Corte di giustizia (Settima Sezione) 12 maggio 2022
«Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttiva 2008/50/CE – Qualità dell’aria ambiente – Articolo 13, paragrafo 1, e allegato XI – Superamento sistematico e continuato dei valori limite fissati per il biossido di azoto (NO2) in alcune zone ed in alcuni agglomerati italiani – Articolo 23, paragrafo 1 – Allegato XV – Periodo di superamento “il più breve possibile” – Misure appropriate»
SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)
12 maggio 2022 (*)
«Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttiva 2008/50/CE – Qualità dell’aria ambiente – Articolo 13, paragrafo 1, e allegato XI – Superamento sistematico e continuato dei valori limite fissati per il biossido di azoto (NO2) in alcune zone ed in alcuni agglomerati italiani – Articolo 23, paragrafo 1 – Allegato XV – Periodo di superamento “il più breve possibile” – Misure appropriate»
Nella causa C‑573/19,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 26 luglio 2019,
Commissione europea, rappresentata da G. Gattinara e E. Manhaeve, in qualità di agenti,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Palatiello e P. Pucciariello, avvocati dello Stato,
convenuta,
LA CORTE (Settima Sezione),
composta da I. Ziemele, presidente della Sesta Sezione, facente funzione di presidente della Settima Sezione, T. von Danwitz e A. Kumin (relatore), giudici,
avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di constatare che la Repubblica italiana, a causa dell’inosservanza sistematica e continuata del valore limite annuale fissato per il biossido di azoto (NO2),
a partire dal 1° gennaio 2010 e senza interruzione, nelle zone IT0118 (agglomerato di Torino); IT0306 (agglomerato di Milano); IT0307 (agglomerato di Bergamo); IT0308 (agglomerato di Brescia); IT0309 (zona A – pianura ad elevata urbanizzazione); IT0711 (Comune di Genova); IT0906 (agglomerato di Firenze) e IT1215 (agglomerato di Roma),
dall’anno 2010 fino al 2012 e a partire dal 2014 nelle zone IT1912 (agglomerato di Catania) e IT1914 (aree industriali),
inosservanza che persiste tuttora,
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU 2008, L 152, pag. 1), e che,
non avendo essa adottato, a partire dall’11 giugno 2010, misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per il NO2 nell’insieme delle suddette zone, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 letto da solo e in combinato disposto con l’allegato XV, punto A, di tale direttiva.
Contesto normativo
Direttiva 96/62/CE
2 L’articolo 8 della direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente (GU 1996, L 296, pag. 55), rubricato «Misure applicabili nelle zone in cui i livelli superano il valore limite», prevedeva, ai paragrafi 1, 3 e 4, quanto segue:
«1. Gli Stati membri elaborano l’elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti superano i valori limite oltre il margine di superamento.
(...)
3. Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano misure atte a garantire l’elaborazione o l’attuazione di un piano o di un programma che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito.
Tale piano o programma, da rendere pubblico, deve riportare almeno le informazioni di cui all’allegato IV.
4. Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1 in cui il livello di più inquinanti supera i valori limite, gli Stati membri predispongono un piano integrato che interessi tutti gli inquinanti in questione».
Direttiva 1999/30/CE
3 Ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 1999/30/CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo (GU 1999, L 163, pag. 41), rubricato «Biossido di azoto e ossidi di azoto»:
«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni di biossido di azoto e, ove possibile, degli ossidi di azoto nell’aria, valutate a norma dell’articolo 7, non superino i valori limite indicati nella sezione I dell’allegato II, a decorrere dalle date ivi indicate.
I margini di tolleranza indicati nella sezione I dell’allegato II si applicano a norma dell’articolo 8 della direttiva 96/62/CE.
2. La soglia di allarme per le concentrazioni di biossido di azoto nell’aria ambiente è indicata nella sezione II dell’allegato II».
4 Riguardo alla protezione della salute umana, l’allegato II della direttiva 1999/30 fissava al 1° gennaio 2010 la data a decorrere dalla quale i valori limite per il NO2 dovevano essere rispettati.
5 Ai sensi dell’articolo 12 della direttiva in parola, gli Stati membri dovevano porre in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi ad essa entro il 19 luglio 2001.
Direttiva 2008/50
6 La direttiva 2008/50, entrata in vigore l’11 giugno 2008, ha sostituito cinque atti dell’Unione europea preesistenti relativi alla valutazione e alla gestione della qualità dell’aria ambiente, segnatamente le direttive 96/62 e 1999/30, le quali sono state abrogate a decorrere dall’11 giugno 2010, come risulta dall’articolo 31 della direttiva 2008/50.
7 I considerando 17 e 18 della direttiva 2008/50 così recitano:
«(17) Le misure comunitarie necessarie per ridurre le emissioni alla fonte, in particolare quelle volte a migliorare l’efficacia della legislazione comunitaria in materia di emissioni industriali, a limitare le emissioni di scarico dei motori dei veicoli pesanti, a ridurre ulteriormente le emissioni nazionali di inquinanti chiave consentite dagli Stati membri e le emissioni connesse all’approvvigionamento di carburante degli autoveicoli a benzina nelle stazioni di servizio, nonché ad affrontare la questione del tenore di zolfo dei combustibili, compresi quelli marini, dovrebbero essere debitamente esaminate in via prioritaria da tutte le istituzioni interessate.
(18) È opportuno predisporre piani per la qualità dell’aria per le zone e gli agglomerati entro i quali le concentrazioni di inquinanti nell’aria ambiente superano i rispettivi valori-obiettivo o valori limite per la qualità dell’aria, più eventuali margini di tolleranza provvisori. Gli inquinanti atmosferici provengono da molte fonti e attività diverse. Per garantire la coerenza tra le varie politiche, tali piani per la qualità dell’aria dovrebbero, se possibile, essere in linea ed integrati con i piani e i programmi formulati a norma della direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione [(GU 2001, L 309, pag. 1)], della direttiva 2001/81/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2011, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici (GU 2001, L 309, pag. 22),] e della direttiva 2002/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2002, relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale [(GU 2002, L 189, pag. 12)]. Si terrà altresì pienamente conto degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente previsti nella presente direttiva quando vengono concesse autorizzazioni per attività industriali a norma della direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento [(GU 2008, L 24, pag. 8)]».
8 L’articolo 1 della direttiva 2008/50, rubricato «Oggetto», ai suoi punti da 1 a 3 così dispone:
«La presente direttiva istituisce misure volte a:
1) definire e stabilire obiettivi di qualità dell’aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso;
2) valutare la qualità dell’aria ambiente negli Stati membri sulla base di metodi e criteri comuni;
3) ottenere informazioni sulla qualità dell’aria ambiente per contribuire alla lotta contro l’inquinamento dell’aria e gli effetti nocivi e per monitorare le tendenze a lungo termine e i miglioramenti ottenuti con l’applicazione delle misure nazionali e comunitarie».
9 L’articolo 2 di tale direttiva, rubricato «Definizioni», ai suoi punti 5, 8, da 16 a 18 e 24 prevede quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
(...)
5) “valore limite”: livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso, che deve essere raggiunto entro un termine prestabilito e in seguito non deve essere superato;
(...)
8) “piani per la qualità dell’aria”[:] piani che stabiliscono misure per il raggiungimento dei valori limite o dei valori-obiettivo;
(...)
16) “zona”: parte del territorio di uno Stato membro da esso delimitata, ai fini della valutazione e della gestione della qualità dell’aria;
17) “agglomerato”: zona in cui è concentrata una popolazione superiore a 250 000 abitanti o, allorché la popolazione è pari o inferiore a 250 000 abitanti, con una densità di popolazione per km2 definita dagli Stati membri;
18) “PM10”: il materiale particolato che penetra attraverso un ingresso dimensionale selettivo conforme al metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del PM10, norma EN 12341, con un’efficienza di penetrazione del 50% per materiale particolato di un diametro aerodinamico di 10 μm;
(...)
24) “ossidi di azoto”: la somma dei rapporti in mescolamento in volume (ppbv) di monossido di azoto (ossido nitrico) e di biossido di azoto espressa in unità di concentrazione di massa di biossido di azoto (μg/m3)».
10 L’articolo 13 di tale direttiva, rubricato «Valori limite e soglie di allarme ai fini della protezione della salute umana», al suo paragrafo 1 così dispone:
«Gli Stati membri provvedono affinché i livelli di biossido di zolfo, PM10, piombo e monossido di carbonio presenti nell’aria ambiente non superino, nell’insieme delle loro zone e dei loro agglomerati, i valori limite stabiliti nell’allegato XI.
Per quanto riguarda il biossido di azoto e il benzene, i valori limite fissati nell’allegato XI non possono essere superati a decorrere dalle date indicate nel medesimo allegato.
Il rispetto di tali requisiti è valutato a norma dell’allegato III.
I margini di tolleranza fissati nell’allegato XI si applicano a norma dell’articolo 22, paragrafo 3 e dell’articolo 23, paragrafo 1».
11 Ai sensi dell’articolo 20 della direttiva 2008/50, rubricato «Contributi da fonti naturali»:
«1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione, per un determinato anno, l’elenco delle zone e degli agglomerati nei quali il superamento dei valori limite per un determinato inquinante è imputabile a fonti naturali. Gli Stati membri forniscono informazioni sulla concentrazione e sulle fonti, nonché elementi che dimostrino come il superamento sia imputabile a fonti naturali.
2. Nei casi in cui la Commissione è informata di un superamento imputabile a fonti naturali ai sensi del paragrafo 1, detto superamento non è considerato tale ai fini della presente direttiva.
(...)».
12 L’articolo 22 della medesima direttiva, rubricato «Proroga del termine per il conseguimento e deroga all’obbligo di applicare determinati valori limite», è formulato nei seguenti termini:
«1. Se in una determinata zona o agglomerato non è possibile raggiungere i valori limite fissati per il biossido di azoto o il benzene entro i termini di cui all’allegato XI, uno Stato membro può prorogare tale termine di cinque anni al massimo per la zona o l’agglomerato in questione, a condizione che sia predisposto un piano per la qualità dell’aria a norma dell’articolo 23 per la zona o per l’agglomerato cui s’intende applicare la proroga; detto piano per la qualità dell’aria è integrato dalle informazioni di cui all’allegato XV, punto B, relative agli inquinanti in questione e dimostra come i valori limite saranno conseguiti entro il nuovo termine.
(...)
4. Gli Stati membri notificano alla Commissione i casi in cui ritengono applicabili i paragrafi 1 o 2 e le comunicano il piano per la qualità dell’aria di cui al paragrafo 1, comprese tutte le informazioni utili di cui la Commissione deve disporre per valutare se le condizioni pertinenti sono soddisfatte. In tale valutazione la Commissione tiene conto degli effetti stimati sulla qualità dell’aria ambiente negli Stati membri, attualmente e in futuro, delle misure adottate dagli Stati membri e degli effetti stimati sulla qualità dell’aria ambiente delle attuali misure comunitarie e delle misure comunitarie previste che la Commissione proporrà.
Se la Commissione non solleva obiezioni entro nove mesi dalla data di ricevimento di tale notifica, le condizioni per l’applicazione dei paragrafi 1 o 2 sono considerate soddisfatte.
In caso di obiezioni, la Commissione può chiedere agli Stati membri di rettificare i piani per la qualità dell’aria oppure di presentarne di nuovi».
13 L’articolo 23 della direttiva 2008/50, rubricato «Piani per la qualità dell’aria», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:
«Se in determinate zone o agglomerati i livelli di inquinanti presenti nell’aria ambiente superano un valore limite o un valore-obiettivo qualsiasi, più qualunque margine di tolleranza eventualmente applicabile, gli Stati membri provvedono a predisporre piani per la qualità dell’aria per le zone e gli agglomerati in questione al fine di conseguire il relativo valore limite o valore-obiettivo specificato negli allegati XI e XIV.
In caso di superamento di tali valori limite dopo il termine previsto per il loro raggiungimento, i piani per la qualità dell’aria stabiliscono misure appropriate affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile. I piani per la qualità dell’aria possono inoltre includere misure specifiche volte a tutelare gruppi sensibili di popolazione, compresi i bambini.
Tali piani per la qualità dell’aria contengono almeno le informazioni di cui all’allegato XV, punto A, e possono includere misure a norma dell’articolo 24. Detti piani sono comunicati alla Commissione senza indugio e al più tardi entro due anni dalla fine dell’anno in cui è stato rilevato il primo superamento.
Qualora occorra predisporre o attuare piani per la qualità dell’aria relativi a diversi inquinanti, gli Stati membri, se del caso, predispongono e attuano piani integrati per la qualità dell’aria riguardanti tutti gli inquinanti interessati».
14 Ai sensi dell’articolo 27 di tale direttiva, rubricato «Trasmissione di informazioni e relazioni»:
«1. Gli Stati membri provvedono a far pervenire alla Commissione le informazioni sulla qualità dell’aria ambiente entro i termini richiesti, stabiliti dalle disposizioni d’attuazione di cui all’articolo 28, paragrafo 2.
2. In ogni caso, al fine specifico di valutare la conformità ai valori limite e ai livelli critici nonché al raggiungimento dei valori obiettivo, tali informazioni sono messe a disposizione della Commissione entro nove mesi dalla fine di ciascun anno ed includono:
(...)
b) l’elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti sono superiori ai valori limite più, ove applicabile, il margine di tolleranza[,] o superiori ai valori-obiettivo o ai livelli critici, nonché, per tali zone o agglomerati:
i) i livelli valutati e, se del caso, le date e i periodi in cui tali livelli sono stati riscontrati;
ii) se opportuno, una valutazione dei contributi da fonti naturali ai livelli valutati e dei contributi relativi alla risospensione del particolato a seguito di sabbiatura o salatura delle strade nella stagione invernale, come dichiarati alla Commissione ai sensi degli articoli 20 e 21.
3. I paragrafi 1 e 2 si applicano alle informazioni raccolte a decorrere dall’inizio del secondo anno civile successivo all’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione di cui all’articolo 28, paragrafo 2».
15 L’articolo 33 di tale direttiva, rubricato «Attuazione», stabilisce quanto segue:
«1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente all’11 giugno 2010. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di dette disposizioni
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono determinate dagli Stati membri.
(...)
3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva».
16 L’allegato XI della direttiva 2008/50, rubricato «Valori limite per la protezione della salute umana» fissa, al suo punto B, i seguenti valori limite per il NO2:
«Periodo di mediazione |
Valore limite |
Margine di tolleranza |
Data entro la quale il valore limite deve essere raggiunto |
||
(...) |
|||||
1 ora |
200 µg/m3, da non superare più di 18 volte per anno civile |
(...) 0% entro il 1° gennaio 2010 |
1° gennaio 2010 |
||
Anno civile |
40 μg/m3 |
(...) 0% entro il 1° gennaio 2010 |
1° gennaio 2010» |
17 Tra le informazioni che devono figurare nei piani per la qualità dell’aria ambiente, ai sensi dell’articolo 23 di tale direttiva, l’allegato XV, punto A, di quest’ultima precisa, ai suoi punti 2 e 8, quanto segue:
«2. Informazioni generali
(...)
c) dati utili sul clima;
d) dati topografici utili;
(...)
8. Informazioni sui provvedimenti o progetti adottati allo scopo di ridurre l’inquinamento e posteriori all’entrata in vigore della presente direttiva
a) elenco e descrizione di tutti i provvedimenti messi a punto nell’ambito del progetto;
b) calendario di attuazione;
c) stima del miglioramento programmato della qualità dell’aria e dei tempi previsti per conseguire questi obiettivi».
Procedimento precontenzioso
18 A seguito di uno scambio di opinioni su eventuali violazioni della direttiva 2008/50 in diverse zone del territorio italiano, la Commissione ha aperto il procedimento d’infrazione n. 2015/2043 e ha inviato, il 29 maggio 2015, una lettera di diffida) alla Repubblica italiana invitandola a presentare le proprie osservazioni in merito al rispetto degli obblighi previsti agli articoli 13 e 23 di tale direttiva.
19 In particolare, la Commissione ha sottolineato che i valori limite di cui all’articolo 13 di tale direttiva, letto in combinato disposto con l’allegato XI della medesima, erano stati superati senza interruzione dal 2010 e continuavano ad esserlo. Inoltre, la Commissione ha osservato che le zone interessate da tale procedimento non erano oggetto di alcuna misura di proroga del termine ai sensi dell’articolo 22 della stessa direttiva.
20 Con lettera del 24 giugno 2015, la Repubblica italiana ha chiesto una proroga del termine per rispondere alla lettera di diffida, il quale è stato fissato, con lettera della Commissione del 3 luglio 2015, al 29 settembre 2015.
21 La risposta alla lettera di diffida è pervenuta alla Commissione in due parti. Nella prima parte, contenuta nella comunicazione del 25 settembre 2015, la Repubblica italiana non ha, in linea di principio, negato i superamenti dei suddetti valori limite e ha affermato, altresì, che, per valutare l’efficacia dei piani per la qualità dell’aria, non era utile prendere in considerazione dette violazioni. Tale prima parte della risposta era accompagnata da numerose informazioni sulle diverse modifiche delle zone geografiche per il rilevamento dei valori di concentrazione nonché da varie relazioni sulla qualità dell’aria nelle regioni Lombardia, Liguria, Toscana e Lazio. Nella seconda parte della risposta alla lettera di diffida, contenuta nella comunicazione del 28 ottobre 2015, figuravano soprattutto dati supplementari riguardanti l’evoluzione dei valori di concentrazione in questione.
22 Non essendo convinta dalla risposta delle autorità italiane, la Commissione ha emesso un parere motivato il 16 febbraio 2017, nel quale lamentava, nei confronti delle autorità italiane, persistenti e continui superamenti dei valori limite fissati per il NO2, mettendo in evidenza una continuata e persistente non conformità dei valori di diffusione di tale sostanza rispetto a quanto richiesto dall’articolo 13 della direttiva 2008/50, letto in combinato disposto con l’allegato XI della medesima. La valutazione della Commissione si concludeva nel senso che la violazione di tale combinato disposto nonché dell’articolo 23 di tale direttiva, letto da solo e congiuntamente all’allegato XV della medesima, era ancora in corso. Inoltre, la Commissione ha ricordato ancora una volta che le zone interessate dal procedimento n. 2015/2043 non erano oggetto di alcuna misura adottata in forza dell’articolo 22 della direttiva 2008/50.
23 Con lettera del 9 marzo 2017, la Repubblica italiana ha chiesto una proroga del termine per rispondere al parere motivato, richiesta che è stata respinta con lettera della Commissione del 17 marzo 2017. La data entro la quale lo Stato membro era tenuto a conformarsi rimaneva, dunque, il 16 aprile 2017.
24 Con una prima comunicazione in data 24 aprile 2017, la Repubblica italiana ha risposto al parere motivato invocando in particolare la mancata presa in considerazione di tendenze al miglioramento nei livelli di concentrazione di NO2. Tale Stato membro ha insistito altresì sul carattere appropriato dei piani per la qualità dell’aria nel frattempo adottati dalle autorità italiane. Con un’ulteriore comunicazione del 23 novembre 2018, la Repubblica italiana ha indicato l’intenzione delle amministrazioni interessate di partecipare al dialogo.
25 Inoltre, a seguito di una riunione tra i servizi della Commissione e le autorità italiane tenutasi il 20 dicembre 2017, la Commissione ha constatato che la Repubblica italiana non aveva posto rimedio ad alcune violazioni della direttiva 2008/50. Si trattava, in particolare, del fatto che, per le Regioni interessate geograficamente dall’accordo sulle emissioni nella valle del Po, sarebbe stato possibile pervenire realisticamente ad una riduzione delle concentrazioni di NO2 entro i limiti previsti da detta direttiva unicamente a partire dall’anno 2025.
26 Per tali ragioni, visto il persistente inadempimento alla direttiva 2008/50, confermato a seguito della riunione del 30 gennaio 2018 tra il commissario competente e le autorità italiane, la Commissione ha esperito il presente ricorso.
Sul ricorso
Sulla prima censura, vertente sulla violazione sistematica e persistente del combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50
Argomenti delle parti
27 Nell’ambito delle osservazioni preliminari sulla natura delle infrazioni addebitate, la Commissione contesta, da un lato, una violazione sistematica e continuata, tuttora in corso, dell’obbligo di rispettare i valori limite fissati per il NO2, derivante dall’articolo 13 della direttiva 2008/50, letto in combinato disposto con l’allegato XI della medesima e, dall’altro, una violazione dell’articolo 23 di tale direttiva, letto da solo e in combinato disposto con l’allegato XV, punto A, di detta direttiva.
28 La Commissione sottolinea, a tal riguardo, che il nesso diretto tra tali disposizioni della direttiva 2008/50, il quale esprime una correlazione tra obblighi di tale natura, è noto sin dalla direttiva 96/62. La violazione sistematica e continuata dei valori limite previsti dalla direttiva 2008/50 dimostrerebbe, di conseguenza, che le misure nel frattempo adottate dalle autorità italiane competenti per riportare la diffusione del NO2 a un livello conforme a detti valori limite non hanno avuto l’effetto sperato, determinandosi così una violazione, altrettanto sistematica e continuata, dell’obbligo di adottare piani contenenti misure appropriate, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, di tale direttiva.
29 La Commissione dichiara dunque di riservarsi la possibilità di produrre taluni dati per gli anni 2016 e 2017, che le sono stati comunicati dalle autorità italiane dopo il termine indicato nel parere motivato, ossia il 16 aprile 2017, nonché la possibilità di presentare, in caso di disponibilità e di validità, taluni dati per gli anni 2018 e 2019. Tali dati, benché siano stati comunicati dopo il suddetto termine, rimarrebbero rilevanti ai fini del presente ricorso, dato che corrisponderebbero a fatti della medesima natura di quelli considerati nel parere motivato e che sarebbero costitutivi di uno stesso comportamento.
30 Con la sua prima censura, la Commissione fa valere che la Repubblica italiana ha violato l’obbligo risultante dal combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1 e dell’allegato XI della direttiva 2008/50, a partire dal 1º gennaio 2010, dato che il valore limite annuale fissato per il NO2 è stato regolarmente superato nelle dieci zone controverse, e che tale valore limite non era ancora rispettato alla data di proposizione del presente ricorso.
31 La Commissione ricorda, a questo proposito, che la giurisprudenza della Corte ha statuito che il rispetto dei valori limite fissati da tali disposizioni costituisce un obbligo di risultato, il quale prescinde dal rispetto di qualsiasi altro obbligo previsto dalla medesima direttiva. In particolare, uno Stato membro non può dichiarare di rispettare un valore limite per il solo fatto di aver adottato un piano ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, di detta direttiva.
32 Tali considerazioni sarebbero state in seguito confermate dalla Corte nel senso che la mera constatazione del superamento dei valori limite per un inquinante di cui all’articolo 13 della direttiva 2008/50, letto in combinato disposto con l’allegato XI della medesima, è sufficiente per concludere che esista una violazione dell’obbligo previsto da detto combinato disposto.
33 Orbene, nel caso di specie, l’esame delle relazioni annuali trasmesse dalla Repubblica italiana sulla base dell’articolo 27 della direttiva 2008/50 consentirebbe di fornire la prova di un superamento sistematico e continuato del valore limite annuale fissato per il NO2 nelle dieci zone interessate dal presente ricorso.
34 La Commissione espone i dati per tutte queste zone e sostiene che ne deriva, per ogni anno preso in considerazione dal suo atto di ricorso – ad eccezione del 2013 per quanto riguarda le zone IT1912 (agglomerato di Catania) e IT1914 (aree industriali) – un superamento di carattere persistente del valore limite annuale di NO2, fissato in 40 μg/m³, e che siffatta violazione è ancora in corso alla data di proposizione del presente ricorso.
35 La Repubblica italiana contesta l’inadempimento addebitatole.
36 In primo luogo, presentando i dati per tutte le regioni interessate dal presente ricorso, essa fa valere che gli elementi di prova ivi forniti dimostrano l’assenza di una violazione sistematica e continuata delle disposizioni della direttiva 2008/50 invocata dalla Commissione nel suo atto di ricorso, registrandosi, al contrario, nelle Regioni italiane nel periodo oggetto di tale ricorso un miglioramento sistematico e continuo dei livelli di concentrazione annuale di NO2, con conseguente assenza di qualsiasi inadempimento perseguibile nell’ambito di un procedimento giurisdizionale.
37 In secondo luogo, la Repubblica italiana sostiene che la Commissione non ha dimostrato che i superamenti dei valori limite fissati per il NO2 le fossero imputabili, in quanto tale istituzione si è astenuta da qualsiasi indagine circa l’efficacia causale di altri fattori, indipendenti dalla volontà delle autorità italiane, attribuibili in misura considerevole anche a politiche dell’Unione nei settori delle biomasse, dei trasporti, delle emissioni e dell’agricoltura. Questi elementi avrebbero consentito di escludere l’esistenza di un inadempimento oggettivamente imputabile alla Repubblica italiana.
38 Inoltre, la Repubblica italiana sostiene che il superamento dei valori limite di cui all’articolo 13 della direttiva 2008/50 non può essere imputato esclusivamente allo Stato membro interessato. La varietà delle fonti d’inquinamento dell’aria comporterebbe che le possibilità per un singolo Stato membro di intervenire su tali fonti e di ridurre entro determinati valori limite la concentrazione dei vari inquinanti, ivi incluso il NO2, non sarebbero assolute né incondizionate. Infatti, per quanto riguarda numerose fonti di inquinamento, segnatamente menzionate al considerando 18 di tale direttiva, sarebbe l’Unione, e non gli Stati membri, ad essere competente a disciplinare le emissioni di inquinanti.
39 Peraltro, la Repubblica italiana sostiene che, sebbene nella sua giurisprudenza la Corte ritenga che il procedimento di cui all’articolo 258 TFUE sia incentrato sull’accertamento oggettivo dell’inosservanza, da parte dello Stato membro interessato, dei suoi obblighi, sarebbe comunque necessario che l’inosservanza possa essere oggettivamente attribuibile ad una condotta delle autorità nazionali e non derivi da altri fattori causali del tutto indipendenti dall’ambito di competenza degli Stati membri.
40 Di conseguenza, la Commissione avrebbe dovuto constatare, da un lato, l’assenza di qualsivoglia interferenza di fattori causali naturali esterni, non dominabili dalle autorità nazionali, in quanto imprevedibili ed inevitabili e, dall’altro, l’assenza di condotte di soggetti terzi idonee ad influire sul perseguimento degli obiettivi di tutela sottesi alle disposizioni legislative asseritamente violate.
41 A tal proposito, la Repubblica italiana ricorda, quali fattori eziologici del tutto indipendenti dalle capacità di controllo delle autorità nazionali e che sono di origine naturale, in particolare, la conformazione orografica di talune zone territoriali italiane unitamente alle condizioni meteorologiche ivi insistenti, oppure di origine umana, integrati da politiche europee indipendenti dalle politiche nazionali, con particolare riguardo alle politiche nel settore delle biomasse, delle emissioni e agricolo.
42 Richiamandosi alla relazione speciale n. 23/2018 della Corte dei conti europea, intitolata «Inquinamento atmosferico: la nostra salute non è ancora sufficientemente protetta», la Repubblica italiana fa valere in tale contesto che occorre prendere in considerazione l’interferenza di dette politiche ambientali promosse dall’Unione con l’obiettivo di limitare le emissioni, segnatamente di particolato PM10, nell’aria ambiente, dato che, allo scopo di ridurre altri tipi e fonti di emissioni, esse hanno finito per incrementare quelle prese in considerazione dalla direttiva 2008/50.
43 Secondo tale Stato membro, la responsabilità esclusiva del superamento dei valori limite fissati per il NO2 non può, dunque, essere imputata ad uno Stato membro qualora tale superamento dipenda anche in larga misura da decisioni precise dell’Unione, quali i vantaggi concessi ai veicoli diesel o all’utilizzazione delle biomasse come combustibili alternativi, o dall’inefficienza nell’attuazione di tali decisioni, come nel caso della misurazione delle emissioni di particolato PM10 dei veicoli «Eurodiesel», emissioni che le direttive dell’Unione hanno fissato sulla base di modelli teorici rivelatisi poi molto lontani dalle emissioni reali di tali veicoli. Sarebbe stato, pertanto, impossibile raggiungere i valori limite che sono stati fissati dalla direttiva 2008/50 basandosi sulle suddette emissioni teoriche, poiché le emissioni reali erano molto diverse.
44 In terzo luogo, il superamento dei livelli di concentrazione di NO2 previsti dal combinato disposto dell’articolo 13 e dell’allegato XI della direttiva 2008/50 non costituirebbe un inadempimento da parte della Repubblica italiana, ma renderebbe attuale l’obbligo di adozione dei piani per la qualità dell’aria previsti dall’articolo 23 della medesima direttiva.
45 La Repubblica italiana ritiene che l’articolo 13 della direttiva 2008/50 debba essere letto in combinato disposto con l’articolo 23, paragrafo 1, primo e secondo comma, di tale direttiva, disposizione che la Commissione invocherebbe, erroneamente, soltanto per la sua seconda censura.
46 Secondo la Repubblica italiana, l’unico obbligo a carico degli Stati membri in caso di superamento dei valori limite di cui all’articolo 13 e all’allegato XI di detta direttiva è la predisposizione di piani per la qualità dell’aria che stabiliscano misure appropriate affinché il periodo di superamento di tali valori sia il più breve possibile. Si potrebbe, dunque, ravvisare una violazione sanzionabile ai sensi dell’articolo 258 TFUE soltanto laddove, in caso di superamento dei suddetti valori limite, non venissero predisposti i piani per la qualità dell’aria. Di per sé, il superamento di tali valori limite non potrebbe, invece, costituire un’autonoma violazione della direttiva 2008/50.
47 Tale interpretazione, ad avviso della Repubblica italiana, è compatibile con gli obiettivi della direttiva 2008/50 ed è altresì corroborata dalla dichiarazione della Commissione allegata a tale direttiva, secondo cui l’adeguamento della qualità dell’aria ai limiti e agli obiettivi stabiliti costituisce un processo complesso, nel quale le misure degli Stati membri non possono essere episodiche e devono necessariamente comprendere piani a lungo termine. Le misure nazionali dovrebbero essere integrate da misure rientranti nella sfera di competenza dell’Unione, in particolare quelle relative ai grandi impianti di combustione e agli impianti industriali, poiché le fonti inquinanti sono diverse e interagiscono. Infine, sarebbe necessario che questo complesso di misure non ostacolasse lo sviluppo economico, e operasse, invece, per assicurarne la sostenibilità. Pertanto, il mero superamento di un valore limite, anche se protratto nel tempo, non potrebbe costituire una violazione pertinente, qualora uno Stato membro fosse attivamente impegnato da diversi anni, a livello sia centrale che locale, nel predisporre ed applicare complessi piani per la qualità dell’aria.
48 In tale contesto, la Repubblica italiana fa valere che i principi enunciati dalla Corte in sentenze analoghe alla presente causa non consentono di ritenere sussistente un’automatica correlazione tra il superamento del limite massimo di concentrazione degli inquinanti di cui trattasi e l’infrazione al diritto dell’Unione, dato che la direttiva 2008/50 mira a garantire per i livelli di esposizione a fattori nocivi una riduzione progressiva entro i limiti fissati da quest’ultima.
49 La Commissione, nella parte introduttiva della sua memoria di replica riguardante sia la prima che la seconda censura, sottolinea, in primo luogo, che il presente procedimento riguarda un inadempimento sistematico e continuato di talune disposizioni del diritto dell’Unione e verte, quindi, non soltanto su specifici e puntuali superamenti dei valori limite di concentrazione di NO2, segnatamente constatati per singoli anni, ma anche, in altri casi, sul persistente superamento di tali valori limite per periodi più lunghi.
50 Nell’ambito di tale approccio, sarebbe consentito prendere in considerazione anche dati successivi al termine di adempimento impartito nel parere motivato, vale a dire il 16 aprile 2017. Avendo fornito la prova del superamento dei valori limite fissati per il NO2 fino al 2017 incluso, la Commissione desidera completare il contesto di fatto illustrato nel suo ricorso alla luce dei dati relativi ai valori di concentrazione di NO2 nel frattempo convalidati per l’anno 2018. Tali dati confermerebbero un continuo superamento dei valori limite fissati per il NO2 in tutte le zone interessate dal presente procedimento, ad eccezione delle zone IT0309 (zona A – pianura ad elevata urbanizzazione) per la Regione Lombardia e IT1914 (zone industriali) per la Regione Siciliana.
51 Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’argomento della Repubblica italiana vertente sulla non imputabilità del superamento dei valori limite di concentrazione di NO2 vuoi in ragione delle condizioni orografiche, morfologiche o meteorologiche del territorio italiano, vuoi in ragione dell’esistenza di altre politiche europee aventi un impatto significativo sulla formazione di composti nocivi per la salute, la Commissione ricorda che l’obbligo di non superare i suddetti valori limite è chiaramente un obbligo di risultato che spetta allo Stato membro interessato rispettare, ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2008/50.
52 Pretendere che la riduzione dei livelli di concentrazione di NO2 prevista dalla direttiva 2008/50 debba essere solo progressiva e che, di conseguenza, il superamento dei valori limite di concentrazione fissati da tale direttiva abbia come unico effetto un obbligo di adozione di un piano relativo alla qualità dell’aria non troverebbe alcun fondamento né nella formulazione della suddetta direttiva né nella pertinente giurisprudenza della Corte. Una siffatta interpretazione avrebbe per effetto di lasciare la realizzazione dell’obiettivo di protezione della salute umana, menzionato ai considerando 1 e 2 della medesima direttiva, alla discrezionalità degli Stati membri, il che sarebbe contrario all’intenzione del legislatore dell’Unione.
53 L’obbligo di non superare i valori limite fissati per il NO2 sarebbe quindi previsto in modo chiaro e preciso all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 ed incomberebbe agli Stati membri, nel senso che la sua inosservanza costituirebbe, di per sé, una violazione di tale direttiva, che può essere constatata in modo indipendente nell’ambito del procedimento per inadempimento di cui all’articolo 258 TFUE.
54 Per contro, l’obbligo di adottare piani per la qualità dell’aria, previsto all’articolo 23 della direttiva 2008/50, potrebbe dar luogo a un inadempimento diverso e distinto da quello derivante dall’articolo 13 di tale direttiva. È quindi impossibile, secondo la Commissione, concludere che un’asserita tendenza alla progressiva riduzione dei livelli di concentrazione delle sostanze inquinanti escluda la violazione del combinato disposto dell’articolo 13 di detta direttiva e dell’allegato XI di quest’ultima.
55 Sarebbero parimenti irrilevanti, al riguardo, gli argomenti dedotti dalla Repubblica italiana secondo cui, in particolare, le politiche europee in materia di trasporto, di energia e di agricoltura avrebbero contribuito al superamento dei valori limite di concentrazione di NO2, o perché non avrebbero tenuto conto delle emissioni realmente prodotte dai veicoli, segnatamente quelli a motore diesel, o perché le norme infine adottate dal legislatore dell’Unione incentiverebbero comportamenti che hanno come conseguenza superamenti più elevati di siffatti valori limite. La Commissione fa valere al riguardo che, in un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, occorre accertare unicamente se uno Stato membro abbia rispettato un obbligo prescritto da una disposizione del diritto dell’Unione e non se vi siano altre circostanze che possano avere influito sull’inadempimento di cui trattasi.
56 Inoltre, per quanto riguarda le difficoltà nel rispettare i valori limite fissati per il NO2 in talune parti del territorio nazionale a causa delle sue caratteristiche morfologiche ed orografiche, la Commissione fa valere che il considerando 16 della direttiva 2008/50 è stato debitamente preso in considerazione nei limiti in cui quest’ultimo fa riferimento a zone peculiari in cui le condizioni sono «particolarmente difficili» e per le quali è possibile prorogare il termine fissato, purché ne sia presentata richiesta alla Commissione, accompagnata da un piano specifico, conformemente all’articolo 22, paragrafi 1 e 3, di tale direttiva. Per quanto riguarda il presente procedimento, la Repubblica italiana non avrebbe, tuttavia, mai ottenuto un’autorizzazione di proroga da parte della Commissione. In tali circostanze, eccepire l’esistenza di aspetti del tutto peculiari a tale Stato membro equivarrebbe a negare l’esistenza dell’obbligo summenzionato.
57 Per quanto riguarda, più in particolare, la politica dei trasporti, la Commissione sostiene che la Repubblica italiana sembra ritenere, in particolare, che la Commissione non abbia prestato attenzione, al momento della proposta di norme sull’omologazione di veicoli con motore diesel, al livello di emissioni di NO2 di detti veicoli. A tal riguardo, la Commissione sottolinea non solo che le norme da essa adottate o proposte a partire dal 2016 in materia di test per l’omologazione dei veicoli non stabiliscono valori limite di emissione o di concentrazione di sostanze tossiche, ma, soprattutto, che tali norme, quando sono applicate, producono un altro tipo di effetti.
58 Benché tali test permettano, in effetti, di individuare come le emissioni di sostanze tossiche vengano misurate, il loro obiettivo sarebbe tuttavia quello di identificare le eventuali manipolazioni nonché la possibile esistenza di strumenti di misurazione illegali. Si tratterebbe, quindi, di un elemento supplementare per controllare l’osservanza del divieto di tali apparecchi. Tuttavia, la responsabilità di procedere a tale controllo incomberebbe esclusivamente alle autorità competenti degli Stati membri da almeno 20 anni. La Commissione ricorda che le autorità degli Stati membri non hanno rispettato l’obbligo di proibire l’uso di strumenti di misurazione illegali.
59 In tale contesto, la Commissione sostiene che, come del resto già rilevato dalla Corte, i veicoli con motore diesel della categoria indicata dalla Repubblica italiana non sono la sola e unica causa delle emissioni di NO2 e, soprattutto, che i valori limite fissati nell’allegato I, punto 2.1.6, e nell’allegato VII, punto 6.1, della direttiva 70/220/CEE del Consiglio, del 20 marzo 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative alle misure da adottare contro l’inquinamento atmosferico con i gas prodotti dai motori ad accensione comandata dei veicoli a motore (GU 1970, L 76, pag. 1), non sono stati fissati in funzione della riduzione delle emissioni attesa per tale tipo di veicoli. Infine, la Repubblica italiana non avrebbe risposto alle osservazioni formulate nell’atto di ricorso in merito alle circostanze secondo cui, essendo fatto notorio che gli effetti dell’utilizzo di veicoli «EURO» sulla riduzione di emissioni di inquinanti erano limitati, incombeva in modo ancora più evidente alle autorità italiane l’adozione di misure appropriate per far abbassare i valori di concentrazione di NO2 al livello autorizzato dalla direttiva 2008/50.
60 Per quanto riguarda la politica agricola e la produzione di emissioni derivanti dalla combustione della biomassa legnosa per il riscaldamento domestico, la Commissione sostiene che la Repubblica italiana sembra addebitarle un mancato coordinamento tra le misure di riduzione dei gas a effetto serra e le politiche relative alla qualità dell’aria, il che potrebbe condizionare il superamento dei valori limite fissati nell’allegato XI della direttiva 2008/50, dissociando in tal modo la causa di tale superamento dall’assenza di misure adottate dalla Repubblica italiana.
61 A questo proposito, la Commissione fa valere, tuttavia, che un presunto mancato coordinamento fra iniziative non identificate, ivi inclusi taluni finanziamenti europei, non può escludere la violazione di un obbligo chiaramente previsto dalla legislazione in vigore. Infatti, conformemente all’articolo 17 TUE, la Commissione avrebbe il dovere di agire affinché gli Stati membri rispettino il diritto dell’Unione vigente. Pertanto, il presunto mancato coordinamento tra le diverse politiche europee non può essere invocato come argomento per escludere l’esistenza di una violazione di un obbligo contenuto in una direttiva in vigore in un dato momento. Ne consegue che un siffatto mancato coordinamento, ammesso che sia dimostrato, non può esimere gli Stati membri da tale obbligo.
62 Infine, la Commissione sostiene che i piani per la qualità dell’aria presi in considerazione nell’atto di ricorso corrispondono a quelli adottati e attualmente in vigore nelle varie regioni interessate dalle infrazioni oggetto del presente ricorso.
63 Per quanto riguarda più in particolare la prima censura, la Commissione sostiene che la Repubblica italiana si limita ad indicare, in particolare, le entità di ciascuno dei superamenti dei valori limite fissati per il NO2, così come registrati nelle diverse stazioni di rilevamento. A tal riguardo, la Commissione deduce che, in forza dell’articolo 27, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, è onere degli Stati membri fornire le informazioni sul superamento di tali valori limite, indicando le zone geografiche in cui sono stati effettuati tali rilevamenti. Il fatto che, all’interno di una singola zona, sussistano differenze da una stazione di rilevamento a un’altra non può dunque avere alcun rilievo, dato che, in ogni caso, spetterebbe agli Stati membri organizzare e gestire la raccolta dei dati in maniera tale da rispettare l’obbligo sancito in detta disposizione. Dopo aver trasmesso tali dati, la Repubblica italiana non può dunque contestarne il contenuto.
64 Inoltre, laddove la Repubblica italiana sostiene che il superamento di taluni valori limite fissati per il NO2 è dovuto a fattori naturali, come le condizioni geografiche e meteorologiche peculiari delle regioni della pianura padana o la particolare configurazione di una regione, essa avrebbe dovuto segnalare che tale superamento era imputabile a cause naturali, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2008/50.
65 Quanto all’argomento della Repubblica italiana che insiste più volte su un asserito miglioramento dei livelli di concentrazione di NO2 nelle diverse zone interessate e sulle probabili tendenze al ribasso di questi ultimi, la Commissione ricorda che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, un’eventuale tendenza parziale al ribasso evidenziata dai dati raccolti, la quale non comporta, tuttavia, che lo Stato membro interessato si conformi ai valori limite al cui rispetto è tenuto, non può inficiare la constatazione dell’inadempimento ad esso imputabile a tale effetto.
66 Nella sua controreplica, la Repubblica italiana ribadisce i suoi argomenti esposti nel controricorso, in particolare quello secondo cui un’analisi della tendenza dei livelli di concentrazione di NO2 è necessaria in quanto ogni violazione dell’articolo 13 della direttiva 2008/50 è esclusa ogni volta che sia registrato un avvicinamento progressivo e costante dei valori prescritti da quest’ultima, a causa di una riduzione progressiva di tali livelli.
67 Inoltre, la Repubblica italiana reitera la sua argomentazione riguardante l’impatto delle politiche europee nei settori dell’agricoltura, dell’energia e dei trasporti nonché l’effetto delle condizioni morfologiche ed orografiche del territorio italiano sull’efficacia delle politiche nazionali di riduzione dei livelli di concentrazione di NO2.
68 Infine, tale Stato membro ribadisce la sua tesi secondo cui il superamento dei valori limite di concentrazione di NO2 comporterebbe come unico effetto quello di obbligare gli Stati membri ad adottare un piano per la qualità dell’aria, non integrando invece, di per sé, alcuna violazione dell’articolo 13 della direttiva 2008/50.
69 Da un punto di vista generale, la Repubblica italiana addebita alla Commissione di non aver analizzato il contesto economico e sociale nel cui ambito le singole misure sono state approvate e sono destinate ad operare e di essersi limitata a contestare in modo generico l’eccessiva lunghezza dei termini previsti dai piani per la qualità dell’aria.
70 La Repubblica italiana espone da ultimo alcuni dati relativi a tutte le zone oggetto del presente ricorso nonché talune precisazioni riguardanti determinate misure da essa adottate, al fine di dimostrare l’assenza di inadempimento degli obblighi ad essa incombenti in applicazione della direttiva 2008/50.
Giudizio della Corte
71 In via preliminare, occorre constatare che, allo scopo di dimostrare il carattere generale e la continuità dell’inadempimento addebitato, nel suo atto di ricorso la Commissione si fonda sui dati relativi alla qualità dell’aria per l’anno 2017 e, nella sua replica, su quelli per il 2018. Se è vero che tali dati costituiscono quindi fatti avvenuti successivamente alla scadenza del termine impartito nel parere motivato, vale a dire il 16 aprile 2017, ciò non toglie che essi sono della stessa natura di quelli esposti in tale parere e sono costitutivi dello stesso comportamento, di modo che l’oggetto del presente ricorso può estendersi a detti fatti avvenuti successivamente [sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 55 e giurisprudenza ivi citata].
72 Nella sua replica, la Commissione, alla luce dei dati relativi alla qualità dell’aria per il 2018, ha precisato alcune delle sue censure e ha quindi adattato talune sue conclusioni. Così, per quanto riguarda le conclusioni relative ai superamenti del valore limite annuale fissato per il NO2, la Commissione indica in tale scritto difensivo che nelle zone IT0309 (zona A – pianura ad elevata urbanizzazione) e IT1914 (zone industriali) per il 2018 non ha avuto luogo un superamento di tale valore. Occorre quindi analizzare la fondatezza della prima censura tenendo conto di tali indicazioni, dal momento che esse sono intese unicamente a specificare una censura che la Commissione aveva già fatto valere in termini più generali nell’atto di ricorso, e, pertanto, non modificano l’oggetto dell’inadempimento dedotto e non incidono in alcun modo sulla portata della controversia [v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punti 67 e 68 nonché giurisprudenza ivi citata].
73 Svolte queste precisazioni preliminari, occorre ricordare che, a termini dell’articolo 1, punto 1, della direttiva 2008/50, quest’ultima istituisce misure volte a definire e stabilire obiettivi di qualità dell’aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso. In tale contesto, l’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva dispone che gli Stati membri provvedono affinché i livelli di, fra l’altro, NO2 presenti nell’aria ambiente non superino, nell’insieme delle loro zone e dei loro agglomerati, i valori limite stabiliti nell’allegato XI della medesima direttiva.
74 Occorre ricordare che la censura vertente sulla violazione di detto articolo 13 deve essere valutata alla luce della giurisprudenza consolidata della Corte secondo la quale il procedimento di cui all’articolo 258 TFUE si basa sull’accertamento oggettivo dell’inosservanza, da parte di uno Stato membro, degli obblighi impostigli dal Trattato FUE o da un atto di diritto derivato [sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 77 e giurisprudenza ivi citata].
75 La Corte ha già più volte sottolineato che il superamento dei valori limite fissati per gli inquinanti nell’aria ambiente è di per sé sufficiente per poter constatare l’inadempimento al combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50 [sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 78 e giurisprudenza ivi citata].
76 Orbene, nel caso di specie, i dati risultanti dalle relazioni annuali riguardanti la qualità dell’aria, presentati dalla Repubblica italiana in forza dell’articolo 27 della direttiva 2008/50, mostrano che, a partire dal 2010, il valore limite annuale di 40 μg/m3 fissato per il NO2 è stato regolarmente superato in tutte le zone interessate.
77 Nelle zone IT0118 (agglomerato di Torino); IT0306 (agglomerato di Milano); IT0307 (agglomerato di Bergamo); IT0308 (agglomerato di Brescia); IT0711 (Comune di Genova); IT0906 (agglomerato di Firenze) e IT1215 (agglomerato di Roma), sono stati constatati tra il 2010 e il 2018 incluso superamenti del valore limite annuale fissato per il NO2. I valori registrati e dichiarati si collocavano, durante tale periodo, in tutte queste zone, tra 41 μg/m3 e 103 μg/m³.
78 Per contro, relativamente alla zona IT0309 (zona A – pianura ad elevata urbanizzazione), un superamento del valore limite annuale di NO2 per l’anno 2018 non può essere confermato.
79 Con riferimento alla zona IT1912 (agglomerato di Catania), i valori registrati e dichiarati erano, per gli anni dal 2010 al 2012 e dal 2014 al 2018, compresi tra 47 μg/m3 e 72 μg/m3. Nella zona IT1914 (aree industriali), il valore di concentrazione di NO2 si collocava, tra l’anno 2010 fino al 2012 e dal 2014 fino al 2017 incluso, tra 42 μg/m3 e 57 μg/m3.
80 I dati per l’anno 2013 in queste due aree della Regione Siciliana non permettono di constatare alcun superamento del valore limite annuale fissato per il NO2. Analogamente, per quanto riguarda la zona IT1914 (zone industriali), poiché il livello di concentrazione per il 2018 è stato inferiore al predetto valore di 40 μg/m³, tali superamenti non possono essere constatati.
81 Più in particolare, per ciascuna delle zone controverse sono state registrate e dichiarate le seguenti concentrazioni di NO2, senza che la Repubblica italiana abbia contestato tali dati.
82 Per quanto riguarda la Regione Piemonte, nella zona IT0118 (agglomerato di Torino), la concentrazione registrata è stata di 74 μg/m³ per il 2010, di 72 μg/m³ per il 2011 e di 70 μg/m³ per il 2012. Poiché detta zona era ancora suddivisa, all’epoca, nella zona IT0101 e nella zona IT0103, il superamento dei limiti indicato concerne la zona IT0103. Dopo la fusione delle due zone IT0101 e IT0103 in zona IT0118 (agglomerato di Torino), la concentrazione registrata è stata di 65 μg/m³ per il 2013, di 70 μg/m³ per il 2014, di 68 μg/m³ per il 2015, di 70 μg/m³ per il 2016, di 80 μg/m³ per il 2017 e di 56 μg/m³ per il 2018.
83 Per quanto riguarda la Regione Lombardia, per l’anno 2010 e relativamente alle quattro zone considerate, vale a dire le IT0306, IT0307, IT0308 e IT0309, quando tali zone sono state raggruppate in due zone, cioè le zone IT0301 e IT0302, il valore annuale registrato è stato, rispettivamente, di 73 μg/m³ e di 54 μg/m³. A partire dall’anno 2010, le concentrazioni di NO2 registrate nell’area IT0306 (agglomerato di Milano) sono state di 79 μg/m³ per l’anno 2011, di 67 μg/m³ per il 2012, di 57 μg/m³ per il 2013, di 59 μg/m³ per il 2014, di 75 μg/m³ per il 2015, di 67 μg/m³ per il 2016, di 64 μg/m³ per il 2017 e di 59 μg/m³ per il 2018.
84 Nella zona IT0307 (agglomerato di Bergamo), il valore annuale registrato è stato di 60 μg/m³ per l’anno 2011, di 44 μg/m³ per il 2012, di 48 μg/m³ per il 2013, di 43 μg/m³ per il 2014, di 48 μg/m³ per il 2015, di 44 μg/m³ per il 2016, di 50 μg/m³ per il 2017 e di 59 μg/m³ per il 2018.
85 Nella zona IT0308 (agglomerato di Brescia), il valore annuale registrato è stato pari a 70 μg/m³ per l’anno 2011, a 71 μg/m³ per il 2012, a 66 μg/m³ per il 2013, a 67 μg/m³ per il 2014, a 68 μg/m³ per il 2015, a 59 μg/m³ per il 2016, a 62 μg/m³ per il 2017 ed a 57 μg/m³ per il 2018.
86 Nella zona IT0309 (zona A – pianura ad elevata urbanizzazione), il valore annuale registrato è stato di 62 μg/m³ per l’anno 2011, di 51 μg/m³ per il 2012, di 49 μg/m³ per il 2013, di 41 μg/m³ per il 2014, di 45 μg/m³ per il 2015, di 49 μg/m³ per il 2016 e di 47 μg/m³ per il 2017.
87 Per quanto riguarda la Regione Liguria, nella zona IT0711 (Comune di Genova), il valore annuale registrato è stato, quando la zona era ancora identificata come IT0701, pari a 68 μg/m³ per l’anno 2010, a 74 μg/m³ per il 2011, a 72 μg/m³ per il 2012 ed a 67 μg/m³ per il 2013. Dopo che la zona è stata modificata in IT0711 (Comune di Genova), il valore annuale registrato è stato di 60 μg/m³ per l’anno 2014, di 57 μg/m³ per il 2015, di 58 μg/m³ per il 2016, di 57 μg/m³ per il 2017 e di 60 μg/m³ per il 2018.
88 Per quanto riguarda la Regione Toscana, nella zona IT0906 (agglomerato di Firenze), il valore annuo registrato era di 59 μg/m³ per il 2010, quando la zona era ancora identificata come zona IT0901. Dopo che la zona è stata cambiata in IT0906 (agglomerato di Firenze), il valore registrato è stato pari a 103 μg/m³ per l’anno 2011, a 82 μg/m³ per il 2012, a 62 μg/m³ per il 2013, a 65 μg/m³ per il 2014, a 63 μg/m³ per il 2015, a 65 μg/m³ per il 2016, a 64 μg/m³ per il 2017 e a 60 μg/m³ per il 2018.
89 Per quanto riguarda la Regione Lazio, nella zona IT1215 (agglomerato di Roma), il valore annuale registrato è stato, quando la zona era ancora suddivisa nelle zone IT1201 e IT1203, rispettivamente di 76 μg/m3 e 59 μg/m³ per l’anno 2010, e di 78 μg/m3 e 60 μg/m³ per il 2011. Dopo la fusione delle due zone nella zona IT1215 (agglomerato di Roma), il valore in questione è stato pari a 73 μg/m³ per l’anno 2012, a 67 μg/m³ per il 2013, a 65 μg/m³ per il 2014, rimanendo invariato per gli anni 2015 e 2016 ed attestandosi a 62 μg/m³ per l’anno 2017 e a 58 μg/m³ per l’anno 2018.
90 Per quanto riguarda la Regione Siciliana, nella zona IT1912 (agglomerato di Catania) il valore annuale registrato è stato, quando la zona era identificata come IT1902, di 70 μg/m³ per l’anno 2010 e di 72 μg/m³ per il 2011. Dopo la trasformazione in IT1912 (agglomerato di Catania), questo valore è stato di 66 μg/m³ per l’anno 2012, di 57 μg/m³ per il 2014, di 47 μg/m³ per il 2015, di 48 μg/m³ per il 2016, di 49 μg/m³ per il 2017 e di 50 μg/m³ per il 2018.
91 Relativamente alla zona IT1914 (aree industriali), il valore di concentrazione è stato, quando tale zona era composta dalle zone IT1903, IT1905, IT1908 e IT1909, per l’anno 2010, di 42 μg/m³ per la zona IT1903 e di 56 μg/m³ per la zona IT1908. Per l’anno 2011, in queste due zone tale valore è stato, rispettivamente, di 44 μg/m³ e di 57 μg/m³. Dopo la ridenominazione in zona IT1914 (aree industriali), i valori registrati sono stati di 57 μg/m³ per l’anno 2012, di 43 μg/m³ per il 2014, di 45 μg/m³ per il 2015, di 47 μg/m³ per il 2016 e di 48 μg/m³ per il 2017.
92 Risulta da tali dati che i superamenti del valore limite annuale di NO2 così accertati devono essere considerati continuati e sistematici, senza che la Commissione sia tenuta a fornire prove supplementari al riguardo [v., per analogia, sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 82 e giurisprudenza ivi citata].
93 Allo stesso modo, occorre ricordare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, un inadempimento può rimanere sistematico e continuato nonostante un’eventuale tendenza parziale al ribasso evidenziata dai dati raccolti, che, tuttavia, non comporti che lo Stato membro interessato si conformi ai valori limite al cui rispetto è tenuto [sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 83 e giurisprudenza ivi citata]. Orbene, ciò si verifica nel caso degli anni dal 2010 al 2018 oggetto del caso di specie per quanto riguarda le zone IT0118 (agglomerato di Torino); IT0306 (agglomerato di Milano); IT0307 (agglomerato di Bergamo); IT0308 (agglomerato di Brescia); IT0711 (Comune di Genova); IT0906 (agglomerato di Firenze) e IT1215 (agglomerato di Roma), nel caso degli anni dal 2010 al 2017 per quanto riguarda la zona IT0309 (zona A – pianura ad elevata urbanizzazione), nel caso degli anni dal 2010 a 2012 e dal 2014 al 2018 per quanto riguarda la zona IT1912 (agglomerato di Catania) e, nel caso degli anni dal 2020 al 2012 nonché dal 2014 al 2017, per quanto riguarda la zona IT1914 (aree industriali).
94 Inoltre, come risulta dal punto 75 della presente sentenza, il superamento dei valori limite fissati per gli inquinanti nell’aria ambiente è di per sé sufficiente perché possa essere constatato un inadempimento al combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50 [sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 78 e giurisprudenza ivi citata].
95 Si deve altresì respingere l’argomento dedotto dalla Repubblica italiana secondo cui la direttiva 2008/50 prevedrebbe soltanto un obbligo di riduzione progressiva dei livelli di concentrazione di NO2 e, pertanto, il superamento dei valori limite fissati per detto inquinante da tale direttiva avrebbe l’unico effetto di obbligare gli Stati membri ad adottare un piano per la qualità dell’aria.
96 Infatti, tale argomento non trova fondamento né nel testo di tale direttiva né nella giurisprudenza della Corte citata al punto 75 della presente sentenza, la quale conferma che gli Stati membri sono tenuti a conseguire il risultato perseguito dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 e dall’allegato XI di quest’ultima, che consiste nel non superare i valori limite fissati da tali disposizioni [sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 79].
97 Una siffatta interpretazione lascerebbe peraltro la realizzazione dell’obiettivo di protezione della salute umana, ricordato all’articolo 1, punto 1, della direttiva 2008/50, alla sola discrezionalità degli Stati membri, il che è contrario alle intenzioni del legislatore dell’Unione, quali risultano dalla definizione stessa della nozione di «valore limite», esposta al punto 9 della presente sentenza, la quale esige che il suo rispetto sia garantito entro un dato termine e sia poi mantenuto [v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 80].
98 Inoltre, aderire ad un siffatto argomento si risolverebbe nel consentire a uno Stato membro di sottrarsi al rispetto della scadenza imposta dal combinato disposto dell’articolo 13 della direttiva 2008/50 e dell’allegato XI di quest’ultima, al fine di rispettare i valori limite fissati per il NO2 a condizioni meno restrittive di quelle imposte dall’articolo 22 di detta direttiva, che è l’unica disposizione che prevede espressamente la possibilità per uno Stato membro di essere esentato da tale scadenza, e pregiudicherebbe pertanto l’effetto utile di dette disposizioni [sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 81].
99 Infine, sempre in tale contesto, per quanto riguarda la prova dell’inadempimento oggetto del presente ricorso, la Repubblica italiana non può validamente sostenere che la Commissione avrebbe dovuto dimostrare l’esclusione, da un lato, dell’interferenza di fattori di causalità esterni, per definizione imprevedibili ed inevitabili, e, dall’altro, di comportamenti di terzi idonei ad influire sul rispetto dei valori limite. Come risulta già dal punto 74 della presente sentenza, la censura vertente sulla violazione dell’obbligo di cui all’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2008/50 deve essere valutata tenendo conto della giurisprudenza costante ai sensi della quale il procedimento di cui all’articolo 258 TFUE si basa sull’accertamento oggettivo dell’inosservanza, da parte di uno Stato membro, degli obblighi che gli sono imposti dal Trattato FUE o da un atto di diritto derivato. Pertanto, la Commissione è tenuta unicamente a dimostrare l’inosservanza del valore limite annuale previsto da detta disposizione di tale direttiva.
100 Tantomeno può essere accolto l’argomento, dedotto dalla Repubblica italiana, secondo cui il superamento dei valori limite fissati per il NO2 non può essere imputato esclusivamente allo Stato membro interessato, dato che un siffatto superamento risulta da un insieme di fattori di causalità che sfuggono del tutto al controllo delle autorità nazionali, alcuni dei quali sono naturali, come le caratteristiche morfologiche e geografiche del territorio italiano dovute ad una situazione orografica e meteorologica eccezionale, e altri sono disciplinati dalle politiche dell’Unione, in particolare nei settori del trasporto, dell’energia e dell’agricoltura. Secondo tale Stato membro, un inadempimento non può essere dimostrato senza che la Commissione fornisca la prova dell’imputabilità della violazione contestata allo Stato membro interessato.
101 Occorre ricordare, a tal riguardo, che, in un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, spetta alla Commissione accertare l’esistenza dell’asserito inadempimento e quindi dimostrare che uno Stato membro non ha rispettato un obbligo prescritto da una disposizione del diritto dell’Unione, senza potersi basare su alcuna presunzione [v., in particolare, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 83 e giurisprudenza ivi citata].
102 Orbene, per quanto riguarda l’asserito inadempimento nel caso di specie, occorre sottolineare, come risulta dai considerando 17 e 18 della direttiva 2008/50, che il legislatore dell’Unione ha fissato i valori limite previsti da quest’ultima al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente, tenendo pienamente conto del fatto che gli inquinanti atmosferici sono prodotti da molteplici fonti e attività e che le diverse politiche sia nazionali sia dell’Unione possono avere un’incidenza al riguardo [sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 84].
103 Peraltro, detta direttiva prevede, da un lato, al suo articolo 20, la possibilità per uno Stato membro di far riconoscere, quali fonti d’inquinamento che contribuiscono al superamento dei valori limite contestati, le fonti naturali. D’altra parte, l’articolo 22, paragrafo 1, della stessa direttiva prevede le condizioni alle quali, a causa della situazione particolare di una zona o di un agglomerato, l’esenzione temporanea dall’obbligo del rispetto di detti valori può essere concessa dopo un esame che comprende altresì, come risulta dal paragrafo 4 di detto articolo, la presa in considerazione degli effetti stimati delle misure nazionali e quelle dell’Unione, esistenti e future [v., per analogia, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 85].
104 Ne consegue che, nella misura in cui la Commissione fornisce informazioni che consentono di stabilire che i valori limite fissati all’articolo 13 della direttiva 2008/50, letto in combinato disposto con l’allegato XI di quest’ultima, sono stati superati nelle zone interessate dal suo ricorso e per i periodi ivi indicati, uno Stato membro non può, senza che siano state concesse le deroghe di cui alle disposizioni citate al punto precedente e secondo le condizioni ivi previste, invocare tali circostanze per confutare l’imputabilità dell’inadempimento contestato e sottrarsi così all’osservanza dei chiari obblighi ai quali è soggetto dal 1° gennaio 2010, in conformità all’articolo 13 e all’allegato XI di tale direttiva [sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 86].
105 Una volta che, come nel caso di specie, tale constatazione sia stata accertata, e in mancanza della prova fornita dalla Repubblica italiana in merito all’esistenza di circostanze eccezionali le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate nonostante l’uso della massima diligenza, è irrilevante che l’inadempimento risulti dalla volontà dello Stato membro al quale è addebitabile, dalla sua negligenza, oppure da difficoltà tecniche o strutturali cui quest’ultimo avrebbe dovuto far fronte [sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 87 e giurisprudenza ivi citata].
106 Per quanto riguarda, in particolare, l’argomento della Repubblica italiana secondo cui le politiche europee in materia di trasporti avrebbero contribuito al superamento dei valori limite di NO2, in particolare a motivo del fatto che queste ultime non avrebbero tenuto conto delle emissioni di NO2 in concreto prodotte dai veicoli, in particolare dai veicoli con motore diesel, occorre constatare che la Corte ha già giudicato, oltre al fatto che i veicoli a motore soggetti alle norme stabilite dal regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo (GU 2007, L 171, pag. 1), non sono la sola e unica causa delle emissioni di NO2, che la normativa dell’Unione applicabile all’omologazione dei veicoli a motore non può esimere gli Stati membri dall’obbligo di rispettare i valori limite stabiliti dalla direttiva 2008/50 sulla base delle conoscenze scientifiche e dell’esperienza acquisita degli Stati membri, in modo da riflettere il livello ritenuto appropriato dall’Unione e dagli Stati membri al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi degli inquinanti atmosferici sulla salute umana e sull’ambiente in generale [sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 88].
107 Per quanto concerne l’argomento secondo cui, a causa della promozione, da parte della Commissione nell’ambito della politica agricola comune, della combustione della biomassa legnosa per il riscaldamento domestico, la produzione di emissioni sarebbe aumentata, con tale argomento la Repubblica italiana sembra addebitare alla Commissione una mancanza di coordinamento fra le misure di riduzione dei gas a effetto serra e le politiche relative alla qualità dell’aria, la quale sarebbe in grado di comportare un superamento dei valori limite fissati nell’allegato XI della direttiva 2008/50, in tal modo dissociando la causa di tale superamento dall’assenza di misure adottate da tale Stato membro.
108 Orbene, a tal riguardo, è sufficiente constatare che uno Stato membro non può, in ogni caso, avvalersi di un’asserita mancanza di coordinamento tra differenti politiche dell’Unione quale giustificazione al fine di escludere la violazione di un obbligo previsto senza ambiguità in una direttiva vigente, come la direttiva 2008/50, e di essere quindi esonerato da siffatto obbligo.
109 Inoltre, le caratteristiche topografiche e climatiche che potrebbero presentare le zone interessate dal presente ricorso non sono tali da esonerare lo Stato membro interessato dalla responsabilità del superamento dei valori limite fissati per il NO2, ma, al contrario, costituiscono fattori che, come risulta dall’allegato XV, punto A, numero 2, lettere c) e d), della direttiva 2008/50, devono essere presi in considerazione nel contesto dei piani per la qualità dell’aria che tale Stato membro deve, ai sensi dell’articolo 23 di tale direttiva, elaborare per tali zone o agglomerati al fine di raggiungere il valore limite nell’ipotesi in cui tale valore sia superato [v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 89].
110 Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima censura dev’essere accolta.
Sulla seconda censura, vertente su una violazione dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, letto da solo e in combinato disposto con l’allegato XV, punto A, di quest’ultima
Argomenti delle parti
111 Con la seconda censura, la Commissione sostiene che, a partire dall’11 giugno 2010, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, letto da solo e in combinato disposto con l’allegato XV, punto A, di quest’ultima, ed in particolare all’obbligo, previsto dall’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, di tale direttiva, di garantire che il periodo di superamento dei valori limite fissati per il NO2 sia il più breve possibile.
112 La Commissione rammenta, in via preliminare, che dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 discendono principalmente due obblighi, vale a dire, da un lato, l’obbligo di adottare misure appropriate al fine di assicurarsi che il periodo di superamento sia il più breve possibile e, dall’altro, l’obbligo di far figurare nei piani per la qualità dell’aria il contenuto minimo stabilito nell’allegato XV, parte A, di tale direttiva.
113 L’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 istituirebbe, ad avviso di detta istituzione, un nesso diretto tra, da un lato, il superamento dei valori limite fissati per il NO2, vale a dire la violazione degli obblighi previsti dal combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI di tale direttiva, e, dall’altro, l’adozione dei piani per la qualità dell’aria.
114 A tal riguardo, la Commissione, facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte, fa valere che occorre valutare, mediante un’analisi caso per caso, se un piano per la qualità dell’aria preveda misure appropriate affinché il periodo di superamento dei valori limite fissati per l’inquinante interessato sia il più breve possibile, tenendo conto di diversi fattori.
115 In primo luogo, la qualificazione, da parte della Corte, del superamento dei valori limite fissati per un inquinante nel corso di diversi anni come «sistematico e continuato» dimostrerebbe di per sé, senza che sia necessario esaminare in modo dettagliato il contenuto dei piani per la qualità dell’aria predisposti dallo Stato membro interessato, che tale Stato membro non ha attuato misure appropriate ed efficaci affinché il periodo di superamento di tali valori limite sia il più breve possibile.
116 In secondo luogo, programmi che prevedrebbero il rispetto dei valori limite fissati per un inquinante solo a lungo termine sarebbero incompatibili con l’obbligo di garantire che il periodo di superamento di tali valori limite sia il più breve possibile.
117 In terzo luogo, una tendenza all’aumento o alla stagnazione dei livelli di concentrazione delle sostanze inquinanti che superano i valori limite fissati dalla direttiva 2008/50 costituirebbe un ulteriore indizio dell’insufficienza delle misure previste in un piano per la qualità dell’aria.
118 In quarto luogo, un superamento di tali valori limite che sia non soltanto di lunga durata, ma anche intenso nella sua portata, costituirebbe un ulteriore importante indizio del fatto che lo Stato membro interessato ha violato l’articolo 23, paragrafo 1, di tale direttiva.
119 In quinto luogo, si dovrebbe tener conto del contenuto formale dei piani per la qualità dell’aria, con riguardo al fatto che essi contengano o no tutte le informazioni richieste dall’allegato XV, punto A, della direttiva 2008/50. L’assenza di una o più di queste informazioni costituirebbe un deficit strutturale e confermerebbe che tali piani non sono conformi all’articolo 23 di quest’ultima.
120 In sesto luogo, il contenuto materiale dei piani per la qualità dell’aria dovrebbe tener conto di tutte le misure possibili idonee a porre fine al superamento dei valori limite fissati dalla direttiva 2008/50 in modo efficace e tempestivo.
121 In siffatto contesto, in settimo luogo, l’adeguatezza di una misura ai sensi dell’articolo 23 della direttiva 2008/50 dovrebbe essere valutata alla luce della natura delle disposizioni da essa previste. Pertanto, misure che non sono giuridicamente vincolanti o non costituiscono oggetto di un finanziamento adeguato dovrebbero essere considerate inappropriate.
122 Inoltre, la Commissione contesta, in primo luogo, l’argomento dedotto dalla Repubblica italiana nella sua risposta al parere motivato, secondo il quale l’articolo 23 della direttiva 2008/50 non contiene alcun termine predefinito per l’adozione dei piani per la qualità dell’aria. Secondo la Commissione, l’assenza, nell’articolo 23 della citata direttiva, di un termine per la predisposizione dei piani in parola si spiega con il fatto che tale obbligo sussiste solo a partire dal momento in cui i valori limite di cui all’articolo 13, paragrafo 1, di detta direttiva siano superati, e se tale superamento abbia avuto luogo dopo il 1º gennaio 2010, vale a dire successivamente alla scadenza del termine fissato per raggiungerli. Sarebbe a partire da questa prima violazione che le autorità competenti dello Stato membro dovrebbero elaborare i suddetti piani. Per quanto riguarda il termine entro cui le misure previste devono produrre effetti, l’assenza di un termine specifico non potrebbe, in alcun modo, essere invocata per sostenere che il momento in cui il piano per la qualità dell’aria deve essere predisposto non può essere valutato alla luce dell’articolo 23 della direttiva 2008/50.
123 Sarebbe ovvio che, in forza di tale disposizione, l’elaborazione dei piani per la qualità dell’aria debba, in ogni caso, rispondere a taluni requisiti, sia per quanto riguarda i termini di adozione delle varie misure da essi previste, che devono essere adottate senza indugio, sia per quanto riguarda l’efficacia di tali misure, ivi incluso l’aspetto temporale di tale efficacia, ossia che dette misure devono essere in grado di consentire che il periodo di superamento dei valori limite sia il più breve possibile. Del resto, come confermato dall’allegato XV, punto A, numero 8, lettera c), della direttiva 2008/50, il piano di cui trattasi dovrebbe indicare una stima del miglioramento programmato della qualità dell’aria e dei tempi previsti per conseguirlo.
124 Su quest’ultimo punto, la Commissione osserva che, come la Corte ha già sottolineato, sebbene gli Stati membri dispongano di un potere discrezionale, l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 fissa alcuni limiti all’esercizio di quest’ultimo, i quali possono essere fatti valere dinanzi ai giudici nazionali, in relazione al carattere adeguato delle misure che il piano per la qualità dell’aria interessato deve contenere rispetto all’obiettivo di riduzione del rischio di superamento dei valori limite, e di limitazione della sua durata, in considerazione dell’equilibrio che occorre garantire tra tale obiettivo e i diversi interessi pubblici e privati in gioco.
125 Di conseguenza, il margine di manovra degli Stati membri nell’adozione dei piani per la qualità dell’aria sarebbe comunque circoscritto dalla necessità di garantire in modo credibile il rispetto dei valori limite indicati nella direttiva 2008/50. La violazione persistente di tali valori dimostrerebbe l’inefficacia di un simile piano, talmente manifesta da poter essere fatta valere addirittura dinanzi al giudice nazionale.
126 Nel caso di specie, in presenza di un persistente superamento dei valori limite a partire dal 1° gennaio 2010 e in considerazione del fatto che i dati indicati dalla Commissione dimostrerebbero che tali valori continuano ad essere superati, non si può concludere nel senso che le misure nel frattempo adottate dalle autorità italiane si siano dimostrate appropriate per far sì che il periodo di superamento di tali valori fosse il più breve possibile, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50. Una simile conclusione non potrebbe risultare neppure da un asserito miglioramento dei livelli di concentrazione di NO2 che, in ogni caso, non cancella la violazione degli obblighi di questa direttiva quando il superamento dei valori limite consentiti persiste.
127 In secondo luogo, la Commissione respinge l’argomento della Repubblica italiana secondo cui gli effetti dell’uso di talune categorie di veicoli «EURO» sulla riduzione del NO2 sarebbero stati sovrastimati, compromettendo così le previsioni e la validità delle misure destinate a garantire il rispetto dei valori limite fissati nei vari piani per la qualità dell’aria. Tali argomenti sarebbero inconferenti non solo perché siffatta sovrastima non è tale da costituire un caso di forza maggiore che impedisce l’adempimento dell’obbligo di cui trattasi, ma anche perché la circostanza invocata dalla Repubblica italiana è ben nota dal 2011, data in cui il Centro comune di ricerca della Commissione aveva indicato che gli effetti in questione erano stati sovrastimati. Orbene, poiché tale fatto era notorio dal 2011, le autorità italiane avrebbero dovuto a maggior ragione adottare misure appropriate ed efficaci per far abbassare le concentrazioni di NO2 al livello fissato dalla direttiva 2008/50.
128 In terzo luogo, la Commissione contesta l’argomento della Repubblica italiana secondo cui l’efficacia delle misure previste nei vari piani per la qualità dell’aria doveva, in ogni caso, essere valutata tenendo conto dei limiti di proporzionalità delle varie azioni rispetto a taluni valori ugualmente tutelati a livello dell’Unione, quali la libertà di circolazione, che verrebbe pregiudicata da misure quali la limitazione del traffico veicolare.
129 A questo proposito, la Commissione sostiene che l’obiettivo della direttiva 2008/50 consistente nella protezione della salute umana è un obiettivo avente la stessa importanza della libera circolazione e che la tutela di quest’ultima ha nondimeno consentito, in talune zone, di introdurre misure restrittive della circolazione, benché soltanto in modo graduale. Pertanto, sebbene il bilanciamento dei diversi interessi rientri incontestabilmente nella discrezionalità delle autorità nazionali competenti, detto potere sarebbe tuttavia limitato dalla finalità e dagli obiettivi di tale direttiva, e segnatamente dall’articolo 23 di quest’ultima, in quanto deve, in ogni caso, garantire l’adozione di misure appropriate in maniera tale che il periodo di superamento dei valori limite sia il più breve possibile.
130 Dopo una verifica dei piani per la qualità dell’aria per tutte le zone oggetto del suo ricorso, alla luce dei fattori menzionati ai punti da 115 a 121 della presente sentenza, la Commissione ritiene che tali piani siano stati adottati in violazione dell’articolo 23 della direttiva 2008/50, in quanto non hanno consentito né di garantire il rispetto dei valori limite fissati per il NO2, né di assicurare che il periodo di superamento di tali valori limite fosse il più breve possibile. Inoltre, tale adozione avrebbe avuto luogo in violazione del combinato disposto dell’articolo 23 e dell’allegato XV, punto A, di tale direttiva, in quanto alcuni piani per la qualità dell’aria adottati da talune Regioni, in particolare le Regioni Piemonte, Liguria e Toscana, non hanno indicato le informazioni prescritte da tali disposizioni.
131 La Repubblica italiana sostiene che la Commissione mette in evidenza, per quanto riguarda la seconda censura, elementi generali che non tengono conto della situazione particolare in cui versa ciascuna zona in questione, limitandosi piuttosto a formulare contestazioni induttive, generiche, formali e sistematicamente prive di qualsiasi analisi sia delle cause dei superamenti dei valori limite fissati per il NO2 sia dell’idoneità tecnica a porvi termine delle misure previste dai piani per la qualità dell’aria. In realtà, la Commissione si limiterebbe a lamentare che tali piani, benché incontestabilmente validi, non prevedono la fine di detti superamenti entro un termine che sia il più breve possibile secondo la valutazione soggettiva effettuata dalla stessa Commissione.
132 La Repubblica italiana precisa, a tal riguardo, da un lato, che la Commissione invoca indizi estrinseci e generici, correlati alla durata e all’ampiezza dello scostamento tra i livelli di concentrazione registrati e i valori limite previsti dal diritto dell’Unione. Orbene, tali elementi sarebbero valevoli per ogni piano relativo alla qualità dell’aria e, come tali, incompatibili con un’analisi casistica rigorosa delle cause di scostamento e delle misure adottate.
133 Dall’altro lato, la Commissione ometterebbe di valutare le misure adottate dalle autorità nazionali alla luce dei principi europei applicabili in materia di risanamento dell’aria, in particolare il principio di equilibrio tra gli interessi pubblici e gli interessi privati nonché il principio di proporzionalità.
134 Per quanto riguarda quest’ultimo principio, la Repubblica italiana sostiene che uno Stato membro non può adottare misure insostenibili sul piano sociale ed economico o tali da ledere valori fondamentali del diritto dell’Unione quali la libertà di circolazione delle merci e delle persone, la libertà dell’iniziativa economica o il diritto ai servizi di pubblica utilità, come l’accesso al riscaldamento civile, quand’anche tali misure fossero le uniche potenzialmente idonee a consentire di raggiungere i valori limite fissati per l’inquinante di cui trattasi entro i termini prescritti.
135 La Repubblica italiana ricorda che, nella scelta delle misure da adottare ai fini del raggiungimento dei risultati prefissati dal diritto dell’Unione, le autorità nazionali godono di ampia discrezionalità, e tale scelta nazionale risulterebbe sindacabile soltanto se inficiata da un erroneo apprezzamento di elementi fattuali o se connotata da una manifesta irragionevolezza, in quanto palesemente inidonea al conseguimento degli obiettivi prefissati e sostituibile con misure alternative non incidenti su libertà fondamentali riconosciute dal legislatore dell’Unione.
136 Pertanto, la Commissione non sarebbe legittimata a proporre un ricorso deducendo l’inadeguatezza delle misure nazionali quando nessun errore inficia l’interpretazione del contesto fattuale di riferimento, poiché le autorità nazionali hanno correttamente individuato le cause del superamento dei livelli di concentrazione delle sostanze inquinanti, oppure quando non è possibile prevedere altre misure più efficaci, che non inciderebbero sulle libertà fondamentali.
137 Invocando, a tal riguardo, il principio di sussidiarietà, la Repubblica italiana fa valere che spetta alle autorità nazionali, per quanto attiene alle loro competenze, studiare e adottare misure idonee a contenere le concentrazioni di inquinanti. La Commissione non potrebbe pertanto sostituirsi a tali autorità, ma non potrebbe neppure limitarsi a denunciare genericamente l’insufficienza delle misure nazionali senza dimostrarne la manifesta inidoneità tecnica.
138 Con riferimento al principio di equilibrio tra tutti gli interessi pubblici e privati, la Repubblica italiana sostiene che la tempistica della bonifica dell’aria debba essere definita caso per caso per ciascuna zona alla luce del principio di proporzionalità e di sostenibilità del processo inteso a raggiungere i valori limite in questione. Orbene, la Commissione avrebbe sempre considerato, da un lato, che il carattere persistente del superamento dei valori limite fissati per l’inquinante interessato in un certo numero di zone nel corso degli ultimi anni dimostra automaticamente l’inefficacia delle misure di risanamento dell’aria e la tendenza alla cronicizzazione di tale superamento e, dall’altro, che, al di là di taluni termini, l’anno 2025 o l’anno 2030 a seconda dell’atto in cui tale indicazione è formulata, le misure di risanamento dell’aria dovrebbero essere automaticamente considerate inefficaci, a prescindere dalle zone e dalle situazioni interessate. Essa avrebbe pertanto concluso, sulla base dei dati relativi agli anni precedenti, che la tendenza al superamento dei valori limite fissati per l’inquinante interessato non si sarebbe invertita. Di conseguenza, ciò contraddirebbe tutti i progressi che potrebbero essere constatati. La Commissione non avrebbe potuto negare il fatto che tali valori limite fossero progressivamente rispettati. Tuttavia, essa avrebbe condannato il fatto che i termini per pervenirvi eccedessero termini che la normativa dell’Unione tuttavia non prevede.
139 La Repubblica italiana sostiene che, in tale ambito, la Commissione non ha attribuito alcun rilievo al processo di raggiungimento dei valori limite fissati per il NO2, attualmente in corso in Italia attraverso misure sostenibili e proporzionate, e ne deduce che, se, in ragione del principio dell’equilibrio di tutti gli interessi pubblici e privati, i valori limite in materia di qualità dell’aria possono essere rispettati, in certe zone, solo nei prossimi anni, questa circostanza non può costituire una violazione né dell’articolo 23 della direttiva 2008/50 né dell’articolo 13 di quest’ultima.
140 In tale contesto, la Repubblica italiana fa valere che la tendenza delle concentrazioni di NO2 nell’aria ambiente può essere analizzata solo alla luce di riscontri pluriennali, che consentano di individuare una precisa tendenza alla diminuzione di tali concentrazioni tra l’anno 2010 e l’anno 2018, dato che un’anomalia constatata nell’evoluzione registrata nel corso di un solo anno può spiegarsi attraverso la variabilità delle condizioni meteorologiche e non può costituire la base da cui trarre la conclusione di un’inversione della tendenza al miglioramento. Laddove si prendano in considerazione l’insieme delle zone interessate dai superamenti dei valori limite fissati per il NO2 e un orizzonte temporale sufficientemente ampio, potrebbe essere constatata in Italia una riduzione continua, progressiva e generalizzata delle concentrazioni di cui trattasi.
141 La Repubblica italiana sostiene, a tal riguardo, che l’articolo 23 della direttiva 2008/50 non prevede alcuna tempistica predefinita per il raggiungimento dei valori limite fissati per il NO2 nelle zone in cui tali valori sono superati, dato che tale disposizione deve, per contro, essere applicata, secondo un’interpretazione sistematica del diritto dell’Unione, alla luce dei principi di proporzionalità e di sostenibilità del processo che conduce al rispetto di tali valori. Se il requisito che il periodo per raggiungere i suddetti valori sia il più breve possibile fosse associato a tempistiche predefinite, come sostiene la Commissione, e le uniche misure adeguate al fine di raggiungere i medesimi valori limite entro tali tempistiche fossero insostenibili sul piano sociale ed economico oppure tali da ledere alcuni principi fondamentali del diritto dell’Unione, lo Stato membro interessato violerebbe il suo dovere generale di garantire un equilibrio tra detti principi. Pertanto, la circostanza che i piani per la qualità dell’aria prevedano di raggiungere i valori limite fissati per il NO2 nel corso di un periodo relativamente lungo non contrasta, in questa prospettiva, con la necessità che il periodo di superamento di tali valori sia il più breve possibile.
142 Per quanto riguarda, in particolare, i piani regionali per la qualità dell’aria per le zone interessate dal presente ricorso, la Repubblica italiana fa valere che, oltre a rappresentare i risultati importanti ottenuti nel processo di risanamento dell’aria avviato in tutte le zone interessate tra l’anno 2010 e l’anno 2017, incluso il rispetto dei valori limite fissati per il NO2 in talune zone, essi dimostrano altresì, caso per caso, l’efficacia della gamma delle misure previste in detti piani, la completezza formale di detti piani e l’infondatezza degli indici presuntivi utilizzati dalla Commissione per affermare che siffatte misure non sono idonee ad assicurare che il periodo di superamento dei valori limite fissati per il NO2 sia il più breve possibile. Orbene, nelle zone in questione, i termini previsti per il rispetto di tali valori corrisponderebbero al tempo di adeguamento più breve possibile se fossero applicate misure di risanamento dell’aria sostenibili e proporzionate.
143 Nella sua replica, la Commissione contesta integralmente gli argomenti dedotti dalla Repubblica italiana nel suo controricorso.
144 Essa respinge, anzitutto, l’addebito della Repubblica italiana di non aver proceduto a un’analisi caso per caso dei piani per la qualità dell’aria di cui trattasi e di essersi limitata ad addurre semplici indici presuntivi di inadempimento. La Commissione sottolinea che, al contrario, essa ha esaminato in modo dettagliato i vari piani per la qualità dell’aria adottati dalle Regioni interessate, e che la Repubblica italiana si limita ad insistere sull’asserito carattere troppo generico dei criteri utilizzati da tale istituzione, senza contestarne la validità intrinseca.
145 Per quanto riguarda, poi, l’argomento della Repubblica italiana secondo cui la direttiva 2008/50 non indica alcuna tempistica predefinita per l’adozione dei piani per la qualità dell’aria, la Commissione precisa che un siffatto argomento finirebbe con il permettere all’articolo 23 di tale direttiva di ritardare sine die il rispetto dei valori limite di cui all’articolo 13 di detta direttiva, essendo sufficiente per lo Stato membro interessato adottare le misure che a suo insindacabile giudizio sarebbero appropriate. Una siffatta interpretazione priverebbe di effetto utile sia l’articolo 13 sia l’articolo 23 della direttiva 2008/50. In tale contesto, la Commissione ricorda che l’imperativo di garantire un’aria più pulita serve al fondamentale interesse di tutelare la salute umana e che il margine di manovra delle autorità competenti deve conformarsi a tale imperativo.
146 La Commissione contesta altresì l’argomento della Repubblica italiana secondo cui è indispensabile disporre di ampi orizzonti temporali per consentire alle misure previste nei singoli piani per la qualità dell’aria di produrre effetto. Ammettendo che il tempo necessario affinché le misure adottate dimostrino la loro efficacia possa essere più o meno lungo a seconda che esse siano più o meno ambiziose, tale considerazione non può tuttavia giustificare un termine qualsiasi, dovendo quest’ultimo essere valutato, in ogni caso, sulla base dei riferimenti temporali previsti dalla direttiva 2008/50, vale a dire il 1º gennaio 2010 per il valore limite fissato per il NO2.
147 Infatti, anche dopo un esame dettagliato di ciascuno dei piani regionali per la qualità dell’aria, la Commissione insiste sul fatto che gli obblighi previsti dall’articolo 23 della direttiva 2008/50 non sono stati adempiuti, facendo valere, in particolare, che la maggior parte delle misure adottate dalla Repubblica italiana produrranno effetti solo diversi anni dopo, di modo che i valori limite fissati per il NO2 non potranno essere raggiunti prima dell’anno 2025, o addirittura del 2030.
148 La Repubblica italiana, nella controreplica, ribadisce gli argomenti da essa già esposti nel controricorso.
149 Inoltre, essa fa valere, in particolare, che la Commissione non può limitarsi a contestare genericamente la lunghezza eccessiva dei termini previsti nell’ambito della pianificazione regionale. Tale istituzione dovrebbe, piuttosto, indicare le ragioni per le quali, a fronte del contesto economico e sociale concreto, le misure individuate dagli enti locali nei piani per la qualità dell’aria risultino manifestamente irragionevoli.
Giudizio della Corte
150 Dall’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50 risulta che, qualora il superamento dei valori limite fissati per il NO2 abbia luogo dopo il termine previsto per il loro raggiungimento, lo Stato membro interessato è tenuto a predisporre un piano per la qualità dell’aria che soddisfi taluni requisiti.
151 In tal senso, detto piano deve stabilire le misure appropriate affinché il periodo di superamento di tali valori limite sia il più breve possibile e può includere misure specifiche aggiuntive volte a tutelare categorie sensibili di popolazione, in particolare i bambini. Inoltre, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2008/50, tale piano deve contenere almeno le informazioni elencate all’allegato XV, punto A, di tale direttiva e può inoltre includere misure a norma dell’articolo 24 di quest’ultima. Detto piano deve essere comunicato alla Commissione senza indugio e al più tardi entro due anni dalla fine dell’anno in cui è stato rilevato il primo superamento.
152 Come risulta dalla giurisprudenza costante della Corte, l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 ha portata generale, dato che si applica, senza limiti di tempo, ai superamenti di qualsiasi valore limite di inquinante fissato da tale direttiva, dopo il termine previsto per la sua applicazione, indipendentemente dal fatto che esso sia fissato da detta direttiva o dalla Commissione in forza dell’articolo 22 di quest’ultima [sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 138 e giurisprudenza ivi citata].
153 Occorre parimenti rilevare che l’articolo 23 della direttiva 2008/50 stabilisce un nesso diretto tra, da un lato, il superamento dei valori limite fissati per il NO2, come stabilito dall’articolo 13, paragrafo 1, in combinato disposto con l’allegato XI di tale direttiva e, dall’altro, la predisposizione di piani per la qualità dell’aria [sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 139 e giurisprudenza ivi citata].
154 Tali piani possono essere predisposti solo sulla base dell’equilibrio tra l’obiettivo della riduzione del rischio di inquinamento e i diversi interessi pubblici e privati in gioco [sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 140 e giurisprudenza ivi citata].
155 Pertanto, il fatto che uno Stato membro superi i valori limite fissati per il NO2 non è sufficiente, di per sé, per ritenere che tale Stato membro sia venuto meno agli obblighi previsti dall’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50 [sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 141 e giurisprudenza ivi citata].
156 Tuttavia, dall’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50 risulta che, sebbene gli Stati membri dispongano di un certo margine di manovra per la determinazione delle misure da adottare, queste ultime devono, in ogni caso, consentire che il periodo di superamento dei valori limite sia il più breve possibile [sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 142 e giurisprudenza ivi citata].
157 In tali circostanze, occorre verificare, mediante un’analisi caso per caso, se i piani per la qualità dell’aria predisposti dallo Stato membro interessato siano conformi all’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50 [sentenza del 3 giugno 2021, Commissione/Germania (Valori limite – NO2), C‑635/18, non pubblicata, EU:C:2021:437, punto 143 e giurisprudenza ivi citata].
158 Nel caso di specie, è necessario constatare che, per quanto riguarda i valori limite fissati per il NO2, la Repubblica italiana è venuta meno, in modo sistematico e continuato, agli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50 in tutte le zone interessate durante il periodo che va dall’anno 2010 al 2018, come risulta dall’esame della prima censura.
159 Si deve ricordare, in tale contesto, che l’obbligo di predisporre, in caso di superamento dei valori limite fissati per un inquinante dalla direttiva 2008/50, piani per la qualità dell’aria, grava sullo Stato membro interessato dall’11 giugno 2010. Infatti, conformemente all’articolo 33, paragrafo 1, di tale direttiva, la Repubblica italiana doveva mettere in vigore, entro tale data, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a quest’ultima. Essa era pertanto tenuta ad adottare e ad attuare, il più rapidamente possibile, misure appropriate affinché il periodo di superamento dei valori limite fissati per il NO2 fosse il più breve possibile, in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, di detta direttiva.
160 Orbene, dagli elementi contenuti nel fascicolo risulta, in primo luogo, che le misure di modifica dei piani esistenti per la qualità dell’aria per le Regioni Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana e Siciliana sono state tutte adottate e approvate successivamente alla data di scadenza del termine impartito nel parere motivato, fissata al 16 aprile 2017, come confermato dalla Repubblica italiana nel suo controricorso, sebbene nelle zone appartenenti a tali Regioni fossero stati constatati superamenti del valore limite annuale fissato per il NO2 a partire dall’anno 2010. Per quanto riguarda la Regione Lazio, essendo quest’ultima a partire dal 2012 coincidente con l’agglomerato di Roma, da tali elementi si può dedurre che, alla data di scadenza del predetto termine, non era stato adottato alcun piano per la qualità dell’aria, dato che era ancora in vigore il piano risalente al 2009, e quindi adottato prima dell’11 giugno 2010.
161 In secondo luogo, occorre sottolineare che, in forza dell’articolo 23, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2008/50, i piani per la qualità dell’aria devono contenere almeno le informazioni elencate all’allegato XV, punto A, della medesima direttiva. Orbene, dai dati contenuti nel fascicolo risulta che almeno talune delle misure adottate, tardivamente, dalla Regione Liguria, non contenevano nessuna indicazione sul termine previsto per il raggiungimento degli obiettivi relativi alla qualità dell’aria. Del pari, neppure il piano per la Regione Lazio adottato nel corso del 2009 contiene un’informazione di questo tipo.
162 Inoltre, per quanto riguarda numerose misure menzionate dalla Repubblica italiana, tali dati non consentono sempre di stabilire quale sia il loro scadenzario o l’impatto di tali misure sul miglioramento della qualità dell’aria previsto. A ciò si aggiunga, a titolo di esempio, la mancanza di indicazione o, a seconda dei casi, l’indicazione irregolare delle fonti di emissione responsabili dell’inquinamento per quanto riguarda le Regioni Liguria e Lazio.
163 Infine, nella Regione Lombardia, dette misure prevedono interventi che richiedono la decisione e la valutazione di altre autorità, come i comuni interessati dal superamento dei valori limite fissati per il NO2, oppure interventi tecnici, come l’intermodalità dei trasporti o la realizzazione di nuove infrastrutture. Si tratta, dunque, di misure i cui effetti concreti sulla riduzione del NO2 si produrranno, di regola, molto tardivamente.
164 In terzo luogo, per quanto riguarda i piani regionali per la qualità dell’aria che hanno previsto termini per la realizzazione degli obiettivi perseguiti, detti piani annunciano un periodo di realizzazione che può protrarsi per più anni o talvolta addirittura per due decenni dopo l’entrata in vigore dei valori limite fissati per il NO2. Infatti, l’anno di realizzazione degli obiettivi di qualità dell’aria è stato stimato, per la Regione Toscana, nel 2020, per le Regioni Lombardia e Lazio, nel 2025, per la Regione Siciliana, nel 2027 e, per la Regione Piemonte, nel 2030. Si deve quindi concludere che le misure previste in tutti questi nuovi piani non sono idonee a consentire che il periodo di superamento dei valori limite fissati per il NO2 sia il più breve possibile, poiché producono i loro effetti solo diversi anni dopo la registrazione del primo superamento del valore limite annuale fissato per il NO2 nelle zone interessate dal presente ricorso, con conseguente violazione delle disposizioni dell’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50.
165 In quarto luogo, dall’esame del contenuto dei piani regionali per la qualità dell’aria oggetto del presente procedimento per inadempimento risulta che, sebbene questi ultimi attestino un processo attualmente in corso in Italia e diretto a raggiungere i valori limite fissati per il NO2, la maggior parte delle misure in essi previste, in particolare quelle intese a apportare cambiamenti strutturali specificamente alla luce dei fattori principali di inquinamento nelle zone in cui si verificano superamenti di detti valori limite dal 2010, sono state adottate solo nell’ambito di aggiornamenti recenti di detti piani e, pertanto, successivamente alla scadenza del termine previsto per l’applicazione di tali valori, oppure sono ancora in corso di adozione e di pianificazione. Pertanto, non solo tali misure sono state emanate più di sette anni dopo l’entrata in vigore dell’obbligo di prevedere misure appropriate che consentano di porre fine a detti superamenti nel periodo più breve possibile, ma, inoltre, spesso esse prevedono periodi di realizzazione particolarmente lunghi.
166 In quinto luogo, laddove la Repubblica italiana invoca, a sostegno dell’adeguatezza delle misure previste nei piani regionali per la qualità dell’aria, una netta tendenza al miglioramento della qualità dell’aria registrata in tutto il territorio italiano, in particolare nel corso degli anni recenti, e indica che, ai fini dell’individuazione di una siffatta tendenza, potrebbero essere presi in considerazione i dati del 2018, occorre rilevare che, sebbene una certa riduzione nel lungo termine del livello dei superamenti dei valori limite fissati per il NO2 possa essere osservata in talune delle zone interessate, come ricordato al punto 76 della presente sentenza, da tali dati risulta che, tra le dieci zone oggetto dal presente ricorso, le zone interessate nelle Regioni Liguria e Siciliana hanno quasi tutte subìto un rialzo nelle concentrazioni del NO2 negli ultimi anni, così come la zona della Regione Piemonte negli anni dal 2013 al 2017, mentre un abbassamento si è potuto constatare solo per l’anno 2018. Solo nelle zone interessate delle Regioni Lombardia e Lazio si è verificata una tendenza al ribasso, sebbene ogni anno il valore limite annuale fissato per il NO2 sia stato comunque superato. Infine, una zona soltanto nella Regione Lombardia e una zona nella Regione Siciliana non registrano più superamenti di tale valore nel corso del 2018.
167 Tenuto conto degli elementi di cui ai punti da 162 a 166 della presente sentenza, occorre rilevare che la Repubblica italiana non ha manifestamente adottato in tempo utile misure appropriate che consentano di garantire che il periodo di superamento del valore limite fissato per il NO2 fosse il più breve possibile nelle zone interessate. Pertanto, il superamento di tale valore limite è rimasto sistematico e continuato per almeno otto anni in dette zone, nonostante l’obbligo incombente a tale Stato membro di adottare tutte le misure appropriate ed efficaci per conformarsi al requisito secondo cui il periodo di superamento di tale valore deve essere il più breve possibile.
168 Orbene, tale situazione dimostra di per sé, senza che sia necessario esaminare in modo più dettagliato il contenuto dei piani per la qualità dell’aria predisposti dalla Repubblica italiana, che, nel caso di specie, detto Stato membro non ha attuato misure appropriate ed efficaci affinché il periodo di superamento del valore limite annuale fissato per il NO2 fosse «il più breve possibile», ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50 [v., per analogia, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 147 e giurisprudenza ivi citata].
169 Per quanto riguarda l’argomento addotto dalla Repubblica italiana secondo cui è indispensabile che lo Stato membro interessato disponga di ampi orizzonti temporali per consentire alle misure previste nei singoli piani per la qualità dell’aria di produrre effetto, posto che la direttiva 2008/50 non prevede un calendario predefinito al riguardo, si deve constatare che tale considerazione non può giustificare un periodo particolarmente lungo per porre fine al superamento dei valori limite fissati per il NO2, come quelli previsti nella presente causa, poiché tale termine deve essere valutato, in ogni caso, alla luce dei riferimenti temporali previsti da detta direttiva per adempiere ai suoi obblighi, e dunque della data dell’11 giugno 2010 per l’adozione dei piani per la qualità dell’aria, nonché dell’importanza degli obiettivi di protezione della salute umana e dell’ambiente perseguiti da tale direttiva [v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 148 e giurisprudenza ivi citata].
170 Occorre rilevare a tal riguardo che, secondo la formulazione stessa dell’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50, l’adeguatezza delle misure previste in un piano per la qualità dell’aria deve essere valutata in relazione alla capacità di tali misure di garantire che il periodo di superamento sia il più breve possibile, requisito che è più rigoroso di quello applicabile in vigenza della direttiva 96/62, che si limitava ad imporre agli Stati membri di adottare, entro un termine ragionevole, misure volte a rendere la qualità dell’aria conforme ai valori limite fissati per gli inquinanti di cui trattasi [v., in tal senso, sentenze del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15, EU:C:2017:267, punti da 88 a 90 e del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 149].
171 Dunque, in quest’ottica, l’articolo 23 della direttiva 2008/50 esige che qualora sia stato accertato un superamento dei valori limite fissati per il NO2, tale situazione debba indurre il più rapidamente possibile lo Stato membro interessato non solo ad adottare, ma anche a dare esecuzione a misure appropriate in un piano per la qualità dell’aria, mentre il margine di manovra di cui dispone tale Stato membro in caso di superamento di detti valori limite rimane quindi, in tale contesto, limitato da tale requisito [v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 150].
172 Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della Repubblica italiana secondo cui i termini da essa fissati sono pienamente adeguati all’ampiezza delle trasformazioni strutturali necessarie per porre fine ai superamenti del valore limite annuale fissato per il NO2 nell’aria ambiente, ponendo in evidenza, in particolare, difficoltà relative alla sfida socioeconomica degli investimenti da realizzare e alle tradizioni locali, occorre ricordare che tale Stato membro deve dimostrare che le difficoltà a porre fine ai superamenti del suddetto valore da esso addotte siano idonee ad escludere che sarebbe stato possibile stabilire termini meno lunghi [v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 151 e giurisprudenza ivi citata].
173 Orbene, la Corte ha già dichiarato, rispondendo ad argomenti del tutto simili a quelli invocati dalla Repubblica italiana nella specie, che difficoltà strutturali, connesse alla sfida socioeconomica e finanziaria dei vasti investimenti da realizzare nonché a tradizioni locali, non rivestivano, di per sé, carattere eccezionale e non erano idonee a escludere che sarebbe stato possibile stabilire termini meno lunghi [sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 152].
174 Occorre parimenti respingere, in tale contesto, alla luce di quanto suesposto, l’argomentazione della Repubblica italiana fondata sui principi di proporzionalità, di sussidiarietà e di equilibrio tra gli interessi pubblici e gli interessi privati, che, a suo avviso, consentirebbero di autorizzare proroghe, anche di un periodo molto lungo, quanto al rispetto dei valori limite previsti dalla direttiva 2008/50. La Corte ha già precisato che, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, di quest’ultima, i piani per la qualità dell’aria devono essere predisposti solo sulla base del principio dell’equilibrio tra l’obiettivo della riduzione del rischio di inquinamento e i diversi interessi pubblici e privati in gioco [v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 153 e giurisprudenza ivi citata].
175 Se è vero che detto articolo 23, paragrafo 1, non può quindi esigere, in caso di superamento dei valori limite previsti dalla direttiva 2008/50, che le misure adottate da uno Stato membro in applicazione di tale equilibrio garantiscano il rispetto immediato di tali valori limite affinché possano essere considerate appropriate, da ciò non deriva tuttavia che, interpretato alla luce di detto principio, tale articolo 23, paragrafo 1, possa costituire un’ipotesi aggiuntiva di proroga generale, se del caso sine die, del termine per rispettare i predetti valori, che mirano a proteggere la salute umana, dato che, come è stato rilevato al punto 103 della presente sentenza, è l’articolo 22 di detta direttiva l’unica disposizione che prevede una possibilità di prorogare detto termine [sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C‑644/18, EU:C:2020:895, punto 154].
176 Alla luce di tutto quanto precede, si deve constatare che gli argomenti dedotti dalla Repubblica italiana non possono, di per sé, giustificare lunghi periodi per porre fine ai superamenti dei valori limite fissati per il NO2 constatati alla luce dell’obbligo diretto a garantire che il periodo di superamento di tali valori sia il più breve possibile.
177 Infine, in merito all’affermazione della Repubblica italiana secondo cui le censure dedotte dalla Commissione sono troppo generiche e manca un’analisi casistica dei diversi piani per la qualità dell’aria, di modo che tale istituzione avrebbe dedotto semplici indici presuntivi di inadempimento, è sufficiente constatare che dal fascicolo agli atti della Corte risulta che la Commissione ha constatato la non conformità alla direttiva 2008/50 dei piani per la qualità dell’aria di cui trattasi dopo aver preso in considerazione i diversi fattori menzionati ai punti da 115 a 121 della presente sentenza.
178 Ne deriva che la seconda censura deve essere accolta.
179 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve ritenere che la Repubblica italiana, non avendo provveduto affinché non fosse superato, in modo sistematico e continuato, il valore limite annuale fissato per il NO2,
– a partire dall’anno 2010 fino al 2018 incluso, nelle zone IT0118 (agglomerato di Torino); IT0306 (agglomerato di Milano); IT0307 (agglomerato di Bergamo); IT0308 (agglomerato di Brescia); IT0711 (Comune di Genova); IT0906 (agglomerato di Firenze) e IT1215 (agglomerato di Roma);
– a partire dall’anno 2010 fino al 2017 incluso, nella zona IT0309 (zona A – pianura ad elevata urbanizzazione);
– a partire dall’anno 2010 fino al 2012 e a partire dall’anno 2014 fino al 2018 incluso, nella zona IT1912 (agglomerato di Catania), nonché
– a partire dall’anno 2010 fino al 2012 e a partire dall’anno 2014 fino al 2017 incluso, nella zona IT1914 (zone industriali),
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50, e, non avendo adottato, a partire dall’11 giugno 2010, misure appropriate per garantire il rispetto del valore limite annuale fissato per il NO2 in tutte le suddette zone e, in particolare, non avendo provveduto affinché i piani per la qualità dell’aria prevedessero misure appropriate affinché il periodo di superamento di detto valore limite fosse il più breve possibile, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 23, paragrafo 1, di tale direttiva, letto da solo e in combinato disposto con l’allegato XV, punto A, di quest’ultima.
Sulle spese
180 Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.
Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara e statuisce:
1) La Repubblica italiana, non avendo provveduto affinché non fosse superato, in modo sistematico e continuato, il valore limite annuale fissato per il biossido di azoto (NO2),
– a partire dall’anno 2010 fino al 2018 incluso, nelle zone IT0118 (agglomerato di Torino); IT0306 (agglomerato di Milano); IT0307 (agglomerato di Bergamo); IT0308 (agglomerato di Brescia); IT0711 (Comune di Genova); IT0906 (agglomerato di Firenze) e IT1215 (agglomerato di Roma);
– a partire dall’anno 2010 fino al 2017 incluso, nella zona IT0309 (zona A – pianura ad elevata urbanizzazione);
– a partire dall’anno 2010 fino al 2012 e a partire dall’anno 2014 fino al 2018 incluso, nella zona IT1912 (agglomerato di Catania), nonché
– a partire dall’anno 2010 fino al 2012 e a partire dall’anno 2014 fino al 2017 incluso, nella zona IT1914 (zone industriali),
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, e, non avendo adottato, a partire dall’11 giugno 2010, misure appropriate per garantire il rispetto del valore limite annuale fissato per il NO2 in tutte le suddette zone e, in particolare, non avendo provveduto affinché i piani per la qualità dell’aria prevedessero misure appropriate affinché il periodo di superamento di detto valore limite fosse il più breve possibile, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 23, paragrafo 1, di tale direttiva, letto da solo e in combinato disposto con l’allegato XV, punto A, di quest’ultima.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.