Cass. Sez. III n. 16473 del 28 aprile 2010 (Ud.17 feb. 2010)
Pres. Grassi Est. Fiale Ric. Fornaro ed altro
Beni Ambientali. Allestimento di un campeggio in area marina protetta

L’allestimento non autorizzato di un campeggio all’interno di un parco integra il reato di cui agli artt. 11, comma 3, e 30, comma I, della legge n. 394/1991, poiché pone in pericolo quanto meno la flora del parco  e le medesime considerazioni — tenuto conto della coordinazione delle disposizioni normative (artt. 11 e 19 L. 394\91) — possono svolgersi in relazione ai territori ricompresi in un’area marina protetta, allorché si consideri che l’allestimento di un campeggio in territori siffatti, oltre ad incidere sulla flora degli stessi, è sicuramente idoneo anche a “compromettere le caratteristiche dell’ambiente”, nonché “i valori scenici e panoramici” e gli “equilibri ecologici” del sito.

 


UDIENZA del 17.02.2010

SENTENZA N. 339

REG. GENERALE N. 30842/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi. Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. ALDO GRASSI                 - Presidente
Dott. CIRO PETTI                        Consigliere -
Dott. ALDO FIALE                       Rel. Consigliere -
Dott. SILVIO AMORESANO         Consigliere
Dott. GIULIO SARNO                   Consigliere -


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da:
1) FORNARO TEODORO N. IL xx/xx/xxxx
2) TAVERI DANIELE N. IL xx/xx/xxxx
- avverso la sentenza n. 99/2008 TRIB.SEZ.DIST. di OSTUNI, del 20/02/2009
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/02/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giocchino Izzo, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Il Tribunale di Brindisi - Sezione distaccata di Ostuni, con sentenza del 20.2.2009, affermava la responsabilità penale di Fornaro Teodoro e Taveri Daniele in ordine al reato di cui:
- all'art. 30, 1° comma, della legge 6.12.1991, n. 394 (per avere abusivamente realizzato un campeggio, mediante l'installazione di tende e gazebo nella zona C della riserva marina di Torre Guaceto - acc. in agro di Brindisi, località Punta Penne, il 14.8.2007)
e, riconosciute ad entrambi circostanze attenuanti generiche, condannava ciascuno alla pena di euro 300,00 di ammenda.


Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i condannati, i quali hanno eccepito l'insussistenza del reato, poiché l'installazione di tende da campeggio in area protetta "non é considerata espressamente uno dei comportamenti punibili ai sensi dell'art. 30, comma 1, della legge n. 394/1991" e, secondo l'interpretazione giurisprudenziale, potrebbe essere sanzionata penalmente nella sola ipotesi (che non ricorrerebbe nella specie) in cui il relativo allestimento comporti il compimento di opere che possano compromettere la salvaguardia del paesaggio.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente infondato.


1. L'art. 19, 3° comma, della legge 6.12.1991, n. 394 dispone che "Nelle aree protette marine sano vietate le attività che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell'ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell'area", facendo seguire a tale generale divieto una elencazione di attività specificamente interdette, avente ad evidenza carattere non limitativo delle condotte vietate.


Lo stesso art. 19 prevede, al 4° comma, che ai territori inclusi nelle aree protette marine si applicano altresì i divieti di cui al precedente art. 11, comma 3, che interdice "le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat".


Finalità essenziale della sottoposizione delle aree naturali protette ad uno speciale regime di tutela e di gestione è quella rivolta alla "conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotipi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici" (art. 1, comma 3 - lett. a, della legge n. 394/1991).


Questa Corte ha già affermato che l'allestimento non autorizzato di un campeggio all'interno di un parco integra il reato di cui agli artt. 11, comma 3, e 30, comma 1, della legge n. 394/1991, poiché pone in pericolo quanto meno la flora del parco (Cass., Sez. III, 17.12.2002, n. 42209, Zecca) e le medesime considerazioni - tenuto conto della coordinazione delle disposizioni normative dianzi citate (artt. 11 e 19) - possono svolgersi in relazione ai territori ricompresi in un'area marina protetta, allorché si consideri che l'allestimento di un campeggio in territori siffatti, oltre ad incidere sulla flora degli stessi, è sicuramente idoneo anche a "compromettere le caratteristiche dell'ambiente", nonché "i valori scenici e panoramici" e gli "equilibri ecologici" del sito.


2. Quanto ai riferimenti, contenuti nel ricorso, alle caratteristiche dei manufatti installati ed al periodo di tempo in cui essi sarebbero stati mantenuti, va poi evidenziato che le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell'episodio non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.


3. Tenuto conto della sentenza. 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue per ciascun ricorrente, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa deIIe ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione,

visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento della somma di euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.


ROMA, 17.2.2010

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  28 APR. 2010