Cass. Sez. III n. 10242 del 12 marzo 2024 (CC 15 feb 2024)
Pres. Ramacci Rel. Reynaud Ric. Comune Vituliano
Protezione civile.Interventi di somma urgenza
La speciale procedura della somma urgenza non prevede, neppure con riguardo al caso – disciplinato nel successivo comma sesto – in cui lo stato di urgenza sia conseguente ad una calamità naturale, che i lavori interessino i beni colpiti dall’evento calamitoso. Ciò che l’art. 163, commi 1 e 6, cod. app. abr. richiede è che si tratti di interventi volti alla eliminazione di situazioni dannose o pericolose per la pubblica o privata incolumità, eventualmente derivanti da evento calamitoso, che legittimano di procedere con la semplificata procedura imposta dalla somma urgenza.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza 1° agosto 2023, il Tribunale di Benevento ha respinto l’istanza di riesame proposta dal Comune di Vitulano, quale terzo proprietario, avverso il decreto di sequestro preventivo di un ponte di attraversamento realizzato dall’ente territoriale sul torrente Jerino. Nell’ambito del procedimento penale aperto nei confronti del responsabile dell’area tecnica del Comune e Responsabile Unico del Procedimento, il sequestro è stato disposto in relazione ai reati previsti dagli artt. 374 l. 20 marzo 1865, n. 2248, All. F, 1 r.d. 28 maggio 1931, n. 601 e 93 r.d. 25 luglio 1904, n. 523 (capo 1 della provvisoria incolpazione) e 181, comma 1, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (capo 2) per essere stata l’opera realizzata in mancanza delle prescritte autorizzazioni idraulica e paesaggistica.
2. Avverso l’ordinanza, a mezzo del difensore costituito procuratore speciale, il Comune di Vitulano ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con il primo motivo, la violazione della legge penale incriminatrice oggetto di contestazione al capo 1) della provvisoria imputazione, dell’art. 163, commi 1 e 6, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 di approvazione del c.d. codice degli appalti (di seguito, cod. app. abr., in quanto ora sostituito dal d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), degli artt. 51 e 54 cod. pen., nonché dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen.
Si lamenta, in particolare, che il Tribunale aveva fallacemente ritenuto la sussistenza del fumus della contravvenzione di esecuzione di lavori nell’alveo del torrente in assenza di autorizzazione idraulica benché si trattasse di opere disposte in regime di somma urgenza, ai sensi dell’art. 163 cod. app. abr., a seguito del crollo di una strada, parallela al torrente Jerino, che collegava il centro comunale di Vitulano con l’abitato di località Pantanella. Quel crollo, dovuto a calamità naturale conseguente alle eccezionali precipitazioni meteoriche registrate nei giorni 17-19 gennaio 2023, aveva reso necessario il completamento del ponte di attraversamento del torrente Jerino, sul piano strutturale realizzato sin dal 1999 ma mai ultimato, al fine di consentire ai mezzi di pronto soccorso di raggiungere, in situazioni di emergenza che richiedano un tempestivo intervento, l’abitato di località Pantanella, essendo inidoneo l’accidentato e notevolmente più lungo percorso alternativo di campagna. L’esecuzione dei lavori di completamento del ponte con la speciale procedura derogatoria della somma urgenza – rileva il ricorrente – era ontologicamente incompatibile con la richiesta delle preventive autorizzazioni idraulica e paesaggistica e, in ogni caso, la condotta del funzionario comunale sottoposto ad indagine sarebbe stata scriminata per essere stata tenuta in adempimento di un dovere legislativamente previsto ovvero in stato di necessità.
Aderendo acriticamente alle conclusioni del consulente tecnico nominato dal pubblico ministero, l’ordinanza impugnata aveva affermato l’insussistenza dei presupposti per l’attivazione della richiamata procedura di somma urgenza, erroneamente ritenendo che questa consentisse unicamente lavori sull’arteria stradale oggetto di crollo, mentre, come peraltro in precedenza avvenuto in casi simili verificatisi in altri comuni del beneventano, tale disciplina consente invece di svolgere lavori idonei a rimuovere un evento dannoso o pericoloso per la pubblica o privata incolumità – nella specie, la condizione di isolamento dell’abitato di località Patarnella – anche se le opere siano eseguite su manufatti diversi da quelli colpiti dalla calamità naturale che ha determinato l’urgenza dell’intervento.
3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 125, comma 3, e 111, comma 6, Cost., in relazione agli artt. 321, comma 1, e 324, comma 7, cod. proc. pen. ed alle disposizioni di legge sostanziale evocate nel primo motivo di ricorso. Ci si duole, in particolare, della mancanza o apparenza di motivazione sulle doglianze in tale motivo riproposte, e già dedotte nel giudizio di riesame facendo anche riferimento ad una consulenza tecnica di parte, a sostegno dell’insussistenza del fumus della contravvenzione di cui al capo 1) della provvisoria incolpazione. Secondo il ricorrente, con formule di stile, frasi stereotipate ed affermazioni disinvoltamente assertive ed apodittiche che non consentono di comprendere l’iter logico-giuridico della decisione, l’ordinanza impugnata si era limitata ad affermare l’insussistenza dei presupposti che legittimano il ricorso alla procedura della somma urgenza, reputando condivisibili le valutazioni espresse dal consulente tecnico del pubblico ministero e aggiungendo, senza svolgere alcuna argomentazione in diritto, che le stesse troverebbero fondamento nel tenore letterale dell’art. 163 cod. app. abr.
4. Con l’ultimo motivo di ricorso si deduce la violazione della medesime disposizioni processuali evocate nel secondo motivo, nonché degli artt. 146 e 181, comma 1, d.lgs. 42/2004 per difetto assoluto di motivazione in ordine alle doglianze, proposta con il riesame, sull’insussistenza del fumus del reato paesaggistico contestato al capo 2) della provvisoria incolpazione. Il Tribunale – si lamenta – affermando la sussistenza del fumus del reato di cui al capo 1) aveva illegittimamente ritenuto assorbite tali ulteriori doglianze benché le stesse fossero soltanto in parte analoghe a quelle svolte con riguardo al reato concernente il mancato conseguimento dell’autorizzazione idraulica e, in particolare, senza nulla argomentare sulla dedotta esistenza dell’autorizzazione paesaggistica, rilasciata per la realizzazione del ponte sottoposto a sequestro sin dal 1999.
5. Ritenendo fondato il terzo motivo di ricorso – ed inammissibili i primi due motivi – il Procuratore generale ha richiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, mentre la difesa del Comune ricorrente ha depositato memoria di replica richiedendo l’accoglimento di tutti i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va preliminarmente affermata l’ammissibilità del ricorso, reputando il Collegio che sussista la legittimazione del terzo proprietario del bene sequestrato a dedurre in sede di giudizio di riesame avverso provvedimento di sequestro preventivo impeditivo la insussistenza dei presupposti richiesti per l’adozione della misura cautelare reale sub specie di fumus commissi delicti e periculum in mora.
Ed invero, non viene nella specie in rilievo il principio, anche di recente affermato da questa Corte, giusta il quale il terzo che nel giudizio di riesame affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l'inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all'indagato, senza potere contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare (Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, Pica, Rv. 276700; Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016, Tessarolo, Rv. 268070; Sez. 6, n. 34704 del 19/07/2016, Paolini, n.m.). Come bene si ricava dalla condivisibile motivazione della richiamata pronuncia Pica, il principio si riferisce infatti al giudizio di riesame avverso decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, eseguito su beni formalmente appartenenti a terzi ma ritenuti nella disponibilità dell’indagato. Soltanto in questo caso, difatti, vale il rilievo per cui le ragioni che hanno giustificato l’adozione della misura non riguardano la posizione del terzo, essendo al proposito unicamente rilevante accertare se i beni sui quali il sequestro è stato eseguito siano o meno nella disponibilità dell’istante piuttosto che dell’indagato destinatario del provvedimento cautelare. Per contro, nel caso in cui si tratti di sequestro preventivo impeditivo di un bene pacificamente appartenente ad un soggetto terzo rispetto all’indagato, non avendo quest’ultimo interesse a richiedere il riesame (Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, Di Luca, Rv. 281098; Sez. 5, n. 35015 del 09/10/2020, Astolfi, Rv. 280005; Sez. 5, n. 52060 del 30/10/2019, Angeli, Rv. 277753; Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019, Solinas, Rv. 276545), l’unico soggetto legittimato a far valere l’insussistenza dei presupposti che giustificano la misura in sede di impugnazione cautelare è, appunto, il terzo avente diritto alla restituzione del bene. Sarebbe arbitrario ed errato, dunque, – nel silenzio della legge processuale, che, tra l’altro, legittima a proporre l’impugnazione, anche nel merito, la persona a cui le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione – escludere in tal caso la possibilità di far valere l’insussistenza dei presupposti che giustificano l’adozione della misura. Né avrebbe senso consentire all’impugnante in sede di riesame di dedurre unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene, laddove – come nel caso di specie – questa sia assolutamente non controversa ed irrilevante ai fini del mantenimento o meno della misura. Affermare la valenza di quel principio nei casi come quello in esame significherebbe, nella sostanza, privare il gravame di merito cautelare di qualsiasi profilo di utilità ed escludere la verifica in sede d’impugnazione sulla legittimità del disposto sequestro.
2. Quanto al merito del ricorso, i primi due motivi, che possono essere unitariamente trattati per l’evidente connessione, sono fondati ed assorbenti rispetto al terzo motivo.
2.1. Ed invero, l’art. 163, comma 1, cod. app. abr., prevede che, «in circostanze di somma urgenza che non consentono alcun indugio, il soggetto fra il responsabile del procedimento e il tecnico dell'amministrazione competente che si reca prima sul luogo, può disporre, contemporaneamente alla redazione del verbale, in cui sono indicati i motivi dello stato di urgenza, le cause che lo hanno provocato e i lavori necessari per rimuoverlo, la immediata esecuzione dei lavori entro il limite di 200.000 euro o di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità». In deroga alle ordinarie regole sui contratti pubblici, la disposizione, ai successivi commi 2, 3, 4 e 5, prevede, tra l’altro, l’affidamento in forma diretta dell’esecuzione dei lavori di somma urgenza e detta la disciplina per la quantificazione ed il pagamento del corrispettivo. L’art. 163, comma 6, cod. app. abr., con il rimando agli eventi, anche calamitosi, che legittimano l’intervento del servizio di protezione civile quali disciplinati dalla relativa legge istitutiva, oggi sostituita dal d.lgs. 2 gennaio 2018, n. 1 (codice della protezione civile), prevede, poi, che integra la situazione di somma urgenza disciplinata dal codice sugli appalti «anche il verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, ovvero la ragionevole previsione, ai sensi dell'articolo 3 della medesima legge, dell'imminente verificarsi di detti eventi, che richiede l'adozione di misure indilazionabili, e nei limiti dello stretto necessario imposto da tali misure. La circostanza di somma urgenza, in tali casi, è ritenuta persistente finché non risultino eliminate le situazioni dannose o pericolose per la pubblica o privata incolumità derivanti dall'evento, e comunque per un termine non superiore a quindici giorni dall'insorgere dell'evento, ovvero entro il termine stabilito dalla eventuale declaratoria dello stato di emergenza di cui all'articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992; in tali circostanze ed entro i medesimi limiti temporali le amministrazioni aggiudicatrici possono procedere all'affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture con le procedure previste nel presente articolo».
2.2. Come si ricava dalle richiamate disposizioni, la speciale procedura della somma urgenza non prevede, neppure con riguardo al caso – disciplinato nel successivo comma sesto – in cui lo stato di urgenza sia conseguente ad una calamità naturale, che i lavori interessino i beni colpiti dall’evento calamitoso. Ciò che l’art. 163, commi 1 e 6, cod. app. abr. richiede è che si tratti di interventi volti alla eliminazione di situazioni dannose o pericolose per la pubblica o privata incolumità, eventualmente derivanti da evento calamitoso, che legittimano di procedere con la semplificata procedura imposta dalla somma urgenza.
2.3. L’interpretazione data alla disposizione dall’ordinanza impugnata – peraltro in alcun modo argomentata ed affermata in termini di mera “plausibilità” aderendo alle valutazioni fatte dal consulente tecnico del pubblico ministero – è, pertanto, erronea, con conseguente mancanza di motivazione sulle ragioni per cui, secondo il Comune istante, il ricorso alla procedura di somma urgenza avrebbe escluso la necessità del previo rilascio delle autorizzazioni idraulica e paesaggistica o, comunque, scriminato ex artt. 51 o 54 cod. pen. la relativa condotta omissiva in ipotesi illecita.
3. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Benevento, che, eventualmente verificata la legittimità del ricorso alla procedura di somma urgenza sotto profili diversi dall’unico ritenuto e qui censurato, dovrà poi valutare, rendendo sul punto la motivazione che nella specie è mancata, la correttezza o meno delle conseguenze che, secondo il ricorrente, deriverebbero dall’aver il Comune proceduto con la procedura di somma urgenza in rapporto alla sussistenza del fumus commissi delicti delle contravvenzioni ipotizzate e poste a base del sequestro del manufatto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Benevento competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 15 febbraio 2024.