La prevalenza le piano paesaggistico rispetto al piano del parco è attinente esclusivamente agli aspetti relativi alla mera tutela del paesaggio.
di Fulvio Albanese
Nell’articolo “La tutela del paesaggio contro la tutela dei parchi” pubblicato su questo sito nel giugno 2008, commentavo la sentenza n. 180 del 2008 della Corte Costituzionale con la quale la Suprema Corte statuiva la prevalenza del piano paesaggistico sul piano del parco. La gerarchia degli strumenti di pianificazione territoriale prevista in particolare dal comma 3 dell’art. 145 (Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione) del D.lgs. 42 del 2004 (con le modifiche introdotte dal D.Lgs. 157/2006 e dal D.Lgs. 63/2008) e confermata dalla citata sentenza della Consulta dispone, a mio modesto parere illogicamente, la subalternità del piano del parco al piano paesaggistico: «Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette”. Il successivo comma 4 dell’articolo 145 prevede addirittura che gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale, entro i termini stabiliti dai piani medesimi e comunque non oltre due anni dalla loro approvazione. Tale gerarchia stabilita dal Legislatore, ritengo non abbia fondamento scientifico, ne persegue un obiettivo razionale di coordinamento della tutela paesaggistica con la tutela dell’ambientale. E’ infatti inconfutabile che la pianificazione paesaggistica prevista dal D.Lgs 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio” e il piano per il parco previsto dalla Legge n. 394/1991 “Legge quadro sulle aree protette” sono due strumenti di pianificazione e conservazione con finalità fondamentalmente diverse, la tutela e quindi la pianificazione paesaggistica non può che essere soltanto un aspetto della più complessa e articolata pianificazione elaborata con il piano dell’Area naturale protetta che mira principalmente alla conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni floristiche e/o forestali, di comunità biologiche, di biotopi e di equilibri ecologici.
Nell’articolo del 2008 manifestai il timore che la disposizione del comma 4 dell’articolo 145 potesse essere utilizzata per aggirare le misure di tutela delle aree naturali protette nel caso in cui, una qualsiasi operazione urbanistica o di altra natura fosse compatibile con il piano paesaggistico, ma vietata dal piano del parco, attraverso l’obbligo per gli Enti parco di “adattare” il Piano dell’aree protetta al piano paesaggistico e quindi ridurne la salvaguardia.
Detto questo, come dice il proverbio: A pensar male si fa peccato, ma quasi sempre si indovina, infatti, il Comune di Grottaferrata (RM), il Comune di Marino (RM) e una società di gestione alberghiera presentano ricorso contro l’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani per l’annullamento della deliberazione n. 23 del maggio 2009 del Consiglio Direttivo del Parco Regionale dei Castelli Romani, avente ad oggetto l’adozione del Piano del Parco, ai sensi della legge regionale del Lazio 6 Ottobre 1997, n. 29 “Norme in materia di aree naturali protette regionali”, prima al Tar Lazio e vista la declaratoria d’inammissibilità, al Consiglio di Stato, adducendo fra gli altri motivi la violazione dell’articolo 145 commi 3 e 4 del D.lgs. 42 del 2004. In sostanza, si concretizzano i timori espressi nell’articolo del 2008: i ricorrenti asseriscono l’illegittimità del Piano di Assetto del Parco e le Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) adottato nel maggio del 2009, perché le relative cartografie e la vincolistica in esso contenuti, contrastano con le misure di salvaguardia previste del Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) adottato ai sensi della legge regionale Lazio n. 24/1998, con Delibere di Giunta regionale. n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007. In pratica, le norme più restrittive del Piano del Parco vanno ad interessare aree nelle quali i PTPR consente trasformazioni urbanistiche secondo una disciplina di maggior favore rispetto a quella fatta propria dall’Area Protetta.
C’è da precisare che nelle sentenze del TAR Lazio Sezione I° - Ter, n. 831, 1659, 1660 e 1664 del 2011 con le quali si dichiaravano inammissibili i ricorsi, la questione concernente la violazione dei commi 3 e 4 dell’articolo 145 del D.lgs. 42 del 2004, ovvero l’ipotetica prevalenza del Piano Paesaggistico sul Piano del Parco non viene neppure esaminata.
Viceversa i Giudici della Sez. V° del Consiglio di Stato, con le sentenze del 14 giugno 2012, n. 3515, 3516, 3517 e 3518, affermano che il Giudice di primo grado, ha trascurato la circostanza che le previsioni del P.T.P.R. prevalgono sulle previsioni contenute negli atti di pianificazione previsti dalle normative di settore, compresi quelli degli Enti gestori delle aree naturali protette, e quindi la deliberazione n. 23/2009 del Consiglio direttivo del Parco regionale dei Castelli Romani come sostengono i ricorrenti, sarebbe stata illegittima perché adottata in violazione degli artt. 143 e 145, commi 3 e 4, del D.lgs. n. 42/2004 (che dispongono, rispettivamente, che il piano paesaggistico è il risultato di un processo di elaborazione compiuto dalla Regione attraverso l’analisi del territorio e delle sue trasformazioni e che le disposizioni dei piani paesaggistici prevalgono su quelle degli atti di pianificazione ad incidenza territoriale comprese le aree protette, che i gestori di queste sono tenuti ad adeguare ad essi).
Inoltre, precisano i Giudici del Supremo Consesso, con l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3/2001, di revisione del Titolo V della seconda parte della Costituzione, è stata attribuita in via esclusiva allo Stato la materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, sicché alle Regioni spetterebbero le funzioni amministrative di tutela dell’ambiente solo se attribuite dallo Stato.
A mio avviso, non può sfuggire al fine di un corretto bilanciamento degli interessi pubblici tutelati con il piano paesaggistico rispetto alle misure di conservazione del piano del parco, che l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette mira a garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale e ambientale del paese «ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future» (cfr. Corte Cost. sentenza n. 12 del 2009).
Dunque, i giudici della V° Sezione del Consiglio di Stato con le sentenze del 14 giugno 2012, n. 3515, 3516, 3517 e 3518 entrano nel merito della questione: l’art. 145, comma 3, del d. lgs. n. 42/2004, come modificato dall’art. 15 del d.lgs. n. 157/2006 e dall'articolo 2, comma 1, lettera r) del d.lgs. n. 63/2008, stabilisce che “Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione, ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette”.
Ma altrettanto perentoriamente i Giudici stessi, sgomberano subito il campo da improbabili gerarchie di strumenti di pianificazione del territorio e statuiscono: La prevalenza è quindi attinente solo agli aspetti delle altre disposizioni prima indicate relativi alla mera tutela del paesaggio. In relazione ai Piani dei Parchi, che tutelano un sistema di valori complesso, identificato, in base all’art. 12, comma 1, della l. n. 394/1991, come modificato dall'art. 2, della l. n. 426/1998, nella “tutela dei valori naturali ed ambientali nonché storici, culturali, antropologici, tradizionali”, detta prevalenza è da ritenersi quindi relativa solo agli aspetti paesaggistici, sicché ben può affermarsi che la disciplina più restrittiva rispetto al Piano paesaggistico stabilita per determinate aree sia volta a tutelare quegli ulteriori valori che il Piano dei Parchi pure tutela e non violi quindi il principio di prevalenza sopra evidenziato.
Dette conclusioni non sono peraltro smentite dall’art. 1 della l.r. Lazio n. 5/2009, che ha sostituito il comma 6 dell'articolo 26 della legge regionale 6 Ottobre 1997, n. 29 “Norme in materia di aree naturali protette regionali”, nel senso che “Fermo restando quanto previsto dall'articolo 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), il piano dell'area naturale protetta ha valore di piano urbanistico e sostituisce i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello. Il piano ha effetto di dichiarazione di pubblica utilità per gli interventi in esso previsti."; ciò in quanto l’abrogazione del riferimento al valore anche di “piano paesistico” del Piano dell’area protetta non può avere altro significato che quello di confermare i diversi ambiti di operatività dei due Piani in questione.