La dichiarata compatibilità paesaggistica da parte dell’ente competente pur non esplicando effetti estintivi del reato esclude l’esigenza cautelare di cui al primo comma dell’articolo 321 c.p.p.
Svolgimento del processo
1 - Con ordinanza del 27 giugno 2005 il tribunale di Foggia, in sede di riesame,
ha confermato il decreto in data 25 maggio 2005 con cui il g.i.p. dello stesso
tribunale aveva disposto il sequestro preventive di opere edilizie in corso di
costruzione e del terreno interessato, di mq. 68.992, sito in Margherita di
Savoia, località Foce dell'Ofanto, insula 33 CR6.
In sostanza, il tribunale ha ritenuto che sussisteva il fumus dei seguenti
reati: a) artt. 146 e 163 D.Lgs. 490/1999 (oggi artt. 142 e 181 D.Lgs. 42/2004);
b) artt. 44 lett. c) DPR 380/2001, nonché il periculum in mora richiesto
dall'art. 321, comma 1, c.p.p..
Invero - secondo gli accertamenti effettuati dal Nucleo Operative Ecologico dei
Carabinieri di Bari - nella suddetta insula CR6, il Gruppo edile Ziri s.r.l.
stava eseguendo lavori di edificazione di tredici villette nell'ambito di un
progetto di complesso turistico ricettivo, che comprendeva un albergo, un centro
commerciale e un complessivo numero di trentaquattro villette. La zona si
trovava in una fascia costiera di 300 metri dalla linea di battigia (la villetta
più vicina era a circa 90 metri), e pertanto era soggetta a vincolo ambientale
ex lege.
A chiarimento della complessa vicenda si deve precisare quanto segue.
La società costruttrice era titolare di una concessione edilizia del 23 gennaio
2003, ma era sprovvista della prescritta autorizzazione regionale paesaggistica.
In base a tali accertamenti, in data 17 dicembre 2003 si procedeva a sequestro
preventivo dell'area e delle strutture edili.
In seguito pero:
- in data 13 aprile 2004 l'autorità preposta alla tutela del vincolo rilasciava
autorizzazione in sanatoria;
- il 20 maggio 2004, su richiesta di parte fondata sulla sopravvenuta
autorizzazione, il g.i.p. del tribunale foggiano dissequestrava il complesso
immobiliare e ne ordinava la restituzione al legittimo proprietario;
- in esito a consulenza tecnica da lui disposta ex art. 359 c.p.p. il pubblico
ministero, in data 29 marzo 2005, presentava istanza per un nuovo sequestro
preventivo, mettendo in evidenza: a) che la predetta autorizzazione in sanatoria
non poteva essere rilasciata, in quanto espressamente vietata dall'art. 146,
comma 10, lett. b) D.Lgs. 42/2004, che esclude il rilascio dell'autorizzazione
in sanatoria dopo la realizzazione, anche parziale, dell'intervento edilizio; c)
che non era applicabile nel caso di specie l'ipotesi di deroga alla necessità
dell'autorizzazione di cui all'art. 146, comma 2. D.Lgs. 490/1999; d) che la
predetta concessione edilizia n. 2/2003 era stata rilasciata sulla base di una
variante integrativa al piano particolareggiato del litorale ITTA, adottata dal
comune di S. Margherita di Savoia, ma non approvata dalla Regione; e) che infine
lo stesso piano particolareggiato ITTA era stato approvato con prescrizioni, poi
divenute raccomandazioni, mai rispettate, che imponevano l’urbanizzazione del
70% delle restanti insule del piano particolareggiato, più vicine al centro
abitato, prima di edificare nella insula 33 CR6;
- con provvedimento del 20 maggio 2005, il g.i.p. ha accolto l'istanza del p.m.
e ha disposto nuovamente il sequestro preventivo del cantiere.
Orbene, in sede di riesame contro quest'ultimo sequestro, il tribunale di Foggia
ha ritenuto di non poter disattendere le risultanze della consulenza tecnica del
p.m., pur dando atto che il consulente tecnico del difensore era pervenuto a
conclusioni opposte. Ha pertanto respinto le dieci doglianze sollevate dalla
difesa.
2 - Avverso l'ordinanza del tribunale di riesame il difensore della indagata
Filomena Ziri, rappresentante legale della società costruttrice, ha proposto
ricorso per cassazione, deducendo otto motivi a sostegno.
In particolare, denuncia:
2.1 - violazione del principio del giudicato cautelare, giacché nessun nuovo
elemento era stato posto a fondamento del sequestro rispetto al precedente
dissequestro del 20 maggio 2004;
2.2 - violazione del principio della irretroattività della norma penale, giacché
la norma dell'art. 146, comma 10 lett. b) D.Lgs. 42/2004, utilizzata dal giudice
per ritenere illegittima e disapplicare l'autorizzazione in sanatoria, era
entrata in vigore solo il 1 maggio 2004 e quindi successivamente al rilascio
della stessa autorizzazione (avvenuto il 13 aprile 2004);
2.3 - conseguente validità ed efficacia della autorizzazione in sanatoria;
2.4 - violazione dell'art. 146, comma 2, lett. b) D.Lgs. 490/1999, laddove
stabilisce che l'autorizzazione paesaggistica non è prescritta per le aree
ricomprese nei piani pluriennali di attuazione delimitate dagli strumenti
urbanistici come zone del centro urbano;
2.5 - violazione del principio di inutilizzabilità degli atti compiuti dopo la
scadenza del termine delle indagini preliminari, giacché la relazione del
consulente tecnico del p.m., Riccio, posta a base del sequestro preventivo, era
stata depositata il 4 febbraio 2005, quando il termine suddetto era
abbondantemente scaduto;
2.6 - mancanza di motivazione, giacché né il decreto di sequestro, che
richiamava la richiesta del p.m., facendola propria, senza pero allegarla al
decreto stesso, né l'ordinanza impugnata, che pure ha fatto riferimento alla
menzionata consulenza Riccio, ne hanno esplicitato le motivazioni;
2.7 - violazione di legge, atteso che mancavano i presupposti per la
disapplicazione dell'atto amministrativo, e cioè la illiceità o la macroscopica
illegittimità della variante integrativa al piano particolareggiato del litorale
di Margherita di Savoia - ITTA, oltre tutto adottata nel lontano 1985, circa
vent'anni prima della richiesta concessione edilizia;
2.8 - violazione del principio di valutazione di tutti gli atti prodotti dalla
difesa, atteso che l’ordinanza impugnata ha omesso di confutare le conclusioni
del consulente tecnico della difesa, pur avendone dato atto.
Con successiva memoria scritta il difensore ha insistito nel ricorso, lamentando
il carattere "giustizialista" del nuovo provvedimento di sequestro.
Motivi della decisione
3 - Il ricorso è fondato sotto molti profili.
Secondo la giurisprudenza costante, il provvedimento del g.i.p. che revoca un
sequestro preventivo per mancanza sopravvenuta dei suoi presupposti di legge, se
non impugnato, acquista una sia pur limitata efficacia preclusiva di natura
endoprocessuale (c.d. giudicato cautelare), fondata sul principio ne bis in idem
di cui all'art. 649 c.p.p., tale che la misura cautelare non può essere
reiterata se non in seguito alla sopravvenienza di un fatto nuovo (cfr. per
tutte Sez. Un. n. 11 del 1 luglio 1992, Grazioso, rv. 191183; Sez. Un. n. 20 del
12 ottobre 1993, Durante, 195354; Sez. Un. n. 26 del 12 novembre 1993, dep. 27
gennaio 1994, Galluccio, rv. 195806).
Questa era la situazione nel caso di specie dopo che il g.i.p. del tribunale di
Foggia, col provvedimento del 20 maggio 2004, aveva dissequestrato il complesso
immobiliare di cui trattasi, avendo rilevato che l'attività edilizia era
legittimata, oltre che dalla concessione edilizia preventivamente rilasciata il
23 gennaio 2003, anche dall’autorizzazione paesaggistica rilasciata in sanatoria
dalla competente autorità regionale in data 13 aprile 2004.
Tuttavia, in seguito a una nuova consulenza tecnica disposta dal pubblico
ministero, il sequestro preventivo, su istanza dello stesso p.m., è stato
reiterate dal giudice con decreto del 20 maggio 2005, poi confermato dal
tribunale del riesame con l’ordinanza impugnata.
Orbene, contrariamente alla opinione espressa dal pubblico ministero in sede,
non può dirsi che la predetta consulenza tecnica configuri per se stessa un
"fatto nuovo", tale da giustificare la reiterazione del sequestro, essendosi
essa limitata a offrire una nuova e più approfondita valutazione giuridica di
atti amministrativi preesistenti. Il fatto nuovo per il fine di cui si tratta
non può consistere in una nuova valutazione di fatti già conosciuti.
4 - Inoltre, se è vero quel che ha dedotto il difensore ricorrente (v. n. 2.5,
su cui gli atti a disposizione di questo collegio non consentono un controllo),
l'espletamento e il deposito della relazione del consulente avvenuti dopo la
scadenza del termine delle indagini preliminari rendono inutilizzabile la
consulenza stessa ai sensi dell'art. 407, comma 3, c.p.p..
Infatti, nonostante qualche oscillazione giurisprudenziale sul punto, bisogna
ritenere che questa norma sancisca l'inutilizzabilità degli atti investigativi
tardivi non solo per la fase dibattimentale, ma per ogni stato e grado del
procedimento (così come espressamente disposto dalla norma generale dell'art.
191 c.p.p.), e quindi anche per la fase delle indagini preliminari e per il
procedimento cautelare. Questa tesi è era avvalorata dal nuovo testo dell'art.
438 c.p.p. (come sostituito dall'art. 27 legge 16 dicembre 1999 n. 479), che,
nel quinto comma, prescrive al giudice, che debba valutare l'ammissibilità della
richiesta di giudizio abbreviato condizionato all'acquisizione di ulteriori
prove, di tenere conto anche "degli atti già acquisiti ed utilizzabili". Il che
significa che nella fase delle indagini preliminari possono rinvenirsi atti non
utilizzabili, come quelli appunto compiuti dopo la scadenza del termine per le
indagini stesse.
5 - Ma quel che più conta è che erroneamente i giudici cautelari, seguendo la
prospettazione del pubblico ministero, hanno ritenuto illegittima
1'autorizzazione paesaggistica postuma, sul rilievo che l’art. 146, comma 10,
lett. c) D.Lgs. 20 gennaio 2004 n. 42 vieta di rilasciare l'autorizzazione
paesaggistica in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale
degli interventi.
Ora, è vero che la menzionata autorizzazione regionale del 13 aprile 2004 è
stata rilasciata dopo che i lavori edilizi de quibus erano stati gia iniziati;
ma è anche vero che la norma dell'art. 146, innovativa sul punto rispetto alla
precedente disciplina di cui al D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, è entrata in
vigore (come tutto il c.d. codice Urbani) solo il 1 maggio 2004, e quindi dopo
che l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria era stata rilasciata: sicché la
nuova norma non poteva avere efficacia retroattiva sul precedente atto
amministrativo in forza dell’art. 11 delle preleggi.
Sul punto, il procuratore generale, nella discussione orale, ha osservato che
l'autorizzazione in sanatoria non estingue il reato. L'osservazione è esatta,
anche perchè nel caso di specie non risultano integrati i presupposti per
l’applicazione del c.d. minicondono ambientale di cui alla recente legge 15
dicembre 2005 n. 308: più precisamente non é applicabile né 1'art. 36, laddove
ha modificato 1'art. 181 D.Lgs. 42/2004, introducendo la non punibilità del
reato ambientale quando intervenga un accertamento amministrativo postumo di
compatibilità paesaggistica; né l'art. 37, che ha introdotto il "minicondono
ambientale" per i lavori compiuti su beni paesaggistici entro e non oltre il 30
settembre 2004.
Tuttavia, se 1'autorizzazione postuma non estingue il reato, essa è
indubbiamente idonea a escludere l’esigenza cautelare di cui al primo comma
dell'art. 321 c.p.p., atteso che l'accertamento amministrativo della
compatibilità paesaggistica dell'intervento compiuto sul territorio in assenza
della preventiva autorizzazione fa venir meno il pericolo che la libera
disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato.
Le conseguenze del reato ambientale, intese come offesa all'equilibrio
paesaggistico, infatti, sono positivamente escluse dal provvedimento
amministrativo dell'autorità preposta alla tutela di quell'equilibrio.
Viene meno così un presupposto essenziale di legittimità del sequestro
preventivo in relazione al reato ambientale.
6 - Resterebbe il sequestro preventivo in ordine al contestato reato
urbanistico.
Ma anche a questo riguardo opera la suddetta efficacia preclusiva derivante
dalla revoca del sequestro disposta dal g.i.p. col provvedimento del 20 maggio
2004, che aveva escluso il fumus del reato urbanistico in considerazione della
concessione edilizia preventivamente ottenuta in data 23 gennaio 2003.
Nella sua richiesta di nuovo sequestro preventivo, il pubblico ministero
procedente, in base alla relazione del suo consulente tecnico Riccio, aveva
sostenuto la illegittimità della predetta concessione edilizia perchè fondata su
una variante integrativa al piano particolareggiato del litorale ITTA non ancora
approvata e poi approvata con raccomandazioni mai rispettate. II tribunale del
riesame ha poi confermato il sequestro sulla semplice considerazione che la tesi
del consulente Riccio, seppure contrastata dal consulente della difesa, bastava
a integrare il fumus delicti: con ciò indubbiamente violando il suo obbligo di
motivazione e impedendo al giudice di legittimità di esercitare il suo sindacato
al riguardo.
Ma sul punto è dirimente la considerazione che, anche adottando la
prospettazione della pubblica accusa sulla irregolarità della suddetta variante
al piano particolareggiato, non si tratterebbe comunque di una illegittimità
macroscopica della concessione edilizia, tale da renderne possibile la
disapplicazione da parte del giudice penale, secondo i parametri più permissivi
che sul tema sono stati elaborati dalla nota giurisprudenza più recente di
questa corte.
7 - In conclusione, risultano fondati i motivi di ricorso nn. 2.1, 2.2, 2.3, 2.5
e 2.7, mentre tutti gli altri motivi restano assorbiti.
Per conseguenza si deve ritenere che allo stato degli atti manca il fumus del
reato urbanistico e non permangono le esigenze cautelari per il reato
ambientale.
Il sequestro preventivo va quindi annullato.