TAR Abruzzo (PE) Sez. I n.138 del 12 aprile 2018
Ambiente in genere.Valutazione di incidenza
Ai sensi dell’art. 5 comma 3 del d.p.r. 357/1997, come modificato dal d.p.r. n. 120/2003, la valutazione di incidenza, in passato limitata ai soli progetti sottoposti a via, in seguito alla modifica è stata estesa a tutte le iniziative che non siano direttamente connesse o necessarie al mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere “incidenze significative” sul sito stesso. Il requisito per l’attivazione del procedimento è duplice, nel senso che, condizione sufficiente per l’avvio della valutazione di incidenza è che l’iniziativa non sia direttamente connessa alla salvaguardia o al mantenimento dello stato di conservazione del sito. Tale requisito costituisce la condizione per avviare la prima fase del procedimento che passa attraverso lo screening dei dati e quindi, come previsto dal regolamento, tramite la redazione di uno studio di incidenza che, come si preciserà di seguito, è l’unica sede deputata a stabilire se il progetto da attivare abbia o non abbia quell’incidenza significativa che è richiesta per il rilascio della v.i.n.c.a.
Pubblicato il 12/04/2018
N. 00138/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00375/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 375 del 2017, proposto da
Comune di Vasto, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Nicolino Zaccaria, con domicilio eletto in forma digitale come in atti;
contro
Regione Abruzzo, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale, dello Stato domiciliata in forma digitale come in atti nonché in forma fisica in L’Aquila, presso Complesso Monumentale di San Domenico;
nei confronti
Iguana S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Gileno e Stefania Bracaglia, con domicilio eletto in forma digitale come da pec Registri di Giustizia nonché in forma fisica presso lo studio dell’avv. Claudio Angelone in Pescara, via Orazio n.123;
per l'annullamento
della determina dirigenziale DPC 026/34 del 21/02/2017, con cui la Regione Abruzzo ha autorizzato la Ditta IGUANA s.r.l. alla realizzazione ed esercizio di un impianto di ricerca e di sperimentazione per lo stoccaggio (R13) e recupero (R5) di rifiuti non pericolosi nel territorio del Comune di Vasto.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Abruzzo e di Iguana s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2018 la dott.ssa Renata Emma Ianigro e uditi per le parti l'avv. Cristiano Bertoncini su delega dell'avv. Nicolino Zaccaria per l'amministrazione comunale ricorrente, l'avv. Domenico Pardi per l'amministrazione resistente, l'avv. Giuseppe Gileno e l'avv. Stefania Bracaglia per la società controinteressata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con ricorso iscritto al n. 375/2017, a seguito di trasposizione da ricorso straordinario, il Comune di Vasto impugnava, chiedendone l’annullamento, la determina del 21.02.2017 con cui la Regione Abruzzo aveva approvato, ai sensi dell’art. 211 del d.lgs. n. 152/2006, e 49 l.r. 45/2007, un progetto sperimentale per la realizzazione e l’esercizio di un impianto di ricerca e sperimentazione per lo stoccaggio (R13) e recupero (R5) di rifiuti non pericolosi in zona industriale di Vasto in via Osca nceu fg9 part. 4072 sub 9 ed autorizzava la ditta Iguana s.r.l. alla realizzazione e l’esercizio dell’impianto.
Esponeva che l’impianto aveva ad oggetto il recupero di polveri estinguenti contenute negli estintori e la relativa trasformazione in fertilizzanti agricoli, che le attività di ricerca sarebbero state eseguite in una porzione di fabbricato esistente già in possesso di autorizzazioni, che, con nota prot. n. 48792 del 18.10.2016, aveva inutilmente, senza ottenere riscontro alcuno, prospettato alla Regione Abruzzo la necessità di redigere lo studio di incidenza ambientale ex d.p.r. n. 357/1997, in presenza di impianto sito in prossimità del S.i.c. IT7140108 Punta Aderci –Punta della Penna quale riserva naturale istituita con l.r. Abruzzo n.9/2008 e decreto Min.Amb.27.04.2010 ex art. 3 comma 4 lett. c. l.n.394/1991 e 7 comma 1 d.lgs.281/1997, e di interesse archeologico ex d.m. 22.05.1997, e trattandosi di impianto di trattamento di sostanze chimiche di scarto, di aspirazione di polveri e di raccolta di reflui di cui non si conosce il ricettore.
A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi di diritto:
1)Violazione di legge, violazione dell’art. 6 comma 3 della Direttiva 92/43/Ce, dell’art. 5 d.p.r. n.357/1997, come sostituito dall’art. 6 del d.p.r. n. 120/2003, violazione della Direttiva 96/92/Ce art.1, violazione del d.lgs. 152/2006, violazione del d.m. 10.09.2010, omessa valutazione di incidenza ambientale, violazione del principio di precauzione, violazione della legge n.241/1990, eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto di istruttoria, travisamento, difetto di motivazione, illogicità della motivazione, irragionevolezza della motivazione, contraddizione;
L’area prescelta dalla società Iguana per realizzare il proprio impianto è ubicata a circa 200 metri dal S.i.c. Punta Aderci –Punta della Penna, e ricade all’interno della zona R8 del Piano di Assetto Naturalistico della Riserva Naturale Guidata Punta Aderci. Ciò imponeva l’assoggettamento dell’autorizzazione alla valutazione d’incidenza ambientale prevista per ogni progetto che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, ai sensi della Direttiva 92/43/Cee e dell’art. 5 comma 3 d.p.r. n.357/1997.
Per consolidata giurisprudenza la tutela del S.i.c., in virtù del principio di precauzione, introdotto dall’art.174 del Trattato dell’Unione Europea e dall’art. 3 del d.lgs. 152/2006, si estende anche alle zone limitrofe e prescinde dalla localizzazione all’interno o all’esterno del sito (cfr T.a.r. Abruzzo Pescara n.223/2015; Cons. Giust. Amm. 15.01.2014 n.4; T.a.r. Molise 23.12.2011 n.992; T.a.r. Veneto sez. III 18.12.2007 n.4027; T.a.r. Umbria 14.06.2011 n.171; T.a.r. Piemonte, sez. I, 3.05.2010 n.2294; T.a.r. Puglia Lecce 21.06.2012 n.1090; T.a.r. Abruzzo L’Aquila 25.06.2012 n.440). Lo studio di incidenza ambientale non è quindi sostituibile con la relazione tecnica prodotta dalla società Iguana nel procedimento autorizzatorio, e può essere omesso solo quando vi sia la certezza di un’assenza di incidenza, ed ove omessa le amministrazioni devono motivare sul punto. Nel caso di specie non sono stati prodotti criteri scientifici utili ad escludere l’incidenza significativa ed il vizio di istruttoria emerge chiaramente quando si afferma che la problematica è stata già trattata in sede di Coordinamento Regionale per la Via senza tuttavia indicare l’esito di tale approfondimento.
2) Violazione di legge, violazione della legge regionale Abruzzo 20.02.1998 n.9, violazione del Piano di Assetto Naturalistico della Riserva Naturale Guidata di Punta Aderci, Violazione delle n.t.a. del Piano di Assetto Naturalistico della Riserva Naturale Guidata di Punta Aderci;
L’impianto oggetto di autorizzazione è posto all’interno della zona R8 del Piano di Assetto Naturalistico della Riserva Naturale Guidata di Punta Aderci istituita con legge regionale n.9/1998, le cui previsioni e prescrizioni, ai sensi dell’art. 7, costituiscono vincolo per la pianificazione urbanistica di livello comunale e sovracomunale. L’area prescelta dalla società controinteressata per il proprio impianto è ricompresa in zona R8 – zona agricola di interesse paesaggistico ricadente in fascia di protezione e quindi in area facente parte a tutti gli effetti della Riserva Naturale. Ne deriva che l’autorizzazione rilasciata, ricadendo in area contigua, ai sensi dell’ar. 4 comma 4 della legge reg. cit. e 9 n.t.a. P.a.n., doveva essere preceduta dall’acquisizione del preventivo parere del Comitato di Gestione, mai richiesto e nemmeno rilasciato, in violazione dell’art. 8 del P.a.n. (cfr T.a.r. Pescara n.73/2012 confermata da C.d.S. sez. V 15.01.2013 n.176 in fattispecie relativa all’installazione di un parco fotovoltaico in area esterna alla riserva).
3) Violazione di legge, violazione del d.lgs. n. 152/2006, violazione dei principi di buon andamento e imparzialità ex art.97 Cost., eccesso di potere per erronea presupposizione, contraddittorietà, difetto di istruttoria, travisamento, abnormità procedimentale;
L’impianto andrà a collocarsi all’interno di una porzione di opificio industriale già esistente, un’azienda di fertilizzanti facente capo alla società Puccioni s.p.a. che ha sublocato della porzione immobiliare alla Iguana s.r.l.. A fronte dell’espressa domanda avanzata dal Comune di Vasto, la Regione Abruzzo con nota dpc 026/34 rispondeva che l’impianto oggetto di autorizzazione non è ricompreso nell’A.i.a. n.8/2006 intestata alla Puccioni ed in fase di istruttoria per il rinnovo. In realtà l’anzidetto opificio industriale è interamente ricompreso nell’A.i.a. n.2/2013 rinnovata con A.i.a. n.8/2006, come emerge dal raffronto fra le tavole progettuali dell’A.i.a. n.2/2013 e quelle prodotte dalla Iguana. Il provvedimento n.2/2013 relativo all’esercizio di un impianto di eliminazione o recupero di rifiuti pericolosi è stato impugnato dal Comune di Vasto innanzi al T.a.r. Abruzzo L’Aquila nel giudizio r.g. 815/2013. Pertanto la Regione Abruzzo avrebbe dovuto esigere un’unica istanza di A.i.a. e di Via in relazione a tutti gli impianti approfondendo gli effetti cumulativi derivanti dalle sovrapposizioni in relazione al tessuto industriale esistente, ai sensi dell’art. 5 comma 1 lettera c) del d.lgs. 152/2006, 3 comma 2 lett. b n.2 del d.p.c.m. sugli studi di impatto ambientale, e come ribadito dalla giurisprudenza comunitaria, (Cg Cee sez. II 10.12.2009 causa C-205/08).
Risultano inoltre violate le prescrizioni della parte V titolo I d.lgs. 152/2006 in materia di emissioni in atmosfera, poiché la Regione ha ritenuto che l’impianto non sia sottoposto alla autorizzazione di cui all’art. 267 d.lgs. n.152/2006 per effetto della deroga di cui all’art.272 del d.lgs. 152/2006 rientrando nell’ipotesi di cui alla lettera jj) parte I Allegato IV parte quinta “Laboratori di analisi e di ricerca”. Anche in tal caso la Regione Abruzzo, considerato l’effetto cumulo, avrebbe dovuto pretendere la richiesta di A.u.a. ex d.p.r. n.59/2013.
3) Violazione di legge, violazione del d.lgs. 152/2006, violazione del principio di precauzione, violazione dei principi di buon andamento e imparzialità ex art. 97 Cost., eccesso di potere per erronea presupposizione, contraddittorietà, difetto di istruttoria, travisamento, abnormità procedimentale, sviamento;
Nel caso di specie sussistono tutte le condizioni per dare concreta applicazione al principio di precauzione, poiché non è stata fatta alcuna valutazione cumulativa degli effetti di tutti gli impianti facenti capo allo stesso gruppo, non sono state adeguatamente considerate le osservazioni rese dal Comune di Vasto nel corso del procedimento autorizzatorio, ed è stata pretermessa ogni valutazione conseguente all’inclusione dell’impianto nella riserva di Punta Aderci.
Sulla base di tali motivi concludeva per l’accoglimento del ricorso.
Costituitasi la Regione Abruzzo, con memoria del 5.03.2018, opponeva che:
-l’impianto, contrariamente a quanto dedotto, non ricade in area Sic, e nemmeno in zona assoggettata a vincolo archeologico, idrogeologico, paesaggistico a rischio frana o alluvioni, ma nella perimetrazione del Co.A.Siv. ovvero in gran parte della zona industriale;
-il progetto ha ricevuto il preventivo assenso della Provincia di Chieti, nonché il parere favorevole Arta;
-con istanza del 9.08.2016 la ditta Iguana ha richiesto alla Regione Abruzzo l’autorizzazione ex art. 211 d.lgs. n.152/2006;
- l’impianto apporta numerosi vantaggi dal punto di vista ambientale perché permette di eliminare la fase di smaltimento delle polveri estinguenti contenute negli estintori altrimenti destinate alla discarica, e considerata l’assoluta assenza di emissioni anche acustiche;
- la questione relativa alla redazione dello studio di incidenza ambientale è stata affrontata dallo SGR in sede di Comitato Coordinamento Regionale per la via, sia nell’ambito del provvedimento A.i.a. n.2/2013 che in quello n.8/2006, per cui l’autorizzazione è stata rilasciata nel rispetto delle prescrizioni di cui ai pareri Arta n.2273 del 13.12.2016 e n.9124 del 9.12.2016, e la ditta Iguana trasmette con cadenza semestrale alla Provincia una comunicazione contenente quantità provenienza e destinazione dei rifiuti movimentati;
-trattandosi di impianto sperimentale va esente da A.i.a. ai sensi dell’art. 272 comma 1 Tua;
- l’attivazione della Vinca è subordinata ad un’incidenza definibile come oggettivamente significativa rispetto alle peculiarità del sito protetto, non ravvisabile rispetto agli impianti scarsamente rilevanti agli effetti dell’inquinamento atmosferico che beneficiano della deroga di cui all’art. 272 comma 1 d.lgs. 152/2006;
- gli interventi di cui all’art. 211 cit. non apportano utile economico;
- tutte le valutazioni ambientali sono state già compiute in relazione al progetto Recogens con la via n.1976 del 5.06.2012 ed A.i.a. n.2/2013;
-l’attività si svolge all’interno di una porzione di fabbricato esistente in possesso delle opportune autorizzazioni e ricadente in zona D1 destinata ad opici industriali e non in zona R8, e comunque non occorreva acquisire il parere del Comitato di Gestione della Riserva, mai richiesto dal Comune di Vasto, stante la preesistenza dello stabile e la sua ubicazione in area industriale solo contigua alla riserva.
Concludeva quindi per il rigetto del ricorso.
Costituitasi la società Iguana esponeva che:
-l’attività di trasformazione di rifiuti non pericolosi si svolgerà completamente all’interno del fabbricato già esistente della ditta Puccioni in un contesto fortemente antropizzato caratterizzato da altri insediamenti e posto al di fuori del perimetro della Riserva Naturale di Punta Aderci e dell’omonima area Sic dalla quale ultima dista oltre 200 metri;
-l’attività non prevede processi di lavorazione a caldo o trattamenti chimici con sviluppo di fumi o combustioni, ma solo operazioni di carico e stoccaggio del materiale già confezionato in contenitori e/o sacchetti, non richiede impiego di acqua per uso industriale, non sono previsti scarichi in acque nere, utilizzandosi i servizi igienici già presenti, né scarichi di acqua di prima e/o seconda pioggia derivanti dal dilavamento dei piazzali, e la movimentazione del materiale avviene attraverso un apposito apparato di captazione e convogliamento onde evitare la dispersione di polveri;
- il provvedimento di approvazione ed autorizzazione è stato rilasciato dal Dirigente del Servizio Gestione Rifiuti ravvisando la non necessità della Vinca, che, in ogni caso, non è obbligatoria, ma subordinata alla condizione che sussista una ragionevole probabilità che il progetto pregiudichi in maniera significativa l’integrità del sito, ossia una situazione di rischio serio ed attendibile, e ciò non ricorre per quegli interventi scarsamente rilevanti ai sensi dell’art. 272 comma 1 del Testo unico ambientale;
- la Commissione Europea nel documento di indirizzo ha chiarito che l’incidenza deve essere oggettiva ossia da rapportare alle peculiarità del sito protetto;
- in assenza di un piano di gestione, gli habitat più rappresentativi sono costituiti essenzialmente dal sistema dunale e dalla falesia marina insuscettibili di essere pregiudicati dall’attività progettata;
-l’art. 8 delle n.t.a del Pan richiede il parere del Comitato di gestione della riserva solo per interventi di trasformazione urbanistico edilizia del territorio e comunque nella specie si è formato il silenzio assenso non avendo il Comune di Vasto espresso alcun diniego nel termine di legge (cfr A.P. C.d.S. 17/2016).
- manca l’effetto “cumulo” poiché l’impianto autorizzato non ha alcuna connessione con quello oggetto di A.i.a. n.2/2013 poiché sono impianti siti a distanza di 1 km l’uno dall’altro in stabilimenti diversi, aventi ad oggetto la rigenerazione di diversi materiali, ed appartenenti a diversi gestori (cfr sulla nozione di stabilimento artt. 268 e lett h) e 269 comma 1 d.lgs. 152/2006, e sulla nozione di attività connessa art. 5 comma 1 lettera i-quater d.lgs. 152/2003 e circolare prot. n.22295 del 2014).
Concludeva quindi per la declaratoria di inammissibilità del ricorso per genericità, ed in subordine per il rigetto per infondatezza.
Alla pubblica udienza di discussione del 6.04.2018 il ricorso veniva introitato per la decisione.
2. Nel giudizio è impugnata l’autorizzazione ambientale rilasciata “per impianti di ricerca e sperimentazione” ai sensi dell’art. 211 del d.lgs. 152/2006 e 49 della l.r. n.45/2007 dalla Regione Abruzzo con determina n. 26/34 del 21.02.2017 alla ditta Iguana s.r.l. per l’esercizio di un impianto sperimentale avente ad oggetto lo stoccaggio ed il recupero di rifiuti non pericolosi in zona industriale nel territorio di Vasto. Nel dettaglio l’impianto risulta collocato all’interno di un fabbricato esistente appartenente alla ditta Puccioni che aveva a suo tempo ottenuto, con atto n.8/2006, autorizzazione integrata ambientale al trattamento di rifiuti pericolosi successivamente rinnovata con atto n. 2/2013 oggetto allo stato di ricorso pendente innanzi al T.a.r. L’Aquila iscritto al n.815/2013 r.g.
L’impianto di cui all’autorizzazione gravata è destinato al trattamento di polveri contenute negli estintori esausti ed alla loro trasformazione in fertilizzanti tramite miscelazione con sostanze di fermentazione di origine vegetale alimentare.
Con il presente ricorso il Comune di Vasto lamenta, in via principale, la mancata sottoposizione del progetto allo studio di incidenza ambientale previsto dall’art. 6 comma 3 della Dir.92/43/Ce e dall’art. 5 del d.p.r. n.357/1997 in presenza di un impianto collocato in zona R8 agricola di interesse paesaggistico ed a distanza di soli 200 metri dal sito di interesse comunitario Punta Aderci e dalla relativa Riserva Naturale istituita con legge regionale n.9/1998.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento come di seguito argomentato.
2.1 Preliminarmente del tutto irrilevante si appalesa la circostanza opposta dagli enti intimati secondo cui non occorreva attivare il procedimento di valutazione di incidenza ambientale in presenza di un impianto collocato all’esterno dell’area protetta.
Sul punto questo T.a.r. si è già in precedenza espresso, su un caso analogo al presente relativamente ad uno stabilimento per la costruzione di leganti idraulici, chiarendo che, a norma dell'articolo 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva Habitat, la valutazione di incidenza è richiesta a prescindere dalla localizzazione all'interno o all'esterno del sito stesso. Non è, infatti, la collocazione fisica dell’attività a costituire il fattore rilevante, visto che oggetto di valutazione sono gli effetti che la medesima produce, che possono interferire con le esigenze di conservazione anche se la loro fonte è localizzata in area esterna, richiamando al riguardo le linee guida della Commissione Europea paragrafo 4.4.2. (cfr T.a.r. Abruzzo Pescara 28.05.2015 n.223). Sulla stessa linea interpretativa, in riferimento all’installazione di un impianto fotovoltaico nella medesima zona in argomento, va richiamata la pronuncia del Consiglio di Stato sez. V 15.01.2013 n.176 a tenore della quale, ai fini della valutazione di incidenza, è stata ritenuta irrilevante la circostanza secondo cui la zona su cui era destinato a sorgere l’impianto ricadesse in ambito esterno alla Riserva Naturale di Punta Aderci, tenuto conto di quanto disposto dall’art. 9 delle N.T.A. del P.A.N. adottato con l.r. Abruzzo n. 9/1998, che, nel suddividere il territorio della Riserva in ambiti omogenei, come definiti nelle tavole di zonazione, ha ivi incluso anche la zona individuata come R8 (cioè zona agricola di interesse paesaggistico ricadente in fascia di protezione), che quindi è a tutti gli effetti compresa nella Riserva, come disciplinata dalla la l.r. n. 9/1998 rimettendo al P.a.n. la disciplina delle “aree contigue”.
Di qui l’irrilevanza della circostanza relativa alla collocazione dell’impianto in area non inclusa ma contigua al sito di interesse comunitario.
2.2 Del pari inconferente si appalesa la circostanza secondo cui l’impianto comportando il riciclo di rifiuti altrimenti destinati in discarica, ed integrando un progetto sperimentale di ricerca tra i pochi presenti nel settore garantirebbe il perseguimento di interessi economici, oltre che pubblici, senza compromettere la salvaguardia dell'ambiente, anche tenuto conto del suo insediamento presso un fabbricato già esistente destinato al trattamento di rifiuti pericolosi.
La censura non è, ad avviso del Collegio, condivisibile, atteso che ai sensi dell’art. 5 comma 3 del d.p.r. 357/1997, come modificato dal d.p.r. n. 120/2003, la valutazione di incidenza, in passato limitata ai soli progetti sottoposti a via, in seguito alla modifica è stata estesa a tutte le iniziative che non siano direttamente connesse o necessarie al mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere “incidenze significative” sul sito stesso.
Il requisito per l’attivazione del procedimento è duplice, nel senso che, condizione sufficiente per l’avvio della valutazione di incidenza è che l’iniziativa non sia direttamente connessa alla salvaguardia o al mantenimento dello stato di conservazione del sito. Tale requisito costituisce la condizione per avviare la prima fase del procedimento che passa attraverso lo screening dei dati e quindi, come previsto dal regolamento, tramite la redazione di uno studio di incidenza che, come si preciserà di seguito, è l’unica sede deputata a stabilire se il progetto da attivare abbia o non abbia quell’incidenza significativa che è richiesta per il rilascio della v.i.n.c.a..
3. L’art.5 del d.P.R. 8 settembre 1997, n.357, al n. 3, fa obbligo ai proponenti di interventi o iniziative che possano avere incidenze significative sui siti protetti, di presentare, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare i principali effetti che detti interventi possono avere in relazione ad essi. Inoltre, l’art. 6, par. 3, della direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, recepita nell’ordinamento nazionale dal ridetto decreto n. 357/1997, dispone che qualsivoglia: “piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo […]le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica”. Secondo la Corte di giustizia dell’Unione europea, l’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, subordina l’obbligo di una valutazione opportuna dell’impatto di un piano o di un progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito, quale zona speciale di conservazione, alla condizione che sussista una probabilità o un rischio che esso incida significativamente sul sito interessato. Orbene, tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste quando non si può escludere, sulla base di elementi obiettivi, che il suddetto piano o progetto incida significativamente sul sito interessato (cfr. C.G.C.E, seconda sezione, 10 gennaio 2006, causa C-98/03).
Anche la Commissione europea nel documento intitolato “La gestione dei siti della Rete Natura 2000. Guida all´interpretazione dell´articolo 6 della direttiva «Habitat»92/43/CEE” ha precisato che: “Le salvaguardie di cui all’articolo 6, paragrafi 3 e 4, sono attivate non da una certezza, ma da una probabilità di incidenze significative. In linea con il principio di precauzione non si può quindi accettare che la valutazione non sia effettuata facendo valere che le incidenze significative non sono certe”.
4. Nel caso di specie, l’impianto di trattamento e trasformazione di rifiuti non pericolosi oggetto di autorizzazione, come incontestabilmente risultante dagli atti, si trova all’interno della fascia di protezione del sito di interesse comunitario, il che solo, per effetto del principio di precauzione, avrebbe imposto l’avvio della procedura di valutazione di incidenza. Diversamente, il provvedimento impugnato sostiene la superfluità dello studio di incidenza ambientale sulla base di un procedimento attivato per altro e diverso impianto ed in fase peraltro di rinnovo.
Risultano, quindi, obliterate le ragioni per le quali si è ritenuto che la procedura valutativa in esame non fosse necessaria in relazione agli obiettivi di conservazione dei predetti siti, in relazione alle particolarità ed alle condizioni ambientali di questi ultimi. Per tale versante, infatti, il ripetutamente richiamato art. 6, par. 3, della direttiva 92/43/CEE evidenzia come un progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito possa avere tale incidenza “congiuntamente ad altri piani e progetti” e si debba valutare anche l’effetto di cumulo derivante dalla compresenza di più impianti all’interno di un’area. Sul punto, la la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha proprio stigmatizzato la mancata presa in considerazione dell’effetto cumulativo, evidenziando che taluni singoli progetti, ove considerati congiuntamente ad altri, potrebbero avere un notevole impatto ambientale e pregiudicare l’integrità del sito d’interesse comunitario (cfr. CGCE, 13 dicembre 2007, Causa C-418/04). Sempre per tale profilo, la Commissione europea, nel citato documento interpretativo ha sottolineato come “una serie di singoli impatti ridotti può, nell’insieme produrre un impatto significativo”, evidenziando, altresì, che: “è importante notare che, l’intenzione alla base della disposizione sugli effetti congiunti è quella di tener conto degli impatti cumulativi che spesso si manifestano con il tempo. In questo contesto, si possono considerare piani o progetti che siano completati; approvati ma non completati; o non ancora proposti […] può essere opportuno considerare gli effetti di piani e progetti già completati. Anche se questi ultimi sono esclusi dall’obbligo di valutazione di cui all’articolo 6, paragrafo 3, è importante tenerne conto nella valutazione se essi hanno effetti continui sul sito e se si osserva una progressiva perdita di integrità del sito”.
L’effetto cumulo è stato del tutto pretermesso, considerando che l’impianto in argomento si colloca all’interno di una parte di un opificio industriale di circa 15.000 mq, che occupa una superficie complessiva di 29.000 m.q., già destinato al trattamento di rifiuti pericolosi, per cui l’autorizzazione impugnata comporta un ampliamento dell’attività produttiva rispetto a quella valutata in precedenza. Oltretutto gli stabilimenti in oggetto insistono in area già ampiamente antropizzata come riconosciuto dalle stesse parti intimate.
5. Nel caso in esame è mancata un’istruttoria sulla contestata “incidenza significativa” la cui prova non può essere fornita in giudizio ma deve essere acquisita nel corso del procedimento.
Le linee Guida adottate dalla Commissione Europea prescrivono l’articolazione in fasi del procedimento di valutazione di incidenza ambientale, e precisamente una prima fase preliminare e pregiudiziale di verifica ossia di screening, una seconda di valutazione appropriata ossia di analisi dell’incidenza, una terza fase deputata all’individuazione di soluzioni alternative volte ad evitare incidenze negative sull’integrità del sito, ed una quarta fase finalizzata a definire misure di compensazione.
L’individuazione dell’“incidenza significativa” del progetto si colloca nella prima fase di screening in cui l’autorità competente deve raccogliere ogni informazione utile e necessaria al fine di valutare gli effetti ambientali del piano o progetto rispetto al sito della rete natura 2000 sia isolatamente, sia congiuntamente con altri progetti o piani. Nel regolamento di cui al d.p.r. n. 357 cit. è richiesta la redazione di uno studio per la valutazione di incidenza da redigersi secondo gli indirizzi dell’allegato G che debba contenere una descrizione dettagliata del piano o del progetto che faccia riferimento alla tipologia delle azioni e/o delle opere, alla dimensione, alla complementarietà con altri piani e/o progetti, all’uso delle risorse naturali, alla produzione di rifiuti, all’inquinamento ed al disturbo ambientale, al rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate, nonché un’analisi delle interferenze del piano o progetto col sistema ambientale di riferimento, che tenga in considerazione le componenti biotiche, abiotiche e le connessioni ecologiche. Essendo mancato uno studio di incidenza nei termini richiesti dalla normativa di settore, non possono trovare ingresso in questa sede le eccezioni svolte dagli enti intimati al fine di dimostrare, inammissibilmente, al di fuori della sede procedimentale propria, l’assenza di incidenza significativa sull’ambiente del progetto in argomento.
Né può ritenersi che il Comune, che ha partecipato al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione ambientale, abbia rinunciato all’attivazione del procedimento, avendo espressamente richiesto con nota dell’8.11.2016 la redazione dello studio di incidenza ambientale.
5.1 Analogamente è da escludersi che la deroga di cui all’art. 272 del d.lgs. 152/2006, riconosciuta dal parere Arta del 13.12.2016 in atti, possa valere anche ai fini della valutazione di incidenza ambientale poiché la norma richiamata è collocata nella parte V del testo unico ambientale che riguarda le norme in materia di tutela dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera.
Diversamente nel procedimento per la valutazione di incidenza convergono ben più ampi beni, interessi e valori tutelati, laddove l’art. 5 del d.p.r. 08/09/1997, n. 357 contiene norme regolamentari di attuazione e della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. Come noto, la Riserva di Punta Aderci è coincidente, in gran parte, con il Sito Sic It7140108, inserito nella rete Natura 2000 (Direttiva 92/43/CEE, meglio conosciuta come Direttiva Habitat). La rete è un complesso di siti caratterizzati dalla presenza di habitat e specie sia animali che vegetali di interesse comunitario, la cui funzione è quella di garantire la sopravvivenza a lungo termine della biodiversità, in tutte le sue componenti. Inoltre, per la conservazione degli uccelli selvatici, su molte specie presenti nel Sito SIC e nella Riserva, vige, oltre alla Convenzione di Berna e di Bonn, la tutela della Direttiva Europea 79/409 (Direttiva Uccelli) integrata dalla Direttiva Europea 147/2009.
Non può quindi legittimamente sostenersi che l’esperimento dell’iter di cui all’art. 272 d.lgs. cit. e la deroga ivi prevista per gli impianti sperimentali di ricerca possa estendersi anche agli adempimenti previsti in tema di valutazione di incidenza.
5.2 Neppure rileva il riferimento al “nutrito quadro prescrittivo” che caratterizza l’autorizzazione impugnata, posto che tali misure non si riferiscono, in tutta evidenza, agli obiettivi di conservazione dei siti protetti, in quanto questi ultimi non risultano affatto considerati nel provvedimento impugnato.
5.3 Ancora non può sostenersi che la fase relativa alla valutazione di incidenza ambientale sarebbe stata già trattata in sede di Comitato di Coordinamento Regionale per la via, nell’ambito del provvedimento A.i.a. n.2/13 e n.8/2006 relative al diverso impianto produttivo di trattamento di rifiuti pericolosi collocato all’interno del fabbricato della ditta Puccioni interessato dall’autorizzazione oggetto di gravame. Innanzitutto, come si è anticipato, l’A.i.a. non assorbe né sostituisce la valutazione di incidenza. Ed inoltre il provvedimento impugnato sotto tale profilo è palesemente contraddittorio perché da un lato afferma che l’impianto oggetto di autorizzazione non è ricompreso nell’A.i.a. n.8/2006 e poi, quanto alla valutazione di incidenza, sostiene che le problematica relativa alla necessità di redigere lo studio di incidenza ambientale sarebbe stata già affrontata in sede di rilascio dell’A.i.a. n.n. 8/2006 e n.2/2013.
6. Merita accoglimento il rilievo circa l’omessa acquisizione del parere del Comitato di gestione della Riserva che, ai sensi dell’art. 8 delle n.t.a. del P.a.n. è richiesto non solo per gli interventi di trasformazione urbanistico edilizia del territorio, ma “in ogni caso di forme di fruizione e di uso della stessa”, nonché tenuto conto che per la zona R8 costituente zona agricola ricadente all’interno della fascia di rispetto, l’art. 28 stabilisce che gli usi ammessi, come pure le variazioni di destinazione d’uso, devono essere compatibili con le finalità istitutive della Riserva, e tendere esclusivamente al recupero e sfruttamento delle costruzioni già esistenti.
7. Quanto agli altri profili di cui al ricorso, va rilevata l’inammissibilità per genericità del motivo con cui si contesta l’inclusione dell’impianto nell’elenco contenuto nella parte I dell’Allegato IV alla Parte V del d.lgs. n. 152/2006 che implica la sua non sottoposizione ad autorizzazione integrata ambientale ai sensi dell’art. 272 comma 1 stante la deroga di cui alla lettera jj) parte I Allegato IV parte quinta per i “Laboratori di analisi e di ricerca”.
Nè può considerarsi rilevante la considerazione dell’insieme degli impianti e dell’attività esistenti, ai sensi dell’art. 272 cit. non risultando precisato in ricorso se sia ravvisabile nella specie per tale considerazione cumulativa il superamento delle soglie di produzione e consumo e delle potenze termiche nominali indicate nella parte I allegato IV.
Sul punto parte ricorrente, nell’impugnare l’autorizzazione in argomento, non ha contestato le specifiche e circostanziate motivazioni addotte al riguardo dall’Arta nel presupposto parere del 13.12.2016, allegato in atti, sicchè non può dolersi dell’applicazione della deroga in questione.
2.4 Analogamente inconferente si appalesa la censura circa la mancata attivazione dell’autorizzazione unica ambientale. Come noto il procedimento di cui al d.p.r. n. 59/2013 costituisce un modulo di semplificazione procedimentale per le imprese e le amministrazioni, onde far confluire in un unico titolo diverse autorizzazioni ambientali contemplate dalla normativa di settore (e precisamente, come prescritto dall’art. 3 per il rilascio, il rinnovo e l’aggiornamento di uno dei seguenti titoli abilitativi: a) autorizzazione agli scarichi di cui al capo II del titolo IV della sezione II della Parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; b) comunicazione preventiva di cui all'articolo 112 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende ivi previste; c) autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all'articolo 269 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; d) autorizzazione generale di cui all'articolo 272 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; e) comunicazione o nulla osta di cui all'articolo 8, comma 4 o comma 6, della legge 26 ottobre 1995, n. 447; f) autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99; g) comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli articoli 215 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152). Parte ricorrente non ha indicato quali sarebbero i presupposti sulla cui base il progetto avrebbe dovuto essere sottoposto al diverso iter di cui al d.p.r. n. 59/2013, né quali ulteriori autorizzazioni ambientali dovevano essere rilasciate onde giustificare l’attivazione dell’A.u.a.. Quest’ultima, peraltro, trova peraltro applicazione solo per i progetti per cui non opera l’A.i.a. sulla base di quanto prescritto dall’art. 1 comma 1 d.p.r. cit.. Ciò in quanto, l’ambito di applicazione della disciplina dell’Autorizzazione Integrata Ambientale è circoscritto ad uno specifico elenco di attività, con relative soglie dimensionali, oggi contenuto nell’allegato VIII alla parte seconda del dlgs n. 152 cit. connotate da impatti cumulativi diversificati e potenzialmente rilevanti che impongono, pertanto, una valutazione integrata dei diversi profili emissivi. Per i casi in cui occorre l’autorizzazione integrata ambientale non rileva, dunque, solo la dimensione dell’impianto, ma anche – e in particolare – la tipologia di attività svolta; in questo senso, l’elenco è puntuale e chiuso e viene periodicamente aggiornato (da ultimo, appunto, nel 2014) sulla base del progresso tecnico e delle necessità nel tempo manifestatesi. Ogni attività ricompresa nell’ambito A.i.a. è identificata da specifici codici di categoria, per ciascuno dei quali sono redatti documenti contenenti le migliori tecniche disponibili. Anche l’Autorizzazione integrata ambientale, come l’Autorizzazione Unica Ambientale, sostituisce ad ogni effetto le autorizzazioni alle emissioni in atmosfera, fermi restando i profili concernenti aspetti sanitari; autorizzazione allo scarico; l’autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti; l’autorizzazione allo smaltimento degli apparecchi contenenti Pcb-Pct; l’autorizzazione all’utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura).
In definitiva, sulla base di quanto sopra argomentato, il ricorso va accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato nei termini di cui in motivazione, ai fini dell’integrazione del procedimento con lo studio di incidenza ambientale pregiudiziale alla valutazione di incidenza, e con il parere del Comitato di gestione della Riserva.
In relazione alla peculiarità delle questioni trattate ricorrono giusti motivi per compensare tar le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato nei termini di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Alberto Tramaglini, Presidente
Renata Emma Ianigro, Consigliere, Estensore
Massimiliano Balloriani, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Renata Emma Ianigro Alberto Tramaglini