Cass. Sez. III n. 37610 del 25 settembre 2009 (Ud 9 lug 2009)
Pres. Onorato Est. Sensini Ric. Castelmezzano
Beni ambientali. Violazione paesaggistica (natura del reato)

Il reato di cui all'art. 181 d.lgs. 2004 n. 42 ha natura di reato di pericolo e si consuma con la sola realizzazione dei lavori, attività o interventi in zone vincolate senza la prescritta autorizzazione paesaggistica e prescinde da ogni accertamento in ordine alla avvenuta alterazione, danneggiamento o deturpamento del paesaggio, in quanto, per la sua configurabilità è sufficiente che l’agente faccia del bene protetto dal vincolo un uso diverso da quello cui è destinato, essendo - il vincolo posto - prodromico al governo del territorio stesso. Pertanto, non ha alcun rilievo l’eventuale mancanza di danno ambientale, ancorché attestata dall’Ufficio Tutela del Territorio, con la sola eccezione di interventi di entità talmente minima da non essere in grado, neppure astrattamente, di pregiudicare il bene paesaggistico ambientaleFATTO E DIRITTO

1 - Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Potenza confermava la pronuncia del Tribunale di Matera - Sezione Distaccata di Pisticci - con la quale C.R. era stato condannato alla pena - condizionalmente sospesa - di mesi tre di arresto ed Euro trentacinquemila di ammenda, per aver eseguito in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in assenza del permesso di costruire e della prescritta autorizzazione, opere edilizie consistite nella realizzazione di una vasca in cemento armato, delle dimensioni di m.

10 x 15 e profondità di cm. 70, da adibire a piscina per bambini, e di un locale tecnico adibito alla collocazione di un impianto di trattamento delle acque.

In (OMISSIS).

2 - Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, deducendo:

2.1) difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione, in quanto le acquisizioni processuali avevano evidenziato fatti e circostanze che avrebbero dovuto portare al proscioglimento del ricorrente. Invero, la presente vicenda era stata originata da un accertamento effettuato l'8/4/2005 dalla Polizia Municipale di Bernalda presso il parco acquatico "(OMISSIS)", sito in (OMISSIS), di proprietà della "Millennium s.r.l.", ma gestita, in forza di contratto di affitto d'azienda, dalla "Meridiana Service s.a.s." della quale il prevenuto era socio accomandatario e legale rappresentante. Orbene, il teste M.A., amministratore della "Millennium s.r.l.", aveva ammesso di aver effettuato personalmente, all'epoca della realizzazione delle opere principali del parco, i lavori necessari alla costruzione dei due manufatti oggetto di contestazione. Tale circostanza era stata travisata dai giudici del merito, i quali avevano affermato che le opere realizzate dal prevenuto avevano caratteristiche diverse rispetto a quelle preesistenti. In realtà, gli unici interventi realizzati dal ricorrente erano consistiti nel rivestire la vasca in cemento già esistente con il PVC e dotare la stessa di tutti gli strumenti tecnici tesi alla depurazione ed alla circolazione delle acque contenute nella piscina;

2.2) erronea applicazione della legge penale, laddove si era ritenuta la sussistenza del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, benchè gli interventi addebitati non avessero compromesso l'assetto paesaggistico del territorio, in quanto la piscina era stata realizzata all'interno di un parco acquatico, regolarmente autorizzato, ove erano presenti numerose altre piscine, campi da tennis e da calcio. Neppure, tuttavia, era stata valutata la tesi difensiva volta a dimostrare l'inesistenza del vincolo paesaggistico - ambientale, risultando, infatti, dal certificato di destinazione urbansitica prodotto in atti che la zona era priva di vincoli.

Si chiedeva l'annullamento della sentenza.

3 - Il ricorso va rigettato, poggiando su censure destituite di fondamento.

3.1 - Il primo motivo, in particolare, al limite della ammissibilità in quanto vertente su circostanze essenzialmente fattuali e meramente ripropositive di analoghe doglianze già sollevate con l'atto di appello ed alle quali la Corte di merito ha dato adeguate risposte, è privo di valenza, avendo i giudici di appello diffusamente argomentato, sulla base delle acquisizioni processuali, che non corrispondeva a verità che i manufatti in contestazione fossero già stati completamente realizzati negli anni (OMISSIS) dall'amministratore della società proprietaria del parco acquatico.

Era, per contro, risultato, proprio dalla deposizione dell'amministratore della "Millenium s.r.l." - deposizione richiamata dal ricorrente - che i lavori, iniziati in anni pregressi, erano ripresi nel 2005, appunto dopo che la società "Meridiana Service s.a.s " aveva preso in gestione il parco acquatico, completando le opere e non soltanto rendendole funzionali allo scopo per cui erano state realizzate. Era, infatti, emerso che i due manufatti avevano caratteristiche strutturali diverse rispetto a quelle preesistenti all'intervento del prevenuto; che il M., oltre alla base di cemento della vasca, aveva realizzato soltanto due o tre file di blocchetti di 40 cm. ed un cordolo di 25-30 cm., laddove la profondità della vasca era di 70 cm.; che il locale tecnico attiguo era molto più basso rispetto a quello accertato successivamente.

3.2 - Parimenti infondata è la seconda censura, con la quale il ricorrente lamenta l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, non risultando soggetta a vincoli la zona in cui erano state realizzate le opere abusive ed, in ogni caso, difettando un danno ambientale.

Trattasi anche in tal caso di indagine principalmente fattuale, correttamente espletata dai giudici di merito, i quali hanno dato conto, sulla base della deposizione del dirigente dell'ufficio tecnico del Comune di (OMISSIS) (cfr. pagg. 5 e 6 della sentenza di primo grado) che l'area in questione era sottoposta a vincolo paesaggistico - ambientale e che l'istanza volta ad ottenere il permesso di costruire in sanatoria, depositata dal ricorrente presso il comune, era stata rigettata.

Va rammentato che, anche con riferimento al secondo motivo di gravame, il ricorrente, pur lamentando l'erronea applicazione della legge penale, deduce, in buona sostanza, vizi di motivazione.

Tuttavia, anche sotto questo profilo, il giudizio di responsabilità pronunciato dai giudici di merito è sorretto da una motivazione sufficiente e logica, che resiste alle censure del ricorrente. A tale proposito, giova ribadire che, secondo il costante orientamento di questa Corte, il sindacato di legittimità sul discorso giustificativo della decisione è limitato a verificare che i giudici di merito abbiano supportato la decisione con un logico apparato argomentativo e che abbiano affrontato esplicitamente o implicitamente i punti rilevanti del thema decidendum, non potendo - il suddetto sindacato - estendersi al compito di sostituire la logica ed adeguata valutazione dei primi giudici con altre autonome valutazioni o di raffrontarla con altri modelli logici o valutativi, magari altrettanto giustificabili (cfr., ex multis, Cass. Sez. Un. 23/6/2000 n. 12, Jakani; Sez. Un. 2/7/1997 n. 6402, Dessimone; Sez. Un. 22/10/1996, Di Francesco).

Quanto alla pretesa mancanza di danno ambientale, va rammentato che il reato di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181 (come, in precedenza, il reato di cui al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163) ha natura di reato di pericolo e si consuma con la sola realizzazione dei lavori, attività o interventi in zone vincolate senza la prescritta autorizzazione paesaggistica e prescinde da ogni accertamento in ordine alla avvenuta alterazione, danneggiamelo o deturpamento del paesaggio, in quanto, per la sua configurabilità, è sufficiente che l'agente faccia del bene protetto dal vincolo un uso diverso da quello cui è destinato, essendo - il vincolo posto - prodromico al governo del territorio stesso. Pertanto, non ha alcun rilievo l'eventuale mancanza di danno ambientale, ancorchè attestata dall'Ufficio Tutela del Territorio, con la sola eccezione - che, di certo, non ricorre nella specie - di interventi di entità talmente minima da non essere in grado, neppure astrattamente, di pregiudicare il bene paesaggistico - ambientale (cfr., ex multis, Cass. Sez. 3, 25/1/2005 n. 10463, Di Cesare ed altro; conf. Sez. 3, 17/11/2005 n. 564, Villa).

4 - Il ricorso va, conclusivamente, rigettato.

Segue, ex art. 61 c.p.p., comma 6, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, mentre, in ragione del contenuto dell'impugnazione, non si ritiene di comminare anche la sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2009.