è stato avvisato della facoltà di farsi
assistere, ossia che non è stato messo a conoscenza della
nullità.
4.3. Ma tale presunzione, legislativamente prevista, di ignoranza della
nullità non viene certamente meno solo perché il
sequestro è stato compiuto. Deve quindi presumersi che
l'ignoranza sulla esistenza di una nullità - e quindi
l'impossibilità di eccepirla - perduri fino a quando non sia
provato o possa presumersi che l'indagato sia venuto a conoscenza della
nullità stessa o sia stato in grado di conoscerla e quindi
possa eccepirla. Il che normalmente può presumersi che
avvenga quando risulti che l'indagato abbia contattato un difensore e
questi sia stato posto in grado di rilevare la nullità e di
redigere un atto difensivo con cui eccepirla. Orbene, se non si ancora
la presunzione di conoscenza della nullità e di effettiva
possibilità di eccepirla ad un preciso momento e ad un
determinato atto, ne potrebbe derivare una assoluta incertezza,
diversità ed arbitrarietà di opinioni e di
soluzioni (non essendovi un criterio per stabilire, ad esempio, se una
eccezione formulata dopo tre, invece che quattro o cinque giorni, e
così via, sia o meno tempestiva).
Questi inconvenienti vengono meno se - sempre qualora si ritenga che
per la nullità in questione debba trovare applicazione
l'art. 182 c.p.p., primo periodo, comma 2 - si consideri comunque
tempestiva una eccezione sollevata con l'atto di riesame. La
presentazione dell'istanza può infatti far presumere che
l'indagato sia venuto o sia stato in grado di venire a conoscenza della
nullità e di eccepirla. Del resto, considerato il brevissimo
termine entro il quale l'istanza va presentata, una eccezione ivi
contenuta può certamente ritenersi proposta "immediatamente
dopo" il compimento dell'atto nullo.
4.4. Inoltre, non è chiaro quale altro mezzo avrebbe
l'indagato, una volta venuto a conoscenza della nullità, per
eccepirla se non l'istanza di riesame ai sensi degli artt. 257 e 324
cod. proc. pen., che costituisce l'atto tipico specificamente previsto
dal legislatore proprio per far valere le nullità del
sequestro.
Il brevissimo termine fissato per la sua presentazione, del resto,
permette di ritenere salvaguardate le esigenze alla cui tutela mira la
citata disposizione di cui all'art. 182 cod. proc. pen.. 4.5. Alcune
decisioni sostengono che l'eccezione di nullità potrebbe
essere sollevata anche prima della richiesta di riesame mediante
memorie o richieste che possono in ogni stato e grado del procedimento
essere inoltrate al Giudice ai sensi dell'art. 121 cod. proc. pen.. Ma
questa considerazione non pare decisiva per i seguenti motivi:
- non vi è una ragione per cui la mancata proposizione di
memorie o richieste dovrebbe far ritenere tardiva l'eccezione formulata
con l'istanza di riesame in difetto di prova che l'indagato, prima dei
dieci giorni per proporre l'istanza, fosse già venuto a
conoscenza della nullità e fosse perciò in grado
di eccepirla;
- l'art. 121 cod. proc. pen. si riferisce a memorie o richieste scritte
che le parti possono presentare al Giudice, e non al pubblico
ministero, e riguarda chiaramente casi in cui non sia previsto un
apposito strumento processuale per provocare un sindacato del Giudice.
Nella ipotesi in esame, invece, è specificamente previsto
che il sindacato del Giudice debba necessariamente essere richiesto
mediante lo strumento, completamente regolato nelle forme e nei
termini, dell'istanza di riesame che non può quindi essere
surrogata o tanto meno impedita o sostituita da generiche ed informali
memorie o richieste scritte;
- non può poi ritenersi che l'indagato, venuto a conoscenza
della nullità, dovrebbe obbligatoriamente eccepirla nel
confronti del pubblico ministero, mediante richiesta di restituzione
delle cose sequestrate. Infatti, a parte che permarrebbe
l'inconveniente di dimostrare quando possa presumesi avvenuta la
conoscenza della nullità, è principio
fondamentale quello secondo cui contro le nullità relative
ad atti compiuti dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria sia
sempre possibile provocare il sindacato del Giudice, per cui
costituirebbe lesione dell'art. 24 Cost. ritenere esclusa questa
possibilità, specialmente in una ipotesi in cui è
espressamente previsto un mezzo di impugnazione dell'atto nullo dinanzi
al Giudice.
4.6. Resta perciò confermato che - anche qualora si voglia
ritenere applicabile alla fattispecie de qua la citata disposizione
dell'art. 182 cod. proc. pen. e non invece il principio che la
nullità deve essere eccepita entro il giudizio di primo
grado - l'unico (o quanto meno il principale) strumento che l'indagato
ha per far valere questa nullità è rappresentato
dalla richiesta di riesame a norma degli artt. 324 e 325 cod. proc.
pen..
E poiché per la presentazione di questa richiesta
è espressamente previsto il termine di dieci giorni, ne
consegue che quando l'eccezione sia proposta con la istanza di riesame
e quando il detto termine sia stato rispettato, l'eccezione deve
ritenersi certamente tempestiva.
5. Da questa conclusione deriva che illegittimamente l'ordinanza
impugnata, sebbene avesse ritenuto effettivamente sussistente la
nullità del sequestro, ha respinto l'eccezione di
nullità erroneamente ritenendola tardiva.
Ne consegue che devono essere annullati senza rinvio sia l'ordinanza
impugnata sia il decreto di sequestro preventivo del Giudice per le
indagini preliminari del tribunale di Patti in data 9 marzo 2005, e che
va ordinata la restituzione all'avente diritto di quanto in sequestro.
6. La Corte ritiene peraltro opportuno rilevare che, qualora non vi
fosse stata la suindicata nullità, l'ordinanza impugnata
avrebbe dovuto essere annullata per mancanza di motivazione sul fumus
dei reati ipotizzati.
Innanzitutto, invero, il sequestro è stato effettuato "in
relazione al reato di cui all'art. 171 bis, art. 171 ter e art. 171
octies", ossia con una contestazione assolutamente generica che non
permette di comprendere quali siano gli specifici reati ipotizzati (gli
articoli richiamati contengono una pluralità di disposizioni
e di ipotesi delittuose) e conseguentemente di verificare se sussista
il fumus degli stessi.
In ogni modo, quanto al decodificatore satellitare, non viene
specificata la condotta posta in essere e nemmeno se il decodificatore
fosse stato illegittimamente manomesso o utilizzato per captare
abusivamente i segnali televisivi. Soprattutto non viene neppure
indicata la sussistenza del presupposto del reato, ossia che la
condotta era diretta "a fini fraudolenti". L'ordinanza impugnata si
limita infatti a rilevare che il disco rigido interno "presumibilmente"
conteneva film registrati da canali satellitari, il che però
costituisce un mero sospetto, inidoneo a motivare la sussistenza del
fumus, anche perché, non essendo stato specificato che il
decodificatore era stato fraudolentemente modificato o utilizzato, non
è spiegato perché la eventuale registrazione di
film dovesse, di per sè sola, ritenersi vietata o effettuata
a "a fini fraudolenti".
Quanto ai film in formato Divx ed alle musiche in formato Mp3 contenuti
nel disco rigido e in 22 CD Rom, manca non solo l'indicazione della
condotta contestata, ma soprattutto che essa sarebbe stata posta in
essere "per uso non personale" ed "a fini di lucro" (come è
richiesto a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 31 gennaio
2005, n. 7, art. 3, convertito con L. 31 marzo 2005, n. 43)
nonché una motivazione sulla effettiva destinazione a fine
di vendita o di commercializzazione dei supporti o delle registrazioni
in questione. La motivazione era poi tanto più necessaria
perché si trattava di formati con perdita di dati e con
qualità inferiore agli originali, dei quali, in mancanza di
elementi in senso contrario (ad es., copertine, pluralità di
CD con uguale contenuto, ecc.), avrebbe dovuto presumersi la
destinazione ad uso personale, dal momento che notoriamente tali
formati non sono solitamente destinati, almeno allo stato, a fini
commerciali o ad incrementare il mercato della pirateria, che
normalmente si avvale dei formati originali. È poi meramente
apparente la motivazione laddove esclude l'uso personale e deduce uno
scopo di commercializzazione esclusivamente dal fatto che i beni erano
detenuti in un esercizio commerciale, senza tener conto della
circostanza che l'attività commerciale svolta non aveva
nulla a che vedere con il commercio di film o di video originali o
abusivamente riprodotti.
Quanto agli altri "programmi" (così genericamente indicati)
contenuti nei CD Rom, non è specificato se essi fossero
stati abusivamente duplicati o detenuti a scopo commerciale o
imprenditoriale e soprattutto non è nemmeno indicato se la
condotta era diretta "al fine di trame profitto", fine che non
può desumersi dal solo fatto di una eventuale abusiva
duplicazione ne' dalla sola circostanza che i supporti si trovavano in
un esercizio commerciale in mancanza di una correlazione tra il tipo di
programma e la concreta attività commerciale svolta.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio l'ordinanza
impugnata nonché il decreto di sequestro preventivo emesso
dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Patti il 9
marzo 2005.
Ordina la restituzione all'avente diritto di quanto in sequestro. Manda
alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 626 cod. proc.
pen..
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di
Cassazione, il 25 ottobre 2005.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2006