Sez. 3, Sentenza n. 18695 del 22/04/2004 (Ud. 11/03/2004 n.00330 ) Rv. 228452
Presidente: Savignano G. Estensore: Grillo C. Imputato: Cont ed altri. P.M. Esposito V. (Conf.)
(Rigetta, Trib.riesame Belluno, 26 novembre 2003).
515 BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - 001 IN GENERE BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Taglio del bosco - Taglio a raso e non colturale - Reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490 del 1999 - Configurabilità.
CON MOTIVAZIONE
Massima Fonte CED Cassazione
In materia paesaggistica, il taglio del bosco eseguito con tecnica a raso e non colturale configura il reato di cui all'art. 163 del
D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, ora sostituito dall'art. 181 del D.Lgs. 24 gennaio 2004 n. 41, stante anche il contrasto con l'art. 6 del
D.Lgs. 18 maggio 2001 n. 227, disciplinante le attività selvicolturali.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 11/03/2004
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 330
Dott. GRILLO Carlo M. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - N. 47747/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONT MARIO, nato a Rivamonte Agordino il 9/6/1950;
CRISTOFOLETTI FRANCO, nato a Feltre il 23/9/1970;
REBERNIG ROBERTO, nato a Belluno il 15/4/1937;
avverso l'ordinanza del 26-27/11/2003 pronunciata dal Tribunale del riesame di Belluno;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Carlo M. Grillo;
sentite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. V. Esposito, con le quali chiede il rigetto del ricorso;
sentito il difensore, avv. M. Paniz, che insiste per l'accoglimento dello stesso;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con provvedimento 30/10/2003, il G.I.P. presso il Tribunale di Belluno disponeva il sequestro preventivo del lotto boschivo denominato "Col Negher", di cui alle particelle 26 e 28 del Comune di Vallada Agordina, ipotizzando - a carico di Cont Mario, Cristofoletti Franco e Rebernig Roberto - i reati di cui agli artt. 163 D. L.vo n. 490/1999 e 323 c.p., sulla base degli accertamenti ed indagini svolti dal Corpo Forestale dello Stato, comprovanti l'avvenuta effettuazione di un taglio boschivo "a raso", in difformità dalla vigente normativa, e ritenendo che la libera disponibilità dell'area in questione potesse protrarre o aggravare le conseguenze dei reati ipotizzati.
Del detto provvedimento gli indagati chiedevano il riesame ed il Tribunale di Belluno, con l'ordinanza indicata, in premessa, rigettava l'impugnazione, reputando sussistenti il fumus del solo reato di cui all'art. 163 D. L.vo n. 490/1999, nonché le esigenze cautelari.
Ricorrono per Cassazione gli indagati, con un unico atto, deducendo inosservanza di legge, in particolare dell'art. 5 L. n. 2248/1865 All. E, in quanto la "martellata" in questione era stata eseguita in conformità al progetto di taglio redatto dal Servizio forestale regionale, ai sensi dell'art. 23 della L.R. n. 52/1978, consistente in un taglio colturale finalizzato all'abbattimento delle piante mature e stramature per permettere la rinnovazione del bosco, e non in un "taglio a raso" come ritenuto dal G.I.P. e dal Tribunale, per cui il giudice ordinario censura in sostanza una scelta discrezionale dell'amministrazione, valutando come illegittimo un progetto redatto dall'unico organo tecnico competente. In definitiva, secondo i ricorrenti, non è ipotizzabile il reato de quo, non rilevandosi nel provvedimento dell'amministrazione carenza di potere o macroscopica illegittimità, ne' emergendo una attività criminosa della P.A.;
qualora il progetto di taglio avesse presentato profili di illegittimità, avrebbero dovuto essere attivati i rimedi amministrativi, anche giurisdizionali, in ossequio al principio di cui al menzionato art. 5, applicabile pure in fase cautelare, giacché non possono essere disposti sequestri dall'autorità giudiziaria ordinaria sulla base della mera asserita illegittimità dell'atto amministrativo.
Con memoria 11/12/2003, il P.M. sottolinea l'infondatezza delle argomentazioni del gravame sia sotto il profilo processuale che sotto quello amministrativo.
Sotto il primo profilo evidenzia, innanzi tutto, la materiale mancanza in atti del provvedimento amministrativo, presupposto delle doglianze dei ricorrenti (progetto e verbale di assegno); in secondo luogo ricorda l'orientamento giurisprudenziale che riconosce al giudice ordinario, senza procedere alla disapplicazione dell'atto amministrativo, di considerarne l'illegittimità, e quindi la sussistenza del fumus criminis, ai fini dell'adozione di una misura cautelare; infine evidenzia che il dato fattuale accertato dai giudici del merito, e cioè che nel caso in esame sono state effettuate "invasive operazioni di taglio raso", e non di normale taglio colturale - in violazione dell'art. 6 L. n. 227/2001 ed in contrasto col Piano di Riassetto Forestale recepito dalla L.R. n. 52/1978 - è incensurabile in sede di legittimità.
Sotto il secondo profilo, contesta il P.M. la piena discrezionalità dell'atto amministrativo di cui trattasi. Innanzi tutto si tratterebbe comunque di discrezionalità tecnica, posto che il Piano di Riassetto Forestale (P.R.F.) è "strumento normativo particolareggiato, rigido ed esaustivo, con previsione di ridottissimi margini di mutazione"; in secondo luogo il grado di detta discrezionalità sarebbe comunque limitato, essendo essa inversamente proporzionale al dettaglio della normativa da applicare;
inoltre, anche in tale ipotesi un sindacato giurisdizionale sarebbe possibile, in caso di "evidente illegittimità sostanziale dei provvedimenti emessi ... rispetto alla normativa di riferimento";
infine il potere-dovere del giudice penale di disapplicare un atto amministrativo si esercita anche quando il provvedimento non sia frutto di collusione criminosa tra l'organo amministrativo e terzi. All'odierna udienza, il P.G. e la difesa concludono come sopra riportato.
Il ricorso è infondato.
Con l'atto di impugnazione si contesta esclusivamente la sussistenza del fumus del reato di cui all'art. 163 D. L.vo n. 490/1999, ipotizzato dal Tribunale, nulla osservandosi in ordine alle esigenze cautelari.
Com'è pacifico, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del Tribunale del riesame e di questa Corte, non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito, dovendosi limitare alla verifica della compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria dell'antigiuridicità penale del fatto (SS.UU., 7 novembre 1992, Midolini), ne' sono estensibili alle misure cautelari reali le condizioni generali per l'applicabilità di quelle personali, indicate nell'art. 273 c.p.p., per cui è preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla gravità di essi ed alla colpevolezza dell'indagato (S.S U.U., 23 aprile 1993, Giufuni).
Ciò premesso si osserva che, nel caso di specie, non essendo contestata la sussistenza del vincolo paesaggistico sull'area in questione, thema decidendum è stabilire che tipo di taglio boschivo sia stato in concreto effettuato, e specificatamente se il detto intervento sul lotto "Col Negher" sia compatibile col Piano di Riassetto Forestale del Comune di Vallada Agordina o in contrasto con esso, posto che - contrariamente alle affermazioni dei ricorrenti - non risulta dalla gravata ordinanza la conformità del taglio al progetto redatto, ex art. 23 L.R. n. 52/1978, dal servizio forestale regionale.
Quindi non si controverte della eventuale disapplicazione di un atto amministrativo da parte del giudice ordinario, come si prospetta in ricorso, ma piuttosto dell'accertamento della tipologia di intervento effettuato dagli imputati, e dunque di un accertamento "in fatto" riservato al giudice del merito e sottratto al vaglio di legittimità, se motivato congruamente e correttamente. Orbene, nella fattispecie in esame il Tribunale - allo stato delle indagini preliminari finora svolte - ha ritenuto, per una serie di considerazioni ed argomentazioni logiche e fattuali, esposte analiticamente nel provvedimento impugnato, che il taglio boschivo eseguito sia del tipo "a raso" e non "colturale", e quindi in contrasto con le previsioni del menzionato P.R.F. e dell'art. 6, comma 3^ secondo periodo, D. L.vo n. 227/2001, in quanto neppure giustificato dal "progetto di taglio", che "non contempla ragioni di fitopatologia o altri motivi di interesse pubblico". Addirittura viene ricordato dai giudici di merito che proprio il redattore del Piano, dott. Andrich Orazio, qualificò l'intervento boschivo, per le sue caratteristiche tecniche, come "taglio a raso, (...) tale da precludere o comunque non favorire la rinnovazione naturale con modalità e tempistiche ottimali".
Detta valutazione, pertanto, essendo sorretta da motivazione congrua e non manifestamente illogica, è esente dal vaglio di legittimità, per cui deve ritenersi sussistente il fumus del reato ipotizzato. Va dunque mantenuta la misura de qua, non essendo stato mosso dai ricorrenti alcun rilievo, come si è osservato, in ordine alle esigenze cautelari.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deliberata in Roma, il 11 marzo 2004.
Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2004