Cass. Sez. III sent. 20168 del 30 maggio 2005 (p.u. 27 aprile 2005)
Pres. Papadia Est. Petti Ric. Fazzio
Polizia Giudiziaria - Attività di P.G. e garanzie difensive
A norma dell'art.114 disp. att. c.p.p. la P.G., nel procedere al compimento degli atti indicati nell'articolo 356 c.p.p. deve avvertire la persona sottoposta ad indagini, se presente, della facoltà di farsi assistere da un difensore. Tale avviso è dovuto, anche in assenza di specifica previsione normativa, anche nel caso in cui la P.G. proceda di iniziativa al sequestro preventivo. L'informazione sul diritto di difesa di cui all'art. 369bis c.p.p. non spetta alla P.G. ma al pubblico ministero.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 27/04/2005
Dott. VITALONE Claudio - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 556
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 37615/2004
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FAZZIO Orazio, nato ad Acireale il 22 marzo del 1968;
avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di Catania del 4 febbraio
del 2004;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale nella persona del Dott
CONSOLO Santi, il quale ha concluso per il rigetto;
Letti il ricorso ed il provvedimento denunciato;
osserva quanto segue:
IN FATTO
In data 19/8/2003, la Polizia Municipale di Pedara, dopo avere
accertato che Fazzio Orazio, nell'immobile sito nella locale Via Are di
Giove, al n. 382/7, aveva costruito, in assenza di concessione o
autorizzazione edilizia, "un'appendice in cemento armato" della
dimensione di m. 10 x 3, procedeva al sequestro del manufatto per
finalità probatorie e per impedire la prosecuzione
dell'attività
edificatoria abusiva.
Il Pubblico Ministero, cui l'accertamento
predetto era stato indirizzato, chiedeva al G.i.p. la convalida del
sequestro e la emissione di decreto di sequestro preventivo del
cantiere abusivo. Il G.i.p., con provvedimento del 25 agosto 2003,
convalidava il provvedimento suddetto e disponeva il sequestro
preventivo dell'immobile in questione.
Il Fazzio proponeva richiesta di riesame deducendo:
a) la violazione del disposto di cui agli artt. 365,369 e 369 bis del
c.p.p. e nullità derivata del decreto di convalida del
sequestro emesso
dal G.i.p., in quanto il sequestro preventivo è atto tipico
cui il
difensore ha diritto di assistere ed il codice di rito prevede l'invio
della informazione di garanzia all'indagato contestualmente al
compimento di un atto al quale il difensore ha diritto di assistere e
la comunicazione allo stesso del nominativo del difensore di ufficio
nominato dall'A.G. procedente; precisava che, a seguito di sequestro
eseguito su iniziativa della polizia giudiziaria, il primo atto che
deve compiere l'esecutore dello stesso consiste nell'invitare
l'indagato ad indicare il nome del proprio difensore di fiducia e, in
mancanza, nel designare uno d'ufficio: nel caso di specie
ciò non era
avvenuto e solo successivamente era stata rivolta al Fazzio la
richiesta di nominare un difensore di fiducia; si era così
violato il
disposto dell'art. 369 c.p.p. rendendo nullo l'atto di sequestro e
quelli successivi come la richiesta di convalida e l'ordinanza di
sequestro, atteso che l'informazione di garanzia e la comunicazione sul
diritto di difesa mancavano anche nel provvedimento di sequestro emesso
dal G.i.p.;
b) la nullità del decreto di sequestro per mancanza di
motivazione sui presupposti normativi relativi all'adozione della
misura cautelare, in quanto si era contestata al Fazzio la violazione
dell'art. 20, lettera b) legge n. 47 del 1985, norma che era stata
abrogata per effetto dell'art. 136 D.P.R. n. 380 del 2001;
c)
nullità del decreto per mancanza di motivazione, sia sul
periculum in
mora, in quanto la costruzione era ultimata, che sulla sussistenza del
reato, giacché il manufatto edilizio era destinato ad
autorimessa per
cui la sua natura pertinenziale era evidente. Con ordinanza del 23
settembre del 2003 il tribunale di Catania rigettava la richiesta
osservando: a) che non si era verificata alcuna nullità, sia
perché
l'atto compiuto dalla polizia giudiziaria aveva natura precaria ed era
stato sostituito dal provvedimento del giudice, sia perché
in materia
di sequestro preventivo non sussiste l'obbligo della polizia
giudiziaria del previo avviso al difensore dell'indagato
dell'esecuzione del sequestro o di avvisare l'indagato della
facoltà di
farsi assistere da un difensore, in quanto le disposizione di cui agli
artt. 356, 364 e c.p.p. e 114 disposizione att. si applicano solo al
sequestro probatorio eseguito dalla polizia giudiziaria; b)che in ogni
caso la polizia aveva contestualmente provveduto ad informare il Fazzio
che la procura stava indagando nei suoi confronti in relazione a
violazioni urbanistiche e lo aveva invitato ad eleggere domicilio e a
dargli gli avvisi di cui all'articolo 369 c.p.p.; c)che nel decreto si
era indicato il reato attribuito, già previsto dall'articolo
20 lett.
b) legge n. 47 del 1985, il quale reato non era stato abolito dal D.
P.R. n. 380 del 2001; d) che la costruzione non risultava ultimata in
quanto l'indagato non aveva provato il contrario; e)che in ogni caso il
sequestro serviva ad evitare con l'utilizzazione dell'immobile
l'aumento del carico urbanistico; f) che la nuova costruzione, come
emergeva dalle foto, non aveva natura pertinenziale perché
mancava la
possibilità di accedere alla stessa. Ricorre per cassazione
il Fazzio
denunciando:
la violazione degli artt. 365, 369 e 369 bis c.p.p.:
assume che la richiesta di convalida e l'adozione del sequestro
preventivo erano state effettuate senza che gli fosse stato nominato un
difensore d'ufficio e senza che il relativo nominativo gli fosse
comunicato e che tale omissione avrebbe determinato la
nullità degli
atti successivi a norma dell'articolo 369 bis, posto che la relativa
nullità era stata ritualmente eccepita;
inosservanza ed erronea
applicazione della legge in relazione ai requisiti necessari per
l'emissione del sequestro preventivo nonché mancanza ed
illogicità
motivazione ex art 606 lettere b) ed e):
sostiene che per il
vincolo pertinenziale il reato era insussistente mentre del tutto
inadeguata era la motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze
cautelari: infatti non era l'indagato a dovere dimostrare che l'opera
era ultimata, ma il pubblico ministero a provare il contrario inoltre
non era stato in alcun modo motivato l'aggravamento del carico
urbanistico, tanto più che il tribunale aveva omesso di
apprezzare il
rilascio dell'autorizzazione da parte della Soprintendenza.
DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto per quanto di
ragione.
A norma dell'articolo 114 dispos. Att. c.p.p. la polizia giudiziaria,
nel procedere al compimento degli atti indicati nell'articolo 356
c.p.p., deve avvertire la persona sottoposta alle indagini, se
presente, che ha la facoltà di farsi assistere da un
difensore. Tale
norma, anche se l'articolo 356 non menziona il sequestro preventivo, si
applica anche a tale tipo di sequestro allorché nelle
situazioni
d'urgenza viene eseguito ad iniziativa della polizia giudiziaria.
L'omessa esplicita menzione del sequestro preventivo è stata
probabilmente determinata dal fatto che questo è normalmente
atto del
giudice e non della polizia giudiziaria nonché dal fatto che
il comma 3
bis dell'articolo 321 è stato inserito successivamente con
l'articolo
15 del decreto legislativo n. 12 del 1991. Tuttavia, nelle ipotesi in
cui eccezionalmente il sequestro preventivo viene eseguito dalla
polizia giudiziaria, si verifica la stessa situazione prevista per il
sequestro probatorio e perciò l'esclusione dell'avviso
sarebbe
incongrua. Nella fattispecie non era però dovuto alcun
avviso perché
l'indagato non era presente. Questi, subito dopo il sequestro,
è stato
invitato in caserma ed in quella circostanza gli è stato
comunicato che
il P.M. svolgeva indagini per suo conto ed è stato invitato
a nominare
un difensore di fiducia. Siffatta formale e personale comunicazione
deve ritenersi del tutto equipollente all'informazione di garanzia di
cui all'art. 369 c.p.p.. Del pari insussistente è la
violazione
dell'articolo 369 bis. Invero l'informazione sul diritto di difesa non
spetta alla polizia giudiziaria ma al pubblico ministero il quale deve
effettuarla in occasione del compimento del primo atto al quale il
difensore ha diritto di assistere ed in ogni caso prima
dell'interrogatorio di cui all'articolo 375 c.p.p.. La sua omissione
non determina la nullità degli atti già compiuti
ma quella degli atti
successivi. In ogni caso tale comunicazione non è
più dovuta allorché
l'indagato ha nominato il proprio difensore di fiducia. Nella
fattispecie l'informazione di cui all'articolo 369 bis non era dovuta
nel senso che non era stato ancora compiuto da parte del P.M. alcun
atto che l'imponesse. Invero l'invio della comunicazione con la
designazione del difensore d'ufficio, da parte del pubblico ministero,
presuppone che sia stato già designato un patrono non
fiduciario, come
si desume dal tenore letterale della norma, la quale dispone che "il
pubblico ministero notifica alla persona sottoposta alle indagini la
comunicazione della nomina del difensore d'ufficio..". Orbene negli
atti a sorpresa la nomina di un difensore ex articoli 365 e 97 comma
terzo c.p.p. è dovuta solo nel caso in cui l'indagato
presenzi al
compimento dell'attività investigativa per cui, come
è avvenuto nella
fattispecie, ove l'inquisito non partecipi alle operazioni, la nomina
di un difensore d'ufficio potrebbe mancare, facendo così
venire meno
anche l'obbligo d'inoltro della successiva informazione sul diritto di
difesa. Al momento del sequestro operato dalla polizia giudiziaria non
era quindi ancora sorto l'obbligo per il pubblico ministero di inviare
la comunicazione sul diritto di difesa per l'assenza dell'indagato al
compimento dell'atto. Qualche giorno dopo il Fazzio ha nominato il
proprio difensore di fiducia, il quale ha esercitato tutte le
facoltà
spettanti in quella fase al difensore, chiedendo in particolare il
riesame del provvedimento di sequestro, rendendo così del
tutto inutile
la comunicazione sul diritto di difesa, la quale non ha più
ragion
d'essere allorché l'indagato designi il proprio difensore di
fiducia
(Cass. 17 aprile del 2002, Hammed Achref). Invero la comunicazione di
cui all'articolo 369 bis serve a garantire l'effettività del
diritto di
difesa. Nella fattispecie l'unica attività difensiva che il
difensore
avrebbe potuto esplicare dopo il sequestro era quella di chiedere il
riesame del provvedimento, attività questa che è
stata immediatamente
esercitata dal difensore di fiducia.
Infondata è altresì la censura
relativa all'astratta configurabilità del reato avendo il
tribunale
chiarito che con l'opera in questione, che non costituiva una
pertinenza, si era ampliata la costruzione preesistente.
Fondata è
invece l'impugnazione per quanto concerne "l'inadeguatezza della
motivazione in merito alle esigenze cautelari". Invero il tribunale, da
un lato, ha ritenuto non ultimata la costruzione senza alcun
accertamento in merito, limitandosi ad affermare che l'indagato non
aveva provato il contrario, dall'altro, ha sostenuto apoditticamente
che l'uso del manufatto abusivo aumentava il carico urbanistico.
In
proposito si osservava un lato, che in materia di sequestro preventivo
deve essere l'accusa, che invochi l'adozione del provvedimento
cautelare per evitare che il reato venga portato ad ulteriori
conseguenze, a dimostrare la non ultimazione dei lavori e non
l'indagato a provare il contrario ossia il completamento delle opere,
e, dall'altro che secondo l'orientamento espresso dalle sezioni unite
di questa corte (Cass. 29 gennaio 2003, Innocenti), in presenza
d'ipotesi criminosa già perfezionatasi, l'aggravamento del
carico
urbanistico deve essere di volta in volta dimostrato, non potendo
risolversi, come è avvenuto nella fattispecie in una
clausola di stile,
tanto più che l'abuso edilizio in questione consiste
nell'ampliamento
di un immobile già esistente. L'ordinanza impugnata va
quindi annullata
con rinvio al tribunale di Catania, il quale dovrà motivare
in ordine
alla sussistenza dell'esigenze cautelari nel senso che, se trattasi di
opera non ultimata, la prova della non ultimazione deve essere fornita
dall'accusa; se ultimata devono essere specificate le ragioni per le
quali si ritiene aggravato il carico urbanistico.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 623 c.p.p., annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al
tribunale di Catania.
Così deciso in Roma, il 27 aprile del 2005.
Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2005