TAR Toscana, Sez. II, n. 841, del 1 giugno 2015
Caccia e animali. Legittimità revoca della licenza di porto fucile per uso caccia a seguito ferimento accidentale
Non v’è dubbio che nella fattispecie in esame sussistessero tutte le condizioni idonee a giustificare l’adozione sia del provvedimento di revoca della licenza di porto di fucile uso caccia, che della misura interdittiva essendo emersi dall’attività istruttoria condotta dall’amministrazione elementi sufficienti a ingenerare il convincimento che il ricorrente non desse affidamento di non abusare delle armi, e ciò a prescindere dalla effettiva responsabilità del medesimo nelle vicende per cui è causa da accertare nelle sedi giudiziarie competenti. Il carattere accentuatamente discrezionale del giudizio in ordine all’affidabilità nell’uso delle armi importa poi la legittimità anche del ricorso a valutazioni della capacità di abuso fondate su considerazioni probabilistiche e su circostanze di fatto assistite da meri elementi di fumus, in quanto nella materia de qua l'espansione della sfera di libertà dell'individuo è, appunto, destinata a recedere di fronte al bene della sicurezza collettiva. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00841/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00896/2013 REG.RIC.
N. 00897/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 896 del 2013, proposto da:
Roberto Francini, rappresentato e difeso dall'avv. Giuliano Picchio, con domicilio eletto presso - Segreteria T.A.R. in Firenze, Via Ricasoli 40;
contro
Questura di Siena, in persona del Questore p.t., Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Firenze, presso i cui Uffici, in Firenze, Via degli Arazzieri 4, sono legalmente domiciliati;
sul ricorso numero di registro generale 897 del 2013, proposto da:
Roberto Francini, rappresentato e difeso dall'avv. Giuliano Picchio, con domicilio eletto presso - Segreteria T.A.R. in Firenze, Via Ricasoli 40;
contro
U.T.G. - Prefettura di Siena, in persona del Prefetto p.t., Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Firenze, presso i cui Uffici in Firenze, Via degli Arazzieri 4, sono legalmente domiciliati;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 896 del 2013:
- del Decreto questorile del 15 marzo 2013 - Categ. 6 FCOM/2013 - Div. Amm.va (2), a firma del Questore Dr. Benedetti di revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia del ricorrente, Sig. Roberto Francini, (provvedimento ricevuto in notifica dal ricorrente in data 29 marzo 2013);
- di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto e/o connesso e/o conseguente, anche se non ancora conosciuto dal ricorrente negli estremi e nel contenuto;
nonchè, per la declaratoria di illegittimità
del silenzio- diniego serbato dalla Questura di Siena in ordine all'istanza di accesso agli atti e documenti amministrativi presentata dal ricorrente in data 11 febbraio 2013;
quanto al ricorso n. 897 del 2013:
- del decreto prefettizio Prot. n. 9104/G.15 Area I, del 9 aprile 2013, a firma del Dirigente dell'Area, Dr. Sanfilippo, con il quale si fa divieto al Sig. Roberto Francini di detenere armi e munizioni, ricevuto in notifica dal ricorrente in data 22 aprile 2013;
- di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto e/o connesso e/o conseguente, anche se non ancora conosciuto dal ricorrente negli estremi e nel contenuto;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, della Questura di Siena e dell’U.T.G. - Prefettura di Siena;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2015 la dott.ssa Eleonora Di Santo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso R.G. n. 896/2013, il sig. Francini ha impugnato il decreto questorile del 15 marzo 2013 - con il quale gli è stata revocata, ai sensi degli artt. 10, 11, 42 e 43 T.U.L.P.S., la licenza di porto di fucile per uso caccia - e ha chiesto, altresì, la declaratoria di illegittimità del silenzio – rigetto serbato dalla Questura di Siena in ordine all'istanza di accesso agli atti e documenti amministrativi presentata dal medesimo in data 11 febbraio 2013.
Il provvedimento di revoca veniva motivato facendo riferimento al fatto che in data 17 novembre 2012 il ricorrente, nel corso di una battuta di caccia al cinghiale effettuata nel territorio del comune di Rapolano Terme, in loc. Armaiolo, feriva con un colpo di fucile alla coscia sinistra uno dei partecipanti alla battuta di caccia, il quale veniva trasportato al Pronto Soccorso dell’Ospedale Le Scotte di Siena e ricoverato con una prognosi di gg. 20; si sottolineava, inoltre, come non fossero pervenuti scritti difensivi successivamente alla comunicazione di avvio del procedimento ex artt. 7 e sgg. della legge 241/90; si concludeva ritenendo “che il suddetto comportamento è incompatibile con la titolarità della citata autorizzazione di polizia, in quanto si ritiene che il Sig. Francini Roberto non dà più affidamento di non abusare delle armi anche in considerazione del non rispetto delle previste norme di sicurezza nel maneggio delle armi”.
Deduce l’interessato a sostegno del gravame: 1) lesione del suo diritto di partecipazione/difesa nel procedimento amministrativo avviato nei suoi confronti, non avendo l’istanza di accesso agli atti sortito positivo effetto, dal momento che tutti i documenti e gli atti erano stati nel frattempo acquisiti dalla Procura della Repubblica; 2) difetto di motivazione, in quanto non sarebbe stata data alcuna dimostrazione di un’utilizzazione dell’autorizzazione non conforme alla disciplina, né sarebbero stati indicati elementi utili e comunque idonei a far ritenere che l’incidente si sia verificato anche solo per colpa del sig. Francini; 3) violazione e/o erronea applicazione degli artt. 10, 11, 42 e 43 del T.U.L.P.S., irragionevolezza, in quanto la Questura non avrebbe spiegato la dinamica dell’accaduto, né avrebbe fornito elementi tali da dimostrare che l’evento sarebbe dipeso da una qualche colpa del ricorrente, così come non avrebbe spiegato le ragioni per cui la scelta sia ricaduta sulla più afflittiva misura della revoca, anziché sulla sospensione.
Con il ricorso R.G. n. 897/2013, il sig. Francini ha impugnato il decreto prefettizio del 9 aprile 2013, con il quale, ai sensi dell’art. 39 del T.U.L.P.S., è stato vietato al ricorrente di detenere armi e munizioni.
A fondamento del divieto vi è lo stesso episodio cui si fa riferimento nel precedente provvedimento di revoca, nonché, anche in questo caso, il rilievo dell’omessa produzione di controdeduzioni da parte dell’interessato a seguito della comunicazione di avvio del procedimento di cui agli artt. 7 e sgg. della legge n. 241/90, per poi pervenire alla conclusione che “la condotta del Sig. Francini nella circostanza, non [dà] affidamento in ordine ad un uso legittimo di armi, e che, pertanto, a scopo cautelare, occorre disporre nei suoi confronti il divieto di detenzione di armi, munizioni ed altri prodotti esplosivi in genere, a qualsiasi titolo posseduti”.
A sostegno del gravame vengono, sostanzialmente, dedotti gli stessi motivi di doglianza formulati con il ricorso R.G. n. 896/2013.
Si è costituito il Ministero dell’Interno per entrambi i ricorsi, la Questura di Siena per il ricorso R.G. n. 896/2013 e l’U.T.G. – Prefettura di Siena per il ricorso R.G. n. 897/2013.
2. I ricorsi R.G. n. 896/2013 e n. 897/2013 vanno previamente riuniti per evidenti ragioni di carattere soggettivo e oggettivo.
3. In relazione al ricorso R.G. n. 896/2013 va, innanzitutto, rilevato che con nota depositata il 21 settembre 2013, sottoscritta dal difensore del ricorrente e da quest’ultimo, il sig. Francini ha rinunciato al ricorso per la parte concernente la richiesta di declaratoria dell’illegittimità del silenzio-rigetto sull’istanza di accesso agli atti.
Alla luce del rilievo che precede, in assenza di prova dell’avvenuta notificazione dell’atto di rinuncia ai sensi dell’art. 84 c.p.a., si ritiene che l’atto stesso debba essere apprezzato come declaratoria di sopravvenuta carenza d’interesse, con conseguente pronuncia di improcedibilità del ricorso R.G. n. 896/2013 per tale parte.
Per la restante parte, il ricorso R.G. n. 896/2013 è infondato, così come è infondato il ricorso R.G. n. 897/2013.
La giurisprudenza ha più volte rilevato come in materia di rilascio (o di revoca) del porto d'armi, l’Amministrazione di p.s., <<dovendo perseguire la finalità di prevenire la commissione di reati e/o fatti lesivi dell'ordine pubblico, (abbia) un’ampia discrezionalità nel valutare l'affidabilità del soggetto di fare buon uso delle armi (e quindi anche nel valutare le circostanze che consiglino l'adozione di provvedimenti di sospensione o di revoca di licenze di porto d'armi già rilasciate), onde il provvedimento di rilascio del porto d'armi e l'autorizzazione a goderne in prosieguo richiedono che l'istante sia una persona “esente da mende e al disopra di ogni sospetto e/o indizio negativo e nei confronti della quale esista la completa sicurezza circa il corretto uso delle armi, in modo da scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell'ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività” >> (Consiglio Stato, sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4604; sez. IV, 8 maggio 2003, n. 2424; 30 luglio 2002, n. 4073; 29 novembre 2000, n. 6347; più di recente, si vedano T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 7 dicembre 2011 n. 1944; T.A.R. Piemonte sez. II 4 novembre 2011 n. 1149; T.A.R. Umbria 4 luglio 2011 n. 193).
Del resto, in termini più decisamente sistematici, non bisogna dimenticare che <<il rapporto giuridico che scaturisce dal rilascio di detta autorizzazione di polizia resta pur sempre subordinato, in tutto il suo svolgimento, alla coincidenza con l'interesse pubblico, rimesso appunto alla valutazione discrezionale della P.A., il cui giudizio non può essere sindacato se non sotto il profilo del rispetto dei canoni di ragionevolezza e della coerenza>> (Consiglio Stato, sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4604); sotto il profilo applicativo, il carattere accentuatamente discrezionale del giudizio in ordine all’affidabilità nell’uso delle armi importa poi la legittimità anche del ricorso a <<valutazioni della capacità di abuso fondate su considerazioni probabilistiche e su circostanze di fatto assistite da meri elementi di fumus, in quanto nella materia de qua l'espansione della sfera di libertà dell'individuo è, appunto, destinata a recedere di fronte al bene della sicurezza collettiva>> (Consiglio Stato, sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4604; sez. IV, 8 maggio 2003, n. 2424; T.A.R. Umbria 4 luglio 2011, n. 193).
Nel caso di specie, le valutazioni compiute sia dalla Questura che dalla Prefettura di Pisa costituiscono appunto espressione di quella valutazione puramente probabilistica (e cautelativa) richiesta dalla giurisprudenza e non presentano certamente quegli aspetti di evidente illogicità o di travisamento dei fatti che potrebbero legittimarne l’annullamento giurisdizionale.
Non v’è dubbio, infatti, che nella fattispecie in esame sussistessero tutte le condizioni idonee a giustificare l’adozione sia del provvedimento di revoca della licenza di porto di fucile uso caccia, che della misura interdittiva essendo emersi dall’attività istruttoria condotta dall’amministrazione elementi sufficienti a ingenerare il convincimento che il ricorrente non desse affidamento di non abusare delle armi, e ciò a prescindere dalla effettiva responsabilità del medesimo nelle vicende per cui è causa da accertare nelle sedi giudiziarie competenti.
Di qui l’irrilevanza della sentenza di non luogo a procedere nei confronti del ricorrente, asseritamente pronunciata dal Tribunale di Siena successivamente all’adozione dei provvedimenti impugnati, con la quale si sarebbe escluso che la fattispecie posta a fondamento dei provvedimenti in questione possa avere rilevanza penale.
Ciò che rileva, infatti, nella prospettiva dei provvedimenti di cui si discute, ai fini di una valutazione prognostica in ordine al corretto uso delle armi, è – come si è detto - la sussistenza di circostanze di fatto assistite da meri elementi di fumus – pienamente ricorrenti nella specie - che non consentono di ritenere il ricorrente pienamente affidabile nell’uso delle armi.
Né quest’ultimo, attraverso una partecipazione fattivamente collaborativa nell’ambito dei procedimenti amministrativi sfociati nell’adozione dei provvedimenti impugnati, ha offerto elementi di giudizio di segno contrario, tali da rendere irrazionale o arbitraria tale valutazione prognostica negativa.
4. Il ricorso R.G. n. 896/2013 va, pertanto, in parte dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e, per la restante parte, va respinto, così come va respinto anche il ricorso R.G. n. 897/2013.
5. Quanto alle spese di giudizio, le stesse seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa riunione degli stessi:
1) in parte respinge il ricorso R.G. n. 896/2013 e in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, nei termini di cui in motivazione;
2) respinge il ricorso R.G. n. 897/2013.
Condanna la parte ricorrente a rifondere alle amministrazioni resistenti le spese dei giudizi, che liquida nella complessiva somma di euro 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Eleonora Di Santo, Consigliere, Estensore
Carlo Testori, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/06/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)