Cass. Sez. III n.37861 del 28 luglio 2017 (Ud. 4 apr 2017)
Pres. Cavallo Est. Andronio Imp. Rolfo
Beni culturali. Cose di interesse numismatico

Le cose di interesse numismatico devono essere considerate beni culturali, non solo quando abbiano carattere di rarità o di pregio, ai sensi dell'art. 10, comma 4, lettera b) , ma anche quando, a prescindere dall'accertamento della presenza di tali caratteri, siano state ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini, perché in tal caso esse appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato, trattandosi, per definizione, di «cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico o artistico». La disposizione di cui all'art. 10, comma 4, lettera b), contiene, infatti, una previsione residuale, che trova applicazione per quelle cose di interesse numismatico non ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini. Esistono, dunque, due categorie di cose di interesse numismatico che devono essere considerate beni culturali, il cui impossessamento è sanzionato penalmente dall'art. 176 del d.lgs. n. 42 del 2004: a) le cose di interesse numismatico che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico che fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato perché in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini (artt. 826 cod. civ., 10, comma 1, e 91, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004); b) le cose di interesse numismatico che abbiano carattere di rarità o di pregio (art. 10, comma 4, lettera b, del d.lgs. n. 42 del 2004).

RITENUTO IN FATTO

1. - Con sentenza del 13 novembre 2015, il Tribunale di Asti ha assolto l'imputato, con la formula "perché il fatto non sussiste", dal reato di cui agli art. 81, secondo comma, cod. pen., 176 del d.lgs. n. 42 del 2004, a lui contestato, per essersi impossessato, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, di due monete antiche di interesse archeologico.
2. - Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti, deducendo l'erronea applicazione della disposizione incriminatrice. Non si sarebbe considerato che le monete in questione sono comunque beni di interesse archeologico e che per le stesse non si applica, dunque, la limitazione prevista dall'art. 10, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004, secondo cui le cose di interesse numismatico possono ricomprendersi nella nozione di beni culturali purché posseggano carattere di rarità e di pregio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 

3. - Il ricorso è fondato.
3.1. - Ai sensi dell'art 176, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, chiunque si impossessa di beni culturali indicati nell'articolo 10 appartenenti allo Stato ai sensi dell'articolo 91 è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 31 a euro 516,50. L'art. 10, prevede, al comma 1, che «Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico». Il successivo comma 4 dello stesso art. 10, prevede, alla lettera b), che sono inclusi tra i beni culturali «le cose di interesse numismatico che, in rapporto all'epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio». Il quadro è integrato dall'art. 91, comma 1, dello stesso d.lgs. n. 42 del 2004, il quale prevede che «Le cose indicate nell'articolo 10, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini, appartengono allo Stato e, a seconda che siano immobili o mobili, fanno parte del demanio o del patrimonio indisponibile, ai sensi degli articoli 822 e 826 del codice civile». Tale ultima disposizione prevede che fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le cose di interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo.
Da tale complesso di disposizioni deriva, per le cose di interesse numismatico, che le stesse devono essere considerate beni culturali, non solo quando abbiano carattere di rarità o di pregio, ai sensi dell'art. 10, comma 4, lettera b) , ma anche quando, a prescindere dall'accertamento della presenza di tali caratteri, siano state ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini, perché in tal caso esse appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato, trattandosi, per definizione, di «cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico o artistico». La disposizione di cui all'art. 10, comma 4, lettera b), contiene, infatti, una previsione residuale, che trova applicazione per quelle cose di interesse numismatico non ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini. Esistono, dunque, due categorie di cose di interesse numismatico che devono essere considerate beni culturali, il cui impossessamento è sanzionato penalmente dall'art. 176 del d.lgs. n. 42 del 2004: a) le cose di interesse numismatico che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico che fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato perché in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini (artt. 826 cod. civ., 10, comma 1, e 91, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004); b) le cose di interesse numismatico che abbiano carattere di rarità o di pregio (art. 10, comma 4, lettera b, del d.lgs. n. 42 del 2004).
Quanto al profilo temporale, la giurisprudenza di legittimità ha in generale chiarito che il possesso delle cose di interesse archeologico integra il reato di cui all'art. 176, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004 e si presume egittimo, a meno che il detentore non dimostri di averli legittimamente acquistati in ep ca antecedente all'entrata in vigore della legge n. 364 del 1909, di prima disciplina organica della materia (ex multis, Sez. 4, n. 14792 del 22/03/2016, Rv. 266981; Sez. 3, n. 49439 del 04/11/2009, Rv. 245743).
3.2. - Tali principi non sono stati applicati correttamente nel caso di specie, in primo luogo, perché dalla sentenza impugnata non emerge come sussistente - né, comunque, come allegata dall'imputato - la circostanza del ritrovamento dei beni di cui trattasi in data anteriore alla vigenza della legge n. 364 del 1909. Quanto, poi, all'appartenenza delle monete oggetto dell'imputazione alla categoria delle cose di interesse numismatico rientranti fra i beni culturali emerge con chiarezza dalla sentenza impugnata che il perito, pur avendo ritenuto non sufficientemente provato il carattere di rarità o di pregio delle stesse, ha affermato che esse sono dotate di interesse archeologico. Tale interesse sussiste - secondo quanto riportato dallo stesso Tribunale nella sentenza impugnata - non per la rarità, o bellezza, né per il valore commerciale, ma per l'importanza che gli oggetti hanno per la ricostruzione del quadro della circolazione monetale in un certo lasso di tempo e in un determinato contesto: il loro impossessamento ha determinato, dunque, una cancellazione di dati scientifici, che reca un danno alla conoscenza storico-archeologica. E, del resto, lo stesso perito ha indicato come necessaria, ai fini dell'accertamento completo dell'interesse archeologico delle monete, la ripulitura delle monete da incrostazioni, mentre il Tribunale non ha specificato sufficientemente se, nel caso di specie, vi fosse stata una mancata identificazione precisa delle caratteristiche numismatiche delle monete in questione, essendo la perizia riferita complessivamente ad un compendio ben più ampio, nell'ambito di indagini che vedevano coinvolti anche altri soggetti indagati.
4. - In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Asti, perché proceda al nuovo giudizio alla luce dei principi di diritto sopra affermati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Asti.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2017.