Materia: Direttiva 79/409/CEE - Zone di protezione speciale - Conservazione degli uccelli selvatici
SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
20 marzo 2003(1)
«Inadempimento di uno Stato - Direttiva 79/409/CEE - Zone di protezione speciale - Conservazione degli uccelli selvatici»
Nella causa C-378/01,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. G. Valero Jordana e R. Amorosi, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. U. Leanza, in qualità di agente, e dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
avente ad oggetto un ricorso diretto a far costatare che la Repubblica italiana, non avendo classificato in misura sufficiente come zone di protezione speciale i territori più idonei, per numero e per superficie, alla conservazione delle specie di cui all'allegato I della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1), e successive modifiche, e delle altre specie migratrici che ritornano regolarmente in Italia, e non avendo comunicato alla Commissione tutte le informazioni opportune in merito alla maggior parte delle dette zone da essa classificate, è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell'art. 4, nn. 1-3, della predetta direttiva,
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta dal sig. J.-P. Puissochet, presidente di sezione, dai sigg. R. Schintgen e C. Gulmann (relatore), dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, giudici,
avvocato generale: sig. P. Léger
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la relazione d'udienza,
sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 14 novembre 2002, durante la quale la Commissione è stata rappresentata dal sig. R. Amorosi e la Repubblica italiana dal sig. A. Cingolo, avvocato dello Stato,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 12 dicembre 2002,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1. Con ricorso depositato nella cancelleria della Corte il 2 ottobre 2001, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 226 CE, un ricorso diretto a far constatare che la Repubblica italiana, non avendo classificato in misura sufficiente come zone di protezione speciale (in prosieguo: le «ZPS») i territori più idonei, per numero e per superficie, alla conservazione delle specie di cui all'allegato I della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»), e successive modifiche, e delle altre specie migratrici che ritornano regolarmente in Italia, e non avendo comunicato alla Commissione tutte le informazioni opportune in merito alla maggior parte delle dette zone da essa classificate, è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell'art. 4, nn. 1-3, della predetta direttiva.
Ambito normativo
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2.
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L'art. 2 della direttiva stabilisce che «[g]li Stati membri adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli [viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il Trattato] ad un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative».
3.
L'art. 4, nn. 1-3, della direttiva recita come segue:
«1. Per le specie elencate nell'allegato I sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l'habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione.
A tal fine si tiene conto:
a) delle specie minacciate di sparizione;
b) delle specie che possono essere danneggiate da talune modifiche del loro habitat;
c) delle specie considerate rare in quanto la loro popolazione è scarsa o la loro ripartizione locale è limitata;
d) di altre specie che richiedono una particolare attenzione per la specificità del loro habitat.
Per effettuare le valutazioni si terrà conto delle tendenze e delle variazioni dei livelli di popolazione.
Gli Stati membri classificano in particolare come zone di protezione speciale i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie, tenuto conto delle necessità di protezione di queste ultime nella zona geografica marittima e terrestre in cui si applica la presente direttiva.
2. Analoghe misure vengono adottate dagli Stati membri per le specie migratrici non menzionate nell'allegato I che ritornano regolarmente, tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica marittima e terrestre in cui si applica la presente direttiva per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. A tale scopo, gli Stati membri attribuiscono una importanza particolare alla protezione delle zone umide e specialmente delle zone d'importanza internazionale.
3. Gli Stati membri inviano alla Commissione tutte le informazioni opportune affinché essa possa prendere le iniziative idonee per il necessario coordinamento affinché le zone di cui al paragrafo 1, da un lato, e 2, dall'altro, costituiscano una retecoerente e tale da soddisfare le esigenze di protezione delle specie nella zona geografica marittima e terrestre in cui si applica la presente direttiva».
Procedimento precontenzioso
4.
Ritenendo che la Repubblica italiana fosse venuta meno a taluni obblighi derivanti dall'art. 4 della direttiva, la Commissione, con lettera 18 marzo 1994, invitava tale Stato membro a presentare le sue osservazioni al riguardo.
5.
In questa lettera la Commissione sottolineava, in particolare, che la Repubblica italiana non aveva ancora designato le ZPS idonee, per numero e per superficie, sia per le specie contemplate nell'allegato I della direttiva che per le altre specie migratrici che ritornano regolarmente in Italia. Secondo la Commissione, le autorità italiane avevano designato solo 74 ZPS, pari ad una superficie di circa ha 310 400 e, inoltre, 22 di queste 74 zone riguardavano territori che non costituivano aree importanti per l'avifauna. Inoltre, la Commissione addebitava alle dette autorità la mancata trasmissione di dati quantitativi appropriati per la maggior parte delle ZPS designate, con la conseguenza che essa non era in grado di effettuare tutte le verifiche necessarie né di procedere al coordinamento della rete di tali ZPS in Italia.
6.
Con varie lettere inviate alla Commissione tra il 21 novembre 1994 e il 15 maggio 1997, le autorità italiane informavano quest'ultima della designazione di un totale di 34 nuove ZPS e le trasmettevano i dati tecnici relativi alle stesse.
7.
Considerando che le misure adottate dalla Repubblica italiana per conformarsi agli obblighi previsti dall'art. 4 della direttiva fossero ancora insufficienti, la Commissione, con lettera 18 agosto 1998, emetteva un parere motivato nel quale constatava, da un lato, che la classificazione come ZPS era ancora ampiamente insufficiente rispetto agli obblighi imposti dal detto art. 4 e, dall'altro, che non aveva ancora ricevuto comunicazione di tutta una serie di dati e informazioni relativi ad un gran numero di ZPS designate da tale Stato membro. La Commissione invitava quest'ultimo ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi a tale parere motivato entro due mesi dalla notifica del medesimo.
8.
Tra il 19 novembre 1998 e il 9 agosto 2000 il governo italiano indirizzava alla Commissione varie comunicazioni, con le quali la informava delle nuove designazioni di ZPS e le trasmetteva una documentazione tecnica che si riferiva a queste ultime così come alle ZPS designate precedentemente.
9.
La Commissione, considerando che tali comunicazioni non le permettessero di concludere che la Repubblica italiana si fosse conformata agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 4 della direttiva, ha deciso di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
Sull'insufficienza per numero e per superficie dei territori classificati come ZPS
Argomenti delle parti
10.
La Commissione si fonda sull'Inventory of Important Bird Areas in the European Community (Inventario delle aree importanti per l'avifauna nella Comunità europea), pubblicato nel 1989 (in prosieguo: l'«Inventario IBA 89»), per sostenere che la Repubblica italiana non ha classificato in misura sufficiente come ZPS i territori più idonei, per numero e per superficie, alla conservazione delle specie di cui all'allegato I della direttiva e delle altre specie migratrici che ritornano regolarmente in Italia, venendo meno in tal modo agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 4, nn. 1 e 2, della stessa. Infatti, salvo prova scientifica contraria, i siti elencati nell'Inventario IBA 89 potrebbero essere considerati come territori essenziali per la conservazione delle specie menzionate nel detto allegato e delle altre specie migratrici. Di conseguenza, essi dovrebbero essere classificati come ZPS ai sensi della disposizione citata. Orbene, in base al detto Inventario, in Italia esisterebbero 164 aree importanti per l'avifauna, ricoprenti una superficie totale di ha 3 609 070. Le autorità italiane avrebbero classificato sino ad ora 336 siti come ZPS, cioè una superficie totale di ha 1 370 700. Secondo la Commissione, 194 di queste ZPS non coincidono, nemmeno in parte, con nessuna delle 164 aree importanti per l'avifauna elencate nell'Inventario IBA 89. Di conseguenza, un gran numero di siti enunciati in tale Inventario ed una superficie rilevante di questi dovrebbero ancora essere classificati come ZPS dalle autorità italiane affinché le disposizioni della direttiva siano rispettate.
11.
Secondo il governo italiano, le misure che gli Stati membri adottano per assicurare una varietà ed una superficie sufficienti di habitat per tutte le specie di uccelli sono in linea con la direttiva se sono proporzionate alla popolazione delle specie di uccelli protetti. A questo proposito, esso precisa che quest'ultima deve essere determinata in relazione alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali proprie a ciascuna specie, tenendo altresì conto delle esigenze economiche e ricreative della zona geografica presa in considerazione.
12.
Il detto governo fa valere che la censura relativa ad un inadempimento dell'obbligo di protezione deve indicare i criteri scientifici sui quali è basata. Orbene, la Commissione si sarebbe limitata a muovere critiche puramente formali, in un settore in cui non è ammessa l'inversione dell'onere della prova, senza alcun riferimento alle specie protette, alle rotte di migrazione o alle zone di sosta, nonché alle colture locali e alle attività economiche delle zone interessate. Le censure così formulate sarebbero pertanto rimaste su un piano puramente astratto e, come tali, sarebbero inidonee a fondare un ricorso per inadempimento.
13.
Inoltre, il governo italiano rileva che le misure che esso ha adottato per conformarsi agli obblighi derivanti dalla direttiva risultano già dalla documentazione prodotta dalla Commissione a sostegno del proprio ricorso. Tali misure di selezione e di indagine sarebbero tutte in via d'esecuzione. Successivamente all'invio della lettera di diffida,le autorità italiane avrebbero designato 269 ZPS, circostanza che costituisce un aumento della superficie di queste pari a ha 1 518 000. Nondimeno, la designazione di nuove ZPS sarebbe ancora in corso. Infine, il governo italiano precisa che, per aggiornare l'Inventario IBA 89, il Ministero dell'Ambiente, nel dicembre 2000, ha affidato alla Lega Italiana Protezione Uccelli il compito di rivedere l'elenco delle IBA situate nel territorio italiano.
Giudizio della Corte
14.
Si deve ricordare, in primo luogo, che l'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva impone agli Stati membri di classificare come ZPS i territori rispondenti ai criteri ornitologici determinati da tali disposizioni (v., in tal senso, sentenza 2 agosto 1993, causa C-355/90, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-4221, punti 26, 27 e 32).
15.
In secondo luogo, va sottolineato che né le esigenze economiche né le esigenze ricreative enunciate all'art. 2 della direttiva possono essere prese in considerazione all'atto della scelta e della delimitazione di una ZPS (v., in tal senso, sentenza 19 maggio 1998, causa C-3/96, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-3031, punto 59).
16.
Orbene, è pacifico che le autorità italiane hanno continuato a classificare altri territori come ZPS dopo la scadenza del termine stabilito nel parere motivato, segnatamente per conformarsi alle prescrizioni di quest'ultimo.
17.
Inoltre, il governo italiano ha fatto capire che la scelta delle ZPS dipende anche da esigenze economiche o ricreative.
18.
D'altronde, non viene contestato che un gran numero ed una superficie rilevante dei siti elencati nell'Inventario IBA 89 non sono stati classificati come ZPS dalle autorità italiane. A tal riguardo si deve rilevare che il governo italiano, anche se in udienza ha sostenuto che il detto Inventario necessitava di una revisione, ha riconosciuto che non era stato in grado di contrapporgli uno strumento più efficace. Ciò premesso, tenuto conto del carattere scientifico dell'Inventario IBA 89 e della mancata produzione di qualsiasi elemento di prova scientifica da parte della Repubblica italiana, diretto in particolare a dimostrare che si potesse adempiere agli obblighi derivanti dall'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva classificando come ZPS siti diversi da quelli risultanti dal detto Inventario e ricoprenti una superficie totale inferiore a quella di questi ultimi, tale Inventario, per quanto non sia giuridicamente vincolante per lo Stato membro interessato, può essere utilizzato dalla Corte come elemento di riferimento che consenta di valutare se la Repubblica italiana abbia classificato un numero ed una superficie sufficienti di territori come ZPS ai sensi delle citate disposizioni della direttiva (v., in tal senso, sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit., punti 68-70).
19.
Alla luce di quanto precede, è giocoforza constatare che è fondata la censura relativa all'insufficienza, per numero e per superficie, dei territori classificati come ZPS.
Sulla mancata trasmissione alla Commissione di tutte le informazioni utili relative alle ZPS
20.
La Commissione fa valere che le autorità italiane, non comunicandole i dati ornitologici completi ed esatti ed una cartografia sufficientemente precisa, hanno violato l'art. 4, n. 3, della direttiva.
21.
Il governo italiano non contesta tale censura. D'altronde, nella lettera che ha inviato alla Commissione il 19 novembre 1998, esso riconosceva il carattere parziale delle informazioni e della cartografia che le aveva precedentemente comunicato riguardo alle 108 zone già classificate come ZPS.
22.
Di conseguenza, deve essere accolta anche la censura relativa alla mancata trasmissione alla Commissione di tutte le informazioni utili relative alle ZPS.
23.
Si deve quindi constatare che la Repubblica italiana, non avendo classificato in misura sufficiente come ZPS i territori più idonei, per numero e per superficie, alla conservazione delle specie di cui all'allegato I della direttiva, e successive modifiche, e della altre specie migratrici che ritornano regolarmente in Italia, e non avendo comunicato alla Commissione tutte le informazioni opportune in merito alla maggior parte delle dette zone da essa classificate, è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell'art. 4, nn. 1-3, della direttiva.
Sulle spese
24.
Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE (Sesta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) La Repubblica italiana, non avendo classificato in misura sufficiente come zone di protezione speciale i territori più idonei, per numero e per superficie, alla conservazione delle specie di cui all'allegato I della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, e successive modifiche, e delle altre specie migratrici che ritornano regolarmente in Italia, e non avendo comunicato alla Commissione tutte le informazioni opportune in merito alla maggior parte delle dette zone da essa classificate, è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell'art. 4, nn. 1-3, della predetta direttiva.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.